Parte II Gli indicatori giuridici globali
5. Il clima degli investimenti
Fino alla folgorante ascesa dei ‘Doing Business’ Reports, la nozione di ‘investment climate’ circolava nelle discussioni manageriali ed economiche 141. Janie Chuang, The United States as Global Sheriff, 467-472; v. anche Anne T. Gal-lagher, Improving the Effectiveness, 382 (per la quale gli Stati Uniti si sono auto-proclamati “supervisor and arbiter of a complex international issue that remains both contested and con-troversial”, col risultato che “[t]he performance of governments with respect to trafficking is currently being assessed, not with reference to the international rules that states (including the USA) have collectively developed and freely accepted, but against criteria drawn up and imposed by US bureaucrats and politicians”).
142. Anne T. Gallagher e Janie Chuang, The Use of Indicators, 327; Anne T. Gallagher,
Improving the Effectiveness, 387-377; Sally Engle Merry, Firming Up Soft Law, 392-393;
Janie Chuang, The United States as Global Sheriff, 477. Oltre che di facile implementazio-ne, le riforme suggerite dai TiP si possono anche prestare a legittimare misure interne che rispondono a derive autoritarie o che discriminano alcune fasce della popolazione: cfr. Ma-rina Zaloznaya e John Hagan, Fighting Human Trafficking or Instituting Authoritarian
Con-trol?, 346-361 (i quali descrivono come, negli anni Duemila, il governo bielorusso abbia
giustificato la repressione della libertà di movimento dei cittadini e l’aumento delle condan-ne per traffico di essere umani in nome della condan-necessità di mantecondan-nere la propria collocaziocondan-ne entro il secondo gruppo dei TiP); Anne T. Gallagher, Improving the Effectiveness, 394-397 e Anne T. Gallagher, Human Rights and Human Trafficking, 831-832 (che, in entrambi i luo-ghi, ricorda i molti danni collaterali che le misure anti-traffico possono portare specie ai soggetti più deboli, donne e bambini).
quale espressione di sintesi dell’architettura complessiva di sostegno al mer-cato in un dato luogo143. Ma è stato solo allorché quella nozione ha trovato traduzione numerica in un indicatore, che essa è divenuta parte essenziale del lessico impiegato nel dibattito, tecnico e laico, per descrivere la correlazione fra i macro- e micro-connotati dell’economia di un paese e la capacità di quello stesso paese di produrre e far circolare la ricchezza.
Vero è che, dagli anni settanta in avanti, ai rating sovrani si erano affian-cati indicatori (prodotti da società specializzate e disponibili a pagamento) volti a fornire agli investitori interessati una profilazione complessiva dei ri-schi economico-politici cui questi andavano incontro nei paesi in cui inten-devano insediarsi144. Altrettanto certo è che, negli anni immediatamente suc-cessivi, il nascente settore degli indici della ‘rule of law’ e della governance aveva guardato con insistenza anche a taluni aspetti oggi reputati determinan-ti del clima degli invesdeterminan-timendeterminan-ti, come la tutela della proprietà privata e il libe-ro esercizio delle attività economiche. L’una e l’altlibe-ro, ad esempio, sono mi-surati dai ‘Freedom in the World’ Reports e dai ‘Worldwide Governance In-dicators’145. Ma si trattava sempre di analisi il cui obiettivo preponderante non si dirigeva all’approfondimento di condizioni e dinamiche sottostanti l’’investment climate’ in sé e per sé considerato, bensì, rispettivamente, per-mettere calcolare i rischi connessi a un’iniziativa economica all’estero o di apprezzare la solidità dell’apparato istituzionale di uno stato.
A metà degli anni novanta, grazie agli studi condotti dal già menzionato gruppo LLSV146, l’attenzione si sposta sul rapporto esistente fra regolazione delle attività economiche e sviluppo. Aggregando vari indicatori circolanti a un ammontare enorme di dati originali, ottenuti grazie ai buoni uffici della BM, ai contatti presso il World Economic Forum e alla collaborazione con l’associazione di uffici legali ‘Lex Mundi’, questi economisti
approfondiran-143. Albert O. Hirschman, Rival Views of Market Society and Other Recent Essays, Harvard U. P., 1992, 94.
