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Il concetto di “interesse”.

INTERESSI DEGLI AMMINISTRATOR

1. Il concetto di “interesse”.

“Si è passati da un sistema di divieti formali (o formalistici) ad un sistema di disclosure obbligatoria e decisione informata”143. È inevitabile infatti non cogliere l’immediata novità della norma: informare di ogni interesse che l’amministratore ha in una determinata operazione, non più limitata al caso in cui l’interesse sia in conflitto con quello della società.

Opportuno è però, preliminarmente, sviscerare il concetto stesso di “interesse”, proprio perché, lo stesso, rappresenta il presupposto di applicazione della disciplina in esame.

Parimenti, a tal fine risulta opportuno dar conto di quanto già sotto l’impero della precedente disciplina lo stesso concetto destasse l’attenzione della dottrina. Al proposito riportiamo le parole di Enriques144: “per chiarire quando

143MONTALENTI, Il conflitto di interessi nella riforma del diritto societario, in Riv. Dir. Civ., 2004, p. 248.

144ENRIQUES, Il conflitto d’interessi degli amministratori di società per azioni, Milano, 2000, p. 141 ss.

55 l’amministratore possa dirsi interessato in una determinata operazione, deve darsi conto, in via di premessa, della sensazione di profondo disagio145 che ogni interprete prova di fronte alla vaghezza, al carattere ambiguo146, polisenso147 ed equivoco148 del termine interesse, di cui sono incerti l’oggetto e financo il contenuto”.

Proprio quest’ultimo orientamento149, partendo dalla fattispecie di conflitto di interessi degli amministratori di società, quale la situazione dell’amministratore che contratta con la società, nota come il termine “interesse” abbia intrinseco l’elemento del partecipare, dell’esser parte150, e nel caso di specie, esser parte di una determinata operazione151, di un determinato negozio: l’esserne parte anzitutto, in senso sostanziale e formale; ma, ad evitare facili elusioni, l’esserne parte in senso anche soltanto sostanziale, ove cioè il negozio sia concluso mediante interposizione fittizia o reale di persona, nonché, in definitiva, in ogni caso in cui il reale destinatario o beneficiario, sia pure indiretto, degli effetti dell’operazione sia l’amministratore stesso. Si dovrà trattare, peraltro, di effetti rilevanti ai fini della disciplina del conflitto di interessi ed il criterio alla stregua del quale giudicare della rilevanza di questi effetti sarà quello, desumibile dalla ratio della disciplina stessa del conflitto d’interessi, della sussistenza o meno del rischio “serio e ragionevole”152 che la prospettiva di tali effetti possa indurre l’amministratore, nelle circostanze date, ad anteporre l’interesse proprio a quello della società.

145 ROMANO, Profili penalistici del conflitto di interessi dell’amministratore di società per

azioni, Milano, 1967, p. 52.

146LUMINOSO, Mandato, commissione, spedizione,nel Tratt. Dir. Civ. e Comm.,Milano, 1984, p. 9.

147 MINERVINI, Il conflitto di interessi fra rappresentante e rappresentato nella recente

codificazione, in Arch. Giur., 1946, p. 120 ss.

148SACCO, Il potere di procedere in via surrogatoria, Torino, 1955, p. 249.

149Ricordiamo che la stessa è cronologicamente precendente alla riforma, di conseguenza la sua attenzione è influenzata dal concetto di interesse in conflitto.

150DURO, Vocabolario della lingua italiana Treccani II, Roma, 1987, voce “interesse”. 151In questo caso la disciplina attuale appare del tutto pedissequa alla precedente.

56 Dunque, un interesse dell’amministratore in una determinata operazione si ha quando vi sia ragionevole motivo di ritenere che egli, nelle circostanze del caso, si rappresenti di ricavare dal compimento (o dall’omissione) dell’operazione un’utilità quantitativamente e qualitativamente rilevante, purché questa rappresentazione153 sia socialmente riconoscibile in quanto tale e nel suo oggetto (utilità).

Un diverso orientamento dottrinario154, che pur condivide sul piano teorico l’esistenza di una soglia “critica” di rilevanza dell’interesse, lamenta, però, in prospettiva “qualche incertezza applicativa”. La maggiore cautela di quest’ultimo sembrerebbe riflettersi anche sulla questione se sia soggetto a comunicazione l’interesse dell’amministratore coincidente con quello della società155: c’è chi lo esclude, e chi è di opinione opposta, argomentando che la principale novità dell’art. 2391 c.c. è rinvenibile proprio nell’aver sottratto all’amministratore la valutazione della rilevanza dell’interesse. Fra questi schemi, pervero, la giurisprudenza non ha ancora preso posizione.

