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Repubblica e principato

6 Niccolò Machiavelli: vita e opere minori

8 I Discorsi

8.7 Repubblica e principato

168 contro i nemici esterni sia contro gli assalti dei propri sudditi tuttavia mentre nel primo caso non risultano necessarie, nel secondo risultano assai dannose. La ragione che spinge chi amministra il governo a difendersi dai propri sudditi risiede nell’odio che essi nutrono. Sembra più opportuno allora poter contare su un buon esercito piuttosto che sulle fortezze le quali in ogni momento od occasione corrono il rischio di venir assaltate. Machiavelli traccia un paragone tra le fortificazioni e le artiglierie: “E se mai furono disutili sono ne’ tempi nostri, rispetto alle artiglierie, per il furore delle quali i luoghi piccoli, e dove altri non si possa ritirare con gli ripari, è impossibile difendere, come di sopra discorremmo”463.

La vera fortezza di cui il governo dispone risiede nella stima da parte dei propri sudditi. Il giudizio di Machiavelli è sfavorevole riguardo al voler costruire fortezze in territori conquistati e riporta il negativo esempio di come quelle fortificazioni che i fiorentini edificarono a Pisa non servirono a niente. La difesa è solida se può fondarsi interamente su eserciti addestrati e ben organizzati come è possibile notare guardando ai romani che non costruivano mai alcun tipo di fortificazione poiché erano sicuri di poter contare sulle virtù dei loro soldati: “Perché volevano che la virtù dell’uomo particulare, non altro defensivo, gli difendesse”464.

Anche se l’argomento di questo capitolo non ci permette di instaurare alcun confronto con la trattazione contenuta nel Defensor pacis, ho ritenuto opportuno affrontarlo proprio perché sono tematiche che ricorrono spesso nelle opere di Machiavelli, particolarmente ne L’Arte della guerra, e tra l’altro offrono informazioni sul modo di guerreggiare tipico dell’età moderna.

169 cittadini presentano condizioni di uguaglianza. E’ in virtù dell’applicazione della legge che viene meno l’esercizio arbitrario della volontà che elimina qualsiasi tipo di libertà e che impedisce all’individuo la propria realizzazione personale e sociale. L’amore per la libertà è la principale causa che porta alla nascita della repubblica; i popoli antichi erano animati da questo sentimento grazie anche al tipo di educazione che ricevevano, molto diversa da quella moderna che non ispira l’anelito alla libertà. Un ostacolo invece alla repubblica proviene dalle tendenze che animano i nobili; se la repubblica riesce a trovare stabilità e a reggersi, vuol dire che i conflitti tra gli umori, ad essa intrinseci, sono stati ben ordinati. Lo studio che Machiavelli ha condotto su Roma gli ha permesso di capire come questa sia stata la concretizzazione migliore della repubblica in quanto dalla lotta tra gli umori è nata una legislazione tutelante la libertà e inoltre la difesa militare era assunta dal popolo. La necessità può spingere una repubblica ad espandersi (ampliarsi) sottomettendo altri popoli467. Scrive al riguardo:

Nondimeno come altra volta dissi quando discorsi la differenza che era da ordinarsi per acquistare e ordinarsi per mantenere, è impossibile che a una repubblica riesca lo stare quieta e godersi la sua libertà e gli pochi confini; perché se lei non molesterà altrui, sarà molestata ella e dallo essere molestata le nascerà la voglia e la necessità dello acquistare468.

Se la repubblica è garante di libertà all’interno, la toglie a coloro che abitano all’esterno. Nella storia Machiavelli rintraccia tre modalità di ampliamento: le leghe tra repubbliche: “Dove non sia alcuna che avanzi l’altra né di autorità né di grado”469, il farsi compagni, farsi sudditi470. Ci troviamo di fronte ad un netto paradosso: la libertà di cui godeva la repubblica romana sembra esser stata la causa del suo ampliamento, del suo trionfo sulla libertà altrui. Quindi la libertà ha portato all’eliminazione di altre libertà. Tuttavia più Roma sottomette e più che essa stessa perde la propria libertà evolvendo da repubblica in impero:

Il paradosso che si era lentamente venuto costituendo era che la libertà aveva dentro di sé la potenza che, non solo le libertà altrui era destinata a spegnere, ma ineluttabilmente, in progresso di tempo, anche se stessa. Era infatti la stessa antinomia alla quale già si è accennato quando si disse della libertà che, attraverso la conquista, destinava se stessa a conoscere nell’Impero la sua propria fine471.

