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Parte I La cultura della quantificazione e gli indicatori

2. Genesi di una mitologia

In letteratura, la crescita esponenziale degli indicatori a partire dagli an-ni ‘70 del secolo scorso è usualmente rappresentata come uno dei portati maggiori, nonché uno strumento della diffusione progressiva di tecniche di

Kingsbury, Sally Engle Merry, Introduction: Global Governance by Indicators, 16; Tor Krever, Quantifying law. Legal indicator projects and the reproduction of neoliberal

com-mon sense, 34 Third World Q. 131, 143-144 (2013); Wendy Nelson Espel e Michael Sauder, The Dynamism of Indicators, in Kevin E. Davis, Angelina Fisher, Benedict Kingsbury, Sally

Engle Merry (eds.), Governance by Indicators, 86, 106; AnnJanette Rosga e Margaret L. Satterthwaite, The Trust in Indicators: Measuring Human Rights, 27 Berkeley J. Int’l L. 253, 285 (2009) (per le quali gli indicatori sono “measurement mechanisms that are tied to the goal of improvement”); Wendy Nelson Espeland e Michael Sauder, Rankings and

Reactivi-ty, 6-7, 35.

4. Fra i tantissimi, Nehal Bhuta, Debora V. Malito, Gaby Umbach, Introduction: Of

Numbers and Narratives, 10; Benoît Frydman, From accuracy to accountability: subjecting global indicators to the rule of law, 13 Int’l J. L. in Context 450-464 (2017); Sally Engle

Merry, The Seductions of Quantification, 33; André Broome e Joel Quirk, Governing the

world at a distance: the practice of global benchmarking, 41 Rev. Int’l Stud. 819, 820-823

(2015); Alexander Cooley, The emerging politics of international rankings and ratings. A

framework for analysis, in Alexander Cooley e Jack Snyder (eds.), Ranking the World. Grading States as a Tool of Global Governance, CUP, 2015, 1, 7; Judith G. Kelley e Beth

A. Simmons, Politics by Number. Indicators as Social Pressure in International Relations, 59 Am. J. Pol. Sci. 55 (2015); Kevin E. Davis, Benedict Kingsbury, Sally Engle Merry,

In-troduction: Global Governance by Indicators, 4, 12; Ole Jacob Sending e Jon Harald Sande

Lie, The limits of global authority: World Bank benchmarks in Ethiopia and Malawi, 41

Rev. Int’l Stud. 993, 1007-1009 (2015); Michael Riegner, Towards an International Institu-tional Law of Information, 12 Int’l Org. L. Rev. 50, 52-60 (2015); Sally Engle Merry, Mea-suring the World. Indicators, Human Rights, and Global Governance, 52 Current Anthr.

produzione della conoscenza e di governo basate su metodi quantitativi5 e di una cultura orientata alla misurazione, alla contabilizzazione e al control-lo6. Se la proiezione di tali tecnologie su scala globale è un fenomeno rela-tivamente recente, l’affidamento riposto nelle misurazioni quantitative ha radici ben più risalenti. Da sempre infatti i governanti sono stati impegnati nella raccolta di dati, soprattutto concernenti il territorio e i suoi abitanti, al fine primario dell’amministrazione fiscale e militare7. Ma è l’emergere de-gli stati moderni in Europa, con le loro correlate necessità di censire e con-trollare terra, ricchezza e popolazione nei propri domini, inclusi quelli più lontani, a dare possente impulso, mercé lo sviluppo di apparati burocratici centralizzati, all’affinamento di metodologie per la misurazione che

assur-5. Per tutti, v. fin d’ora, oltre che gli Autt. citati retro, nelle Premesse, ntt. 12-13, Kevin E. Davis, Benedict Kingsbury, Sally Engle Merry, Introduction: Global Governance by

In-dicators, 4, 12, 13.

