Parte I La cultura della quantificazione e gli indicatori
3. L’assenza di paragoni
La comparazione è un connotato fondamentale degli indicatori16. Pro-prio nella semplicità con la quale elementi fra loro eterogenei vengono tra-sformati in entità numeriche paragonabili fra loro valutabili, risiede uno dei punti di forza maggiori dei processi di indicatorizzazione17. Non è un caso, come abbiamo già visto18, che le iniziative più celebri siano proprio quelle che esitano in un ranking.
Ebbene, ciò che occorre ora ribadire19 è che, nella zona grigia fra indica-tori e rating, vi sono intraprese quantitative nelle quali la tensione compara-tiva si declina in modo speciale, finendo per diventare, quanto meno nella sua dimensione sincronica, del tutto invisibile. Tali figure, probabilmente proprio perché non si prestano a sostenere agili operazioni di confronto, godono di una ridotta visibilità persino entro la letteratura in argomento20, e tuttavia sono numerose in taluni settori, in primis quello dei diritti umani. Questo è un ambito in cui, come vedremo meglio21, la penetrazione della
16. Si v. la definizione standard di Kevin E. Davis, Benedict Kingsbury, Sally Engle Merry, Introduction: Global Governance by Indicators, 6 (sulla quale retro, in questo Cap., par. 1), i quali poco oltre (8) aggiungono che “all indicators are fundamentally comparati-ve”; sulle medesime linee, Sally Engle Merry, The Seductions of Quantification, 12; André Broome e Joel Quirk, The Politics of numbers, 815; Judith G. Kelley e Beth A. Simmons,
Politics by Number, 55; Isabelle Bruno e Emmanuel Didier, Bench-marking, 24-26.
17. Fra i tantissimi, Sally Engle Merry, The Seductions of Quantification, 1-2; Juan-Carlos Botero, Angela Maria Pinzon-Rondon, Christine S. Pratt, How, When and Why Do
Govern-ance, Justice and Rule of Law Indicators Fail Public Policy Decision Making in Practice?, 8 Hague J. Rule of Law 51, 60, 64 (2016); Michael Riegner, Towards an International Institu-tional Law of Information, 53; Inga T. Winkler, Margaret L. Satterthwaite, Catarina de
Albu-querque, Treasuring What We Measure and Measuring What We Treasure, 555; Terence C. Halliday, Legal Yardsticks, 209; Georgios Dimitropoulos, Global Administrative Law as
“En-abling Law”, 25; Sally Engle Merry, Measuring the World Indicators, S84.
18. Retro, Cap. 2, par. 5; v. anche infra, Cap. 5, par. 5. 19. Si v. anche retro, in questo Cap., parr. 1 e 2.
20. E paucis, Marta Infantino, Human Rights Indicators across Institutional Regimes, 12
Int’l Org. L. Rev. 146-167 (2015).
21. Infra, Cap. 4, par. 6. Si danno sporadici indicatori senza paragoni o ranking (nonché senza successo) pure fuori dall’ambito dei diritti umani, come ad esempio il ‘Government at a glance’ dell’OCSE (v. retro, Cap. 1, par. 3), che è un ‘basket indicator’, ossia riporta vari dati disaggregati e non ordinati gerarchicamente sul modo di operare delle pubbliche ammi-nistrazioni nei paesi OCSE: v. oecd.org/gov/government-at-a-glance-22214399.htm, nonché
cultura degli indicatori è avvenuta più lentamente, e con più difficoltà, ri-spetto ad altri campi. Può darsi che sia stata la peculiare delicatezza del te-ma a trattenere le velleità quantificatorie dall’avventurarsi a misurare que-stioni propense a generare ipersensibilità e reazioni avverse. È possibile che l’alta densità di convenzioni e trattati internazionali in materia abbia a lun-go tenuto a freno la spinta di colmare il vuoto con strumenti alternativi. Può aver rilevato l’assenza di un’istituzione globale con competenze chiare al riguardo che di quella spinta aspirasse a farsi traduttrice22, o il disinteresse di molti attori importanti (fra cui stati e imprese) rispetto al controllo degli obiettivi in parola, o, ancora, la generale riluttanza dei professionisti del settore a pensare in termini numerici, traducendo la sofferenza umana in crude statistiche23. Quale che sia la ragione, il risultato è sotto gli occhi di tutti: vi è un certo numero di indicatori dei diritti civili e politici24, ma, fuori di quella sfera, la più parte delle iniziative oggi esistenti si fonda – non già su una misurazione calata dall’alto da parte di chi si propone quale indica-tor-maker, bensì – sui dati quantitativi offerti dagli stessi soggetti cui la va-lutazione si riferisce, col risultato che costoro diventano al contempo valu-tati e valutanti. Non solo: quanto viene raccolto all’esito di tali esercizi di auto-analisi non dà origine a una classifica25.
