Parte II Gli indicatori giuridici globali
4. La tratta degli esseri umani
Che il traffico di persone sia pratica da osteggiare è, non da molto, un dato acquisito alla consapevolezza occidentale. Le prime, selettive campa-gne contro la tratta di schiavi africani e ‘donne bianche’ si collocano, con veemenza differente, fra la fine del diciottesimo e l’inizio del diciannove-simo secolo115. Ci vorrà tempo perché l’idea che il commercio di persone sia da vietarsi si radichi nella coscienza collettiva e si traduca in sforzi re-golatori globali. È nel ventesimo secolo che si arriverà all’adozione di trat-tati multilaterali in materia: fra i tanti, la Convenzione della Società delle cock e Mariana Mota Prado, What Makes Poor Countries Poor?, 179; Stefan Voigt, How
(Not) to Measure Institutions, 20, nt. 23 (che sottolinea come i giudizi esperti in materia si
siano frequentemente rivelati predittori inaffidabili del livello di corruzione percepito dalla popolazione generale); Staffan Andersson e Paul M. Heywood, The Politics of Perception, 753-754; Bill de Maria, Neo-colonialism through measurement, 189-200 (il quale ricorda, fra l’altro, come la più parte degli esperti considerati dagli indicatori aggregati dal CPI pro-vengano dal settore imprenditoriale, e quindi si facciano automaticamente portatori di una visione della corruzione sensibile ai problemi del business e sorda rispetto ad altri).
114. Mlada Bukovansky, Corruption rankings, 62, nonché infra, Cap. 5, par. 3.1. 115. Per un’analisi storica circa le origini della lotta al traffico di essere umani, v., per tutti, Rita Haverkamp, Ester Herlin-Karnell, Claes Lernestedt, Introduction, in Rita Haver-kamp, Ester Herlin-Karnell, Claes Lernestedt (eds.), What is Wrong with Human
Traffick-ing? Critical Perspectives on the Law, Hart, 2019, 1-3; Anamaria Marcon Venson e Joana
Maria Pedro, Human trafficking: a historical approach to the concept, 33 Rev. Bras. Hist. n. 65 (2013), a dx.doi.org/10.1590/S0102-01882013000100003; William Mulligan e Maurice Bric (eds.), A Global History of Anti-Slavery Politics in the Nineteenth Century, Palgrave, 2013; Anne T. Gallagher, Human Rights and Human Trafficking: Quagmire or Firm
Ground? A response to James Hathaway, 49 Va. J. Int’l L. 789, 799-810 (2010); nonché i
Nazioni sulla schiavitù del 1926 e la Convenzione supplementare ONU sull’abolizione della schiavitù, del commercio di schiavi, e sulle istituzioni e pratiche assimilabili alla schiavitù del 1956; la Convenzione ONU del 1949 sulla soppressione del traffico di persone e lo sfruttamento della pro-stituzione altrui; i Protocolli addizionali ONU (alla Convenzione ONU con-tro la criminalità organizzata transnazionale del 2000) per prevenire, repri-mere e punire la tratta di persone, in particolare donne e bambini, e contro il traffico di migranti via terra, via mare e via aria, adottati entrambi nel 2000116.
A dispetto dello spessore normativo oramai proprio alla materia, il con-senso al riguardo è assai meno profondo di quanto sembri. La questione tocca temi spinosi attinenti a priorità individuali e collettive, obbligando a prendere posizione, ad esempio, su cosa significhino schiavitù e sfrutta-mento, sui limiti entro i quali si intende lasciare gli individui liberi di per-seguire il proprio benessere, sulla distinzione fra migrazione volontaria e forzata, sulla definizione e regolazione del lavoro precario, illegale e in ne-ro, sull’ammissibilità della prostituzione e sulle maniere in cui questa può essere legalmente svolta, nonché su chi sia legittimato a decidere su tutto ciò, stabilendo come e dove le persone possano e debbano spostarsi, vivere e lavorare117 – temi tutti su cui i dissensi tuttora sono radicati, dentro e fuori l’Occidente.
