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L’adattamento della disciplina degli “interessi degli amministratori”.

IL CONFLITTO DI INTERESSI NEI GRUPPI DI SOCIETÀ

4. L’adattamento della disciplina degli “interessi degli amministratori”.

Dal quadro appena presentato emerge con chiarezza che l’applicazione della disciplina ex art. 2391 c.c., se non può affatto escludersi in presenza di un’attività di direzione e coordinamento, richiede perlomeno taluni adattamenti.

Emblematico è il caso del dovere di informazione richiesto all’amministratore interessato dal primo comma della norma in commento. Emerge chiaramente dalla nuova formulazione l’intento di realizzare, come già ampiamente enucleato, un sistema di generale trasparenza nella gestione. Ciò nondimeno, è incontestabile che la fitta trama di rapporti infragruppo renderebbe l’informativa richiesta dalla norma assai sterile ove non preceduta da un’accurata selezione dei dati che, per loro oggettive caratteristiche, rivelino il potenziale pericolo di una determinata operazione per la società controllante o per la controllata330.

L’opinione prevalente in , in questo caso, ritiene che la sussistenza dell’interesse presupponga sempre un’analisi casistica, ad oggi non più affidata alla

330 SANTAGATA, Cumulo di cariche amministrative ed interessi in conflitto nelle società per

azioni, in PIRAS (a cura di), Amministrazione e controllo nel diritto delle società: Liber amicorum, Torino, 2010, p. 433.

124 discrezionalità dell’amministratore, ma esclusivamente basata su parametri oggettivi331. E già questo rilievo consente un’opportuna delimitazione dell’ambito di applicazione delle regole procedimentali fissate dall’art. 2391, co. 1. Difatti, in primo luogo, l’interlocking director non deve automaticamente ritenersi portatore di un interesse per conto della controllante, in qualsiasi operazione infragruppo decisa dalla controllata, da sottoporre a quel regime; al proposito, sembrerebbe imprescindibile una valutazione dell’intensità del legame e del contenuto delle funzioni in concreto attribuite all’amministratore nelle due società che ad esempio, potrebbe attestare che nella controllata il ruolo rivestito dall’amministratore comune non è tale da interferire con quella determinata operazione intragruppo332.

Inoltre, l’amministratore comune sembra potersi esonerare dall’osservanza dell’informazione richiesta dall’art. 2391, co. 1, rispetto ad operazioni infragruppo effettuate a “condizioni normali” e di mercato333 e, in particolare, nell’ambito delineato dalla politica di gruppo come rappresentata già al consiglio di amministrazione nei piani strategici, industriali e finanziari della società.

Parimenti, è, tuttavia, possibile affermare che l’applicazione delle disposizioni ex art. 2391 relative tanto all’amministratore delegato quanto al delegato interlocking director porrebbe significativi ostacoli all’effettiva realizzazione di una politica di integrazione, in quanto condurrebbe ad estraniarlo dalla decisione e dal compimento di operazioni intragruppo.

Mediante una serie di risposte si è cercato di risolvere l’impasse descritta: si è ipotizzata una delega generica del consiglio a concludere operazioni intragruppo

331Sul punto vd. GUIZZI, Ad art. 2391, inNICCOLINI STAGNO D’ALCONTRES (a cura di),

Società di capitali, Napoli, 2004, p. 666 s.; MAFFEIS, Il “particolare rigore” nella disciplina del conflitto di interessi nelle deliberazioni del consiglio di amministrazione di società di capitali, in Riv. Dir. Comm., 2004, p. 1063 ss.

332 Sul punto favorevole ENRIQUES, Art. 2391, in MAFFEI ALBERTI (a cura di), Il nuovo

diritto delle società, I, Padova, 2005, p. 763 s.

333 WEIGMANN, I gruppi di società, in AMBROSINI, Il nuovo diritto societario, II, Torino, 2005, citato in SANTAGATA, Cumulo di cariche amministrative ed interessi in conflitto nelle

società per azioni, in PIRAS (a cura di), Amministrazione e controllo nel diritto delle società: Liber amicorum, Torino, 2010, p. 434.

125 correnti effettuate a normali condizioni di mercato334; si è sostenuta l’opportunità di rimettere il compimento di dette operazioni al comitato esecutivo ovvero inserire nella delibera consiliare di delega una clausola di esonero dall’obbligo di astensione335; si è pensato di escludere a priori l’operatività del dovere di astensione degli amministratori comuni delegati nel contesto di gruppo, in virtù di un preteso assorbimento della disciplina degli interessi degli amministratori nell’obbligo di analitica motivazione delle decisioni influenzate da attività di direzione e coordinamento ecc.. Assorbimento che, come abbiam visto, non trova riscontro nel diritto riformato.