6. Chris Shore e Susan Wright, Governing by Numbers: Audit Culture, Rankings and the

New World Order, 23 Soc. Anthr. 22, 24-27 (2015) (nonché Chris Shore e Susan Wright, Audit Culture and the New World Order: Indicators, Rankings and Governing By Numbers,

Pluto Press, in corso di pubblicazione al momento in cui questa pagina si scrive); AnnJanette Rosga e Margaret L. Satterthwaite, The Trust in Indicators, 256 (le quali si rife-riscono a uno “widespread turn to ‘accounting culture’ in which tests of measurability often prevail over accurate and contextually sensitive assessments of substance or actions”); Mari-lyn Strathern (ed.), Audit Cultures: Anthropological Studies in Accountability, Ethics, and

the Academy, Psychology Press, 2000; Marilyn Strathern, From Improvement to Enhance-ment: An Anthropological Comment on the Audit Culture, 19 Cambridge Anthr. 1-21

(1996/7). Sulle medesime linee, e ugualmente critici nei confronti delle derive ‘quantofre-niche’, Alain Supiot, De l’harmonie par le calcul à la gouvernance par les nombres, in

Rass. It. Soc., 2015, 455-465; Alain Supiot, La gouvernance par les nombres; Vincent de Gaule-jac, La société malade de la gestion. Idéologie gestionnaire, pouvoir managérial et harcèlement social, Seuil, 2005 (re-éd. 2009); Michael Power, The Audit Society. Rituals of Verification, OUP, 1997 (ripubbl. 1999), spec. 1-4, 128-147.

7. Plurimi riferimenti a ordini (divini) di censimento si rinvengono nell’Antico Testa-mento, là dove ad esempio Dio ordina a Mosè (Numeri, 1:1-3) e a Davide (Secondo libro di Samuele, 24:1) di censire l’intera comunità di Israele – sebbene altrove sia Satana a spingere Davide a peccare di orgoglio per la grandiosità delle sue conquiste terrene proprio inducen-dolo a contare le tribù sotto il suo governo (Primo Libro delle Cronache, 21:1). Nell’Europa cristiana, il computare anime, terre e beni sarà compito diviso fra chiesa e principi: si pensi ai registri e archivi ecclesiastici, al Domesday Book, al catasto fiorentino (v., rispettivamen-te, Paolo Prodi, Il Concilio di Trento e i libri parrocchiali. La registrazione come strumento

per un nuovo statuto dell’individuo e della famiglia nello Stato confessionale della prima età moderna, in Gauro Coppola e Casimira Grandi (curr.), La “conta delle anime”. Popola-zioni e registri parrocchiali: questioni di metodo ed esperienze, il Mulino, 1989, 171-185;

Robert Fleming, Domesday Book and the Law: Society and Legal Custom in Early Medieval

England, CUP, 1998; David Herlihy, Medieval Households, Harvard U. P., 1985, 142-159).

Fuori dai confini europei, vale la pena di richiamare i censimenti della popolazione effettuati dagli imperatori cinesi sotto le dinastie Ming e Qing: Johnatan D. Spence, The Search for

gono al rango di scienza autonoma – la statistica, scienza dello stato per ec-cellenza, come l’etimo della parola stessa suggerisce8.

La nuova metodologia offriva ai governanti un serbatoio di tecniche atte non solo a classificare e contare, ma anche a essere condivise, comprese e applicate da élites burocratiche appositamente formate al loro uso, e a con-sentire lo scambio rapido di informazioni fra centro e periferia, e fra tutti i livelli dell’amministrazione, perfino in assenza di legami personali o di fiducia fra i soggetti coinvolti. Nel corso del Settecento e dell’Ottocento, la conoscenza quantitativa nutre l’aspirazione alla ‘razionalità’ degli ap-parati burocratici statali, poiché contribuisce a vestire l’esercizio dei pote-ri pubblici di un’aura di neutralità, impersonalità e meccanicità che, non lasciando all’apparenza spazio alcuno all’arbitrio del singolo ufficiale, ne legittima l’operare9. Dietro l’apparenza di quell’aura, il ricorso a tecniche di classificazione e misurazione delle attività umane consente lo spiegarsi 8. Circa i legami storici fra sviluppo degli apparati statali e tecniche di misurazione della società, cfr. Isabelle Bruno, Florence Jany-Catrice, Béatrice Touchelay, Introduction. The

Social Sciences of Quantification in France: An Overview, in Isabelle Bruno, Florence

Jany-Catrice, Béatrice Touchelay (eds.), The Social Sciences of Quantification. From Politics of

Large Numbers to Target-Driven Policies, Springer, 2016, 1, 3 (“the history of statistics

