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La categoria del conflitto

6 Niccolò Machiavelli: vita e opere minori

8 I Discorsi

8.3 La categoria del conflitto

Come già detto, alla base del pensiero politico machiavelliano è possibile scorgere due convinzioni di carattere metafisico: le cose tendono per natura a disgregarsi e corrompersi;

l’opposizione tra i contrari produce cambiamento in tutti gli ambiti del reale. Anche le istituzioni politiche non fanno eccezione, in quanto pure creazioni umane attraversate da conflitti. Tuttavia se anche le nazioni periscono, lo spirito umano non muore mai e, passando da un popolo ad un altro,

409 N. Machiavelli, Parole sopra la provisione del danaio, in op. cit., p. 11

410 J. J. Marchand, Machiavelli e il determinismo storico, in Machiavelli attuale, Ravenna Longo 1982, pp. 57-64

154 da una nazione all’altra, continua la storia del genere umano: “La storia del genere umano non è che la storia dello spirito e del pensiero. Di qui esce ciò che poi fu detto filosofia della storia”411.

Nel primo capitolo del libro primo dei Discorsi, Machiavelli traccia la storia di Roma partendo dall’origine: le città hanno origine dall’azione di uomini autoctoni oppure dall’opera dei forestieri.

Tra le prime rientrano Atene e Venezia infatti gli abitanti sparsi in questi territori, non essendo capaci di frenar l’avanzata barbarica, decidono di riunirsi dandosi un’organizzazione. L’esempio eccezionale è rappresentato dalla nascita di Roma che secondo la leggenda ha avuto come padre Romolo. Sembra che la città all’origine fosse caratterizzata da una matura fisionomia in quanto era già in possesso di quella differenziazione sociale che costituisce la materia dell’ordine politico412. Romolo ha avuto il merito, attraverso la concentrazione del potere nelle sue mani, di organizzare Roma usufruendo della violenza ai danni di Remo e Tito Tazio, che il Machiavelli giustifica, dal momento che Romolo ha reso possibile un modo di vivere libero fondato sul governo di un re e sulla vigilanza del senato.

Nel II capitolo del I libro sottolinea come le repubbliche migliori siano quelle la cui costituzione risulta mista ovvero Principato, Ottimati, Popolo in unità. Roma raggiunse questo traguardo solo col tempo e col mutare degli accidenti. Ai tre tipi di governo ne corrispondono tre forme degeneri che Roma purtroppo ha sperimentato. Per darci una panoramica esaustiva su quanto si appresta a discutere, Machiavelli preferisce partire dal “principio del mondo”413 quando gli uomini vivevano isolati simili a bestie. Capiscono di avere più possibilità di sopravvivenza unendo le proprie forze sotto la guida di un capo. Anche Marsilio è dell’idea che la società nasca a partire da uno stato di bisogno. Da tutto questo fiorisce nell’animo umano la consapevolezza del giusto e dell’ingiusto:

“Perché veggendo che se uno nocea al suo beneficatore ne veniva odio e compassione intra gli uomini, biasimando gl’ingrati e onorando quelli che fussero grati, e pensando che quelle medesime ingiurie potevano essere fatte a loro, per fuggire simile male si riducevano a fare leggi”414. Dalla politica sembra allora nascere la morale e non viceversa. Secondo lo scrittore una tra le molte cause che porta un governo a degenerare è legata al principio di successione infatti quando ai principi padri succedono i principi figli, questi, guardando al loro interesse e non al bene comune, istaurano la tirannide. Così si innesca la reazione dei potenti che seguiti dalla moltitudine, cacciano i tiranni e istituiscono un governo ottimatizio anch’esso soggetto alla medesima sorte del principato nel momento in cui ai padri succedono i figli. Nasce così un governo di popolo che però avrebbe lasciato nuovamente il posto al principe istaurando un circuito chiuso in sé il quale non si sarebbe

