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De Principatibus: Principati ereditari e nuovi

6 Niccolò Machiavelli: vita e opere minori

7 Il Principe: breve scritto rivoluzionario

7.3 De Principatibus: Principati ereditari e nuovi

118 Una delle grandi differenze con gli specula medievali risiede nel fatto che non vengono mai affrontate questioni relative al fine e all’origine teologica dello stato: quest’ultimo non proviene da Dio, il sovrano non è ministro scelto da Dio per il bene e la santità dei sudditi. Comunque da questo punto di vista Machiavelli è anticipato da Marsilio il quale, pur non avendo mai scritto uno speculum, ritiene che lo Stato non sia un riflesso dell’autorità di Dio sul mondo bensì il frutto del consenso tra gli uomini.

119 vivere sotto uno principe, o usi ad essere liberi; e acquistonsi o con le armi d’altri o con le proprie, o per fortuna o per virtù”306. Machiavelli cita due personaggi memorabili che hanno contribuito alla nascita di principati nuovi: uno, Francesco Sforza che, rovesciata la Repubblica Ambrosiana, diviene duca di Milano; l’altro Ferdinando il Cattolico re di Aragona che, conquistato il regno di Napoli lo aggiunge ai suoi possessi ereditari.

Riguardo i principati ereditari, essi sono più facili da governare se ci si attiene agli ordinamenti stabiliti dai predecessori e se si è in grado di destreggiarsi nelle situazioni difficili ed avverse.

Anche se può capitare che il principe ereditario possa essere spodestato da un possibile conquistatore, avrà ottime possibilità di ritornare a governare per volontà dei sudditi che preferiscono chi li governa da tempo a chi è forestiero. E’ il caso degli Estensi che vennero spodestati momentaneamente sia dai veneziani nel 1484 sia da papa Giulio II.

Vanno considerati principati nuovi, i cosiddetti principati misti, territori con tradizioni culturali molteplici, aggiunti ad un dominio già governato da un signore. Tuttavia si danno anche principati misti non del tutto nuovi i quali sono caratterizzati da instabilità a causa dei cambiamenti del popolo che crede di trovare, sotto il dominio di altri signori, benessere maggiore. In questa situazione, il nuovo principe si mostra nemico di quelli che lo hanno offeso mentre verso coloro che lo hanno sostenuto non userà maniere dure ma non potrà neppure favorirli nella misura in cui loro si aspettano. Tra i principati misti rientrano anche quelli che vengono riconquistati per la seconda volta e sono più difficili da perdere e Luigi XII, perso il controllo di Milano nel gennaio del 1500 a causa di Ludovico il Moro, riesce nuovamente a riconquistarlo qualche mese dopo per poi perderlo definitivamente nel 1511 a causa dell’intervento della Lega Santa e di papa Giulio II. Il criterio che legittima il potere è da rintracciare nella capacità che il principe ha di difendere i propri sudditi.

Luigi XII, da questo punto di vista, è un sovrano illegittimo poiché non ha saputo difendere la Lombardia dai nemici.

Risulta più facile da parte del conquistatore annettere e mantenere stati che appartengono ad un’area geografica nella quale si praticano gli stessi usi e costumi anche se si impone come necessario in primo luogo distruggere la dinastia del casato che esercita il governo e in secondo luogo non cambiare quelle leggi che sussistono da tempo. In questo modo, conclude Machiavelli:

“[…] In brevissimo tempo diventa con il loro principato antiquo tutto un corpo”307. Più difficile è mantenere il controllo su quei principati che hanno tradizioni e lingue diverse: occorre che chi conquista vada ad abitare direttamente nel territorio conquistato (cita Maometto II che dopo aver occupato Bisanzio ne fece il centro dell’Impero Ottomano). Un altro modo consiste nella

306 N. Machiavelli, Il Principe, in op. cit., 1

307 Ibid. 3

120 fondazione di colonie: tolta la terra e la casa agli abitanti, ridotti in povertà, vengono costretti a non poter più nuocere: “[…] Quegli che gli offende, rimanendo dispersi e poveri, non gli possono mai nuocere, e tutti gli altri rimangono, da uno canto inoffesi, e per questo dovrebbero quietarsi”308. Qualche rigo più avanti scrive: “[…] Gli uomini si debbono vezzeggiare o spegnere, perché si vendicano delle leggieri offese, delle gravi non possono”309. Un terzo modo possibile che secondo Machiavelli sarebbe opportuno evitare, riguarda il ricorrere a gente armata la quale rischia però di nuocere agli abitanti di un luogo a causa degli ingombranti alloggiamenti e dei continui spostamenti delle truppe.

