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6 Niccolò Machiavelli: vita e opere minori

6.7 Gli ultimi anni

Dopo la morte di Leone X, avvenuta il 1 dicembre 1521, sorge una vera e propria lotta tra Francesco Soderini e Giulio de’ Medici per la conquista del soglio pontificio, lotta che si tramuta ben presto in una vera e propria congiura ai danni di Giulio, giugno 1522, il quale, tuttavia uscitone indenne, dà ordine di giustiziare personaggi del calibro di Luigi Alamanni e Iacopo da Diacceto. Gli Orti Oricellari vengono chiusi mentre Machiavelli risiede nella quiete dell’Albergaccio per stendere le Istorie fiorentine. Da una lettera che il gonfaloniere Roberto Pucci invia a Machiavelli, datata 8 giungo 1522, sappiamo che il fratello Totto è gravemente ammalato e che si invita il Machiavelli a tornare a Firenze275.

Altro anno importante per Machiavelli è il 1525: il 13 gennaio, nella villa di Iacopo Falconetti (Fornaciaio) viene rappresentata la Clizia altra commedia di carattere plautino destinata secondo il Nerli ad aver successo anche altrove: “Il fornaciaio et voi, et voi et il fornaciaio, havete facto in

272 Ibid. p. 1202-03

273 Ibid. p. 1203

274 F. Guicciardini, Storie fiorentine, in op. cit., p. 229.

275 N. Machiavelli, Lettere, in op. cit., p. 1208

108 modo che non solo per tutta Thoscana, ma ancora per la Lombardia è corsa et corre la fama delle vostre magnificentie. […] La fama della vostra commedia è volata per tutto”276.

Intanto dal 1523 è divenuto papa Giulio de Medici col nome di Clemente VII e nel febbraio del 1525 a Pavia l’esercito di Carlo V sconfigge i francesi e riconquista Milano. In giugno Machiavelli scende a Roma per presentare a Clemente VII le Istorie fiorentine dinanzi alle quali il pontefice dovette restare soddisfatto dal momento che allo scrittore viene rinnovato l’incarico ed aumentato lo stipendio277. Suddivisa in libri la storia di Firenze si apre con riflessioni generali sulle tematiche trattate nei vari capitoli. Per realizzare quest’opera legge e studia a fondo le trattazioni di Bracciolini e Bruni anche se ridicolizza lo stile encomiastico talvolta eccessivo: la celebre battaglia di Anghiari che gli storici del tempo avevano gonfiato al fine di innalzare il successo fiorentino, nelle Istorie viene riportata alla normalità degli avvenimenti accaduti precisando che soltanto un uomo vi perse la vita a causa della caduta dal suo cavallo278. Lo scopo della narrazione storica è di carattere etico non storiografico; non interessa ricostruire sistematicamente gli avvenimenti narrati bensì interessa presentare ai fiorentini nobili valori al fine dell’emulazione incarnati nei personaggi presentati.

In questo periodo viene anche rispolverata l’idea dell’Ordinanza dal momento che le truppe di Carlo V stazionano in territorio romagnolo dominio della Chiesa. Anche se Clemente VII abbraccia con entusiasmo l’invito di Machiavelli a costituire un’Ordinanza in Romagna, il governatore Francesco Guicciardini non lo approva poiché persiste nella mente il disastro di quella fiorentina e inoltre infuriano le lotte tra guelfi e ghibellini. In una lettera datata 22 giugno 1525 il Guicciardini scrive a Cesare Colombo, suo agente a Roma: “Ma questa provincia mi pare molto male conditionata a una cosa simile per le inimicitie crudeli che ci sono, le quali non sono inimicitie particulari di diversi parentadi l’uno con l’altro, ma sono ridocte in due factioni intere [...]”279. Machiavelli, che era giunto a Faenza, di fronte alle incertezze del Guicciardini che si sono riversate anche sul papa, decide di ritornare a Firenze. L’amicizia tra i due non verrà mai meno, lo si capisce leggendo le lettere che continuano a scambiarsi in quegli anni con l’intento di condividere momenti intimi belli o brutti del vissuto quotidiano, anche se la politica rimane l’argomento privilegiato.