411 F. De Sanctis, op. cit., p 494 – 495

412 G. Inglese, Per Machiavelli, Carocci, Roma 2006, p. 115

413 N. Macchiavelli, Discorsi, in op. cit., I, 2

414 Ibid.

155 mai interrotto se non si fosse instaurato un governo di tipo repubblicano retto nello stesso tempo dal Principe, Ottimati, popolo; nel caso di Roma: Consoli, Senato, Tribunato della plebe: “Ma rimanendo mista, fece una repubblica perfetta; alla quale perfezione venne per la disunione della Plebe e del Senato”415. Il desiderio plebeo di condividere l’onore e di partecipare alla vita politica della città è legittimo dal momento che la gioventù plebea costituisce l’esercito e difende Roma degli assalti del nemico. La fonte a cui attinge e prende spunto è rappresentata dal VI libro delle Storie di Polibio dove è esposta la teoria “de politiarum alternis mutationibus naturali ordine”

secondo la quale la mutazione nelle forme di governo viene ad essere determinata dalla necessità che agisce in natura. Secondo Polibio la costituzione mista è la sola che si opponga all’anakuklosis.

Secondo Machiavelli invece il passaggio da una costituzione all’altra è più da imputare o a fattori di carattere storico, o al caso, che alla necessità naturale416.

Non vi è stato alcuno scrittore umanista, escluso Bernardo Rucellai che nel suo De bello italico ne fa qualche accenno, che abbia utilizzato sistematicamente l’opera di Polibio. E’ ancora oscura la fonte grazie alla quale il Machiavelli è entrato in contato con la sezione costituzionale del sesto libro, non è da escludere che sin dalla giovinezza vi avesse familiarizzato dal momento che nell’opera Parole da dirle sopra la provisione del danaio propone la tripartizione polibiana417.

I conflitti interni a Roma non furono affatto negativi anzi le permisero di raggiungere grande splendore e potere. Come abbiamo scritto prima a proposito del Principe, il conflitto è originato dalla presenza continua, di "due umori" diversi e distinti, espressione metaforica per indicare principalmente come le tendenze e i desideri di parte aristocratica, assai diversi da quelle di parte popolare, tendano a scontrarsi. La natura umana è radicata nel desiderio anche se non sempre questo può essere soddisfatto. Risulta difficile riuscire a prevedere in quale modo i desideri si concretizzino in quanto variando le condizioni, variano anche le modalità di espressione nonostante permangano gli stessi appetiti418. Il desiderio è una pulsione primaria neutrale (né buona né cattiva) che spinge all’azione determinando le dinamiche sociali. Se l’impatto sul sociale dei desideri popolari non risulta pericoloso per il mantenimento della libertà, uguale considerazione non possiamo averla valutando i desideri di dominio che nutrono gli appartenenti all’aristocrazia: “E desiderii de’ popoli liberi rade volte sono perniziosi alla libertà”419. I desideri che animano le due classi vengono contrapposti, infatti quello del popolo risiede nel non essere dominato mentre quello

415 Ibid.

416 G. Inglese, Per Machiavelli, Carocci, Roma 2006, p. 111. Cf. anche G. M. Barbuto, Machiavelli, Roma, Salerno editrice, 2013p. 161

417 G. Sasso, op. cit., p. 117-118

418 M. C. Figorilli, “Quanto sono gli uomini ciechi ne’ desideri loro!”:la teoria del desiderio in Machiavelli, in

“Un’arte che non langue non trema non s’offusca”. Studi per Simona Costa, a cura di M. Dondero, C. Geddes da Filicaia, L. Melosi, M. Venturini, Firenze, Cesati, 2018, pp. 45 – 55.

419 N. Machiavelli, Discorsi, in op. cit., I, 4

156 dei nobili nel dominare. Dunque il conflitto sta alla base dell’organizzazione sociale e grazie a questo si sono generate buone leggi che a loro volta determinano la buona educazione dei cittadini la quale aumenta la virtù.

la buona educazione dalle buone leggi e le buone leggi da

quelli tumulti che molti inconsideratamente dannano420.

Il tema del conflitto può apparire incoerente se confrontato con quanto Machiavelli scrive a proposito dei conflitti in seno al popolo fiorentino; in questo caso il pericolo è determinato dalla volontà che una classe sociale possiede di arrivare a godere dei diritti dai quali cerca di escludere a tutti i costi gli altri gruppi. Questo era proprio quello che stava accadendo a Firenze: “Potrebbesi ancora allegare, in sostentamento della soprascritta conclusione, l’accidente seguito pur in Firenze sopra Pietro Soderini, il quale al tutto seguì per non essere in quella repubblica alcuno modo di accuse contro le ambizioni de’ potenti cittadini”421. Mentre Roma fondava su buoni costumi Firenze invece no; in Roma vi è condivisione del potere politico tra il popolo e i patrizi invece in Firenze il popolo cerca di sottrarlo ai nobili. Commentando le Istorie fiorentine scrive Barbuto:

“Tale diversità di esiti era stata determinata dai diversi fini che i due popoli si erano prescritti: a Roma quello di assurgere insieme ai nobili ai supremi onori, mentre a Firenze essere solo nel governo senza la partecipazione nobiliare”422.

