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Il nuovo art 2391 c.c.

INTERESSI DEGLI AMMINISTRATOR

2. Il nuovo art 2391 c.c.

Il D.LGS. 17 gennaio 2003, n. 6, emanato in conseguenza della suddetta delega, titola “Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative”. Lo stesso contiene la novella dell’art. 2391, che, in base alla nuova disposizione, recita adesso: ”L'amministratore deve dare notizia agli altri amministratori e al collegio sindacale di ogni interesse che, per conto proprio o di terzi, abbia in una determinata operazione della società, precisandone la natura, i termini, l'origine e la portata; se si tratta di amministratore delegato,

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35 deve altresì astenersi dal compiere l'operazione, investendo della stessa l'organo collegiale, se si tratta di amministratore unico, deve darne notizia anche alla prima assemblea utile94.

Nei casi previsti dal precedente comma la deliberazione del consiglio di amministrazione deve adeguatamente motivare le ragioni e la convenienza per la società dell'operazione.

Nei casi di inosservanza a quanto disposto nei due precedenti commi del presente articolo ovvero nel caso di deliberazioni del consiglio o del comitato esecutivo adottate con il voto determinante dell'amministratore interessato, le deliberazioni medesime, qualora possano recare danno alla società, possono essere impugnate dagli amministratori e dal collegio sindacale entro novanta giorni dalla loro data; l'impugnazione non può essere proposta da chi ha consentito con il proprio voto alla deliberazione se sono stati adempiuti gli obblighi di informazione previsti dal primo comma. In ogni caso sono salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione.

L'amministratore risponde dei danni derivati alla società dalla sua azione od omissione.

L'amministratore risponde altresì dei danni che siano derivati alla società dalla utilizzazione a vantaggio proprio o di terzi di dati, notizie o opportunità di affari appresi nell'esercizio del suo incarico.”

È opportuno dar conto delle novità importate dalla riforma. Il precedente testo dell’art. 2391 poneva, infatti, al centro della disciplina la situazione di conflitto interessi cui significativamente lo stesso articolo era intitolato: l’amministratore che in una determinata operazione avesse per conto proprio o altrui, “un interesse in conflitto con quello della società”, aveva due obblighi:

- darne notizia agli altri amministratori e al collegio sindacale,

- astenersi dal partecipare alle deliberazioni riguardanti l’operazione stessa.

94La parte relativa all’amministratore unico venne introdotta con l’art. 11, D.Lgs. 28.12.2004, n. 310.

36 Così il primo comma. L’art. 2631 c.c., sempre nel testo previgente, nel precisare che l’obbligo di astensione riguardava la partecipazione alle deliberazioni del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo, prevedeva per la violazione delle sanzioni penali, commisurate alla gravità della violazione. Sul lato civilistico, invece, le sanzioni erano indifferenziate: responsabilità dell’amministratore per le perdite derivate alla società dal compimento dell’operazione (art. 2391, secondo comma).

Era poi previsto un rimedio impugnatorio: la deliberazione del consiglio, qualora potesse recare danno alla società, era impugnabile dagli amministratori assenti o dissenzienti e dai sindaci se il voto dell’amministratore che doveva astenersi era stato determinante, nel senso che senza il suo voto non si sarebbe raggiunta la maggioranza (art. 2391, terzo comma, primo periodo). L’opponibilità ai terzi del vizio era peraltro limitata: erano fatti salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione (art. 2391, terzo comma, secondo periodo).

Ecco, solo quest’ultimo periodo, medesimamente collocato, è rimasto immutato nel nuovo testo dell’art. 2391 c.c.

Nel nuovo testo, infatti, il conflitto di interessi è scomparso, o meglio è scomparsa l’enucleazione di una situazione di conflitto, scomparso anche dalla rubrica dell’articolo, sostituito dall’anodino “interessi degli amministratori”. Circa quest’ultimo aspetto “può dirsi che l’innovazione, in questo senso, comporti l’obbligo di trasparenza anche di fronte ad un conflitto irrilevante, nel senso sopra inteso, che non sia cioè sostanzialmente dannoso per la società (generalmente allorché l’operazione sia prevista a normali condizioni di mercato)” 95.

