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L’imperatore Massimiliano e la conquista di Pisa

6 Niccolò Machiavelli: vita e opere minori

6.5 L’imperatore Massimiliano e la conquista di Pisa

95 riporta esempi concreti a sostegno di ciò che scrive attingendo sia al patrimonio storico ma anche a ciò che l’epoca a lui contemporanea mette a disposizione. La cattiva fortuna è legata anche all’immutabilità dell’indole che non incontra sempre tempi a lei favorevoli. Questo comporta che due uomini diversi per indole di fronte alla medesima situazione storica possano raggiungere esiti diversi:

Ma, perché e tempi et le cose universalmente et particularmente si mutano spesso, et li huomini non mutono le loro fantasie né e loro modi di procedere, adcade che uno ha un tempo buona fortuna et uno tempo trista […]. Havendo li huomini prima la vista corta, et non potendo poi comandare alla natura loro, ne segue che la Fortuna varia et comanda ad li huomini, et tiègli sotto el giogo suo228.

Sullo sfondo dei Ghiribizzi, rimane la figura di Giulio II che, come Giovan Battista, agisce senza alcun proposito ma ottiene buoni risultati. Tale convinzione verrà espressa a chiare lettere anche nel Principe: “Papa Iulio II procedé in ogni sua azione impetuosamente, e trovò tanto e’ tempi e le cose conforme a quello suo modo di procedere che sempre sortì felice fine”229.

Merita riportare parte di ciò che Guicciardini scrive a proposito di questo pontefice: “Principe d’animo e di costanza inestimabile ma impetuoso e di concetti smisurati […]. Degno certamente di somma gloria se fosse stato principe secolare, o se quella cura e intenzione che ebbe a esaltare con l’arti della guerra la Chiesa nella grandezza temporale avesse avuta a esaltarla con l’arti della pace nelle cose spirituali […]230.

96 da una parte gli ottimati simpatizzano per l’imperatore la cui discesa potrebbe riportare i Medici al governo, dall’altra il gonfaloniere persiste nella politica filo-francese.

Il Soderini decide di inviare Machiavelli, reduce dalla legazione presso Giulio II, in Germania tuttavia questa decisione incontra la ferma opposizione degli ottimati che danno l’ordine a Francesco di Piero Vettori di partire alla volta della Germania231. Machiavelli non la prende molto bene: “Hor non sapete voi che poche poche amicitie sono state quelle che in prociesso di tempo non diventino il suo contrario; et come l’omo nella sua giovinezza, o per me dire infantia, se deletta di mano in mano di mutare le vestimenta et di varii colori, così medesimamente si mutano le amicitie”232. In questo passo di una lettera inviata a Machiavelli, il mandatario Filippo Casavecchia, parlando di come le amicizie col passar del tempo mutino, si riferisce a Pier Soderini che, lasciando partire il Vettori per la delegazione tedesca, sembra aver mancato nei confronti di quel vincolo antico di amicizia che lo lega al Segretario. Quest’ultimo tuttavia viene inviato a Siena presso Pandolfo Petrucci per vagliare le richieste che il pontefice ha intenzione di presentare a Massimiliano, richieste che verranno espresse dal delegato cardinale Carvajal presente, in quei giorni, nella cittadina toscana233.

Nel frattempo a Costanza234, l’imperatore non incontra il consenso dei signori riuniti:

Chiese l’Imperadore alla Dieta per tale impresa tremila cavalli, e sedicimila fanti; e promise di aggiungerne di suo proprio infino in trentamila persone. La cagione, perchè e’ domandasse sì poca gente a tanta impresa fu, la prima perchè e’ credette bastassino, persuadendosi poterli valere de’ Veneziani e di altri d’Italia come appresso si dirà, nè credette mai che li Veneziani gli mancassino, avendoli serviti poco innanzi, quando e’ temevano di Francia, dopo lo acquisto di Genova235.