Quanto ai nostri fini importa sottolineare è che, negli ultimi anni, si è assistito a una netta virata nell’angolazione dalla quale la tratta di esseri umani, specie di donne e bambini, è discussa nel dibattito tecnico e pubbli-co. Da problema ancillare entro la panoplia dei diritti umani, quest’ultima è recentemente divenuta un’emergenza criminale, da combattersi con armi non dissimili da quelle sviluppate per il traffico di droga118. Ne costituisce 116. A tali strumenti hanno fatto seguito varie iniziative a livello regionale, fra cui la ‘Resolution 1948 Fighting the Crime of Trafficking in Persons, especially Women, Adoles-cents, and Children’ dell’Organizzazioni degli Stati Americani (2003), la ‘Declaration Against Trafficking in Persons Particularly Women and Children’ dell’ASEAN (2004), la Convenzione sulla lotta contro la tratta degli esseri umani del Consiglio d’Europa (2005), l’Ouagadougou Action Plan to Combat Trafficking in Human Beings, Especially Women and Children dell’Unione Africana (2006), l’Arab Initiative for Building National Capacities for Combating Human Trafficking della Lega degli Stati Arabi (2010).
117. Rita Haverkamp, Ester Herlin-Karnell, Claes Lernestedt, Introduction, 3-12; Kerry Rittich, Representing, Counting, Valuing: Managing Definitional Uncertainty in the Law of
Trafficking, in Prabha Kotiswaran (ed.), Revisiting the Law and Governance of Trafficking, Forced Labor and Modern Slavery, CUP, 2017, 238-269; Janie Chuang, Rescuing Traffick-ing from Ideological Capture: Prostitution Reform and Anti-TraffickTraffick-ing Law and Policy,
158 U. Penn. L. Rev. 1655-1728 (2010).
118. V., oltre alle autrici citate alla nota precedente, Sally Engle Merry, The Seductions
riprova l’adozione dei due trattati da ultimo ricordati, ossia i Protocolli ap-provati dall’ONU nel 2000 – non a caso quali allegati alla Convenzione contro la criminalità organizzata transnazionale –, i quali entrambi riguar-dano il traffico di persone quale attività penalmente rilevante da deterrere e sanzionare. Tale cambiamento di prospettiva ha ovviamente importato una serie di implicazioni notevoli riguardo al modo di guardare al fenomeno, alla percezione delle sue cause ed effetti, agli attori reputati rilevanti (sia come vittime che come perpetratori), e soprattutto alle misure giudicate op-portune e necessarie per combatterlo119.
A prescindere da qualsiasi considerazione circa l’opportunità e le ragio-ni sottostanti tale mutamento di paradigma, il punto che qui preme eviden-ziare è che detto riassestamento dell’agenda internazionale si deve larga-mente al contributo statunitense. Si deve all’amministrazione Clinton l’intesa attività di lobbying che ha condotto all’adozione in sede ONU dei Protocolli appena menzionati120. Ma soprattutto si deve al governo statuni-tense la redazione dell’indicatore giuridico globale che ha accompagnato, se non in parte determinato, la diffusione planetaria dell’approccio crimina-le. È il ‘Trafficking in Persons’ Report, indicatore che si distingue netta-mente da quelli visti finora per un’eccezionale particolarità: quella di essere il prodotto unilaterale dell’amministrazione federale statunitense121.
siano dipinti quali vittime incapaci e innocenti, oggetto delle manovre abusive di criminali che spetta agli stati nazionali bloccare); Paulette Lloyd e Beth A. Simmons, Framing for a
New Transnational Legal Order. The Case of Human Trafficking, in Terence C. Halliday e
Gregory C. Shaffer (eds.), Transnational Legal Orders, 400, 418-421, 428-435; Antonello Miranda, The dark side of the laws against human trafficking: The need for a new, not
ex-clusively criminal, approach in a global world perspective, in Emil W. Plywaczewski (ed.), Current Problems of the Penal Law and Criminology, Beck, 2014, 610-619; Anne T.