144. Il richiamo è, ad esempio, all’’International Country Risk Guide’ e all’indice ‘BE-RI’, sui quali v. retro, Cap. 1, par. 3, nonché Cap. 4, par. 2.
145. Entro i FiW la dimensione ‘personal autonomy and individual rights’ (entro l’asse ‘civil liberties’) indaga fra l’altro i seguenti aspetti: “are individuals able to exercise the right to own property and establish private businesses without undue interference from state or nonstate actors?” e “do individuals enjoy equality of opportunity and freedom from econom-ic exploitation?” (freedomhouse.org/report/methodology-freedom-world-2019, voce G2 e G4). Analogamente, la dimensione ‘regulatory quality’ dei WGI (fra le altre) mira a valutare la capacità dello stato di formulare e implementare politiche e norme adeguate a promuovere lo sviluppo del settore privato, aggregando indicatori volti a misurare la facilità di avviare un’impresa, l’esistenza di barriere in entrata, la solidità delle regole anti-concorrenziali, il livello di tassazione e la partecipazione statale alle attività economiche:
info.worldbank.org/-governance/wgi/#doc-sources, voce ‘Regulatory quality’.
no su basi quantitative l’intuizione che le regole privatistiche di un dato am-biente incidono sulle performances economiche dello stesso. La teoria, ini-zialmente testata riguardo al legame fra disposizioni in materia di protezione degli investimenti e ampiezza del mercato dei capitali – di qui l’etichetta ‘law and finance’ frequentemente attribuita alle ricerche dei LLSV –147, è stata poi estesa a indagare ulteriori fondamenti giuridici dei risultati economici, come l’ordinamento giudiziario, il diritto del lavoro, l’accesso delle imprese al mercato e il rispetto delle promesse contrattuali148. Tali ricerche, pubblicate sulle più prestigiose riviste economiche statunitensi, promuoveranno l’idea che esista una correlazione (rectius: una relazione di causalità unidirezionale) fra infrastrutture giuridiche e crescita economica, che il diritto di matrice an-glosassone sostenga detta correlazione in modo più efficace di quanto non faccia il suo omologo continentale (in specie: di impronta francese), e che ta-le superiorità del common law rispetto al civil law si manifesti in egual misu-ra tanto nei luoghi in cui le due tmisu-radizioni hanno avuto origine, quanto in quelli ove sono state trapiantate. Di qui la denominazione ‘legal origins’ so-vente impiegata per riferirsi al filone di letteratura in questione.
Come è noto, la tesi in questione ha ricevuto molta attenzione e altret-tante critiche, sia da parte di economisti149 che di giuristi150, e in ispecie dei comparatisti, i quali, in effetti, articoleranno il loro attacco alla compara-zione quantitativa proprio come una battaglia contro la LSSV151. Ad attirare
147. Rafael La Porta, Florencio C. Lopez de Silanes, Andrei Shleifer, Robert W. Vish-ny, Legal Determinants of External Finance, 52 J. Fin. 1131-1150 (1997); Rafael La Porta, Florencio C. Lopez de Silanes, Andrei Shleifer, Robert W. Vishny, Law and Finance, 106 J.
Pol. Econ. 1113-1155 (1998).