[…] is coextensive with the construction of the state, as the word’s etymology suggests”); Alain Supiot, La gouvernance par les nombres, 119; Isabelle Bruno, Emmanuel Didier, Ju-lien Prévieux, Cyprien Tasset, Introduction. Pour un stat-activisme!, in Isabelle Bruno, Emmanuel Didier, Julien Prévieux (dirs.), Stat-Activisme. Comment lutter avec des nombres, La Découverte, 2014, 5, 6; Alain Desrosières, La politique des grands nombres. Histoire de

la raison statistique, La Découverte, 2000, 2a edn., 26-59 (anche tradotto in inglese, come

Alain Desrosières, The Politics of Large Numbers. A History of Statistical Reasoning, trad. di Camille Naish, Harvard U. P., 1998); Daniel R. Headrick, When Information Came of

Age. Technologies of Knowledge in the Age of Reason and Revolution, 1700-1850, OUP,

2000, 59-95; Theodore M. Porter, Trust in Numbers: The Pursuit of Objectivity in Science

and Public Life, Princeton U. P., 1995, vii, ix; Ian Hacking, The Taming of Chance, CUP,

1990, 2-3. V. anche Mary Poovey, A History of the Modern Fact: Problems of Knowledge in

the Sciences of Wealth and Society, U. Chicago P., 1998, 120-143 (sull’affascinante storia

dei primi tentativi privati di misurazione della ricchezza fondiaria in Irlanda, poi fatti propri dal governo inglese), nonché Morten Jerven, Poor Numbers, 36-41 e Helen Tilley, Africa as

a Living Laboratory. Empire, Development, and the Problem of Scientific Knowledge 1870-1950, U. Chicago P., 2011, soprattutto 5-30 (sugli esperimenti statistici condotti in Africa da

parte delle potenze coloniali).

9. Cfr. Nehal Bhuta, Debora V. Malito, Gaby Umbach, Introduction: Of Numbers and

Narratives, 5; Alain Desrosières, Retroaction: How Indicators Feed Back onto Quantified Actors, in Richard Rottenburg, Sally Engle Merry, Sung-Joon Park, Johanna Mugler (eds.), The World of Indicators. The Making of Governmental Knowledge through Quantification,

CUP, 2015, 329-341; Alain Supiot, La gouvernance par les nombres, 130-142; Lorenzo Fio-ramonti, The Politics of Numbers, and How Numbers Rule the World, Zed Books, 2014, 19-24; Joel Best, Damned Lies and Statistics. Untangling Numbers from the Media, Politicians,

and Activists, U. California P., 2012, ed. riv., 9-13; Theodore M. Porter, Trust in Numbers,

di forme di potere più o meno visibili, eppure incredibilmente efficaci, ad esempio, nel costruire, o nel cristallizzare, i comportamenti osservati10 oppu-re nell’uniformaoppu-re attese, poppu-restazioni e condotte di chi, a vario titolo, parteci-pa a quegli esercizi di misurazione11. Quando, alla fine dell’Ottocento, di-ciassette potenze si accordano sui metodi di definizione delle principali unità fisiche di misura e istituiscono un apparato di enti deputati alla loro supervi-sione e aggiornamento12, l’angolazione quantitativa è oramai divenuta un oc-chiale privilegiato con cui l’Occidente guarda ai fatti del mondo13.

È però nel corso del XX secolo che la cultura della misurazione e del con-trollo dei fenomeni sociali assume dimensioni fino ad allora ignote. Si svilup-pano e raffinano le tecnologie a disposizione; si moltiplicano le organizzazioni internazionali, le associazioni non governative e le reti interstatali dedicati alla risoluzione e al governo degli affari globali14; soprattutto, al disgregarsi degli 10. Le politiche di censimento possono ad esempio prestare supporto collaterale alla classificazione della popolazione in diversi livelli, alcuni dei quali ‘privilegiati’ rispetto ad altri. Fra le illustrazioni più recenti vi sono l’istituzionalizzazione ad opera del governo in-glese, fra il 1858 e il 1947, della categoria degli intoccabili in India (Sally Engle Merry, The