In ogni caso, può anzitutto ricavarsi dal sistema (art. 2391, co. 3) il principio per il quale il dovere di astensione degli amministratori rilevi soltanto se ed in quanto la sua violazione sia concretamente idonea ad arrecare un danno alla società. Merita, inoltre, ivi considerare quelli che sono le funzioni attribuite dall’art. 2381, co. 3, all’amministratore delegato, quali l’elaborazione dei piani strategici, industriali e finanziari, da sottoporre, ai sensi del citato articolo, all’esame del consiglio della controllata. Ecco, se si assume che quest’ultima disposizione non prescrive l’obbligatorietà di una simile formalizzazione delle strategie, diviene logico interrogarsi sulle inevitabili conseguenze di un’analitica illustrazione del collocamento dell’impresa nella strategia di gruppo in una società controllata. Un’astensione obbligatoria dell’amministratore delegato rispetto ad operazioni chiaramente esecutive di un piano che, se redatto, definisce puntualmente il ruolo del consigliere delegato ed è obbligatoriamente esaminato dal consiglio ai sensi dell’art. 2381, risulterebbe alquanto sterile, se non addirittura controproducente per la controllata.

Beninteso, obiettivo di tale impostazione non è però rendere il dovere di astensione dell’amministratore delegato a priori inoperativo nei gruppi, ma consiste piuttosto nel verificare se in occasione della singola riunione consiliare

334BONELLI, Gli amministratori di s.p.a. dopo la riforma delle società, Milano, 2004, p. 151. 335 ENRIQUES, Art. 2391, in MAFFEI ALBERTI (a cura di), Il nuovo diritto delle società, I, Padova, 2005, p. 767.

126 l’operazione infragruppo patrocinata dall’amministratore comune, con riguardo al caso concreto, realizzi strategie economiche già esaminate dal consiglio della controllata, reso edotto di tale rapporto di strumentalità dall’amministratore delegato. L’elaborazione e la formalizzazione di piani strategici, industriali e finanziari, per quanto non obbligatoria neppure nelle società coinvolte nell’attività di direzione e coordinamento, risulterebbe particolarmente opportuna se si vuole scongiurare il rischio di una paralisi nella gestione del sodalizio. In definitiva, è acclarato336 che l’adattamento della disciplina in esame al contesto del gruppo non ostacola né neutralizza gli effetti sinergici sottesi agli amministratori comuni, cc.dd. interlocking directorates, e che la sussistenza di simili legami personali negli organi amministrativi non vale di per sé ad irrigidire gli obblighi di trasparenza degli interessi “per conto terzi” previsti dall’art. 2391 c.c.

336 SANTAGATA, Cumulo di cariche amministrative ed interessi in conflitto nelle società per

azioni, in PIRAS (a cura di), Amministrazione e controllo nel diritto delle società: Liber amicorum, Torino, 2010, p. 438.

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Capitolo VIII

L’ART. 2391, CO. 4, C.C.

“L’amministratore risponde dei danni derivati alla società della sua azione od omissione”.

1. Premessa.

L’inosservanza da parte dell’amministratore che abbia violato le regole di comportamento poste a suo carico dalla disposizione di cui all’art. 2391, co. 3, legittima la società, su iniziativa degli altri amministratori o dell’organo di controllo, ad agire per ottenere la declaratoria di invalidità della deliberazione del consiglio non correttamente formatasi.

Ciò, però, non significa che con detta azione si esaurisca lo spettro dei rimedi esperibili a tutela della società di fronte a situazioni di infedeltà degli amministratori concretatesi nell’inadempimento degli obblighi a loro imposti dalla norma in commento.

Si potrà, in primo luogo, reagire precedendo alla revoca dell’amministratore, che potrà dirsi sorretta da giusta causa tanto nell’ipotesi di occasionale inadempimento, quanto in tutti i casi in cui la mancata informativa o la partecipazione alla deliberazione dell’amministratore, portatore di un interesse interferente con quello della società, rappresentino un comportamento ricorrente. In secondo luogo, potrà esser impugnato, secondo la regola generale ex art. 1394, l’atto gestorio adottato in violazione dell’iter procedimentale. Forma di tutela specifica, esperibile non solo nelle ipotesi in cui non ricorra il presupposto dell’impugnabilità della deliberazione, ma anche nei casi in cui, pur ricorrendo

128 tale presupposto, il termine dell’impugnativa sia inutilmente decorso337, sempre e comunque nel limite dell’acquisto in buona fede dei terzi.

Infine, ed è proprio il punto che qui interessa, la società avrà la possibilità di far valere la responsabilità dell’amministratore per i danni che siano derivati dal suo inadempimento.