Occorre tener presente che gli individui si diversificano anche sulla base della personalità e delle capacità per cui è giusto che colui che si sente portato a comandare e domini su coloro che si sentono più inclini ad obbedire. La divisione della cittadinanza romana in senatori e plebei rispondeva a questa convinzione e per tal motivo il conflitto divenne costruttivo. Anche secondo Marsilio le doti tipiche di ciascun individuo sono le cause che danno forma alla società. A Roma sia il popolo che il Senato hanno esercitato il potere seppur in maniere diverse: “E perché la plebe romana aveva in Roma equale imperio con la nobiltà, non poteva uno, che ne diventava principe a tempo, con crudeltà e rozzezza maneggiarla”423. Costituire una repubblica comporta imporre una guardia alla libertà424. A Roma è stata la plebe responsabile di questo grave compito a differenza di altre repubbliche come Venezia nella quale la libertà è ben controllata dai nobili. Apparentemente sembra migliore quella repubblica la cui libertà è affidata alla nobiltà infatti la plebe romana a poco a poco ha preteso di accaparrarsi sempre più potere. Almeno in un primo momento a Roma lo scontro tra gli umori non ha mai raggiunto livelli destabilizzatori o violenti: "Il conflitto era

420 Ibid.

421 Ibid. I, 7

422 G. M. Barbuto, Machiavelli, p. 237.

423 N. Machiavelli, Discorsi, in op. cit., III, 19

424 Ibid. I, 5

157 moderato e la violenza contenuta entro certi limiti"425. Se i conflitti si vogliono gestire pacificamente e in maniera costruttiva è necessario che alla base della moltitudine vi siano buoni costumi.

La privazione del conflitto rende una repubblica statica ed incapace di evolvere, questo è evidente osservando le costituzioni di Venezia e Sparta: mentre nella prima tutti i cittadini furono coinvolti nel governo, o almeno così è sembrato loro, per cui tutti sono soddisfatti e tranquilli, nella seconda, a causa della povertà, la plebe ricerca essenzialmente la protezione del re, non tanto la partecipazione al governo. Questi tipi di repubbliche, essendo chiuse ai forestieri e a qualsiasi cambiamento, restano in quiete senza conflitti interni ma per questo motivo prive di evoluzione.

Roma ha usufruito di un esercito enorme, ben addestrato d’altronde le buone leggi sono collegate alle buone milizie. La legittimazione del conflitto attraverso il riconoscimento legale, impedisce il caos che metterebbe in pericolo la repubblica; un modo attraverso cui i romani hanno raggiunto una valvola di sfogo pur rimanendo nei limiti della legalità consisteva nella pratica dell’accusa: invece di tenere tutto a tacere, si agevola lo sfogo in modo tale da non arrivare mai al danneggiamento della struttura.

La convinzione del carattere positivo che assume il conflitto non solo non viene condivisa da Guicciardini ma non lo sarebbe stata neppure da Marsilio il quale come abbiamo illustrato sostiene che i gruppi e le comunità in generale sono tenuti a prestarsi un reciproco aiuto nel segno della carità divina. Inoltre se per Marsilio la pace corrisponde alle buone disposizioni della comunità politica allora lo scontro tra gli umori turba tali disposizioni compromettendo l’equilibrio e quindi la pace stessa. Per Machiavelli la categoria del conflitto non assume neppure lo stesso significato che si affaccerà nel pensiero di Thomas Hobbes infatti per quest’ultimo, conflitto è sinonimo di caos, di estremo disordine a cui lo Stato civile si oppone. La ragion d’essere del Leviatano è proprio quella di eliminare la sfrenata conflittualità che caratterizza i rapporti tra gli individui tipici dello stato di natura. Machiavelli invece è convinto che di per sé il conflitto vada addomesticato e non sradicato in quanto, essendo caratteristica fondamentale dell’animo umano, permette una positiva evoluzione dello Stato stesso.