Guillaume Lafortune, Santiago Gonzalez, Zsuzsanna Lonti, Government at a Glance, 207-238.
22. È appena il caso di ricordare che l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Uni-te per i diritti umani, il cui mandato peraltro è assai limitato, è stato creato solo nel 1993.
23. Per un approfondimento di questi possibili motivi, v., con varietà di accenti, Sally Engle Merry, Human Rights Monitoring, State Compliance, and the Problem of
Infor-mation, 35-36; Liam Clegg, Benchmarking and blame games: Exploring the contestation of the Millennium Development Goals, 41 Rev. Int’l Stud. 947, 954 (2015); Michael Ignatieff e
Kate Desormeau, Measurement and Human Rights: Tracking Progress, Assessing Impact. A
Carr Center Project Report, 2005, a projects.iq.harvard.edu/files/carrcenter/files/-measurement_2005report.pdf, 3, oltre che infra, Cap. 4, par. 6.
24. Alcune sfaccettature di tali diritti sono ad esempio coperte da ‘Freedom in the World’ Reports, dal ‘Ci-Ri Human Rights Dataset’ e dai ‘Worldwide Governance Indi-cators’.
25. Paola Monaco, Cultural Heritage, Development, Tourism and Global Indicators:
The Experience of Western Balkan Countries, 5 Eur. J. Comp. L. & Gov. 89, 94-101 (2018);
Sally Engle Merry, The Seductions of Quantification, 183-204; David McGrogan, Human
Rights Indicators and the Sovereignty of Technique, 385-408; Marta Infantino, Human Rights Indicators across Institutional Regimes, 146-167; David McGrogan, The Problem of Causality in International Human Rights Law, 65 Int’l & Comp. L. Q. 615-644 (2016);
Ma-ria Green, What We Talk About When We Talk About Indicators: Current Approaches to
Human Rights Measurement, 23 Hum. Rights Q. 1062-1097 (2001). Vi è qualche rara
ecce-zione: lo sono, ad esempio, il ‘Social and Economic Rights Fulfillment Index’ (sul quale v. retro, Cap. 1, par. 3, nonché infra, Cap. 4, par. 6) e il ‘Global Rights Index’ (sul quale v. re-tro, Cap. 1, par. 3, nonché infra, Cap. 4, par. 6.1), dei quali però solo il secondo attribuisce un punteggio agli stati valutati.
In altre parole, gli indicatori sui diritti umani vedono sovente un ente – ad esempio, un organo delle Nazioni Unite, un’ONG o una società specia-lizzata – stabilire un questionario, accompagnato a linee guida e istruzioni per la auto-compilazione, sulla base dei quali il soggetto volta a volta inte-ressato – d’abitudine: uno stato o un’impresa – risponde alle domande e poi ne riferisce all’ente di cui sopra.
Così ad esempio opera il controllo del rispetto statale dei diritti umani presso le commissioni delle Nazioni Unite incaricate di vegliare sull’implementazione dei trattati ONU. Nel 2012, l’OHCHR ha pubblicato un manuale generale per la predisposizione di tali indicatori, cui commis-sioni e stati dovrebbero ispirarsi nello svolgere i loro compiti quantitativi26
(il manuale, per la verità, non è stato accolto con grande entusiasmo dagli altri organi ONU27).
Così operano anche i molti indicatori disponibili alle imprese per la mi-surazione del loro rispetto dei diritti umani – ciò che usualmente si appella Corporate Social Responsibility (CSR) –, come quelli sostenuti dal Global Compact delle Nazioni Unite28 o dalla ONG Global Reporting Initiative29.
