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Il dovere di informazione.

INTERESSI DEGLI AMMINISTRATOR

3. Il dovere di informazione.

“L'amministratore deve dare notizia agli altri amministratori e al collegio

sindacale di ogni interesse che, per conto proprio o di terzi, abbia in una determinata operazione della società, precisandone la natura, i termini, l'origine e la portata”.

A) Funzione.

Come già anticipato, la evidente novità dell’impostazione del nuovo art. 2931, primo comma, rispetto alla disciplina previgente, sta nell’obbligatorietà della comunicazione di tutti gli interessi che gli amministratori, per conto proprio o di terzi, abbiano in riferimento ad operazioni sociali. Si spoglia così

180ENRIQUES, Il conflitto di interessi degli amministratori di società per azioni, Milano, 2000, p. 206 ss.

181 SPOLIDORO, Commento sub. Art 7: “il controllo pubblico dei prezzi esclude che il bene alienato dalla società sia sopravalutato; ma non esclude comunque che l’operazione possa essere inopportuna per altri versi o che sia inquinata da conflitto di interessi”.

64 l’amministratore del potere di decidere se quell’interesse collima o, invece, contrasta con l’interesse sociale e si attribuisce l’obbligo di valutare questa

situzione al consiglio di amministrazione182.

Proprio sotto questo aspetto, appare come una norma particolarmente

innovativa183 rispetto alla disciplina previgente, nella quale si imponeva

l’amministratore di dare notizia del conflitto di interessi senza sottolineare che ogni interesse andasse comunicato e spiegato, e si tendeva ad esonerarlo anche dall’obbligo informativo qualora egli fosse portatore di un interesse non concretamente in conflitto con quello della società.

La forza precettiva della norma, di “particolare rigore”184 secondo la Relazione,

sembra dunque consistere in un obbligo di trasparenza da osservare a fronte di qualunque tipo di interesse in conflitto, ancorché sia tale da non arrecare pregiudizio alla società.

La nuova disposizione appare come il riflesso di un’esigenza di trasparenza,

sottolinea la dottrina dominante185, in linea, peraltro, con gli obiettivi della

riforma.

“Un’estensione qualitativa e quantitativa”, viene ulteriormente definita186

da un orientamento che concorda con la tesi sopra elencata per quella che è la liberazione dall’onere di auto-valutazione, e va oltre, osservando che la stessa rende più stringente per l’amministratore l’onere di continua auto-analisi del proprio assetto di interessi, date le conseguenze che possono derivare dalla mancata operazione. Inoltre, alla stregua della nuova disciplina risulterà appensantito lo svolgimento delle adunanze assembleari dell’obbligo

182Vd. BLANDINI, Conflitto di interessi ed interessi degli amministratori di società per azioni:

prime riflessioni, in Riv. Dir. Civ., 2004, p. 413 ss.

183 SANTOSUOSSO, La Riforma del diritto societario: autonomia privata e norme imperative

nei DD.Lgs. 17 gennaio 2003, nn. 5 e 6, Milano, 2003, p. 142 s.

184Vd. Cap. 3, par. 4.

185Vd. SALANITRO, Gli interessi degli amministratori nelle società di capitali, in Riv. Società, 2003, p. 50 s.

65 “motivazione adeguata delle ragioni e della convenienza dell’operazione” da

parte del collegio187.

Il nuovo assetto dell’art. 2391, primo comma, o meglio di quello che è l’obbligo di informazione ivi contenuto, non permette più di aderire agli orientamenti dottrinari che, nel vecchio art. 2391, attribuivano al dovere in questione una funzione di autocensura. Pervero, in paralello alle tesi dottrinarie in merito alla previgente disciplina, anche nella nuova formulazione del dovere di informazione è possibile individuare una funzione riequilibratrice o di messa in guardia; corollario di quel dovere di trasparenza sul quale è costruita l’intera

disciplina. Funzione che ci pone, peraltro, più vicini ad ordinamenti188 dominati

dalla c.d. no profit rule, in base alla quale non è consentito all’agent di trarre alcuna utilità dall’esecuzione dell’incarico, salvo che questa sia stata dichiarata al

principal e da questi autorizzata.

Altresì, l’obbligo di informazione ha, tra le altre, la funzione di consentire il superamento della “posizione di vantaggio informativo” nella quale si trova

l’amministratore interessato rispetto agli altri amministratori189.