148. Si v. la letteratura citata retro, Cap. 2, par. 6, nt. 66.
149. Cf. Daron Acemoglu, Simon Johnson, James A. Robinson, The Colonial Origins of
Comparative Development (che sostengono l’inesistenza di una correlazione fra tradizione
giuridica di appartenenza e prestazioni economiche delle ex-colonie, i cui livelli di crescita economica sarebbero invece correlati alle diverse strategie e metodi di governo adottati dalle varie potenze coloniali); Daniel Berkowitz, Katharina Pistor, Jean-Francois Richard,
Eco-nomic Development, Legality, and the Transplant Effect, 47 Eur. Econ. Rev. 165-195 (2003)
(che dimostrano come non vi sia relazione alcuna fra eredità giuridica e qualità delle istitu-zioni successivamente sviluppate in un dato luogo); Daniel Berkowitz, Katharina Pistor, Jean-Francois Richard, The Transplant Effect, 51 Am. J. Comp. L. 163-204 (2003) (ove si argomenta che ciò che incide sull’efficienza complessiva di un sistema nel quale sono tra-piantate regole aliene è il modo in cui è avvenuto il trapianto, assai più che il contenuto con-creto di questo); Daniel Kaufmann, Governance Redux: The Empirical Challenge, 2004, a
siteresources.worldbank.org/INTWBIGOVANTCOR/Resources/govredux.pdf, 15-17 (per il
quale la nozione di ‘origini giuridiche’ non spiega la grande varietà di prestazioni economi-che proprie ai paesi sia di common law economi-che di civil law).
150. Fra i non comparatisti, v. ad es. Kevin E. Davis e Michael J. Trebilcock, The
Rela-tionship between Law and Development, 940-941.
gli strali dei comparatisti sarà una pluralità di aspetti, fra cui le variabili considerate e le inferenze tratte dagli studi LLSV152, la rigidità e
l’ultra-152. Cfr., fra i tantissimi, Mark Roe, Legal Origin and Modern Stock Markets, 120
Harv. L. Rev. 460-527 (2006) (per il quale la solidità e l’ampiezza dei mercati finanziari
na-zionali sono determinati assai più dagli indirizzi generali di politica economica che dalle origini giuridiche dei paesi considerati); Beth Ahlering e Simon Deakin, Labor Regulation,
Corporate Governance and Legal Origin: A Case of Institutional Complementarity?, 41 L. & Soc’y Rev. 865-908 (2007) (che dimostrano come lo sviluppo economico di un paesa
di-pende assai dal momento e dai modi in cui sono avvenuti i processi interni di industrializza-zione che dalle origine giuridiche); John Armour, Simon Deakin, Priya Lele, Mathias M. Siems, How Do Legal Rules Evolve? Evidence from Cross-Country Comparison of
Share-holder, Creditor and Worker Protection, 57 Am. J. Comp. L. 579-629 (2009) (i quali,
attra-verso l’analisi dell’evoluzione delle regole in materia commerciale, fallimentare e lavoristi-ca in cinque paesi – Francia, Germania, Regno Unito, Stati Uniti, India –, argomentano che la varietà di risposte istituzionali e di performances economiche non ha legame alcuno con la tradizione giuridica di apparentenza); John Armour, Simon Deakin, Prabirjit Sarkar, Ma-thias M. Siems, Ajit Singh, Shareholder Protection and Stock Market Development: An
Em-pirical Test of the Legal Origins Hypothesis, 6 J. Emp. Leg. Stud. 343-380 (2009) (che,
all’esito di una comparazione delle regole in materia di protezione degli interessi degli azio-nisti in venti stati e lungo l’arco di circa un ventennio, concludono che non vi è correlazione fra il livello di tutela approntato rispetto a quegli interessi e i risultati complessivi delle eco-nomie considerate); John Armour, Simon Deakin, Viviana Mollica, Mathias M. Siems, Law
and Financial Development: What We are Learning from Time-Series Evidence, B.Y.U. L. Rev. 1435-1500 (2009) (i quali, sulla base di uno studio condotto su cinque paesi,
similmen-te sossimilmen-tengono che non vi sia correlazione fra livello di prosimilmen-tezione degli insimilmen-teressi degli azio-nisti e risultati economici); Ruth V. Aguilera e Cynthia A. Williams, "Law and Finance":
Inaccurate, Incomplete, and Important, B.Y.U. L. Rev. 1413-1434 (2009) (secondo le quali,
più che le regole giuridiche, ciò che determina la varietà di performances economiche dei sistemi è la sociologia dell’organizzazione economica); Holger Spamann, Contemporary
Legal Transplants: Legal Families and the Diffusion of (Corporate) Law, B.Y.U. L. Rev.