Seductions of Quantification, 28; Nicholas B. Dirks, Castes of Mind. Colonialism and the Making of Modern India, Princeton UP, 2001, 5-6, 123), la consacrazione amministrativa,

agli inizi del secolo XX, della divisione fra Hutu e Tutsi in Rwanda da parte del colonizzato-re tedesco prima, e belga poi (Scott Straus, The Order of Genocide. Race, Power, and War

in Rwanda, Cornell U. P., 2006, 19-22, 183; François-Xavier Verschave, Complicité de génocide? La politique de la France au Rwanda, La Découverte, 1994, 27-28) e l’uso

stru-mentale delle statistiche su razza, lingua e religione nella persecuzione degli ebrei in Europa e nell’internamento di civili giapponesi negli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale (William Seltzer e Margo Anderson, The Dark Side of Numbers. The Role of Population

Data Systems in Human Rights Abuses, 68 Soc. Res. 481-507 (2001)).

11. Siano essi mercanti o studenti: sugli intrecci fra cultura della quantificazione e, ri-spettivamente, tecniche contabili in uso nella prassi mercantile (a cominciare dall’istituzio-nalizzazione, nell’Italia quattrocentesca, della partita doppia) e forme di misurazione dei risultati scolastici (a partire dai primi esperimenti di assegnazione dei voti nell’educazione scolastica, rintracciati nei collegi inglesi a fine settecento), v., rispettivamente, Mary Poo-vey, A History of the Modern Fact, 66-92 e Marilyn Strathern, From Improvement to

En-hancement, 4-5; Neil Postman, Technopoly. The Surrender of Culture to Technology,

Vinta-ge Books, 1993, 13, 139-140.

12. Un evento paradigmatico è la conclusione a Parigi, nel 1875, della Convenzione del metro, il trattato internazionale che ha stabilito l’attuale sistema internazionale delle unità di misura. Sul significato giuridico e geo-politico di tali accordi di definizione delle misure del mondo fisico, per tutti, Tim Büthe, The Power of Norms; the Norms of Power: Who Governs

International Electrical and Electronic Technology?, in Deborah D. Avant, Martha

Finne-more, Susan K. Sell (eds.), Who Governs the Globe?, CUP, 2010, 292, 294-302.

13. Mary Poovey, A History of the Modern Fact, xi, xii-xiii (per la quale “numbers have become the epitome of the modern fact” [xii], ossia una rappresentazione “deeply embedded in the ways that Westeners have come to know the world” [xiii]).

14. Le sole organizzazioni internazionali a raggio universale passano da zero nel 1909 a 35 nel 2000 (Union of International Association, Yearbook of International Organizations,

imperi dell’Europa occidentale fa da contraltare l’emergere degli Stati Uniti quale nuovo attore forte sulla scena geopolitica mondiale15. È proprio negli Stati Uniti che, fra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, si comincia-no a elaborare i primi indicatori in materia ecocomincia-nomica, che poi risulterancomincia-no (ol-tre che nell’edificazione della pratica del rating finanziario16) nella definizio-2018, tavola 2.9. Historical overview of number of international organizations by type 1909-2018, a ybio.brillonline.com/system/files/pdf/v5/2018/2_9.pdf).

15. Sono in molti a enfatizzare il ruolo esercitato dagli Stati Uniti (direttamente o attra-verso il lobbying nelle organizzazioni di cui sono parte) nella costruzione di una cultura orientata alla quantificazione e al controllo della performance: cfr. Sarah Sunn Bush, The

Politics of Rating Freedom: Ideological Affinity, Private Authority, and the Freedom in the World Ratings, 15 Perspectives on Politics 711, 722-724 (2017); Terence C. Halliday e

Gregory C. Shaffer, Transnational Legal Orders, in Terence C. Halliday e Gregory C. Shaf-fer (eds.), Transnational Legal Orders, CUP, 2015, 3, 60; Lorenzo Fioramonti, Gross

Do-mestic Problem. The Politics Behind the World’s Most Powerful Number, Zed Books, 2013,

153-154; Jedidiah Kroncke, Law and Development as Anti-Comparative Law, 45 Vanderbilt

J. Transn’l L. 477-555, spec. 479 e 538 (2012); Antonio Gambaro, Misurare il diritto?, in Annuario dir. comp., 2012, 17, 22 (“quella in parola [la tensione verso la misurazione del

diritto] è una corrente di pensiero tipicamente americana”); Sarah Dadush, Impact