Va aggiunto, inoltre, che l’informazione, oltre che essenziale, è in genere utile: a prevenire la possibilità di esito sfavorevole per gli amministratori e, indirettamente, di azioni di responsabilità o denunzie di gravi irregolarità per la società, ed, altresì, ad evitare possibili lesioni alla reputazione della società per

azioni190. Difatti, almeno in teoria, è ragionevole ritenere che sia nell’interesse

della società tutelare il suo nome e quello dei suoi amministratori dal sospetto che determinate operazioni siano state compiute senza una decisione debitamente informata. Il rispetto di tal dovere contribuisce, quindi, ad allontanare un simile

187Vd. cit. supra. 188Vd. Cap. 1.

189 SOLIMENA, Il conflitto di interessi dell’amministratore di società per azioni nelle

operazioni con la società amministrata, Milano, 1999, p. 148 ss.

190 Nel senso che, più genericamente, “la società potrebbe talora risultare pregiudicata dal compimento di un’operazione deliberata da consiglieri ignari dell’esistenza di un interesse personale del collega”, in ROMANO, Profili penalistici del conflitto di interessi

66 sospetto, in quanto indice di correttezza delle procedere decisionali relative all’operazione.

B) Ambito di applicazione.

L’obbligo di trasparenza deve essere osservato a fronte di qualunque interesse in conflitto, ancorché sia tale da non arrecare pregiudizio alla società: sia cioè, un conflitto potenziale. Pervero, si osserva che si tratta di una terminologia non appropriata: il conflitto, da intendersi come contrapposizione tra l’interesse sociale, che l’amministratore deve perseguire, e l’interesse personale, dell’amministratore stesso, sarà sempre e comunque un elemento attuale, e di conseguenza, prima che l’operazione venga compiuta, sarà sempre e comunque attuale il rischio potenziale di un danno alla società. Casomai, può parlarsi di danno, e quindi di un conflitto, rilevante o irrilevante, ed in questo caso il danno non è nemmeno potenziale, ma nulla toglie alla sussistenza concreta del conflitto come situazione antitetica di interessi. Così, appare più corretto dirsi che l’innovazione della norma comporti l’obbligo di trasparenza anche di fronte ad un conflitto irrilevante, nel senso sovrinteso, che non sia cioè sostanzialmente

dannoso per la società191.

Nelle medesima prospettiva si deve altresì affermare che l’obbligo informativo sussista inoltre tanto di fronte ad un interesse non in conflitto, ma in potenziale

conflitto, nel senso che potrebbe in futuro creare quella posizione di

contrapposizione con l’interesse sociale che potrà anche essere danneggiato192,

quanto di fronte ad interesse concordante con quello della società, quindi in assenza di conflitto.

La dottrina unanime193, in linea peraltro con le intenzioni del legislatore della

riforma194, sostiene che l’interesse dell’amministratore all’operazione vada

191 SANTOSUOSSO, La Riforma del diritto societario: autonomia privata e norme imperative

nei DD.Lgs. 17 gennaio 2003, nn. 5 e 6, Milano, 2003, p. 142 s.

192Cfr. art. 150, primo comma, Tuf. 193Vd. ad es

. BLANDINI, Conflitto di interessi ed interessi degli amministratori di società per

azioni: prime riflessioni, in Riv. Dir. Civ., 2004, p. 415 ss.

67 comunque reso noto anche se non si ponga nell’immediato o all’apparenza in antitesi con quello della società, ma addirittura pure qualora sia a questo strumentale. Cosicché, nel caso l’interesse comunicato si rivelasse effettivamente pregiudizievole, e si volesse impugnare la deliberazione ai sensi del terzo comma, ed altresì agire per la responsabilità degli amministratori, l’obbligo di trasparenza servirebbe in pratica a rendere meno gravosi gli oneri dimostrativi degli attori; nel caso in cui, viceversa, non vi fosse pregiudizio, la completa illustrazione dell’interesse e della sua relazione con la società rappresenterebbe

un utile contributo di trasparenza, che, senz’altro, responsabilizza

l’amministratore e gli altri organi in prevenzione di eventuali comportamenti abusivi.

Circa la “determinata operazione”, vi è da chiedersi se il dovere di comunicazione sussista soltanto in relazione alle operazioni deliberate dal

consiglio di amministrazione. A proposito la dottrina195 è unanime nel ritenere

che l’applicabilità dell’art. 2391, co. 1, non è subordinata, come già visto, al fatto che l’operazione interessata rientri tra le competenze deliberative del consiglio di

amministrazione ovvero che figuri tra le materie da trattare in tale sede196.

Conclusione questa, imposta tanto dalla littera legis quanto dalla ratio della disposizione, confermata dall’intenzione del legislatore storico del 1882, che già ritenne opportuno, in sede di redazione dell’art. 150 cod. comm., di non recepire l’opposta soluzione, ispirata all’art. 60 della l. belga, nonché dall’unanime

interpretazione dello stesso art. 150197.