La tesi della soglia di rilevanza dell’interesse poggia, infatti, sul presupposto di riconoscer l’esistenza di interessi che l’amministratore sicuramente non comunicherà e che nessuno pretenderà che siano comunicati o che sarebbe irrealistico od ingenuo pretendere di fare oggetto di obbligo di comunicazione156. E, proprio sulla base di ciò, appare opportuno pensare ad una soglia di rilevanza

153 Preferibile parlare di rappresentazione di un’utilità piuttosto che di tensione psichica verso l’utilità, in quanto la seconda espressione può far pensare che il soggetto abbia un interesse laddove abbia anche soltanto scelto di perseguire l’utilità, mentre al contrario, è sufficiente per configurare un interesse una valutazione razionale, pertinente alla funzione intellettiva dell’uomo, e non a quella volitiva (così JAEGER, L’interesse sociale) per far sorgere quel rischio di abuso, alla prevenzione del quale è finalizzata la disciplina del conflitto di interessi. In FRè, Della società per azioni, si parla di anticipazione ideologica di un’utilità eventuale o futura.

154 VENTORUZZO, Ad art. 2391, in Amministratori, in GHEZZI (a cura di), in Commentario

alla riforma della società, diretto da MARCHETTI, Milano, 2005, p. 440 ss.

155MINERVINI, Gli interessi degli amministratori di s.p.a., in Giur. Comm., 2006, p. 154/I. 156 MAFFEIS, Il “particolare rigore” della disciplina del conflitto di interessi nelle

deliberazioni del consiglio di amministrazione di società di capitali, in Giur. Comm., 2004, p.

57 qualitativa e quantitativa tale da escludere tutti quegli interessi di entità o natura tali da non poter ragionevolmente perturbare la serenità di giudizio dell’amministratore157.

In una prospettiva rovesciata, è probabilmente possibile individuare un interesse rilevante ai fini dell’applicazione dell’art. 2391 in ogni situazione che postuli da parte dell’amministratore l’adempimento di un vero e proprio dovere di lealtà e non solo del più generico dovere di diligenza.

Altresì, è doveroso chiederci se l’utilità, da molti assunta ad elemento fondante del concetto di stesso di interesse, rilevi soltanto se di natura economico- patrimoniale. Una risposta affermativa si potrebbe ivi affermare alla luce del contributo giurisprudenziale158 che ritiene rilevante soltanto gli interessi di tipo economico-patrimoniale159. Non veniva giudicato sufficiente, ad esempio, il rapporto di coniugio tra amministratore e controparte.

Trovo in questo caso utile, al fine di comprendere cosa debba intendersi per utilità, riprendere la definizione della stessa proposta da Jeremy Bentham160: “that property in any object, whereby it tends to produce benefit, advantage, pleasure, good, or happiness […] or […] to prevent the happening to mischief, pain, evil, or unhappiness to the party whose interest is considered”. La tesi merita qui un ulteriore approfondimento, sempre mediante le riflessioni offerte dal filosofo e giurista inglese, circa il concetto di pleasures, traducibili come “piaceri”, nella prospettiva di godere dei quali, gli uomini agiscono e interagiscono: un concetto comprendente, oltre ai piaceri della ricchezza, i piaceri

157 CANDELLERO, Commento al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, in Il nuovo diritto societario, diretto da COTTINO, BONFANTE, CAGNASSO e MONTALENTI, Bologna, 2004, p. 751. 158 Per una panoramica della giurisprudenza formatasi anteriormente alla riforma vd. SOLIMENA, Il conflitto di interessi dell’amministratore di società per azioni nelle operazioni

con la società amministrata, Milano, 1999, p. 113.

159 Come peraltro afferma parte della dottrina, vd. ad es. ASCARELLI, Interesse sociale ed

interesse comune nel voto, in Id., Studi in tema di società, Milano, 1952, p. 147 ss.

160BENTHAM, An introduction to the principles of morals and legislation, Oxford, 1823, p. 12, citato in ENRIQUES, Il conflitto d’interessi degli amministratori di società per azioni, Milano, 2000, p. 151.