Allora cosa deve fare un principe che si impadronisca di un territorio? Prima di tutto occorre che indebolisca i potenti, si metta a capo di quelli meno forti ed eviti che in tale territorio entri un forestiero più capace di lui infatti talvolta gli abitanti, insoddisfatti di come vengono governati, chiamano qualcuno ad intervenire dall’esterno. I Romani, tenendo a bada Achei ed Etoli, indebolendo i Macedoni e cacciando Antioco, hanno adempiuto in pieno quanto detto sopra. Invece Luigi XII, ignorante di storia romana, ha compiuto gravi sbagli di strategia che hanno mandato in crisi il controllo francese in Italia: aiuta il papa Alessandro VI a rafforzare il dominio sulla Romagna, inoltre divide il Regno di Napoli con il potente re di Spagna. “Consideri ora uno con quanta poca difficultà poteva el re tenere in Italia la sua reputazione e lui avesse osservate le regule soprascritte e tenuti sicuri e difesi tutti quelli sua amici […]”310. I conflitti che son nati tra spagnoli e francesi, a causa della delimitazione dei confini, hanno determinato la sconfitta francese sul Garigliano con l’abbandono completo del Regno di Napoli. In maniera schematica, Machiavelli sintetizza i cinque errori compiuti dal re di Francia: non ha portato aiuto agli alleati deboli, ha rafforzato il potere della Chiesa e condiviso la sua autorità con Ferdinando il Cattolico assai più forte, non ha costituito colonie, non è venuto a risiedere direttamente in Italia. Se avesse appoggiato Venezia, i rapporti tra il papa e gli spagnoli non sarebbero cresciuti invece ha preferito allearsi con loro e con l’Imperatore per far guerra alla prima. Successivamente, come abbiamo già visto, Giulio II, con abile astuzia, istituita la Lega Santa con Venezia, dichiara guerra ai francesi. Possiamo affermare che questi ultimi hanno contribuito alla loro stessa rovina sul suolo italiano ma anche hanno incrementato il potenziamento dello Stato della Chiesa e della corona spagnola.

[…] Dicendomi el cardinale di Roano che gli italiani non si intendevano della guerra, io gli risposi che’ franzesi non si intendevano dello stato; perché, s’s’ se ne’ntendessino, non lascerebbero venire in

308 Ibid.

309 Ibid

310 Ibid.

121 tanta grandezza la Chiesa. E per esperienza si è visto che la grandezza in Italia di quella e di Spagna è stata causata da Francia, e la ruina sua è suta causata da loro311.

Lo scrittore informa che nella storia si sono alternati due modelli di governo relativi al principato: il primo si articola sull’autorità del principe coadiuvato dai servi elevati al rango di ministri; il secondo si struttura sull’autorità del principe coadiuvata dai baroni. In questo secondo modello, il principe possiede minore autorità perché i baroni hanno sudditi e territori personali. Il primo modello anche se risulta più difficile da conquistare tuttavia si rivela più facile da mantenere a causa della piena sottomissione dei sudditi. Il regno di Luigi XII è il classico esempio di secondo modello: più facile da conquistare ma più difficile da mantenere poiché la presenza dei signori può compromettere la stabilità politica. Esempi storici del primo modello invece sono rintracciabili nell’Impero turco e, guardando al passato, in quello di Alessandro Magno.

La questione del principato misto ritorna anche nel cap. V dove l’autore si interroga sull’atteggiamento che il principe deve tenere nel momento in cui assoggetta una città libera: una delle soluzioni proposte dal Machiavelli è: “spegnerle”312, sull’esempio dei romani che non si fecero problemi a distruggere Cartagine, Numanzia e Capua313. Anche nei Discorsi ritorna espressa tale durezza: “[…] Fare i ricchi poveri, i poveri ricchi, […] edificare oltra di questo nuove città, disfare delle edificate, cambiare gli abitatori da un luogo a un altro, ed in somma non lasciare cosa niuna intatta in quella provincia”314. Per la prima volta nella storia del pensiero politico occidentale si afferma il tema della forza; costruire un principato richiede l’utilizzo di forza non esclusa quella bruta: “La discussione viene così posta su di un piano così eticamente spregiudicato che l’etica stessa, in senso tradizionale, non esiste più”315 etica e politica percorreranno strade diverse ovvero la politica non poggerà più su fondamenta teologiche o su leggi morali a priori bensì su dinamiche relative: “sulle conseguenze negative e positive che un dato governo può avere sul consorzio umano”316. Se lo scopo consiste nel permettere al principato di sussistere allora risulta conveniente perseguire ciò che si confà a tale scopo mentre risulta sconveniente ciò che gli si oppone e che automaticamente si configura come malvagio; i valori non si delineano in maniera astratta o ideale ma facendo riferimento alla concretezza delle situazioni particolari. Machiavelli contesta quell’alone idealistico che compare in tutte le trattazioni politiche proprie della cultura umanistica e medioevale: se per Egidio Colonna e per Tommaso il buon governante avrebbe ricevuto il premio

311 Ibid.

312 Ibid. 5

313 Ibid.

314 N. Machiavelli, Discorsi, in Tutte le opere, a cura di M. Martelli, Sansoni, Firenze 1971 I, 26

315 U. Dotti, op. cit. p. 261

316 Ibid

122 nell’aldilà, se per gli umanisti il premio invece consiste nel raggiungimento della fama e della gloria terrena, per il Segretario non sono richieste capacità morali esemplari e neppure il raggiungimento del successo o la santità di vita infatti al principe è richiesta la capacità di saper discernere quanto accade a livello storico-sociale e sapere come intervenire al fine di difendere ciò che è utile ovvero la preservazione dello Stato. “Machiavelli viene gettando le basi di una scienza sociale che studia l’in-sé oggettivo dei fenomeni sociali, le loro leggi e la loro verità nella loro esclusiva immanenza”317.

Tornando al testo, un’altra soluzione presentata per governare le città che prima di essere occupate vivevano secondo le proprie leggi consiste nell’andarci a vivere oppure lasciarle vivere secondo le loro norme e tradizioni. Per il filosofo la soluzione migliore è la prima: “E chi diviene patrone di una città consueta a vivere libera e non la disfaccia, aspetti di essere disfatto da quella”318.