1813-1878 (2009) (che spiega la divergenza dei risultati cui giungono paesi che, apparte-nendo a tradizioni giuridiche differenti, ricorrono a diverse modalità di regolazione delle imprese in nome del modo in cui si è determinata quell’appartenza, assai più che la tradizio-ne giuridica in concreto abbracciata); Holger Spamann, The ‘Antidirector Rights Index’
Re-visited, 23 Rev. Fin. Stud. 467-486 (2010) (che svolge un’indagine dettagliata di uno degli
indici elaborati dai LLSV e segnala errori di misurazione in 33 dei 46 paesi considerati); Holger Spamann, Legal Origin, Civil Procedure, and the Quality of Contract Enforcement, 166 J. Inst. & Theo. Econ. 146-165 (2010) (che rilavora gli stessi dati LLSV, e conclude che questi, se opportunamente interpretati, dimostrano che i paesi appartenenti alla tradizione di common law non sono affatti superiori a quelli di civil law, né sotto il profilo della comples-sità e durata dei procedimenti giudiziari, né per quanto riguarda il costo di acccesso alla giu-stizia in primo grado); Mathias M. Siems e Simon Deakin, Comparative Law and Finance:
Past, Present, and Future Research, 166 J. Inst. & Theo. Econ. 120-140 (2010) (i quali
cri-ticano le variabili prescelte e i metodi di aggregazione dei DB, oltre che l’inaccuratezza di una visione delle tradizioni giuridiche articolata sull’asse common law v. civil law); Daniel Klerman, Paul G. Mahoney, Holger Spamann, Mark Weinstein, Legal Origin and Colonial
History, 3 J. Leg. Anal. 379-409 (2011) (per cui la variabile più importante nel determinare
semplificazione delle categorie sistemologiche adottate153, nonché la stessa possibilità di ridurre il diritto a un puro calcolo di efficienza economica154.
Epperò la proposta avanzata dai LLSV troverà anche sostenitori entusia-sti, specialmente nella letteratura accademica (soprattutto fra gli economi-sti155) e presso le istituzioni finanziarie internazionali156. Sarà in particolare in
dalle strategie locali di governo spiegate dal colonizzatore, assai più che dal tipo di sistema giuridico trapiantato); Ryan Bubb, The Evolution of Property Rights: State Law or Informal
Norms?, 56 J. L. & Econ. 555-594 (2013) (che nota come la presa in conto del diritto
uffi-ciale in materia di protezione dei diritti proprietari non spiega la diversità dei tassi di crescita economica di Ghana e Costa d’Avorio – l’uno paese di common law, l’altro di civil law); Simon Deakin, Colin Fenwick, Prabirjit Sarkar, Labour Law and Inclusive Development:
The Economic Effects of Industrial Relations Laws in Middle-Income Countries, in Michèle
Schmiegelow e Henrik Schmiegelow (eds.), Institutional Competition between Common
Law and Civil Law, Springer, 2014, 185-210 (i quali osservano come l’adozione di leggi
protettive dei lavoratori, a differenza di quanto sostenuto dagli studi LLSV, si associ quanti-tativamente a migliori risultati nello HDI e non crei distorsioni nel mercato del lavoro); Nu-no Garoupa, Carlos Gómez Ligüerre, Lela Mélon, Legal Origins and the Efficiency
Dilem-ma, cap. 6 (secondo i quali, riguardo a un numero consistente di variabili – la circolazione
dei beni mobili, il trattamento riservato ai c.d. ‘buoni samaritani’, il cumulo delle azioni con-trattuali ed extraconcon-trattuali –, le regole di civil law raggiungono risultati superiori a quelli propri al common law).