58 dei sensi, i piaceri dell’abilità, i piaceri dell’amicizia, della reputazione, del potere, della pietà, della benevolenza e financo i piaceri della malevolenza.

Ecco che del tutto ovvia, evidente e riscontrabile appare la circostanza che una persona agisca nella prospettiva di godere di uno di questi piaceri161.

Di conseguenza, pur ammettendo la possibilità che, nel caso pratico, il giudice non ritenga raggiunta la prova della sussistenza dell’interesse, la riflessione appare se non altro utile a mostrare come in alcune ipotesi interessi di natura non patrimoniale, anche non riconducibili a rapporti di parentela o di coniugio, possano sostanziarsi in situazioni in cui debba porsi in considerazione l’osservanza di un dovere di lealtà degli amministratori o almeno di un dovere di diligenza degli stessi.

Anche all’interno dell’orientamento maggioritario, difatti, si argomentava come fosse più adatto, ai sensi della disciplina attuale, laddove si riconduce ad “ogni interesse”, propendere per un’accezione più ampia della nozione stessa di interesse, in modo tale da ricomprendere qualunque utilità, anche di natura non strettamente patrimoniale purché “socialmente riconoscibile”.

In ogni caso, recita l’articolo, si parla di “ogni interesse, per conto proprio o di terzi”.

Per Minervini162, data l’ampiezza della nozione interesse sopra delineata, è da ritenere che l’inciso “per conto proprio o di terzi” sia poco più che un pleonasmo. Infatti, quale che sia l’interpretazione dell’espressione “per conto di terzi” che si ritenga preferibile, è agevole rinvenire in capo all’amministratore anche e comunque un interesse proprio, nel senso sopra indicato.

Importante e sicuramente non agevole comprendere, alla stregua del dettato legislativo, il legame che vi è tra l’interesse dell’amministratore e l’interesse di un eventuale terzo di cui è portatore lo stesso amministratore.

161ENRIQUES

, Il conflitto di interessi degli amministratori di società per azioni, Milano, 2000,

p. 151 ss.

59 In ambito va detto non è assolutamente registrabile uniformità di vedute: per alcuni deve essere inteso nel suo significato tecnico, che sostanzialmente richiama il rapporto di mandato163, altri ritengono, invece, sufficiente una situazione di vincolo rispetto al terzo164, per altri ancora un interesse per conto terzi sussisterebbe nelle ipotesi in cui manchi un dovere, sia pure funzionale, di adempiere, ossia nei casi di rapporti socio-economici e di rapporti di società165, per altro verso, non manca chi ritiene che sia richiesta una specifica relazione tra il votante e il terzo, che conduca alla deviazione del risultato dell’attività a favore di quest’ultimo e non che sia necessario dimostrare l’esistenza di un conferimento di incarico166, per altri ancora non sarebbe richiesta una relazione giuridica tra l’amministratore e il terzo perché, opinando altrimenti, si verrebbero a frustrare le finalità della norma167. Per la giurisprudenza, invece, è necessario che sussista un rapporto che si fondi su un preesistente mandato od incarico specificamente conferito.

In ogni caso, come anche l’indagine storica dimostra, l’espressione fu inserita a conferma dell’interpretazione unanime dell’art. 150 cod. comm., per cui un interesse contrario doveva ritenersi sussistere, non soltanto quando l’amministratore fosse controparte della società, ma anche nelle ipotesi di conflitto indiretto168.

La funzione principale dell’inciso sta, dunque, nell’indirizzare ad un’interpretazione sostanziale dell’art. 2391, che non ne confini l’applicazione alle sole ipotesi in cui l’amministratore sia controparte, in senso formale o sostanziale, della società.

163 MINERVINI, Sulla tutela dell’interesse sociale nella disciplina delle deliberazioni

assembleari e di consiglio, in Riv. Dir. Civ., 1956, p. 318.

164WEILLER, Il conflitto di interessi nelle società, in Foro pad., 1946, p. 45.

165NAZZICONE, Note minime sul conflitto di interessi per conto di terzi, Firenze, 1994, c. 901. 166 GAMBINO, Il principio di correttezza nell’ordinamento delle società per azioni, Milano, 1987, p. 214.

167 BETTIOL, Conflitto di interessi e deliberazione collegiale nell’ambito delle società di

capitali e cooperative, in Giur. Mer., 1971, p. 44.

168ENRIQUES, Il conflitto di interessi degli amministratori di società per azioni, Milano, 2000, p. 155 ss.

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