Il primo comma del nuovo articolo dispone, per l’appunto, che l’amministratore dia notizia, agli altri amministratori ed al collegio sindacale, di “ogni interesse

95SANTOSUOSSO, La Riforma del diritto societario: autonomia privata e norme imperative

37 che, per conto proprio o di terzi, abbia in una determinata operazione della società”.

Non più la comunicazione della propria posizione di conflitto di interessi ed il divieto di votare, ma un obbligo di disclosure non solo relativamente alla circostanza che egli si trovi in conflitto di interessi. Tale obbligo di dare notizia è, altresì, articolato ivi prescrivendo la precisazione di “natura, termini, origini e portata dell’interesse” proprio o di terzi che possa essere in contrasto con la società.

Non si fa parola dell’obbligo di astensione dell’amministratore interessato. Si fa di più: per l’amministratore delegato che abbia interesse in una determinata operazione, sancendo, oltre l’obbligo di comunicazione, l’obbligo di astensione dal compimento dell’operazione, investendo della stessa l’organo collegiale competente (comma primo, parte terza). Seppur inizialmente non concepito, all’interno dello stesso è stata poi successivamente inserita una previsione dedicata all’amministratore unico, al quale, per la verità un po’ sommariamente96, si fa carico di “dare notizia dell’interesse anche alla prima assemblea utile”.

Posto invece a carico del consiglio di amministrazione ed, eventualmente, del comitato esecutivo l’obbligo di motivare adeguatamente le ragioni e la convenienza per la società dell’operazione (comma secondo).

Del rimedio impugnatorio viene mantenuta la collocazione (sempre il terzo comma dell’articolo) e se ne riprende il requisito comune che le deliberazioni “possano recare danno alla società”. Mantenuti anche i soggetti legittimati a proporre l’impugnazione, precisandone, però, l’esclusione per gli amministratori consenzienti nel caso in cui, l’amministratore interessato abbia adempiuto il suo obbligo di informazione. Già si è detto, invece, del secondo periodo del terzo comma.

96MINERVINI, Gli interessi degli amministratori di società per azioni, in Giur. Comm., 2006, p. 150/I.

38 È stato aggiunto, altresì, un quarto comma, il quale dispone che l’amministratore risponde dei danni derivanti dalla sua azione od omissione. Disposizione di diritto speciale che si aggiunge a quella prevista dal diritto comune degli amministratori di società per azioni.

Importantissima è, altresì, l’introduzione al quinto comma di una disciplina che miri a sanzionare la possibilità di avvalersi a vantaggio proprio o di terzi delle cc.dd. corporate opportunities, cioè notizie, dati od opportunità di affari di cui siano venuti a conoscenza nell’esercizio delle proprie funzioni gli amministratori. Recuperando sotto il profilo della responsabilità civile comportamenti degli amministratori che il vecchio testo dell’art. 2622 c.c. gravava di responsabilità penale97; ultimo comma concernente quindi materia eterogena rispetto a quella disciplinata dai primi quattro commi.

Interamente improntata, quindi, alla linea riformatrice della regolamentazione attraverso norme imperative inderogabili98 è la nuova disciplina del conflitto di interessi, oggi, come già visto, rubricata “interessi degli amministratori”. In particolare, si osserva in tal senso l’affermazione di un principio di correttezza della corporate governance dal punto di vista gestionale segnatamente sotto il profilo della prevenzione del danno.

Voci autorevoli della dottrina99 hanno valutato favorevolmente100 la nuova disciplina, in quanto ricollegabile ad un principio generale, si direbbe, di sistematica trasparenza, che ritroviamo, ad esempio, anche in materia di gruppi: anche le decisioni adottate nell’interesse di gruppo devono essere adeguatamente motivate (art. 2497 ter). Decisamente un passo avanti quello compiuto dal legislatore che ha apportato una considerevole svolta rispetto al sistema

97SALANITRO, Gli interessi degli amministratori di società di capitali, in Riv. Società, 2003, p. 47 ss.

98Vd. cit. supra, p. 53. 99 MONTALENTI

, Il conflitto di interessi nella riforma del diritto societario, in Riv. Dir. Civ.,

2004, p. 243 ss.