Gal-lagher, Human Rights and Human Trafficking, 793; Janie Chuang, The United States as
Global Sheriff: Using Unilateral Sanctions to Combat Global Trafficking, 27 Mich. J. Int’l L. 437, 446-449 (2006).
119. Janie Chuang, Rescuing Trafficking from Ideological Capture, 1710-1721. 120. Judith G. Kelley, Scorecard Diplomacy, 5-6, 69-70; Sally Engle Merry, The
Seduc-tions of Quantification, 121; Anne T. Gallagher, Improving the Effectiveness of the Interna-tional Law of Human Trafficking: A Vision for the Future of the US Trafficking in Persons Reports, 12 Hum. Rights Rev. 381, 383 (2011); Janie Chuang, Rescuing Trafficking from Ideological Capture, 1662-1663.
121. Sul punto, fin da subito, Sally Engle Merry, Firming Up Soft Law, 388-394; Janie Chuang, The United States as Global Sheriff, 437-494. Ai TiP si sono nel corso del tempo affiancati altri indicatori, quale il Global Slavery Index pubblicato a partire del 2013 dall’ONG australiana Walk Free Foundation (v. globalslaveryindex.org), che misura, oltre alla tratta, anche l’incidenza di lavoro forzato e schiavitù, lavoro minorile e matrimoni for-zati: globalslaveryindex.org/2018/methodology/overview/.
4.1. I Trafficking in Persons Reports
La lotta al traffico di essere umani è oggi un asse importante della poli-tica estera americana. Il momento fondativo di tale importanza è general-mente individuato nell’ottobre del 2000, quando, a pochi giorni di distanza dall’approvazione dei Protocolli addizionali ONU in materia di tratta, il Congresso americano ha adottato il Trafficking Victims Protection Act (TVPA)122.
La legge, alla sec. 105, istituisce un nuovo organo presso il Dipartimen-to di StaDipartimen-to, l’’Office Dipartimen-to MoniDipartimen-tor and Combat Trafficking’, il cui incarico principale consiste nel preparare annualmente una relazione (definita dalla sec. 104 come) volta a indagare se e come i paesi destinatari di sostegno economico, umanitario e/o militare da parte degli Stati Uniti combattono la tratta di persone, alla luce delle ‘three Ps’ che informano l’atto: “prosecu-tion, protection and prevention”123 (ossia criminalizzazione dei trafficanti, protezione delle vittime e prevenzione del fenomeno). Nel concreto, all’Office to Monitor and Combat Trafficking è chiesto di verificare, sulla base delle informazioni ricevute dalle ambasciate americane nel mondo, se i paesi interessati rispettano gli ‘standard minimi’ di lotta al traffico di esse-re umani e soddisfano i “criteri” indicativi di “sforzi seri e continuati diesse-retti a eliminare le manifestazioni più severe di tratta” fissati dalla sec. 108 (a) e (b). L’analisi deve tradursi nell’assegnazione di ciascun paese a una catego-ria fra tre possibili: la prima raccoglie gli stati il cui operato è in perfetta consonanza con il TVPA, la seconda i paesi che, pur non essendo perfetta-mente adempienti rispetto a standard e criteri del TVPA, si impegnano se-riamente a migliorarsi, e la terza il gruppo degli immeritevoli, perché disal-lineati rispetto ai contenuti del TVPA e non interessati al cambiamento124. Nei riguardi di questi ultimi il Presidente degli Stati Uniti è autorizzato a rifiutare ogni forma di assistenza da parte del governo federale e a esprime-re voto contrario alla loro ammissione ai pesprime-restiti erogati dalle organizzazio-ni finanziarie internazionali125.
122. Public Law 106–386; 22 U.S.C. 7101 e seguenti. 123. Si v. il sito state.gov/j/tip/3p/.
124. TVPA, sec. 110 (b) (1). Entro il secondo gruppo vi è un’ulteriore sotto-categoria (Tier 2 Watch List), ove si collocano i paesi in cui, nonostante gli sforzi considerevoli per combattere la tratta delle persone, i numeri del traffico rimangono preoccupanti: U.S. De-partment of State, Trafficking in Persons Report, 2019, a
state.gov/wp-content/uploads/-2019/06/2019-Trafficking-in-Persons-Report.pdf, 48.