26. OHCHR, Human Rights Indicators – A Guide to Measurement and Implementation, UN, 2012. Il manuale codifica una caratteristica ulteriore propria a questi indicatori, cioè il loro strutturarsi lungo una tripartizione a suo tempo suggerita da Avedis Donabedian per valutare la qualità di un servizio sanitario (Avedis Donabedian, The Quality of Care: How
Can It Be Assessed?, 260 J. Am. Med. Ass. 1743-1748 (23/30 settembre 1988)), in base alla
quale i dati raccolti sono allineati lungo i tre assi ‘structure’/‘process’/‘outcome’, così da misurare separatamente lo stato dell’arte, gli sforzi volti a raggiungere un certo traguardo e i risultati operativi esistenti. Più precisamente, secondo il manuale OHCHR, gli ‘structural indicators’ concernono “the acceptance, intent and commitment of the State to undertake measures in keeping with its human rights obligations” (OHCHR, Human Rights Indicators, 34); i ‘process indicators’ catturano “a State’s efforts, through its implementation of policy measures and programmes of action, to transform its human rights commitments into the desired results” (Id., 36); gli ‘outcome indicators’, infine, riportano “the results of State ef-forts in furthering the enjoyment of human rights” (Id., 38). Sui limiti di tale tripartizione (la quale assume implicitamente che vi sia una correlazione, se non addirittura un legame cau-sale, fra l’adozione di talune misure e certi risultati), Sally Engle Merry, The Seductions of
Quantification, 183-184; Sally Engle Merry, Firming Up Soft Law. The Impact of Indicators on Transnational Human Rights Legal Orders, in Terence C. Halliday e Gregory C. Shaffer
(eds.), Transnational Legal Orders, 374, 381-386; David McGrogan, The Problem of
Cau-sality, 627.
27. Sally Engle Merry, The Seductions of Quantification, 198-204.
28. ll Global Compact è un’iniziativa promossa dalle Nazioni Unite agli inizi del Due-mila per promuovere, su base volontaria, il progredire di una buona cittadinanza d'impresa: v. globalreporting.org/Pages/default.aspxunglobalcompact.org.
29. Global Reporting Initiative è un’ONG fondata nel 1997 a Boston (oggi la sede si è spostata ad Amsterdam); la sua missione principale è legata all’iniziativa che porta il suo stesso nome, e che mira a diffondere nelle imprese la consapevolezza circa la sostenibilità
Le corporazioni che spontaneamente scelgono di sottoporsi a tali esercizi di misurazione sono richieste di inviare con cadenza regolare una relazione circa il rispetto di standard pre-definiti. Le relazioni sono quindi raccolte su databases liberamente accessibili entro i siti delle due iniziative: è suffi-ciente cercare il nome di un’impresa per leggere l’elenco delle sue comuni-cazioni circa il perseguimento degli obiettivi del Global Compact o la so-stenibilità complessiva delle sue attività secondo le indicazioni della Global Reporting Initiative30. Quanto più numerose e complete sono le comunica-zioni inviate, tanto più brava è la compagine societaria interessata – sicché, si è notato, ciò che in effetti qui si misura non è altro che l’adesione forma-le delforma-le imprese all’esercizio di misurazione, ossia, detto altrimenti, il su-perficiale successo delle iniziative in questione31.
Ad ogni modo, si dice che tale peculiare conformazione, basata sul coinvolgimento diretto del valutato nella raccolta e preparazione dei dati, rappresenti, nella materia, il punto di compromesso ottimale fra regole (che si proclamano) universali e contesti locali, e soprattutto fra l’urgenza di coercere determinati comportamenti, da un lato, e la povertà dei mezzi di-sponibili al diritto internazionale, dall’altro lato. Il presupposto è che l’auto-analisi e la responsabilizzazione degli stessi soggetti valutati costi-tuisca la strada più agile e veloce per raggiungere l’obiettivo di controllare stati e imprese, e far loro internalizzare quelle prassi che nessun ente in ma-teria ha il potere di imporre. Di questa socializzazione gentile nella cultura dei diritti umani, la partecipazione spontanea al gioco degli indicatori sa-rebbe lo strumento di elezione32.
delle proprie strategie di business, attraverso la realizzazione volontaria di relazioni periodi-che circa le loro attività: v. globalreporting.org.
30. V. rispettivamente unglobalcompact.org/what-is-gc/participants e
database.global-reporting.org.
