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Aspetti problematici: il difficile coordinamento con l’art 2497-ter.

IL CONFLITTO DI INTERESSI NEI GRUPPI DI SOCIETÀ

3. Aspetti problematici: il difficile coordinamento con l’art 2497-ter.

Sorgono dei problemi315: l’approccio del legislatore rende più che mai attuale il problema dell’applicabilità nella gestione di società di gruppo delle regole dettate dall’art. 2391 c.c. anche all’amministratore designato dalla società holding.

Gli è che se si enfatizza il dato dell’autonomia e distinta soggettività di ciascuna società del gruppo ne discende che l’amministratore della società controllata designato dalla holding, in quanto strumento attraverso cui quest’ultima esercita il potere di indirizzo e coordinamento sull’attività della prima, ben potrebbe esser considerato portatore in via sistemica di un interesse “per conto terzi”, quale per l’appunto quello della holding, che interferisce con quello della società amministrata, trovandosi così, ove si opti per la conclusione che le regole di comportamento delineate dall’art. 2391 debbano essere osservate anche da tale amministratore, esposto al rischio di doversi in via di principio estraniare dalla gestione sociale316. Rischio che, a ben vedere, potrebbe essere destinato ad accrescersi proprio in ragione della nuova formulazione della disposizione in esame, in cui per generare il dovere in questione non occorre che l’interesse dell’amministratore si presenti come antagonista con quello sociale.

Pervero, è pacifico317 osservare che il tema del conflitto di interessi da sempre si pone con maggiore complessità laddove si considerino i gruppi di società: il legislatore ancora oggi ipotizza la situazione di conflitto come fattispecie che, in modo assolutamente fortuito, può venire a presentarsi nella vita sociale, cosicché

315Vd. cit. supra.

316 Osserva tale pericolo anche MELI, Il conflitto di interessi degli amministratori di s.p.a. tra

nuovo sistema e vecchi problemi, in Analisi giuridica dell’economia, 2003, p. 183.

317 BLANDINI, Conflitto di interessi ed interessi degli amministratori di società per azioni:

120 il termine di riferimento è alla determinata operazione o deliberazione, in ordine alla quale, pertanto, ben può informare ed astenersi dal partecipare il soggetto in conflitto; nel gruppo, invece, il conflitto è o può essere un elemento, per così dire, istituzionale, sistematico, che permea o può permeare di sé l’intera attività318.

Così, pare naturale presumere la sussistenza di una stabile “attività di direzione e coordinamento” delle società coinvolte nel legame personale in presenza di qualificati presupposti, quali la stretta contiguità e complementarietà delle loro attività economiche e la strumentalità dei programmi operativi al perseguimento di un unico comune interesse319. Da qui, sorge l’esigenza di coordinare un vero e proprio concorso di norme, quali la disciplina degli “interessi degl’amministratori”, di cui all’art. 2391 c.c., con l’obbligo di analitica motivazione delle decisioni delle società soggette ad attività di direzione e coordinamento quando da questa influenzate, sancito dall’art. 2497-ter c.c.320. Un coordinamento piuttoso difficile, al quale non ha provveduto direttamente il legislatore, scaricando così il problema su studiosi ed operatori economici.

A prima vista, sembrerebbe che questo concorso vada risolto nel senso che laddove all’amministratore sia riferibile anche un interesse giuridicamente rilevante per conto della controllante o di altra società di gruppo vadano adempiuti entrambi gli obblighi legali. Altresì, sempre in via di prima approssimazione, si potrebbe arrivare ad affermare persino l’esonero per gli amministratori comuni di società di gruppo dall’osservanza delle rigide prescrizioni dell’art. 2391, ove si acceda al diffuso convincimento del loro

318 Sul punto D’ALESSANDRO, Il diritto della società da “i battelli del Reno” alle “navi

vichinghe”, in Il gruppo d’imprese nalla realtà giuridica italiana, Padova, 1990, p. 7.

319 SANTAGATA, Cumulo di cariche amministrative ed interessi in conflitto nelle società per

azioni, in PIRAS (a cura di), Amministrazione e controllo nel diritto delle società: Liber amicorum, Torino, 2010, p. 433.

320 Art. 2497-ter: “Le decisioni delle società soggette ad attività di direzione e coordinamento, quando da questa influenzate, debbono essere analiticamente motivate e recare puntale indicazione delle ragioni e degli interessi la cui valutazione ha inciso sulla decisione. Di esse viene dato adeguato conto nella relazione di cui all’articolo 2428”.

121 assorbimento nei più specifici obblighi di disclosure in ordine a ragioni ed interessi che incidono sulle decisioni, formali od informali, assunte da società eterodirette. Queste approssimazioni, e gli autori321 da cui son formulate ne concordano, sono però forzate e neanche troppo fondate in quanto: non solo non vi è alcuna sovrapponibilità tra gli obblighi previsti dalle due norme322, ma gli stessi prevedono situazioni diverse e non omogenee323. Vi può essere, infatti, una situazione di moral suasion che induca gli amministratori della controllata ad operare secondo le direttive della controllante, senza che tra i primi e la seconda vi siano legami maggiori o diversi a da quelli costituiti dall’atto di nomina, ovvero può anche esservi una situazione più grossolanamente significativa di duplicità di interessi324.