Nell’ambito di tale quadro, e per l’esattezza nel 2001, cominciava la pubblicazione dei ‘Trafficking in Persons Reports’ (TiP)126. L’edizione del 2001 conteneva una valutazione sintetica (e priva di motivazione) di circa un’ottantina di stati127. I Reports successivi aumenteranno marginalmente i tassi di chiarezza e trasparenza delle fonti impiegate, e notevolmente il nu-mero degli stati considerati, che arriverà a raggiungere la quasi totalità dei paesi riconosciuti dagli USA e a includere gli stessi Stati Uniti128.
Sebbene si tratti di un’intrapresa realizzata unilateralmente da un’amministrazione statale, che valuta sé stessa e tutti i suoi consimili ap-plicando parametri definiti a livello domestico, i TiP sono diventati rapi-damente “the most influential and the most trusted indicator of states’ per-formance vis-à-vis human trafficking”129, non da ultimo in virtù delle san-zioni a esso associate130. Ancorché sia difficile stabilire una correlazione diretta fra il lancio dei TiP e l’impennata di riforme, adottate in ogni angolo del globo a partire dal 2000, al fine di criminalizzare la tratta di esseri uma-ni – reato che, fino a quel momento, non occupava un ruolo preminente nel-le agende di politica penanel-le –, quanto è certo è che, all’inizio degli anni Duemila, meno del 10% dei paesi valutati dai TiP criminalizzava il traffico di persone, mentre oggi più del 70% degli stati del mondo dispone di un re-gime apposito al riguardo, nonché di uffici governativi, personale ammini-strativo e corpi di polizia specializzati nella materia131. Non solo. All’epoca
126. La collezione completa dei Reports è disponibile al seguente link:
sta-te.gov/j/tip/rls/tiprpt/.
127. U.S. Department of State, Victims of Trafficking and Violence Protection Act of 2000.
Trafficking in Persons Report, 2001, a state.gov/documents/organization/4107.pdf, 12.
128. U.S. Department of State, Trafficking in Persons Report, 2019, 48 (187 paesi valu-tati). Gli Stati Uniti sono inclusi nei TiP a partire dall’edizione 2009. Sul progressivo au-mento dell’ombrello di copertura dei TiP, v. anche Judith G. Kelley, Scorecard Diplomacy, 79-80; Anne T. Gallagher, Improving the Effectiveness, 384-385.
129. Marina Zaloznaya e John Hagan, Fighting Human Trafficking or Instituting
Au-thoritarian Control? The Political Co-optation of Human Rights Protection in Belarus, in
Kevin E. Davis, Angelina Fisher, Benedict Kingsbury, Sally Engle Merry (eds.),
Govern-ance by Indicators, 344, 361.
130. Judith G. Kelley, Scorecard Diplomacy, 91-92 (che però osserva come, statistica-mente, il governo americano abbia fatto raramente ricorso alle misure punitive messe a di-sposizione dal TVPA); Sally Engle Merry, The Seductions of Quantification, 150; Sally Engle Merry, Firming Up Soft Law, 388-389; Judith G. Kelley e Beth A. Simmons, Politics
by Number, 60, 68; Janie Chuang, The United States as Global Sheriff, 454-492.
131. Lo sottolineano in molti: cfr. Kerry Rittich, Representing, Counting, Valuing, 239; Judith G. Kelley, Scorecard Diplomacy, 11, Figura 1.1, nonché 55; Judith G. Kelley e Beth A. Simmons, Politics by Number, 60; v. anche Sally Engle Merry, The Seduction of
Quanti-fication, 150 (anche per un elenco di alcune delle modifiche legislative intervenute in varie
parti del mondo quale reazione alla pubblicazione dei Reports); Anne T. Gallagher e Janie Chuang, The Use of Indicators, 339-340.
di redazione del primo TiP, in pochissimi luoghi si raccoglievano dati stati-stici sul traffico di persone; all’ora attuale la disponibilità di tali dati si è clamorosamente moltiplicata132. Sono in molti a ritenere che tutto ciò si sia realizzato anche grazie ai TiP, i quali sarebbero stati determinanti nel solle-vare l’attenzione globale sul problema, e soprattutto nell’orientare il modo in cui quest’ultimo è percepito e affrontato – i.e., principalmente come un’emergenza delittuosa, da contrastare attraverso politiche di giustizia criminale che spetta agli Stati intraprendere133.
