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Parte I La cultura della quantificazione e gli indicatori

1. Ai confini del problema

Sarà per la loro storia breve, per l’eterogeneità delle forme, o per la scarsa attenzione loro dedicata dai giuristi, gli ‘indicatori giuridici globali’, intesi come categoria unitaria, affiorano raramente nel dibattito. Comprendere cosa essi siano obbliga a interrogarsi su tutti gli elementi dell’espressione: ecco perché, nelle pagine che seguono, ci impegneremo – una volta ricordati i trat-ti caratterizzantrat-ti la nozione stessa di ‘indicatore’ – a delineare la frontrat-tiera del discorso, mettendo in chiaro ciò che si situa al di fuori di questa. Escludere-mo così dall’orizzonte alcuni esercizi quantitativi affini agli indicatori, come le statistiche e i ranking (par. 2), e poi, sul terreno di nostra elezione, marche-remo le distanze rispetto alle intraprese che evitano di ricorrere a classifiche e/o ranking (par. 3), o sono disinteressate al dato giuridico (par. 4) o, ancora, hanno un raggio di attenzione men che globale (par. 5). L’esito di tale percor-so ci permetterà di mettere a fuoco, per esclusione, gli indicatori che esami-neremo più nel dettaglio nella Parte II.

Prima di cominciare, occorre tuttavia qualche avvertenza. È bene tenere a mente come la materia sia afflitta da una notevole confusione terminolo-gica e definitoria. Vi è anzitutto una certa ambivalenza nell’uso dei termini da parte del linguaggio operativo, ove la parola ‘indicator’ è sovente sosti-tuita, in lingua inglese, dai suoi quasi-sinonimi ‘index’, ‘benchmark’, ‘ran-king’, ‘rating’, ma anche ‘report’1. Leggermente più compatto, invece, il lessico accademico che, sia pur non senza eccezioni2, tendenzialmente im-piega il lemma ‘indicator’/‘indicatore’. Ma anche in letteratura, la più parte degli studi rinuncia a precisare cosa tale lemma esattamente stia a

significa-1. Lo notano anche Nehal Bhuta, Debora V. Malito, Gaby Umbach, Introduction: Of

Numbers and Narratives, 7; Richard Rottenburg e Sally Engle Merry, A World of Indicators, 2.

2. V. ad esempio il ‘Global Benchmarking Database’, a

re, al più richiamando una delle poche proposte definitorie avanzate in ma-teria, per la quale – lo abbiamo anticipato3 – un indicatore è

una raccolta di dati organizzati in una classifica che si propone di rappresentare le prestazioni passate o future di diverse unità. I dati sono generati attraverso un pro-cesso che semplifica informazioni grezze riguardo un complesso fenomeno sociale. I dati, in questa loro forma semplificata e processata, sono suscettibili di essere usati per comparare particolari unità di analisi (come paesi, istituzioni o imprese), in chiave sincronica o diacronica, e per valutarne le performance con riferimento a uno o a più standard4.

Tale descrizione ha l’indubbio pregio di cogliere alcune delle caratteri-stiche fondamentali di un indicatore – la semplificazione di informazioni complesse, l’incorporazione di un giudizio valutativo (che sovente è

spec-3. Si v. retro, nelle Premesse e nel Cap. 1, par. 1.

4. Kevin E Davis, Benedict Kingsbury, Sally Engle Merry, Introduction: Global

Govern-ance by Indicators, 6. Tentativi definitori più concisi mettono l’accento sulle qualità

sintetico-numeriche degli indicatori (intesi come “single numbers [...] that try to capture a more or less complex reality": Willem F.M. de Vries, Meaningful Measure: Indicators on Progress,

Pro-gress on Indicators, 69 Int’l Stat. Rev. 313, 315 (2001)) oppure sui loro obiettivi (“indicators

refer to the systematic, comparative organization and presentation of information that allows for comparison among units or over time”: Sally Engle Merry, The Seductions of

Quantifica-tion, 12; “a wide range of comparative evaluation techniques that systematically assess the

per-formance of actors, populations, or institutions”: André Broome e Joel Quirk, The Politics of

numbers, 815, a proposito di ciò che definiscono ‘global benchmarking’).

