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La responsabilità dell’amministratore.

IL CONFLITTO DI INTERESSI NEI GRUPPI DI SOCIETÀ

2. La responsabilità dell’amministratore.

Prima di tutto è necessario tener presente una panoramica generale circa i caratteri innovativi dell’impianto normativo sulla responsabilità degli amministratori, i quali rispondono ad una duplice esigenza338: da un lato, rendere possibile affermare la responsabilità laddove ne ricorrano gli estremi sostanziali legati ad una condotta scorretta, dall’altro, disegnare presupposti e limiti della responsabilità in modo da evitare una sua eccessiva ed indiscriminata utilizzazione, che nuocerebbe al sistema imprenditoriale.

Per quanto concerne la responsabilità dell’amministratore interessato, la novella, di cui all’art. 2391, co. 4, precisa che questi risponderà in ogni caso dei danni derivati alla società dalla sua azione od omissione.

Se ne coglie immediatamente la novità: la nuova norma, infatti, avendo esplicito riferimento ai “danni”, segna il definitivo affrancamento rispetto al passato per il fatto di aver definitivamente chiarito l’ambiguità insita nella vecchia formulazione della norma, la quale, allundendo ad una responsabilità non per i danni derivanti dall’operazione ma per le “perdite” sofferte dalla società a causa della medesima, poteva suscitare il legittimo dubbio che non ogni danno provocato dall’operazione compiuta o deliberata in conflitto di interessi fosse

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In questo senso ANGELICI, Amministratori di società, conflitto di interessi e art. 1394 cod.

civ., in Riv. Dir. Comm., 1970, I, p. 104-166.; in senso critico FRè (e SBISà), Della società per azioni6, nel Commentario del codice civile, di SCIALOJA e BRANCA, Bologna-Roma, 1997, sub. Art. 2391, p. 835.

338 SANTOSUOSSO, La Riforma del diritto societario: autonomia privata e norme imperative

129 risarcibile, ma solo quello che si risolvesse in una diminuzione del patrimonio tale da comportare una perdita del capitale sociale339.

Minoritaria quanto singolare è sul punto l’opinione del Candellero340, per il quale “la formula usata dal legislatore non pare in concreto differente da quella precedente” per cui l’amministratore rispondeva delle perdite che siano derivate alla società dal compimento dell’operazione.

In ogni caso, il riferimento ai “danni” dà prova dell’accoglimento di quella tesi dottrinaria341, che riteneva che questa responsabilità costituisse una mera specificazione del più generale istituto della responsabilità degli amministratori di cui all’art. 2392 c.c.. Una vera e propria responsabilità speciale342, posta a carico dell’amministratore interessato in aggiunta alla responsabilità generale prevista per tutti gli amministratori dall’art. 2392.

Tuttavia, questo aspetto nel vigore della precedente disciplina era tutt’altro che pacifico: la differenza tra le perdite (ex art. 2391) e danni (ex art. 2392) secondo alcuni era da ritenersi qualcosa in più di una mera discontinuità lessicale343. Ed infatti, fermo restando il profilo, invero non posto in dubbio neppure con la nuova formulazione dell’articolo in esame, secondo cui deve esser presa in considerazione la singola operazione al fine di verificare le conseguenze pregiudizievoli per la società, circa la quantificazione delle “perdite” non è mancato chi riteneva dovesse considerarsi il solo danno emergente e non anche il lucro cessante, proprio in quanto il termine “perdita” così lascierebbe intendere344.

339 GUIZZI, Ad art. 2391, inNICCOLINI STAGNO D’ALCONTRES (a cura di), Società di

capitali, Napoli, 2004, p. 669 s.

340 CANDELLERO, Commento al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, in Il nuovo diritto societario, diretto da COTTINO, BONFANTE, CAGNASSO e MONTALENTI, Bologna, 2004, p. 757 s. 341 ALLEGRI, Contributo allo studio della responsabilità civile degli amministratori, Milano, 1979, p. 217.