Come si costruiscono, in concreto, i TiP? Ogni anno l’Office to Monitor and Combat Trafficking, composto da un centinaio di persone circa134, re-cupera attraverso una pluralità di canali non meglio identificati, di cui il più importante sono le ambasciate all’estero135, informazioni circa lo stato dell’arte della lotta al traffico di persone nel mondo, inclusi gli aggiorna-menti del regime giuridico esistente, le iniziative intraprese al fine di pre-venire la tratta, le stime dei volumi di traffico, il numero di incriminazioni e condanne per traffico di esseri umani. Questo set di informazioni è quindi analizzato alla luce degli standard minimi e dei criteri indicati nel TVPA, e impiegato per la redazione di una scheda paese di taglio descrittivo e pre-scrittivo, oltre che per la misurazione delle performances degli stati e la lo-ro inclusione nella scala a tre fasce sopra menzionata. Sia le schede che le misurazioni (espresse in una tavola riepilogativa e in mappe colorate delle regioni del mondo, ove il primo raggruppamento è verde, il secondo è gial-lo e il terzo marrone) sono quindi incluse nei TiP136.
132. Judith G. Kelley e Beth A. Simmons, Politics by Number, 61.
133. Judith G. Kelley, Scorecard Diplomacy, 12, 15, 85, 111-113, 120-122, 124-142, 162-169, 206-218, 221-227; Anne T. Gallagher, The International Legal Definition of
‘Traf-ficking in Persons’: Scope and Application, in Prabha Kotiswaran (ed.), Revisiting the Law and Governance of Trafficking, Forced Labor and Modern Slavery, CUP, 2017, 83, 86;
Anne T. Gallagher e Janie Chuang, The Use of Indicators, 327; Anne T. Gallagher,
Improv-ing the Effectiveness, 389-391.
134. U.S. Department of State, Trafficking in Persons Report, 2019, 528. Lo staff che lavorava ai TiP era composto nel 2006 di dieci persone (Janie Chuang, The United States as
Global Sheriff, 475) e nel 2011 di undici persone (Anne T. Gallagher e Janie Chuang, The Use of Indicators, 333).
135. Per tutti, Judith G. Kelley, Scorecard Diplomacy, 98-111 (che specifica come l’Office to Monitor and Combat Trafficking si appoggi anche a una schiera di organizza-zioni internazionali, ONG, e ricercatori più o meno direttamente coinvolti nei finanzia-menti americani alla lotta al traffico di essere umani); Sally Engle Merry, Firming Up Soft
Law, 391.
136. U.S. Department of State, Trafficking in Persons Report, 2019, 48-54. In passato le schede nazionali erano ordinate secondo il gruppo di appartenenza dello stato di riferimento; al fine di ridurre il giudizio implicito in tale struttura, oggi le schede paese sono riportate alfabeticamente, paese per paese: Anne T. Gallagher e Janie Chuang, The Use of Indicators, 343, nt. 118. Più in generale, sulle modalità di redazione dei TiP, cfr. André Broome e Joel
Fonte: TiP, U.S. Department of State, Trafficking in Persons Report, 2019, Europe, a state.gov/wp-content/uploads/2019/06/2019-Trafficking-in-Persons-Report.pdf, 51.
Quirk, Governing the world at a distance, 835; Judith G. Kelley e Beth A. Simmons,
Poli-tics by Number, 61; Anne T. Gallagher e Janie Chuang, The Use of Indicators, 326,
333-334; Anne T. Gallagher, Improving the Effectiveness, 385; Janie Chuang, The United States
as Global Sheriff, 475.
