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Breve introduzione all’umanesimo

2.Marsilio da Padova e il Defensor pacis

3 Gli Specchi nel periodo umanistico

3.1 Breve introduzione all’umanesimo

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47 Questo determina la nascita della filologia che, finalizzata all’interpretazione autentica dei testi antichi, introduce un senso concreto della storia, osservata criticamente e sottratta ad ogni ipotesi di spiegazione precostituita85. Secondo Garin è la filologia la vera filosofia in quanto rappresenta il nuovo metodo di ricerca e di approccio ai problemi, dal semplice studio dei testi essa diviene un modo originale di porsi di fronte al reale.

Nelle opere degli storici umanisti pullulano i discorsi scritti appositamente per esaltare l’importanza degli avvenimenti considerati e per presentare le alternative perseguibili in varie situazioni infatti compito della storia è anche quello di chiarire come gli uomini si siano comportati realmente di fronte a determinate circostanze. Occorre tuttavia ricordare che molti storici del quattro cinquecento non si soffermano a valutare l’attendibilità delle loro fonti e le utilizzano senza vagliarle criticamente. L’eccezione è rappresentata dai funzionari di cancelleria i quali, avendo l’opportunità di confrontare le fonti con documenti d’archivio, particolarmente quelle a loro più vicine nel tempo e nello spazio, avviano un’indagine approfondita86. Le opere storiche non sono mai fine a se stesse e non perseguono solamente lo scopo di ricostruire l’andamento storico del passato bensì offrono un aiuto per comprendere gli scenari e le situazioni politiche contemporanee.

Nell’Italia di inizio 400, tra gli intellettuali, alcuni sono indipendenti ovvero appartengono a ceti professionali, altri invece svolgono ruoli a servizio delle istituzioni politiche (Machiavelli). Molti dei primi, se pur a danno della loro autonomia culturale, si adoperano per raggiungere la protezione di un signore e mettersi così al riparo dell’ombra di una corte. Sono tanti anche gli esempi di intellettuali che decidono di offrire i loro servigi a famiglie aristocratiche dalle quali vengono stipendiati in cambio di rappresentanza diplomatica e principalmente di opere letterarie che celebrino la magnificenza del casato. Di qui l’ambiguità di una condizione che può essere, insieme, di grande prestigio sociale e di estrema precarietà dovuta all’antagonismo e alla competizione che nascono tra i dotti particolarmente presso le corti.

Parallelamente a queste ultime si affermano anche le Accademie, istituzioni nate spontaneamente dal libero incontro tra intellettuali, dove vengono elaborate le idee guida dell’umanesimo: “Esse soddisfano, comunque, i bisogni di una crescente domanda culturale, determinata anche dall’affermarsi della stampa e dalla grande fioritura artistica […]”87.

85 G. Baldi, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, Dal testo alla storia dalla storia al testo, Paravia, Milano 2000, vol. 2/1, p. 13

86 La ricerca di fonti attendibili o di documentazione che attesti la loro attendibilità, la troviamo particolarmente sviluppata in Francesco Guicciardini che nel comporre le Storie fiorentine, nel momento in cui tratta del’400, si serve di documenti trovati nell’archivio del suo palazzo e in quelli di altre nobili famiglie. Questo cambiamento di metodo lo spinge anche ad assumere una nuova prospettiva la quale lo spinge sempre più a studiare la storia d’Italia e di Firenze.

87 G. Baldi, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, op. cit., p. 22

48 Altro fenomeno importante riguarda la diffusione delle opere letterarie dovuto all’invenzione della stampa: il volume stampato circola facilmente tra un pubblico più vasto non costituito necessariamente da intellettuali. La letteratura diviene un mercato redditizio se chi scrive riesce a carpire gli interessi dei lettori. Tra i più famosi stampatori emerge Aldo Manuzio il quale, dotato di un’ottima formazione umanistica, pubblica opere di autori come Dante, Poliziano, ecc. Senza la stampa e lo sviluppo dell’editoria anche il fenomeno del classicismo sarebbe rimasto isolato, accessibile ad una limitata cerchia di lettori. La circolazione degli scritti tra un pubblico più vasto porta a porsi il problema di quale lingua debba essere usata: il latino resta la lingua ufficiale nella cerchia degli intellettuali invece per rivolgersi a chi non rientra in tale ambito vengono avanzate svariate proposte come l’utilizzo del linguaggio di tipo petrarchesco o quello parlato comunemente.