342MINERVINI, Gli interessi degli amministratori di s.p.a., in Giur. Comm., 2006, p. 162/I. 343Vd. BLANDINI, Conflitto di interessi ed interessi degli amministratori di società per azioni:

prime riflessioni, in Riv. Dir. Civ., 2004, p. 424 s.

344 PREITE, Abuso di maggioranza e conflitto di interessi del socio nella società per azioni, Milano, 1992, p. 132.

130 Tesi però, già in passato345 contestata dalla dottrina prevalente, sia mediante ricostruzioni storiche volte a dimostrare come l’utilizzo del termine “perdite” anziché di “danno” nel regime previgente fosse dovuto a ragioni meramente casuali346, sia sulla base dell’osservazione che sarebbe stato del tutto incongruo prevedere una diversa conseguenza per un’ipotesi certamente grave di inadempimento rispetto alla fattispecie generale ex art. 2392. Tesi quest’ultima proposta dal Bonelli347. Lo stesso Bonelli che, nell’ambito della commissione per la riforma del diritto societario, era presidente del gruppo deputato ad elaborare lo schema di riforma della disciplina degli amministratori e, dunque, anche della norma in tema di conflitto di interessi, con forza aveva sostenuto la tesi dell’omnicomprensività dei danni, pure a scapito del riferimento letterale alle sole perdite. Non stupisce perciò quanto il nuovo riferimento ai “danni” costituisca un indubbio elemento di chiarezza.

L’amministratore sarà, così, tenuto a risarcire integralmente la società di ogni danno causatole dall’operazione: sia sotto il profilo del danno emergente, che di quello del lucro cessante.

Com’è naturale348, trattandosi di una responsabilità per danni, per ottenere la condanna dell’amministratore sarà indispensabile oltre alla dimostrazione dell’inadempimento all’obbligo di informativa, o a quello di astensione, che si dimostri anche che il pregiudizio è causalmente connesso alla condotta di quest’ultimo, c.d. nesso eziologico. Così, ove il comportamento commissivo od omissivo dell’amministratore interessato, nonostante la sua contrarietà all’interesse sociale in concreto, non abbia cagionato danno alla società, la responsabilità dell’amministratore interessato non sussiste, e da parte della

345Nel vigore della previgente disciplina.

346 Vd. MINERVINI, Sulla tutela dell’“interesse sociale” nella disciplina delle deliberazioni

assembleari e di consiglio, in Riv. Dir. Civ., 1956, p. 221 s.

347Vd

. BONELLI, La responsabilità degli amministratori di società per azioni, Milano, 1992, p. 88.

348Sul punto vd. MINERVINI, interessi degli amministratori di s.p.a., in Giur. Comm., 2006, p. 161/I s.; GUIZZI, Ad art. 2391, inNICCOLINI STAGNO D’ALCONTRES (a cura di), Società

131 società saranno comunque esperibili contro quest’ultimo gli altri rimedi previsti nei confronti dell’amministratore che viola i suoi obblighi.

Poiché si è ritenuto che l’amministratore interessato che abbia compiutamente informato chi di dovere circa il suo interesse non sia tenuto ad astenersi dal voto, la sua partecipazione alla votazione, ancorché determinante, non sarà fonte di responsabilità speciale349.

Chiarito il punto, torniamo alla disposizione: si fa riferimento alla responsabilità dell’amministratore, ed a proposito non c’è uniformità di vedute. Da un punto di vista soggettivo, un orientamento350 sostiene che la disposizione in questione, come facilmente evincibile vuoi dalla sua collocazione vuoi dalla struttra sintattica con il suo riferimento all’amministratore, si limita a regolare la responsabilità soltanto di quello interessato, lasciando dunque impregiudicato il problema della possibilità di estendere quest’ultima anche agli altri amministratori.