153. Cf. Nuno Garoupa, Carlos Gómez Ligüerre, Lela Mélon, Legal Origins and the
Ef-ficiency Dilemma, cap. 5 (circa l’inconsistenza della nozione di famiglie giuridiche
abbrac-ciata dagli LLSV); Nuno Garoupa e Carlos Gomez Liguerre, The Efficiency of the Common
Law: The Puzzle of Mixed Legal Families, 29 Wis. Int’l L. J. 671-692 (2012) (sulla necessità
di prendere in considerazione anche i sistemi misti); Antonina Bakardjieva Engelbrekt,
To-ward an Institutional Approach to Comparative Economic Law?, in Antonina Bakardjieva
Engelbrekt e Joakim Nergelius (eds.), New Directions in Comparative Law, EE, 2010, 213, 226-230 (riguardo alle difficoltà e ai limiti di ogni tentativo volto a catalogare con precisio-ne un dato sistema entro una famiglia giuridica precisa); Vivian Grosswald Curran,
Compa-rative Law and the Legal Origins Thesis: "[N]on scholae sed vitae discimus", 57 Am. J. Comp. L. 863, 869 (2009) (ugualmente sulla scarsa dinamicità, oltre che sull’astoricità, delle
categorie giuridiche impiegate dai LLSV).
154. Su queste linee, con varietà di toni, Simon Deakin, David Gindis, Geoffrey M. Hodgson, Kainan Huang, Katharina Pistor, Legal institutionalism: Capitalism and the
Con-stitutive Role of Law, 45 J. Comp. Econ. 188-200 (2017) (spec. a 193: “property rights are
too important to be left to economists”); Cécile Pérès, Rapport introductif, in Sylvain Bol-lée, Yves-Marie Laithier, Cécile Pérès (dirs.), L’efficacité économique en droit, Economica, 2010, 1-22; Denis Mazeaud, Le droit des obligations et l’efficacité économique, ibid., 67-87; Pierre Legrand, Econocentrism, 215-222; Vivian Grosswald Curran, Comparative Law and
the Legal Origins Thesis, 869; Bénédicte Fauvarque-Cosson e Anne-Julie Kerhuel, Is Law an Economic Contest?, 812, 820.
La lista appena riportata in testo non esaurisce il novero di criticità segnalate dai compa-ratisti riguardo all’approccio e alle conclusioni dei LLSV: sul punto, v. anche infra, Cap. 6, par. 5.
155. Fra i tantissimi, v. Paul G. Mahoney, The Common Law and Economic Growth:
seno alla Banca Mondiale che detto filone di studi offrirà il terreno intellet-tuale di coltura per l’elaborazione di un indicatore direttamente e (quasi) inte-ramente centrato sulla misurazione della capacità delle architetture del busi-ness law di favorire od ostacolare lo sviluppo imprenditoriale: sono, come si sa, i ‘Doing Business’ Reports (DB).
A questa faranno seguito altre iniziative simili, come gli spin-off dei DB ‘Investing Across Borders’ (defunto dopo la prima edizione) e ‘Women, Bu-siness, and the Law’, prodotti dalla stessa BM157, nonché l’’Index de la sécu-rité juridique’, elaborato quale contraltare dei DB da parte della Fondation pour le droit continental158.
Sebbene nessuna di queste intraprese abbia finora eguagliato il successo ottenuto dal loro ispiratore, il loro moltiplicarsi dimostra come la ricerca del clima giuridico ideale per gli affari figuri oramai nell’agenda e nel vocabola-rio degli attori globali.
Ma i DB, come vedremo nel prossimo paragrafoa breve, hanno fatto mol-to di più. In un setmol-tore come quello del diritmol-to degli affari e degli investimen-ti, caratterizzato dalla scarsa pervasività delle organizzazioni internazionali di riferimento e dalla sostanziale assenza di un regime globale uniforme159, i DB hanno saputo convogliare gli sforzi riformatori verso un’unica direzione, lungo binari che, semplicemente, non esistevano prima di essi.
5.1. Doing Business Reports
Sotto la guida di Simeon Djankov, un economista della Banca Mondiale frequente co-autore dei LLSV160, un gruppo di economisti dello sviluppo
Methodology: The Virtues of Being Reductionist for Comparative Law, 59 U. Toronto L. J.