Machiavelli si fa portatore della soluzione “fiorentinista” la quale propone come lingua letteraria il fiorentino parlato: “Nemmeno questo progetto poteva avere la forza per imporsi, per il suo carattere troppo limitato e circoscritto, oltre che per la perdita del ruolo propulsivo, esercitato nei secoli precedenti da parte della città”88. Già dalla fine del trecento circola la traduzione in volgare fiorentino del Defensor pacis.

Tra i più importanti umanisti troviamo Leonardo Bruni, nato ad Arezzo intorno agli anni settanta del XIV secolo e successivamente divenuto cancelliere della Repubblica di Firenze. Grazie alla sua opera Vita Ciceronis ha permesso di rivalutare la figura di questo filosofo, giurista romano termine di confronto per la maggior parte degli intellettuali. Cicerone seppe alternare e conciliare la vita colta con quella di politico e avvocato, senza privilegiare la dimensione contemplativa dell’esistenza ma senza neppure sacrificarla:

Per primo Cicerone espose in lingua latina la filosofia, fino allora sconosciuta alle nostre lettere e quasi ripugnante al linguaggio romano, e sulla quale parecchi uomini dotti pensavano che in latino non si potesse né scrivere né discutere. […] Egli solo tra gli uomini, come credo adempì due grandissimi e difficilissimi compiti: quello, lui che era occupatissimo nelle faccende dello Stato reggitore del mondo, di scrivere più dei filosofi che vivono lontani dagli affari e nello studio89.

Da questo passo comprendiamo come Cicerone fosse un modello da seguire anche per l’approccio linguistico e lessicale che ebbe nei confronti dei testi del passato.

Uno dei più rammentati nel campo della filologia è stato sicuramente Lorenzo Valla (Roma 1407 – 1457) a cui si deve il merito di aver dimostrato la falsità della cosiddetta Donazione di Costantino,

88 Ibid. p. 31.

89 Cf. Opere letterarie e politiche di Leonardo Bruni, a cura di P. Viti, UTET, Torino 1996, pp. 469-475.

49 documento altomedievale che per secoli ha legittimato il potere temporale della Chiesa. Se l’umanesimo è caratterizzato dalla rivalutazione della dimensione terrena dell’uomo, allora non è un caso che il suddetto abbia cercato di fondare l’etica su un basamento mondano come il piacere e non ultraterreno tipico dei secoli precedenti; la virtù dell’uomo consiste nel discernere i tipi di piaceri. Questo non implica un rifiuto da parte di Valla della religione anzi nelle sue opere denuncia come vera religiosità quel rapporto intimo e libero che il singolo individuo instaura con Dio90.

Anche Aristotele pone due piaceri, uno nei sensi e un altro nella mente. Però io non intendo, se c’è un nome solo, in qual modo si possa considerare diversa la cosa, tanto più che ogni piacere si sente nel corpo quanto coll’anima che regge il corpo, come, secondo me pensò Epicuro. Chi dubita che i piaceri del corpo si generino coll’aiuto dell’anima e i piaceri dell’anima con la collaborazione del corpo?91

Contemporanea a questi è la polemica intorno al platonismo92 e al suo valore se paragonato alla filosofia aristotelica, quest’ultima utilizzata abbondantemente dai filosofi della Scolastica. Coluccio Salutati (1332 – 1406), segretario della prima Cancelleria, grande amico di Petrarca e Boccacio, si dedica alla ricerca di testi antichi e presso lo Studio fiorentino, istituisce una cattedra di greco ricoperta dal Crisolora iniziatore della traduzione dei libri greci tra cui la Repubblica di Platone.

L’iniziatore di tale polemica è stato Gemistio Pletone (1355 – 1452) che nella sua opera Confronto delle filosofie di Platone e Aristotele (1439), non oppone più questi due filosofi difendendone uno a danno dell’altro bensì li esalta entrambi. Questo desiderio di unificazione filosofica evidenzia anche il desiderio di una unificazione a livello religioso che vede in Niccolò Cusano uno dei più grandi sostenitori. Per Pletone la rinascita spirituale e religiosa dell’uomo si identifica con la riscoperta delle grandi filosofie antiche. Se le idee di questo intellettuale sono state combattute, non scompaiono del tutto tanto che l’interesse per il platonismo viene ereditato da Marsilio Ficino (1433 – 1499) il quale, grazie all’appoggio di Cosimo de Medici, istituisce, nel 1459 a Firenze, l’Accademia Platonica.