Invest-ment Indicators: A Critical AssessInvest-ment, in Kevin E. Davis, Angelina Fisher, Benedict

Kingsbury, Sally Engle Merry (eds.), Governance by Indicators, 392, 429 (per la quale gli Stati Uniti sono affetti da un “Obsessive Measurement Disorder”); Liam Clegg, Our Dream

is a World Full of Poverty Indicators: The US, the World Bank, and the Power of Numbers,

15 New Pol. Econ. 473, 474, 481 (2010); William Twining, Globalisation and Legal

Theo-ry, Butterworths, 2000, 158 (“under American leadership the ranking game has spread to

largely popular attemps to produce global rankings”); Marilyn Strathern, From Improvement

to Enhancement, 2 (la quale tuttavia ricorda come, se la cultura della misurazione e del

con-trollo ha “a distinctly American flavor”, l’idea dell’“‘human accounting’ […] did not begin there – indeed we might say as Europeans that we are borrowing back earlier exports”). Che l’attitudine americana a privilegiare risultati quantificabili e classifiche numeriche abbia po-tuto rapidamente diffondersi fuori dai confini USA è un dato che stupisce assai poco, non appena si consideri la facilità con la quale, durante tutto il XX secolo, gli Stati Uniti hanno saputo impiegare il proprio prestigio militare, tecnologico, economico e culturale (anche) per influenzare l’operare di istituzioni straniere, inter- e ultra-nazionali: Anthea Roberts, Is

International Law Really International?, OUP, 2017, 52-67; Christophe Jamin e William

van Caenegem, The Internationalisation of Legal Education: General Report for the Vienna

Congress of the International Academy of Comparative Law, 20–26 July 2014, in

Christo-phe Jamin e William van Caenegem (eds.), The Internationalisation of Legal Education, Springer, 2016, 3, 17-18; Gregory C. Shaffer, Transnational Legal Process and State

Chan-ge: Opportunities and Constraints, 37 L. & Soc. Inq. 229, 250, 257 (2012); Mauro Bussani, Il diritto dell’Occidente. Geopolitica delle regole globali, Einaudi, 2010, 48-72; Duncan

Kennedy, Three Globalizations of Law and Legal Thought: 1850-2000, in David Trubek e Alvaro Santos (eds.), The New Law and Economic Development: A Critical Appraisal, CUP, 2006, 19, 67-71; Ugo Mattei, A Theory of Imperial Law: A Study on U.S. Hegemony and the

Latin Resistance, 10 Ind. J. Glob. Leg. Stud. 383-448 (2003); Id., Why the Wind Changed: Intellectual Leadership in Western Law, 42 Am. J. Comp. L. 195-218 (1994).

16. La storia del quale è tratteggiata, e multis, da Ahmed Naciri, Sovereign Credit

ne del prodotto interno lordo quale metrica fondamentale per valutare la ricchezza delle nazioni17. Sul finire degli anni Quaranta del XX secolo, l’importante attività svolta dalle neo-nate Nazioni Unite per rafforzare le capacità statistiche degli stati membri e sviluppare sistemi internazionali di misura unificati infonde inusitato vigore alla raccolta di informazioni ar-monizzate su scala mondiale, inizialmente nelle materie economiche (pro-prio attraverso la misurazione del PIL) e successivamente, specie a partire dagli anni Settanta, su aspetti ulteriori della vita sociale18.

L’impiego di misurazioni quantitative come strumento di controllo e governance delle attività umane va rafforzandosi nelle decadi successive. Fra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, una serie di mu-tamenti di paradigmi politici, economici, manageriali e intellettuali facilita-no la diffusione di nuovi approcci quantitativi. Sofacilita-no questi gli anni in cui – inizialmente nel Regno Unito e negli Stati Uniti, quindi in Australia, Cana-da e Nuova ZelanCana-da, e poi nell’Europa occidentale – si radica la convinzio-ne che l’amministrazioconvinzio-ne della cosa pubblica possa essere resa più efficien-te attraverso la riduzione dei compiti statali, l’affidamento dei servizi

pub-the Global Financial System: Rule Making in pub-the 21th Century, CUP, 2015, 2a edn.,