Nella lettera inviata al Guicciardini in data 15 marzo 1526, Machiavelli parla della condizione dell’Italia schiacciata tra Francesco I e Carlo V; la guerra sarà inevitabile, visto che Carlo V avrebbe dovuto assicurarsi con le armi le terre alle quali il re di Francia rinuncia. Nel frattempo gli italiani devono decidere il da farsi: o correre incontro ai francesi col danaro per comprare la libertà

276 Ibid. p. 418

277 Cf. Lettera di Francesco del Nero a Niccolò Machiavelli, in Lettere, op. cit., p. 1214

278 N. Machiavelli, Istorie fiorentine, in op. cit., V, 33

279 N. Machiavelli, Legazioni e commissarie, a cura di S. Bertelli, Feltrinelli 1964, vol. III, p. 1568.

109 oppure armarsi. Machiavelli si dimostra, in coerenza con quanto sempre sostenuto ed espresso nel Principe, propenso per la seconda opzioni anche perché soldi per i francesi ce ne son pochi; pur cambiando i tempi e i personaggi, i princìpi rimangono invariati: i territori sono meglio difesi dagli abitanti che dagli stranieri. In conclusione di questa lettera, potremmo dire di carattere profetico, lo scrittore accenna al condottiero Giovanni dalle Bande Nere che in quel periodo non se ne sta con le mani in mano ma assolda quanti più uomini possibile dando così una certa garanzia a Francesco I che se decidesse di scendere in Italia almeno potrà contare su qualche braccio armato. Nelle lettere successive lo scrittore avverte il Guicciardini sul progetto di fortificazione per la città di Firenze, progetto che su molti punti non si accorda perfettamente con le intenzioni del pontefice:

Magnifico et maggior mio honorando. Io ho ricevuto questo dì, circa a hore 22, la vostra del primo del presente, et per non ci essere Ruberto Acciaioli, che ne è ito a Monte Gufoni, io mi trasferii subito dal Cardinale, et gli dissi quale era la intentione di Nostro Signore circa le cose trattate da Pietro di Navarra, et come sua Santità voleva che si trahesse da lui tale et si gagliardo disegno […]280.

Inoltre informa riguardo all’istituzione di una nuova magistratura, quella di Procuratore delle mura, che Machiavelli stesso ricoprirà: “Aspettasi a pubblicare il magistrato, et a gire più innanzi con la impresa, che di costì venga lo scambio a Chimenti Sciarpelloni, il quale dicono che per essere indisposto, non può attendere a simili cose”281. Più o meno in questo periodo viene a consolidarsi la Lega di Cognac che assicura agli stati italiani l’aiuto francese contro Carlo. Le ostilità hanno inizio e Machiavelli nel luglio si porta a Milano ma prima soggiorna a Marignano da dove invia una lettera a Bartolomeo Cavalcanti per informarlo riguardo al caos di quei giorni e riguardo la delusione per la battaglia: “Non si potette fare altro in quel caso che dolersi del disordine et accordarsi ad ubbidire ad quella necessità”282. Nei mesi estivi del 1526, Machiavelli risiede al campo degli eserciti della lega per rimanervi fino ad ottobre. In agosto riceve una lettera da Francesco Vettori che lo informa sul fallito tentativo del papa di riprendere Siena. Intanto nel settembre capitola anche Cremona. Secondo quanto Machiavelli scrive a Bartolomeo Cavalcanti la sconfitta è legata a decisioni superficiali in quanto si è preferito guerreggiare soltanto con una parte delle forze disponibili.

Ormai i rapporti tra Clemente VII e Carlo hanno preso una brutta piega: il papa accusa l’

imperatore di intraprendere una politica troppo aggressiva che vanifica gli sforzi fatti per instaurare la pace. Per Carlo invece i tentativi da parte del papa di rivolgersi verso i francesi sono da giudicare

280 N. Machiavelli, Lettere, in op. cit., p. 1231.

281 Ibid. p. 1232

282 Ibid. p. 1235.

110 empi e giustificano l’intervento armato. Scrive Machiavelli al Vettori: “Se Borbone lo vuole, egli ha a fermare l’esercito: se lo muove è segno che non lo vuole; in modo che domani ha ad essere giudice delle cose nostre”283.

Machiavelli tra la fine del 26 e i primi mesi del 27 compie diversi spostamenti: il 22 aprile 1527 rientra a Firenze, il giorno 26 l’armata imperiale passa vicino a Firenze proseguendo verso Roma.

Come specifica il Guicciardini, non tanto le truppe imperiali ma le truppe collegate sono le responsabili degli oltraggi fatti alla città di Firenze. L’intervento del luogotenente Francesco Guicciardini rimette comunque ordine anche se nel maggio, Roma viene saccheggiata, il papa fugge ed a Firenze torna la Repubblica. A causa dei compromessi stabiliti con la famiglia Medici, Machiavelli è diffidato e come segretario viene imposto Francesco Tarugi.

Probabilmente questa ulteriore delusione contribuisce ad aggravare le sue condizioni di salute già cagionevoli che lo condurranno alla morte il 21 giugno 1527.