Questione diversa è se la notizia sia dovuta o meno nel caso in cui l’amministratore interessato non partecipi alla riunione nel corso della quale deve

195 Vd. ENRIQUES, Il conflitto di interessi degli amministratori di società per azioni, Milano, 2000, p. 214 ss.

196 SALANDRA, Manuale di diritto commerciale3

, Bologna, 1949, p. 318; MARANO, Sull’astensione degli amministratori di società di capitali, in Giur. Comm., 1996, p. 622 ss., ivi

alla p. 631. 197Vd. cap. 2.

68

esser deliberata l’operazione. La prevalente dottrina198 ritiene sussistere il dovere

anche nelle ipotesi in cui l’amministratore non partecipi all’adunanza chiamata a deliberare sull’operazione.

A sostegno della tesi si afferma che, essendo il dovere in questione previsto per ogni interesse legato ad una determinata operazione, non si potrebbe sostenere una tesi che esoneri dal dovere l’amministratore interessato che, semplicemente, si astenga dalla deliberazione. In primo luogo, avendo a mente il dettato legislativo, che non contiene riferimento alcuno alla deliberazione, a differenza invece dall’esplicita indicazione della “determinata operazione”, in secondo luogo, sulla base di semplici valutazioni di opportunità, nel senso che, ragionando nel modo opposto, si offrirebbe una evidente “scappatoia” all’applicazione delle responsabilità ivi previste per l’amministratore, a cui, magari anche fraudolentemente, basterebbe semplicemente astenersi dalla relativa deliberazione.

Un’opinione diversa199 perviene al risultato opposto rilevando il fatto che il

consiglio non vota in base ad un’ordine del giorno prestabilito, e quindi l’amministratore assente ben può ignorare le materie che in seno ad esso formino oggetto di trattazione. Posizione quest’ultima criticata in dottrina, in relazione alla quale, per semplice buon senso, l’amministratore, adoperando l’ordinaria diligenza a lui richiesta, non può non considerare il fatto che, su quella specifica deliberazione, egli abbia un interesse; non vi è, allora, alcun motivo per giustificare il suo silenzio.

In ogni caso, stante la possibilità, introdotta con la riforma del 2003, di adottare modelli di amministrazione diversi, l’obbligo sembra ricadere anche sui membri del comitato per il controllo sulla gestione (art. 2409-octies-decies), anch’essi

198 Vd. FERRARA JR., Gli imprenditori e le società2

, Milano, 1946, p. 200; SOLIMENA, Il conflitto di interessi dell’amministratore di società per azioni nelle operazioni con la società amministrata, Milano, 1999, p. 152; MARANO, Sull’astensione degli amministratori di società di capitali, in Giur. Comm., 1996, p. 630 s.

69 tecnicamente “amministratori”, nel caso di adozione di un sistema di

amministrazione di tipo monistico200.

C) Forme e tempi della comunicazione.

La disposizione non prescrive alcuna forma particolare per la comunicazione, potendosi, conseguentemente, ritenere che l’amministratore debba dar notizia nel modo che ritiene più idoneo per poter dimostrare all’occorrenza di aver adempiuto all’obbligo che gli è imposto.

Da segnalare è la tesi di Bonelli201, secondo cui la comunicazione “mediante

lettera o, comunque, con informazioni date al di fuori della riunione o della discussione consiliare sarebbe in contrasto con il metodo collegiale che governa il funzionamento del consiglio”. Tesi che può condividersi per i conflitti di interessi su operazioni di competenza del consiglio ed effettivamente all’ordine del giorno; non vale, ovviamente con riguardo alle altre operazioni né quando l’amministratore si assenti all’adunanza né, infine, quando l’informazione in sede

consiliare risulterebbe, per qualunque motivo, tardiva202.

Si ritiene in giurisprudenza203 che, per ragioni di buon senso e coerentemente con

la funzione “rivelatrice” della comunicazione, la stessa non sia dovuta se quanto dovrebbe esser dichiarato sia da ritenersi già noto, evidentemente perché del tutto palese ed evidente agli altri amministratori ed ai sindaci. Analogamente, neanche sarebbe dovuta nel caso in cui l’interesse si prospettasse per una molteplicità di operazioni, per le quali sarebbe identica la comunicazione da fare, nel caso in cui l’amministratore interessato abbia adempiuto al dovere in questione una volta per tutte.