467 N. Machiavelli, Discorsi, in op. cit., II, 2

468 Ibid. I, 19

469 Ibid. II, 4

470 Ibid.

471 G. Sasso, op. cit., p. 156

170 Da un confronto tra gli antichi e i moderni, Machiavelli si rende conto che Firenze mai si è data una vera e propria organizzazione repubblicana popolare: la famiglia Albizzi e altre famiglie ottimatizie gestivano interamente la politica cittadina. Purtroppo Firenze non ha conosciuto neppure il vero principato infatti sotto Cosimo le decisioni erano legate all’approvazione di altri.

Occorre invece che per il bene di uno Stato si instauri o un vero principato o una vera repubblica, le forme ibride risultano sempre instabili. La predilezione del Machiavelli rimane sempre a favore della repubblica se il suo baricentro affonda le radici nel popolo: "E credo, computato ogni cosa, che in questi casi, dove il pericolo urgente, si troverà qualche stabilità più nelle repubbliche che ne' principi. Le repubbliche sono di lunga più osservanti degli accordi che i principi" 472. Quanto detto però deve sempre fare i conti con i cambiamenti della fortuna durante i quali il ricorrere a mezzi istituzionali straordinari può essere necessario per la salvaguardia della stessa repubblica. Nel primo libro dei Discorsi Machiavelli ricorda come la Repubblica romana, nei momenti particolarmente avversi, sia ricorsa alla dittatura: "E si vede che il dittatore, mentre fu dato secondo gli ordini pubblici e non per autorità propria, fece sempre bene alla città: perche e' nuocono alle republiche i magistrati che si fanno e l’autoritadi che si danno per vie istraordinarie, non quelle che vengono per vie ordinarie"473. Dunque la dittatura rientra negli ordinamenti repubblicani, non rappresenta niente di illegale o di sovversivo: istituita nel 498 a. C., entra in vigore di fronte alle gravi minacce interne ed esterne. Lucio Qunzio Cincinnato assume la magistratura per fermare l'avanzata degli Equi e per bloccare l'ambizione di Spurio Melio che lo condurrebbe ad instaurare una tirannide personale474. Da quanto detto si evince che tale magistratura possiede un carattere temporaneo, il dittatore infatti dura in carica intorno ai sei mesi, ma si evince anche che durante tale periodo i poteri costituzionali degli altri magistrati vengono sospesi per evitare che le consultazioni tra loro e il dittatore impediscano di fronteggiare prontamente gli stati di emergenza475. Tuttavia la sua autorità è costituzionalmente limitata in quanto non può cambiare o emanare nuove leggi; da questo punto di vista risulta chiaro che la dittatura, secondo il significato assunto nell’antica Roma, non è assolutamente sinonimo di tirannide poiché quest'ultima è caratterizzata dall'ascesa politica di un potente che arbitrariamente si impone in maniera più o meno violenta sospendendo gli ordinamenti costituzionali e ponendosi così al di sopra di qualsiasi legge. Questo è accaduto, come abbiamo già scritto, a partire dalle riforme dei Gracchi: la lotta tra plebei e nobili si accende ulteriormente tanto da portarli a scegliere due rappresentanti: i primi si riconoscono nella politica di Mario, i secondi

472 N. Machiavelli, Discorsi, in op.cit., I, 59

473 Ibid, I, 34

474 Ibid. III, 28

475 Ibid. I, 33

171 optano per Silla. Dopo le guerre civili l’eredità di Mario viene carpita da Cesare e quella di Silla da Pompeo. Cesare dopo aver sconfitto Pompeo instaura la dittatura a vita.

Anche se in apertura ai Discorsi, lo scrittore ha riproposto la tripartizioni delle forme di governo di matrice aristotelica, molto apprezzata dalla tradizione medievale, tuttavia per lui esistono solo due tipi di governo possibili; nessuno stato lo si può degnamente ordinare se non fondandolo o sul principato o sulla repubblica.

Come detto all’inizio di questo capitolo, i Discorsi vanno considerati quali meditazioni sul materiale storico fornito da Livio le cui tematiche subiscono svolgimenti contrastanti. Se ci soffermassimo a valutare le considerazioni che sviluppa ad esempio riguardo la fortuna, questo sarebbe evidente: in II, I è la virtù stessa a creare la fortuna ma in II, XXX virtù e fortuna sono in contrasto tra loro. Altro esempio, da un buon popolo buone leggi, tuttavia le leggi vengono imposte da una guida per frenare una certa malvagità intrinseca all’essere umano. Bisogna allora rifuggire la tentazione di immobilizzare la fluidità della meditazione avanzando quasi la presunzione di voler ordinare i Discorsi attraverso un compromesso che elimini le contraddizioni. D’altra parte l’unità del libro: "Va colta nel movimento concettuale, che, posta una certa questione, percorre poi spesso più di una possibile soluzione"476. Questo capitolo ha cercato proprio di soffermarsi su alcuni concetti significativi che ricorrono spesso nella produzione letteraria machiavelliana.

476 G. Inglese, Per Machiavelli, p. 150

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