39 tradizionale, passando da un sistema di divieti formali (o formalistici) ad un sistema di disclosure obbligatoria e di decisione informata.

In merito, va detto, si registrano anche posizioni discordanti, di alcuni autori cioè che, al contrario, non vedono di buon occhio le novità introdotte con la riforma: l’Enriques101, ad esempio, svaluta l’obbligo di motivazione sostenendo che “si sostanzierà semplicemente nel pagare dei consulenti, giuridici o aziendali”, aumentando, quindi, il numero dei pareri richiesti sulle singole operazioni da approvare, perché in conflitto di interesse o perché motivate da un interesse di gruppo. Opinione, quest’ultima, criticabile e criticata102, ricordando che l’individuazione delle motivazioni assume particolare rilevanza nel momento della valutazione di eventuali profili di responsabilità. Argomentando ulteriormente che “se è vero infatti che in Italia non è particolarmente diffusa la cultura della vergogna e la cultura delle dichiarazioni a differenza degli ordinamenti anglosassoni, ispirati ad etiche protestanti, è anche vero che questa è opportunamente la strada imboccata dalla riforma sotto svariati profili: la responsabilità degli amministratori si ricostruisce in base a documenti, informazioni, dichiarazioni”103.

Per altro verso, si ritiene criticabile104 anche l’operato del legislatore, reo di non aver colto un’occasione. Non avendo infatti provveduto a modificare l’art. 2390 c.c., mancando quindi di intervenire in tema di divieto di concorrenza, vien da chiedersi se questa scelta non rappresenti una frattura sistematica rispetto all’impostazione non formalistica che il legislatore della riforma ha seguito in materia di conflitto di interessi. Ad’opinione di un orientamento dottrinario105, la facoltà di esercitare attività concorrenti per conto proprio o di terzi ed essere

101ENRIQUES, Vaghezza e furore. Ancora sul conflitto d’interessi nei gruppi di società in vista

dell’attuazione della delega per la riforma del diritto societario, in ASSOCIAZIONE

DISIANO PREITE, Verso un nuovo diritto societario, Bologna, 2002, p. 247 ss., ivi alla p. 254. 102MONTALENTI, Il conflitto di interessi nella riforma del diritto societario, in Riv. Dir. Civ., 2004, p. 249.

103MONTALENTI, Ibidem.

104MONTALENTI, cit. supra, p. 250. 105Ibidem.

40 amministratori di società concorrenti dovrebbe essere subordinata, oltreché ad un’autorizzazione, generale ma astratta, dell’assemblea, ad una autorizzazione ulteriore rilasciata di volta in volta dal consiglio di amministrazione stesso su ipotesi concrete e determinate. Soluzione, quella appena esposta, che potrebbe106 offrire una tutela maggiore rispetto ad una regola ancora ispirata a criteri meramente formalistici e non trasparenti.

Sotto altro punto di vista, il legislatore è sembrato voler esprimere il principio a mente del quale l’amministratore nell’assolvere l’incarico deve, prima ancora che informare il proprio agire agli standard di diligenza professionale richiesti dalla natura dello stesso, operare in modo da garantire che il potere affidatogli non venga esercitato in contrasto con le finalità per le quali è stato attribuito107. Sotto questo profilo, appare corretto affermare che la norma in esame pone una regola generale di comportamento atta a prevenire il rischio che il potere di gestione non sia correttamente esercitato. Di conseguenza, si può pacificamente convenire che sul punto esista un parallelismo o più correttamente un rapporto di derivazione del nuovo art. 2391 dal principio già affermato nell’art. 150 cod. comm. del 1882108. Ciò che differenzia l’impostazione accolta dalla novella non è dunque la linea ispiratrice, rimarcando entrambe le norme la necessità che le valutazioni in merito all’opportunità o meno di una determinata scelta gestoria non siano condizionate da altro che non sia la valutazione obiettiva della sua conformità all’interesse sociale. L’elemento di novità consiste semmai nel rafforzamento del dovere di indipendenza e di imparzialità degli amministratori nel compiere le valutazioni in merito alle modalità operative attraverso cui conseguire l’oggetto

106 Vd. supra, p. 250.

107 GUIZZI, Ad art. 2391, inNICCOLINI STAGNO D’ALCONTRES (a cura di), Società di

capitali, Napoli, 2004, p. 653.