Massimiliano impone a Firenze il pagamento di una tassa ma Firenze decide di aspettare il momento della effettiva discesa per evitare di pagare inutilmente; in questo caso la Francia avrebbe compreso che il tributo pagato dalla città non era altro che il debito da espiare per evitare dirette

231 F. Guicciardini, Storie fiorentine, in op. cit.

232 N. Machiavelli, Lettere, in op. cit., p. 1095-96

233 U. Dotti, op. cit., p. 168

234Io ho deliberato di passare in Italia, in nome per ricevere la corona dello imperio (solennità, come vi è noto, piú di cerimonia che di sostanza, perché la degnità e l’autorità imperiale depende in tutto dalla vostra elezione) ma principalmente per interrompere questi consigli scelerati de’ franzesi, per scacciargli del ducato di Milano, poiché altrimenti non possiamo assicurarci dalla insolenza loro. Sono certo che niuno di voi farà difficoltà di darmi i sussidi solitidarsi agli imperadori che vanno a incoronarsi, i quali congiunti alle forze mie non dubito d’avere a passare vittorioso per tutto, e che la maggiore parte d’Italia supplichevole mi verrà incontro, chi per confermare i suoi privilegi, chi per conseguire dalla giustizia nostra rimedio alle oppressioni che gli sono fatte, chi per placare con divota sommissione l’ira del vincitore” Cf. F. Guicciardini, Storia d’Italia, in op. cit., VII, 7

235 N. Machiavelli, Rapporto delle cose della Magna, in op. cit., p. 63

97 ripercussioni da parte dell’imperatore. Intanto il Soderini riesce a designare Machiavelli come secondo legato in Germania annullando il giudizio degli ottimati di far partire Piero Guicciardini ed Alamanno Salviati236.

Il progetto di Massimiliano di scendere con le buone maniere in Italia non va a buon fine: i veneziani rifiutano di accordargli l’accesso ai propri territori poiché temono di inimicarsi non solo i francesi ma anche gli stati italiani che l’imperatore dovrebbe attraversare. Questo non desiste e si prepara ad affrontare la discesa armato. Machiavelli presenta Massimiliano come un uomo poco attento ed ingenuo che crede di poter contare su alleati:

Propose l’Imperadore, che le genti fossero insieme il dì di S. Gallo, parendoli tempo assai ad averle provvedute, e comodo al modo loro del far guerra, e appresso indicò infra detto tempo aver condotto tre cose; l’una l’averli guadagnato i Veneziani, de’ quali mai diffidò infino all’ultimo, non ostante che fusse seguita la cacciata dell’Oratore loro, come si sa; l’altra aver fermi i Svizzeri; la terza aver tratto dal Pontefice, e da altri d’Italia buona quantità di denari237.

Non dovendo spendere per armare l’esercito e potendo contare su una nobile parentela, Massimiliano potrebbe raggiungere grandi risultati a livello politico purtroppo a Pieve di Cadore, è sconfitto dalle truppe venete comandate dal condottiero umbro Bartolomeo di Alviano che, nonostante la futura sconfitta ad Agnadello, sarà sempre stimato da parte di Venezia. Uno dei motivi di tale incapacità: “vuol fare ogni cosa da se, e nulla fa a suo modo, perchè nonostante che non iscuopra mai i suoi secreti ad alcuno sponte, come la materia gli scuopre, lui è svolto da quegli, ch’egli ha intorno, e ritirato da quel suo primo ordine”238.

La sconfitta di Pieve di Cadore lascia impressa nella storia la lezione che l’impero, nel contesto moderno degli stati nazionali, non è più quella potenza di rilievo, che invece spicca al tempo del Defensor pacis.

Se da un lato critica Massimiliano, dall’altro Machiavelli tesse l’elogio della popolazione della Magna: una popolazione che vive in maniera umile guardando principalmente a ciò che è necessario. Il problema più grave che affligge questi popoli consiste nella mancanza di unità tra i principi governanti che non mirano assolutamente a dar vita ad uno Stato solido.

L’elogio della Germania viene riproposto in un altro breve scritto che l’autore deve aver redatto per uso proprio forse intorno al 1512: Ritratto delle cose della Magna. Subito in apertura Machiavelli scrive:

236 U. Dotti, op. cit., p.169

237 N. Machiavelli, Rapporto delle cose della Magna, in op. cit., p. 63

238 Ibid. p. 65

98 Della potenzia della Magna alcuno non debbe dubitare, perché abunda di uomini, di ricchezze e d’arme. E quanto alle ricchezze non vi è comunità che non abbia avanzato di denari in pubblico. […] In soldati non spendono perché tengono li uomini loro armati ed esercitati. […] In salarii e in altre cose spendono poco: talmente che ogni comunità si truova ricca in publico. […] E così si godono questa loro rozza vita e libertà239.