La difficile conciliabilità delle due discipline, va detto, è comunque un elemento largamente condiviso325, in ragione, altro eloquente indizio, del tipo di motivazione richiesto dall’art. 2497-ter per riconoscere la legittimità delle deliberazioni consiliari che ne siano influenzate, pur trattandosi di un genere di motivazione che appare sotto certi profili speculare rispetto a quella prescritta. Infatti, mentre l’art. 2391 richiede al consiglio di illustrare perché l’operazione, sebbene in grado di soddisfare un interesse di taluno degli amministratori, sia nondimeno conveniente per la società, la norma dell’art. 2497-ter esige che la motivazione individui gli altri interessi, quelli della holding, delle controllate, del gruppo nel suo complesso, che sono alla base della deliberazione consiliare, che

321 BLANDINI, Conflitto di interessi ed interessi degli amministratori di società per azioni:

prime riflessioni, in Riv. Dir. Civ., 2004, p. 416; SANTAGATA, Cumulo di cariche amministrative ed interessi in conflitto nelle società per azioni, in PIRAS (a cura di), Amministrazione e controllo nel diritto delle società: Liber amicorum, Torino, 2010, p. 429.

322 SANTAGATA, Cumulo di cariche amministrative ed interessi in conflitto nelle società per

azioni, in PIRAS (a cura di), Amministrazione e controllo nel diritto delle società: Liber amicorum, Torino, 2010, p. 430 ss.

323 BLANDINI, Conflitto di interessi ed interessi degli amministratori di società per azioni:

prime riflessioni, in Riv. Dir. Civ., 2004, p. 416.

324In questo senso vd. anche MINERVINI, Gli interessi degli amministratori di s.p.a., in Giur.

Comm., 2006, p. 156/I.

325 In questo senso vd. GUIZZI, Ad art. 2391, in NICCOLINI STAGNO D’ALCONTRES (a cura di), Società di capitali, Napoli, 2004, p. 667 s.

122 rilevano in via diretta nel processo formativo della decisione e che, deve ritenersi, possano esser legittimamente fatti valere, partecipando alla deliberazione, dagli amministratori che li esprimono e ne sono portatori in seno all’organo.

Un orientamento minoritario326, una voce fuori dal coro della quale trovo opportuno riferire, invece, condivide le scelte del legislatore per il fatto di aver introdotto regole che recepiscono l’evoluzione dottrinale e giurisprudenziale in materia senza pretendere di imporre una regolamentazione eccessivamente analitica che anche alla luce delle esperienze di altri ordinamenti e delle difficoltà di armonizzazione comunitaria è parso opportuno evitare. L’impostazione coincide327, infatti, con i suggerimenti del Forum Europaeum328 sul diritto dei gruppi di società, secondo cui, coerentemente con l’accoglimento della teoria dei vantaggi compensativi, gli amministratori possono legittimamente perseguire l’interesse di gruppo non più coincidente con gli interessi della propria società se, in primo luogo, il gruppo è strutturato in modo equilibrato e stabile, in secondo luogo, se la società del gruppo è inserita in una stabile e coerente politica di gruppo, in terzo ed ultimo luogo, se gli amministratori possono ragionevolmente ritenere che i pregiudizi vengano compensati da vantaggi entro un periodo di tempo prevedibile.

In ogni caso, l’attuale stato della questione sembra essere efficacemente condensato in un passo di una decisione della Cassazione329, la quale, premettendo che l’autonomia soggettiva e patrimoniale delle singole società del gruppo impone ai relativi amministratori di perseguire prioritariamente l’interesse della specifica società cui sono preposti e che, dunque, non è loro consentito sacrificare il rispettivo interesse sociale in nome di un diverso

326MONTALENTI, Il conflitto di interessi nella riforma del diritto societario, in Riv. Dir. Civ., 2004, p. 251 ss.

327Ibidem.

328FORUM EUROPAEUM sul diritto dei gruppi di società, Un diritto dei gruppi di società per

l’Europa, in Riv. Società, 2001, p. 384.

123 interesse che, se pure riconducibile a quello della controllante, non assumerebbe alcun rilievo per i soci di minoranza e per i terzi creditori della società controllata, assume che ciò non esclude affatto la possibilità di tener conto di valutazioni afferenti alla conduzione del gruppo nel suo insieme, purchè non vengano in tal modo ingiustificatamente pregiudicati gli interessi delle singole società.

La compatibilità dell’interesse sociale con l’interesse di gruppo non può quindi assumersi aprioristicamente, ma deve costituire oggetto di valutazione casistica ex post, da appuntare sulle strategie economiche che la singola società, in cui il conflitto è sorto, ha implicitamente o esplicitamente manifestato di voler perseguire.