Al contrario, ad altri ed opposti orientamenti351 sembra si possa includere nel novero degli amministratori “responsabili” non solo quello interessato, ma anche gli altri amministratori che non abbiano considerato correttamente quell’interesse. Difatti, la previsione non fa più riferimento al solo amministratore interessato, come del resto faceva il testo previgente, ma più in generale all’amministratore che si sia reso responsabile di una azione od omissione rilevante ai sensi del nuovo art. 2391.

Circa la condotta attiva: sembra potersi rilevare che il co. 4 non specifichi che la responsabilità prevista dalla norma presupponga la violazione degli obblighi di informazione e, nel caso dell’amministratore delegato, di astensione. Tuttavia, non pare di potersi interpretare in senso diverso la disposizione de quo che, se

349 VENTORUZZO, Ad art. 2391, in GHEZZI (a cura di), Amministratori, in MARCHETTI,

Commentario alla riforma della società, Milano, 2005, p. 485.

350Sul punto vd. GUIZZI, Ad art. 2391, inNICCOLINI STAGNO D’ALCONTRES (a cura di),

Società di capitali, Napoli, 2004, p. 170.

351 BLANDINI, Conflitto di interessi ed interessi degli amministratori di società per azioni:

132 estrapolata dal suo contesto naturale, finirebbe col sancire in capo agli amministratori una sorta di responsabilità illimitata per qualunque danno si verifichi in capo alla società352.

Parimenti, ricollegandoci al discorso fatto poc’anzi relativamente alla responsabilità degli “altri” amministratori, sembra opportuno sottolineare353 che, mentre il comportamento dell’amministratore interessato, che si traduce nella partecipazione alla deliberazione, non può mai essere configurato come unico elemento causale produttivo del danno, atteso che ai fini della decisione rilevano sempre le condotte degli altri amministratori che hanno contribuito alla sua assunzione, il discorso appare diverso laddove sia violato l’obbligo di informazione. Essendo, tale dovere, strumentale a permettere agli altri amministratori di agire in modo informato, mettendoli in condizione di conoscere elementi essenziali nell’ottica di una valutazione sull’opportunità di una data scelta gestoria, la sua violazione dovrebbe, almeno teoricamente, consentire agli altri componenti del consiglio di sottrarsi ad un addebito di mala gestio non essendo ad essi imputabile la non adeguata ponderazione dei riflessi della decisione che essi hanno assunto, ribaltando così i principi sull’onere probatorio. Principi che pure dovrebbero caratterizzare la disciplina della responsabilità contrattuale.

Atteso infatti che la società non potrebbe limitarsi ad allegare il fatto che gli altri amministratori hanno violato il dovere di agire in modo informato, spettando la prova dell’adempimento agli amministratori, dovrebbe invece dimostrare la colpa di questi ultimi attraverso la prova che la circostanza non comunicata era comunque ordinariamente conoscibile con un impiego di una diligenza adeguata all’incarico professionale ricoperto.

Più dubbio, semmai, è se l’amministratore interessato, il cui voto sia stato determinante per la deliberazione concretamente rivelatasi dannosa, risponda ai

352 CANDELLERO, Commento al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, in Il nuovo diritto societario, diretto da COTTINO, BONFANTE, CAGNASSO e MONTALENTI, Bologna, 2004, p. 757 s. 353 GUIZZI, Ad art. 2391, inNICCOLINI STAGNO D’ALCONTRES (a cura di), Società di

133 sensi dell’art. 2391, co. 4. La risposta affermativa, parrebbe essere avvalorata dal rilievo che tale responsabilità costituirebbe un logico pendant354 dell’impugnabilità della delibera: prima dell’esecuzione la delibera potenzialmente dannosa è annullabile, una volta eseguita, se effettivamente rivelatasi dannosa, essa è fonte dell’azione di responsabilità contro l’amministratore interessato.