108 L’unica variante di rilievo tra la disposizione dettata dal cod. comm. e quella posta dall’art. 2391 nel testo previgente era rappresentata dalla previsione, contenuta nella codificazione ottocentesca, della necessità che la deliberazione assunta dal consiglio di amministrazione in ordine ad un’ operazione gestoria rispetto alla quale taluno degli amministratori versasse in conflitto di interesse fosse approvata anche dai sindaci. Cfr. ENRIQUES, Il conflitto di interessi

41 sociale109, atteso che quegli obblighi di comportamento, che nella vecchia disciplina erano posti a carico dell’amministratore solo quando nell’ambito della scelta risultava portatore di un interesse formalmente contrapposto con quello sociale, vengono oggi generalizzati, essendo destinati a trovare applicazione in ogni ipotesi in cui l’amministratore sia, in relazione all’operazione da compiere, portatore di un interesse proprio o di terzi.

Chiaramente, l’irrilevanza della circostanza che l’interesse dell’amministratore si configuri o meno in conflitto, incide anche sul presupposto di applicazione della norma in esame, anzi, l’irrilevanza di un rapporto di necessaria incompatibilità tra i due interessi, sociale e personale, rischia di ampliare a dismisura il campo di operatività della disposizione, soprattutto ove si ritenesse di accogliere la tesi110 secondo cui nella fattispecie l’esistenza di siffatto elemento ricorrerebbe ogni qual volta l’amministratore sia potenzialmente in grado di ritrarre dall’operazione che deve essere deliberata un qualsivoglia genere di utilità, per sé o per altri, essendo irrilevante che la stessa sia o meno suscettibile di una valutazione patrimoniale111.

Sotto questo profilo un utile contributo alla delimitazione dell’area degli interessi rilevanti ai fini dell’applicazione della normativa può esser tratto dalla circostanza che esso deve sussistere in un rapporto con una determinata operazione112. Ciò dovrebbe consentire di circoscrivere l’area di operatività della disposizione in modo da comprendervi non ogni ipotesi in cui un vantaggio sia suscettibile di essere ritratto dall’amministratore, bensì solo quelle utilità che al

109Nel senso che l’agire in conflitto di interessi rappresenti forma di inadempimento qualificato al dovere di agire per la cura dell’interesse altrui, tipicamente gravante su ogni gestore, cfr. ANGELICI, Amministratori di società, conflitto di interessi e art. 1394 cod. civ., in Riv. Dir.

Comm., 1970, I, p. 104 ss.

110In questa prospettiva ENRIQUES, Il conflitto d’interessi degli amministratori di società per

azioni, Milano, 2000, p. 141 ss.

111 Per la tesi della rilvanza dei soli interessi suscettibili di valutazione economica cfr. SOLIMENA, Il conflitto di interessi dell’amministratore di società per azioni nelle operazioni

con la società amministrata, Milano, 1999, p. 91 s.

112 GUIZZI, Ad art. 2391, inNICCOLINI STAGNO D’ALCONTRES (a cura di), Società di

42 pari dell’operazione da compiere abbiano un carattere di specificità e concretezza ed il cui conseguimento sia non già in una relazione di mera occasionalità con l’operazione medesima, ma piuttosto in un rapporto di derivazione immediata e diretta, rappresentando così quest’ultima la condizione necessaria e sufficiente per l’integrale soddisfacimento di tale interesse.

Diametralmente opposta è la visione di Minervini113, il quale, nel ricostruire l’ambito di operatività della disposizione, svaluta fortemente il riferimento alla determinata operazione, concludendo per l’applicabilità dell’art. 2391 in rapporto ad ogni tipo di deliberazione, qualunque ne sia l’oggetto, dunque anche ove si tratti di decisioni assunte nell’esercizio di competenze attinenti non all’esercizio dell’attività ma al funzionamento dell’organizzazione societaria114.