31. Galit A. Sarfaty, Measuring Corporate Accountability through Global Indicators, in Sally Engle Merry, Kevin E. Davis, Benedict Kingsbury (eds.), The Quiet Power of
Indica-tors, 103, 105-106; Sally Engle Merry, Measuring the World, S91; ma v. anche, per una
vi-sione d’insieme su queste iniziative, Larry Catá Backer, The arc of triumph and
transfor-mation of the OECD Guidelines, in OECD Guidelines for Multinational Enterprises: A Glass Half Full, OECD, 2018, 43-50 (accessibile a oecd.org/investment/mne/OECD-Guidelines-for-MNEs-A-Glass-Half-Full.pdf); Larry Catá Backer, Governance Polycentrism or Regulated Self-Regulation – Rule Systems for Human Rights Impacts of Economic Activi-ty Where National, Private and International Regimes Collide, in Kerstin Blome, Hannah
Franzki, Andreas Fischer-Lescano, Nora Markard, Stefan Oeter (eds.), Contested Collisions:
Interdisciplinary Inquiries into Norm Fragmentation in World Society, CUP, 2016, 198-225.
32. Cfr. OHCHR, Human Rights Indicators, 2, 5; UN Global Compact, The Ten
Princi-ples of the UN Global Compact, a unglobalcompact.org/what-is-gc/mission/princiPrinci-ples;
Global Reporting Initiative, About GRI, a
In realtà, è assai poco chiaro se il sistema funzioni.
Sono evidenti gli effetti perversi cui si presta l’auto-valutazione, che inevitabilmente incentiva il valutato/valutatore (nel peggiore dei casi, a mentire, e nel migliore) a enfatizzare ciò che risponde alle attese e a tace-re sul tace-resto33. Va poi da sé che lo spostamento del fuoco dell’attenzione dal raggiungimento di certi risultati all’aver relazionato su di essi diluisce di molto la portata di tali esercizi, e ottiene l’unico effetto certo di ritua-lizzare la formalità della misurazione, al contempo deresponsabilizzando tanto gli enti controllanti quanto i soggetti (per così dire) controllati circa l’effettiva realizzazione di quegli obiettivi (cui in astratto il controllo sa-rebbe deputato)34.
Non è questa la sede per soffermarsi oltre sull’appropriatezza di tali tecniche, che sono evidentemente assai diverse da quelle in uso presso la maggioranza degli indicatori di cui si è fin qui discusso. Gli strumenti impiegati nel settore dei diritti umani tendono in altri termini ad annac-quare due degli elementi che abbiamo segnalato essere caratteristici degli indicatori (in particolare vis-à-vis i rating), ovvero: la terzietà di chi pro-duce la misurazione rispetto ai soggetti valutati, e l’immediata confronta-bilità dei risultati fra loro. Si spiega così perché queste iniziative non ab-biano attirato l’attenzione di molta letteratura critica, e non siano in effetti nemmeno comprese dalla definizione standard di ‘indicatore’ vista più sopra, al par. 1.
Per quanto ci riguarda, che raccolte di dati quantitativi stilate secondo le istruzioni del manuale dell’Ufficio dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani, del Global Compact e della Global Reporting Initiative siano quali-ficabili o no come indicatori, è comunque poco importante. Le peculiarità loro proprie sono tante e tali da suggerire di lasciarle fuori del raggio di in-teresse del nostro studio.
33. Così David McGrogan, Human Rights Indicators and the Sovereignty of Technique, 398; David McGrogan, The Problem of Causality, 639; Marta Infantino, The Law of
Indica-tors on Women's Human Rights, 11; Sital Kalantry, Jocelyn E. Getgen, Steven Arrigg Koh, Enhancing Enforcement of Economic, Social and Cultural Rights Using Indicators: A Focus on the Right to Education in the ICESCR, 32 Hum. Rights Q. 253, 290-291 (2010) – sul
pun-to, v. anche infra, Cap. 5, par. 4.1.
34. Il punto è sottolineato da molti: Galit A. Sarfaty, Measuring Corporate
Accountabi-lity through Global Indicators, 105-106; AnnJanette Rosga and Margaret. L. Satterthwaite, The Trust in Indicators, 285-286, 297; Eva Kocher, Private Standards in the North – Effec-tive Norms for the South?, in Anne Peters, Lucy Koechlin, Till Förster, Gretta Fenner
Zinkernagel (eds.), Non-State Actors as Standard-Setters, CUP, 2009, 409, 425 (“in the case of transnational social standards, companies are not only the addressees of the norm, but also the norm setters”); Kerry Rittich, Governing by Measuring, 476.