Non rilevano qui in maniera particolare le definizioni accolte dai manuali in circolazione per la costruzione di indicatori (v. retro, Cap. 2, par. 6, nt. 61), perché queste tendono a essere formulate in modo volutamente ampio, così da comprendere fra gli indicatori anche misure non soggette a ripetizione periodica e iniziative di carattere qualitativo piuttosto che quantita-tivo: cfr. OHCHR, Human Rights Indicators – A Guide to Measurement and Implementation, UN, 2012, 16 (“a human rights indicator is specific information on the state or condition of an object, event, activity or outcome that can be related to human rights norms and standards; that addresses and reflects human rights principles and concerns; and that can be used to assess and monitor the promotion and implementation of human rights”); DPKO-OHCHR, The United

Nations Rule of Law Indicators Implementation Guide and Project Tools, United Nations,

2011, 1 (“Indicators are indirect measures of elements that, taken together, can be used repeat-edly and over time to assess progress towards specific goals and objectives. They often have the dual role of spurring reform and holding agencies and individuals accountable for their past performance. […] Indicators allow the synthesis of complex information to produce easily in-terpreted measures that are well suited to tracking changes over time and drawing comparisons between places”); OECD, Handbook on Constructing Composite Indicators, OECD, 2008, 13 (“an indicator is a quantitative or a qualitative measure derived from a series of observed facts that can reveal relative positions (e.g. of a country) in a given area. When evaluated at regular intervals, an indicator can point out the direction of change across different units and through time. In the context of policy analysis […] indicators […] can also be helpful in setting policy priorities and in benchmarking or monitoring performance”).

chio di una teoria sottostante, di cui l’indicatore costituisce espressione e conferma), l’aspetto comparativo fra varie unità e/o nel tempo.

Ai nostri fini, tuttavia, essa si presta a più di una rifinitura, per ciò che esclude da un lato e ciò che tace dall’altro lato.

Sul versante di quanto resta fuori dalla definizione, l’idea che un indica-tore sia “una raccolta di dati organizzati in una classifica” enfatizza il ricor-so a un ranking quale attributo essenziale degli indici, tagliando fuori dalla nozione ogni iniziativa che non esiti in una classifica gerarchica. Ciò, come vedremo, è eccessivamente riduttivo. Se è vero che gli indicatori più cele-brati sono proprio quelli che esitano in un esplicito ranking5 – ed è infatti su queste creature che centreremo anche la nostra attenzione6 –, è altrettanto indubbio che ve ne sono alcuni (molti dei quali nell’ambito giuridico, spe-cialmente con riguardo ai diritti umani) che rifuggono la possibilità di esita-re in un voto e di metteesita-re a paragone fra loro le performances dei soggetti valutati, mettendo così in sordina l’elemento comparativo che si vorrebbe proprio all’esercizio di indicatorizzazione e lasciando che questo si declini, al più, in chiave diacronica soltanto7.

Sull’altro fronte, quello degli aspetti non adeguatamente enfatizzati dal-la definizione standard, rilevano tre componenti essenziali degli indicatori –

(a) il loro veicolare una teoria determinata, (b) la loro usabilità e (c) la

pe-riodicità –, essenziali perché direttamente incidenti sulla capacità di questi ultimi di permeare e modificare i contesti cui si riferiscono.

(a) Ogni indicatore si fa espressione e portatore di una precisa visione

del fenomeno sociale studiato, dei suoi tratti caratteristici e del perché della sua rilevanza: un indicatore che circola diffonde quella prospettiva negli ambienti fertili all’ascolto. Il messaggio sottostante, dunque, è tanto impor-tante quanto il mezzo che lo veicola.

(b) Fondamentale alla ricetta di un indicatore è anche il combinare gradi

diversi di complessità tecnica a risultati semplici, un formato accattivante e modalità di facile utilizzo e riutilizzo dei dati – il che implica spesso, anche se non necessariamente, la libera accessibilità a questi ultimi in forma elet-tronica8.

(c) Ugualmente importante – lo abbiamo già annunciato9 – è l’ultimo connotato menzionato, ossia la ripetizione nel tempo, usualmente nel giro

5. V. anche retro, Cap. 2, par. 5. 6. Si v. infra, Cap. 4.

7. V. più nel dettaglio infra, in questo Cap., par. 3.

8. Abbiamo già visto retro, Cap. 1, par. 3, e incontreremo ancora più avanti, in questo Cap., par. 3, indicatori a pagamento, i cui contenuti sono accessibili solo a chi ne sottoscrive il servizio.

di un anno, dell’indice. Gli indicatori non sono mai concepiti come esercizi una tantum – e quando lo sono, è in genere perché crollano di morte prema-tura. Proprio nella loro periodicità, che alimenta il circuito di azioni e rea-zioni messe in moto dalle misurarea-zioni, risiede una parte grande della loro potenza trasformativa.