Da capire, all’opposto, le possibili conseguenze che si producono qualora l’amministratore interessato, dopo aver informato il consiglio della sua situazione secondo quanto stabilito dall’art. 2391, co. 1, esprima il suo voto, ma questo non risulti determinante. Secondo la formulazione del precedente art. 2391 c.c. questo aspetto non aveva alcun rilievo ai fini della responsabilità, ma solo sul piano della impugnativa della delibera, laddove fossero ricorse anche le altre condizioni stabilite all’art. 2391, co. 3, c.c.: l’amministratore in conflitto che concorreva all’assunzione della deliberazione comunque rispondeva delle perdite, essendo collegata questa conseguenza alla mera espressione del voto.

Viceversa, dall’odierna espressione letterale della norma sembra desumersi355 che, in quest’ipotesi, nessuna responsabilità si determinerà per quell’amministratore, posto che il danno non è conseguente all’espressione del suo voto, ma alla decisione del consiglio che sarebbe stata egualmente assunta con o senza quel voto. In questo senso, l’eliminazione dell’obbligo di astensione per l’amministratore interessato si ricollega perfettamente all’assenza di conseguenze per la sua espressione di voto, laddove questa sia stata irrilevante per la formazione della maggioranza dei consensi ed orientata nel senso di prediligere l’interesse sociale a quello personale. Al contrario, laddove l’interesse prescelto con la deliberazione sia stato quello opposto, la responsabilità per danni si produrrà a carico di tutti gli amministratori.

354 CANDELLERO, Commento al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, in Il nuovo diritto societario, diretto da COTTINO, BONFANTE, CAGNASSO e MONTALENTI, Bologna, 2004, p. 758. 355 BLANDINI, Conflitto di interessi ed interessi degli amministratori di società per azioni:

134 Da ultimo, sarà opportuno precisare che l’amministratore, che non adempia diligentemente agli obblighi che su di lui gravano sotto il profilo della trasparenza (ex art. 2391, co. 1), potrà essere condannato a risarcire il danno derivante alla società dall’esecuzione dell’operazione anche quando l’interesse di cui era portatore non fosse stato in conflitto con quello della società356.

Circa la condotta omissiva: si presentano alcune significative differenze sia sotto il profilo strettamente civilistico, sia sotto quello penalistico.

Dal punto di vista civilistico, infatti, per non approdare ad una inaccettabile oggettivazione della responsabilità dell’amministratore, dovrà essere provato il nesso di causalità tra l’omissione dell’amministratore e il danno cagionato alla società dal compimento dell’operazione.

Sotto il profilo penalistico, invece, non può non rilevarsi che il nuovo testo dell’art. 2634, co. 1357, sembrerebbe sottrarre a sanzione penale il mero indempimento degli obblighi di trasparenza imposti dall’art. 2391. Il reato di “infedeltà patrimoniale” presuppone, infatti, il doloso compimento, ovvero il concorso nella relativa deliberazione, di atti di disposizione del patrimonio sociale da parte dell’amministratore infedele, cagionando alla società un danno patrimoniale.

Parimenti, anche se l’ambito verrà meglio approfondito nel prossimo capitolo, sarà responsabile del danno causato alla società l’amministratore che, venendo meno al proprio dovere di lealtà, si sia appropriato o abbia permesso a terzi di appropriarsi di opportunità commerciali che la società avrebbe legittimamente potuto sfruttare a proprio vantaggio, art. 2391, co. 5. Inoltre, potrà essere risarcito, anche in società non quotate, il danno da insider trading.

356 PATRONI GRIFFI, Art. 2391, in SANDULLI, La riforma delle società: commentario al

d.lgs. 17 gennaio 2003, Torino, 2003, p. 466.

357 Art. 2634, co. 1: “Gli amministratori, i direttori generali e i liquidatori, che, avendo un

interesse in conflitto con quello della società al fine di procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto o altro vantaggio, compiono o concorrono a deliberare atti di disposizione dei beni sociali, cagionando intenzionalmente alla società un danno patrimoniale, sono puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni”.

135 In questi ultimi casi la società dovrà, però, provare non solo il danno, ma anche che i dati, le notizie od opportunità sfruttate dall’amministratore siano stati appresi nell’esercizio del suo incarico. Prova che nella maggior parte dei casi non è di certo agevole.