Nel silenzio del codice pare corretto ritenere che l’informazione debba esser effettuata tempestivamente, valutando in relazione alle circostanze del caso la

200

PATRONI GRIFFI, Art. 2391, in SANDULLI, La riforma delle società: commentario al

d.lgs. 17 gennaio 2003, Torino, 2003, p. 463.

201BONELLI, La responsabilità degli amministratori di società per azioni, Milano, 1992, p. 88. 202ENRIQUES, Il conflitto di interessi degli amministratori di società per azioni, Milano, 2000, p. 222 ss.

70 reale tempestività della stessa. Non vi è tuttavia uniformità di vedute circa il carattere tempestivo della comunicazione: “Da eseguirsi con l’urgenza implicita

nella sua finalità” la definizione del Cavalli204, in senso diverso Buonocore205, per

il quale la comunicazione può esser effettuta anche in occasione della riunione

dell’organo amministrativo206.

In dissenso con le opinioni sopra esposte, un orientamento dottrinario207 ritiene

che, essendo di tutta evidenza che se la ratio del dovere in parola è quella sopra descritta, l’unica conseguenza da trarne è che le menzionate informazioni dovranno essere rese con modalità tali da consentire ai destinatari di poterle adeguatamente apprezzare e valutare ai fini della decisione sulla deliberanda operazione. Il che sta allora a significare che la comunicazione contemplata dall’articolo in commento vuoi per la maggiore complessità del contenuto imposto, vuoi per l’ovvia esigenza avvertita da parte dell’amministratore interessato di precostituirsi prova dell’adempimento dell’obbligo, non potrà che essere resa in forma scritta e soprattutto dovrà essere resa prima della riunione consiliare; entro un termine che non può esser definito a priori, ma che dovrà comunque essere determinato volta per volta in considerazione della maggiore o minore complessità delle valutazioni che si richiede vengano compiute dagli altri amministratori, alla luce delle caratteristiche con cui, in concreto, si manifesta il rapporto di interferenza tra interesse personale del dichiarante e interesse sociale. Nonostante la assodata mancanza di una indicazione legislativa, la necessità che la stessa avvenga in forma scritta è comunque individuabile nell’indicazione di un contenuto minimo obbligatorio alla comunicazione, nel rilievo che la stessa assume sul regime delle impugnazioni della deliberazione, nonché nell’eventuale giudizio di responsabilità nei confronti dell’amministratore interessato. Tra

204 CAVALLI, I sindaci, in Trattato delle società per azioni, diretto da COLOMBO, Torino, 1988, p. 115.

205BUONOCORE, Manuale di diritto commerciale2

, Torino, 1999, p. 318.

206 Opportuno precisare che le tesi appena esposte si vogliono enucleate al tempo della precedente disciplina.

207

GUIZZI, Ad art. 2391, inNICCOLINI STAGNO D’ALCONTRES (a cura di), Società di

71 l’altro, nel caso in cui l’amministratore interessato ritenga l’operazione potenzialmente dannosa per la società, sarà tenuto a far annotare il proprio dissenso nel libro delle adunanze e deliberazioni del consiglio di amministrazione nonché a darne comunicazione scritta al presidente del collegio

sindacale (art. 2392, comma 3)208.

Sotto il profilo temporale, secondo l’orientamento maggioritario209 non è

discutibile che la dichiarazione vada effettuata senza indugio, e comunque prima che l’operazione venga compiuta. L’obbligo di disclosure si sostanzia, insomma, non appena l’amministratore venga a conoscenza che una determinata operazione sta per essere deliberata o comunque compiuta.

D) I destinatari della comunicazione.

L’interesse deve esser portato a conoscenza degli “altri amministratori e al

collegio sindacale”210. La disposizione, tuttavia, seppur chiara all’apparenza,

nascondeva e nasconde oggi molte zone d’ombra che neanche il legislatore della riforma si è adoperato per eliminare.

La littera legis sembrerebbe lasciar presagire che notiziati siano tutti gli altri

amministratori nonché ciascun componente del collegio sindacale211;212, anche se,

un orientamento seppur minoritario213 sostiene la possibilità di dare la notizia ai

soli amministratori e sindaci presenti alla seduta. Tale tesi, non può, però, essere accolta in quanto enucleata sull’errato presupposto di ritenere doverosa la comunicazione solo quando il consiglio sia stato chiamato a deliberare

sull’operazione214.

208

PATRONI GRIFFI, Art. 2391, in SANDULLI, La riforma delle società: commentario al

d.lgs. 17 gennaio 2003, Torino, 2003, p. 463.

209Vd. cit. supra.