Nel 1508 si verifica una svolta nelle relazioni tra Firenze e Pisa: in seguito alla lega di Cambrai e l’avvicinamento tra i re di Francia e Spagna, la Repubblica trova in questi ultimi, pagata un’ingente somma di ducati, aiuto per la riconquista di Pisa. Dopo ormai quindici anni di guerra, Pisa è giunta allo stremo, per questo motivo i contadini si dichiarano pronti a trattare la resa visto che i fiorentini esigono solo questa in maniera incondizionata e il ritorno alle condizioni precedenti la guerra.

Machiavelli intraprende una legazione presso Iacopo d’Appiano, signore di Piombino, quale mediatore della pace. In questo periodo il Segretario è assai occupato nell’organizzazione dell’Ordinanza tanto da cominciare nuovamente gli arruolamenti. Finalmente il giorno 8 giugno 1509 Pisa viene conquistata dai fiorentini, Agostino Vespucci240 nella lettera dell’8 giugno 1509 esprime a Machiavelli la sua gioia per la riuscita dell’impresa: “Qui non è possibile poter esprimere quanta letitia, quanto jubilo et gaudio tutto questo populo habbi preso della nuova della recuperatione di cotestà città di Pisa”241.

Il mese precedente la presa di Pisa, Luigi XII ha sconfitto i Veneziani ad Agnadello mentre l’imperatore avanza. In novembre il Machiavelli giunge a Mantova, dopo poco a Verona, Massimiliano ha in mente di attaccare Venezia. Tuttavia sia l’imperatore che il re di Francia trovano notevoli difficoltà a sottomettere le popolazioni conquistate.

A Verona Machiavelli compone uno scritto in versi intitolato Dell’Ambizione prendendo spunto da una lite tra fratelli di cui gli aveva accennato Luigi Guicciardini: l’ambizione e l’avarizia sono due mali che affliggono l’umanità da sempre:

Luigi, poi che tu ti maravigli

di questo caso, che a Siena è seguito,

239 N. Machiavelli, Ritratto delle cose della Magna, in op. cit., p. 68

240Cf. R. Fubini, Pier Soderini gonfaloniere perpetuo di Firenze committente del Machiavelli e di Leonardo da Vinci, in Humanistica IX, 2014 p. 210. Il nome era Agostino di Matteo di Giovanni Nettucci da Terricciola, nel contado di Pisa, mentre il nome «Vespucci» fu assunto per affiliazione, per essere stato accolto in casa del potente giurista Guidantonio Vespucci, quale precettore del figlio Giovanni. Umanista, allievo del Poliziano, va aggiunto che il nostro personaggio non aveva rinunciato a rivendicare le proprie origini. Si fece editore nel 1506 del Decennale di Niccolò Machiavelli.

241 N. Machiavelli, Lettere, in op. cit., p. 1107

99 non mi par che pel verso il mondo pigli.

E se nuovo ti par quel c’hai sentito, come tu m’hai certificato, e scritto, Pensa un po’ meglio all’umano appetito.

Perchè dal Sol di Scizia a quel d’Egitto, dall’Inghilterra all’opposita riva Si vede germinar questo delitto.

Qual regione, o qual Città n’è priva?

Qual bosco, qual tugurio?242

In questa opera sfoga il suo malanimo per le devastazioni causate dagli invasori stranieri che continuano a lacerare l’Italia:

Lasciar ir di Siena le fraterne lite;

volta gli occhi, Luigi, a questa parte:

fra queste genti attonite e smarrite243.

Le preoccupazioni dello scrittore si rivolgono particolarmente a quello che potrebbe accadere alla Toscana per via dell’ambizione che anima le decisioni dei sovrani.

Il 1509 si conclude in malo modo per Machiavelli in quanto suo padre viene accusato pubblicamente di essere debitore insolvente nei confronti del Comune, accusa grave che rischia di escludere lo stesso Niccolò dalla vita politica di Firenze. Per questo motivo l’amico Biagio Buonaccorsi lo invita a tardare il suo rientro in città: “Sono stato sollicitato questo punto da chi vi ama, et è persona che voi ne fate capitale, ad scrivervi che voi soprastiate dove vi trovate et non torniate per nulla, perché la cosa si va mitigando, et senza dubio harà migliore fine, non ci sendo voi che essendoci […]”244.