I giudizi espressi dai TiP sono estremamente intrusivi. Il livello di dettaglio con il quale il Dipartimento di Stato sindaca la qualità dell’architettura normativa e delle pratiche applica-tive dei paesi valutati è ben espresso dai suggerimenti di policy offerti all’Italia dall’edizione 2019 dei TiP. Storicamente, il nostro paese aveva sempre goduto di una collocazione nel primo gruppo, fra i paesi virtuosi. Nel 2019, invece, l’Italia è stata declassata al tier 2, con l’invito a effettuare quanto segue: “valutare in modo costante i rischi e garantire protezione giuridica a tutte le vittime potenziali di tratta prima di forzarne il rientro o l’espulsione […]; assicurarsi che alle vittime esposte al rischio di ritorsioni o grosse difficoltà nel caso di rien-tro al paese di origine sia riconosciuto uno status giuridico e il diritto di rimanere in Italia; perfezionare l’operatività e l’implementazione sull’intero territorio dei meccanismi di cen-simento e segnalazione delle vittime di tratta, inclusi i bambini in stato di bisogno […]; veri-ficare gli standard di sicurezza nei centri di accoglienza e nelle loro vicinanze, così da limi-tare i contatti fra i trafficanti e le vittime (attuali o potenziali); indagare e perseguire vigoro-samente i trafficanti di persone e condannarli a pene adeguate; favorire la cooperazione in-ternazionale con i paesi di provenienza e di transito (specialmente Nigeria, Tunisia e Libia) al fine di scambiare informazioni e combattere il traffico; intensificare gli sforzi per indivi-duare le vittime di traffico di manodopera attraverso un maggior numero di controlli e una migliore preparazione del personale addetto a riconoscere i segnali di tratta e a guidare le vittime verso gli appositi servizi; aumentare il coordinamento fra i vari ministri e agenzie che raccolgono le informazioni sul tema e istituire un database pubblico nel quale segnalare le indagini, le azioni e le condanne penali in materia di traffico di essere umani” (U.S. De-partment of State, Trafficking in Persons Report, 2019, 257).
I TiP più recenti contengono anche alcune altre indicazioni, come ad esempio interviste a vittime e attivisti, e l’assegnazione ad alcuni di questi ultimi del ‘TiP Hero Award’137. Prima che i TiP siano ufficialmente pubbli-cati, i loro contenuti sono verificati con le ambasciate e gli uffici regionali del Dipartimento di Stato, al fine di verificare la correttezza delle conclu-sioni raggiunte, soprattutto nei termini della compatibilità con la politica estera statunitense. In pratica, il linguaggio impiegato, gli elementi di de-scrizione e prede-scrizione, e l’assegnazione di un paese a un dato gruppo sono soggetti a negoziazioni, che possono finanche condurre al ricollocamento dei paesi interessati138. Solo una volta che la negoziazione politica è termi-nata, il Report è definitivamente licenziato e pubblicato on-line, sul sito del Dipartimento di Stato139.
Molteplici sono le osservazioni che tale modo di operare suggerisce. È evidente che i TiP, quale indicatore basato, peraltro in modo non trasparen-te, sui dati forniti dall’amministrazione periferica statunitense, sui vaghi standard e criteri delineati dal TVPA e sui giudizi discrezionali elaborati e negoziati dall’amministrazione centrale a Washington D.C., è un prodotto dalla ridotta veste informativa e dal carattere smaccatamente politico. Non stupisce perciò che i TiP siano sensibili ai moti delle varie relazioni intrat-tenute dagli USA con gli altri paesi, e che alcuni alleati degli Stati Uniti ab-biano storicamente ottenuto valutazioni positive in barba a certi risultati piuttosto dubbi in materia di tutela dei diritti umani, e che invece paesi i cui rapporti diplomatici con gli Stati Uniti sono tradizionalmente tesi (ad esempio Cuba e Venezuela) abbiano ricevuto punteggi negativi, inferiori a quelli attribuiti a stati apparentemente non più attivi di loro sul fronte della lotta al traffico di essere umani140. Non sorprende nemmeno che gli Stati Uniti si siano auto-attribuiti il compito di misurare il resto del mondo sul