223-235 (2009).
156. Circa l’appropriazione della teoria da parte della BM, si v. il paragrafo successivo. 157. V. retro, Cap. 1, par. 3.
158. V. fondation-droitcontinental.org/fr/, nonché retro, Cap. 2, par. 3.
159. L’organizzazione internazionale più rilevante in materia di investimenti è l’International Centre for Settlement of Investment Disputes (ICSID), fondata quale parte della BM nel 1966. Come il nome rende evidente, si tratta di un centro arbitrale volto a so-stenere la risoluzione privata delle dispute fra investitori e stati. La sostanza del diritto inter-nazionale degli investimenti è rimessa a una panoplia di accordi internazionali, bilaterali o regionali, in essere fra gruppi limitati di stati. Sul perché di questa frammentazione, v. Panagiotis Delimatsis, The Fragmentation of International Trade Law, 45 J. World Trade 87-116 (2011); Anne van Aaken, Fragmentation of International Law: The Case of
Interna-tional Investment Protection, 17 Finnish Yearbook Int’l L. 91-130 (2008); Peter T.
Much-linski, The Rise and Fall of the Multilateral Agreement on Investment: Where Now?, 34 Int’l
Lawyer 1033-1053 (1999).
160. Djankov, economista con un dottorato di ricerca all’Università del Michigan, diver-rà poi ministro delle finanze del suo paese natale, la Bulgaria. Al termine dell’esperienza
affiliati alla ‘Rapid Response Unit’ dell’International Finance Corporation, uno dei cinque istituti della stessa Banca161, si appropria all’inizio degli an-ni duemila, come si è detto, della teoria e del metodo di lavoro LLSV per realizzare quello che presto diverrà il più famoso, citato e criticato fra tutti gli indicatori giuridici globali.
I presupposti su cui i ‘Doing Business’ Reports (DB) si fondano sono semplici. Scopo delle regole (pubblicistiche, ma soprattutto privatistiche) in materia di attività di impresa dovrebbe essere quello di fornire un supporto istituzionale il più snello possibile all’operare dei mercati, in quanto un’appropriata regolazione è un fattore determinante nella crescita di un’economia capitalista – e, va da sé, nello sviluppo complessivo del si-stema. Al fine di testare e raffinare la ricetta proposta, di individuare le best practices che schiudono le opportunità offerte dal mercato, ma anche di guidare investitori e regolatori verso l’adozione di queste ultime, condu-cendo l’armonizzazione giuridica lungo i binari pro-business, nel 2003 vie-ne pubblicato il primo Doing Busivie-ness Report162.
Nel corso degli anni, pur tenendo ferma l’idea di base e la compatibilità inter-temporale dei dati163, il modo di operare dell’unità cambierà notevol-mente, secondo un processo di apprendimento per ‘prove ed errori’ alimen-tato sia da processi di revisione interni alla Banca Mondiale, sia dalle rea-zioni critiche piovute dall’esterno. Circa i primi, i DB sono stati sottoposti politica, nel 2013, Djankov è stato per un anno visiting fellow alla Kennedy School of Go-vernment dell’Università di Harvard e successivamente è divenuto il primo rettore straniero della New Economic School di Mosca:
nes.ru/dataupload/files/CV/en/simeon-djankov-cv-april-2015.pdf.
161. La Rapid Response Unit è un’unità composta largamente da economisti e qualifica-ta come un gruppo di consulenza di emergenza riguardo questioni circa la cresciqualifica-ta economi-ca nel settore privato (“Rapid often presents itself as a sort of 911 for policymakers in di-stress […] ‘Do you need customized policy advice on investment climate? Click here’”: Al-varo Santos, The World Bank’s Uses of the “Rule of Law” Promise in Economic
Develop-ment, 278). L’Unità non si occupa di riforme giuridiche, che invece sono al centro delle
at-tenzioni di altre unità, fra cui quella legale. Da questo punto di vista, i DB hanno alimentato