210In questo punto la attuale disciplina ripercorre pedissequamente la vecchia. 211MINERVINI, Gli amministratori di società per azioni, Milano, 1956, p. 407. 212

Interessante ricordare l’opinione “sia pur non esente da qualche ragionevole dubbio” di RIVOLTA, La società a responsabilità limitata, Milano, 1982, p. 331, secondo il quale nelle s.r.l. prive di collegio sindacale l’informazione deve esser data ai soci.

213

BORGIOLI, L’amministrazione delegata, Firenze, 1982, p. 318.

214ENRIQUES, Il conflitto di interessi degli amministratori di società per azioni, Milano, 2000, p. 220 s.

72

Per altri autori215, invece, sarebbe sufficiente informare i presidenti dei due

organi. Tesi quest’ultima che, seppur enucleata senza che sia stata in alcun modo motivata, pare fondata sul buon senso e sulla riduzione degli oneri di cui viene ad essere gravato l’amministratore in conflitto, ma, almeno per quanto riguarda gli

amministratori, non è compatibile né con la lettera dell’art. 2391, co. 1,né con la

sua ratio. Analogamente, è da ritenere che l’amministratore membro del comitato esecutivo, che abbia un interesse in un’operazione che da questo debba esser deliberata, abbia il dovere di darne notizia anche a tutti gli altri amministratori

che non ne facciano parte216.

La tesi per la quale la notizia deve esser destinata ad ogni componente del consiglio di amministrazione nonché del collegio sindacale, trova sostegno sia nella considerazione che, ove il legislatore ha ritenuto sufficiente la comunicazione ai presidenti degli organi collegiali l’ha espressamente precisato, così come nella diversa disciplina delle impugnazioni delle deliberazioni adottate con il voto dell’amministratore interessato, a cui, adesso, sono legittimati tutti gli amministratori indipendemente dalla partecipazione al processo deliberativo e

dall’orientamento del voto217.

E) Contenuto dell’informazione.

Oggi l’art. 2391 indica analiticamente il contenuto dell’informazione che l’amministratore interessato è tenuto ad effettuare: devono essere precisati la natura, i termini, l’origine e la portata dell’interesse, superando le incertezze suscitate sul punto dal testo previgente a causa del generico riferimento al dovere di darne notizia.

L’articolata formula adoperata dal legislatore italiano sembrerebbe, in questo caso, grosso modo sintetizzabile nella più efficacie espressione anglosassone “full disclosure”.

215FRè (e SBISà), Della società per azioni6

, nel Commentario del codice civile, di SCIALOJA e

BRANCA, Bologna-Roma, 1997, sub. Art. 2391, p. 821.

216In tal senso CAGNASSO, Gli organi delegati nella società per azioni, Torino, 1976, p. 135. 217

PATRONI GRIFFI, Art. 2391, in SANDULLI, La riforma delle società: commentario al d.lgs. 17 gennaio 2003, Torino, 2003, p. 463.

73 In quest’ottica, l’amministratore interessato non potrà limitarsi all’autocensura della propria situazione di interesse, ma sarà tenuto a fornire un’informativa che sia il più completa possibile tanto sotto il profilo qualitativo (natura, termini, origine) quanto sotto quello quantitativo (portata); per la precisione dovrà chiarire quale sia il fatto generatore dell’interesse in questione (“l’origine”), quale sia il tipo di utilità che può essere ritratta dall’amministratore dall’assunzione della scelta gestoria (“la natura”), se la soddisfazione di tali interessi sia o meno compatibile con la realizzazione dell’interesse della società (“i termini”), in che misura esso sia suscettibile di essere realizzato o per converso pregiudicato dall’operazione su cui il consiglio è chiamato a deliberare (“la portata”). In altri termini, dovrà fornire tutte quelle notizie che ragionevolmente ritenga, o che una persona di media diligenza ritenga, possano influire sulla determinazione del consiglio in merito all’operazione nella quale egli nutra un interesse per conto proprio o di terzi, e fornirle all’organo gestorio e all’organo di controllo in modo che sia permesso loro di valutare la sussistenza o meno di un conflitto, anche ai fini dell’ammissione al voto dell’interessato, ed in generale circa la convenienza economica della stessa operazione per la società. In tal senso depone l’indicazione della “portata” dell’interesse, che sembra imporre la valutazione del rilievo che assume l’interesse di cui è portatore l’amministratore sull’economia dell’operazione, sia dal punto di vista della società, sia da quello dell’amministratore interessato.

Il mancato rispetto delle regole esaminate è di per sé idoneo a determinare la difformità della delibera dalla legge e quindi, se tempestivamente impugnata, la sua rimozione. Sarà allora opportuno notare che si tratta di regole il cui adempimento deve esser valutato con un parametro non soltanto formale, ma