218-275; Gregory Lewkowicz, Gouverner les États par les indicateurs : le cas des agences de

notation de crédit, in Benoît Frydman e Arnaud Van Waeyenberge (dirs.), Gouverner par les standards et les indicateurs, 145-191; Lorenzo Fioramonti, The Politics of Numbers,

39-67; Rawi Abdelal e Mark Blyth, Just who put you in charge? We did. CRAs and the politics

of ratings, in Alexander Cooley e Jack Snyder (eds.), Ranking the World, 39, 43-46;

Benja-min J. Kormos, Quis custodiet ipsos custodes? Revisiting Rating Agency Regulation, Int’l

Bus. L. J. 569-570 (2008); si v. anche infra, Cap. 3, par. 2.

17. Circa i conflitti intellettuali e politici, in particolare fra americani e sovietici, che, fra gli anni Trenta e Cinquanta del Novecento, hanno condotto alla definizione del PIL quale metro di calcolo della ricchezza di un paese, v., fra i tantissimi, Lorenzo Fioramonti, Gross

Domestic Problem, 9-32.

18. Nel 1946 viene istituita la United Nations Statistical Commission, i cui sforzi si diri-geranno, soprattutto dagli anni Novanta del Novecento, anche alla raccolta di dati circa l’ambiente, la libertà, la corruzione, i diritti umani e la povertà, per poi coprire, a partire da-gli anni Duemila, le informazioni statistiche richieste dai Millennium Development Goals (MDG) prima e dai Sustainable Development Goals (SDG) dopo (sui quali v. infra, par. successivo). Sul ruolo giocato dalla UNSC nella costruzione di un’expertise statistica globa-le relativamente omogenea, cfr. Sally Enggloba-le Merry, The Seductions of Quantification, 38-40; Morten Jerven, Poor Numbers, 9-10; Lorenzo Fioramonti, Gross Domestic Problem, 32; Michael Ward, Quantifying the World. UN Ideas and Statistics, Indiana U. P., 2004, 5-6, 36-53, 140-203. È sempre nell’anno 1946 che gli Stati Uniti e i loro alleati danno veste istitu-zionale agli sforzi di coordinazione nell’unificazione di misure e materiali spiegati durante la seconda guerra mondiale: ne risulterà l’International Organization for Standardization, incaricata di fissare gli standard tecnici nella realizzazione di prodotti e servizi. Si v., sul punto, Stepan Wood, The International Organization for Standardization, in Ananya Mukherjee Reed, Darryl Reed, Peter Utting (eds.), Business Regulation and Non-State

blici al settore privato, nonché – ed è quanto più ci interessa – la misurazio-ne concreta di prestazioni e risultati19. Gli anni Ottanta sono anche marcati dall’incremento dei flussi occidentali di investimenti esteri diretti e dal con-seguente fiorire a latere di un nuovo mercato di servizi e consulenze dirette a offrire informazioni puntuali sui tassi di rischio associati ai paesi o agli investimenti in questione20. È in coda a questa decade che le organizzazioni finanziarie internazionali abbracciano con entusiasmo il c.d. Washington consensus: una ricetta per lo sviluppo centrata su privatizzazione e libera-lizzazione dei mercati come macchina di crescita, che si realizza tecnica-mente tramite prestiti condizionati alla realizzazione di un set di interventi c.d. di aggiustamento strutturale. Il dato rileva qui perché la dazione dei prestiti si basa su complesse analisi quantitative finalizzate, ex ante, a esa-minare la situazione di partenza e, ex post, a valutare il rispetto delle condi-zioni e il livello di risultati raggiunti21.

19. È il movimento c.d. del ‘New Public Management’, sovente anche appellato ‘per-formance-based’ o ‘evidence-based’ ‘management’, sui cui connotati, si v., per tutti, Cary Coglianese, Performance-based regulation: concepts and challenges, in Francesca Bignami e David Zaring (eds.), Comparative Law and Regulation. Understanding the Global

Regula-tory Process, EE, 2016 (rist. 2018), 403-429; Sandro Busso, “What works”. Efficacia e quantificazione nelle politiche sociali in trasformazione, in Rass. It. Soc., 2015, 479-502;

Dora Gambardella e Rosaria Lumino, Sapere valutativo e politiche pubbliche: l’ingannevole

rincorsa al rigore, in Rass. It. Soc., 2015, 529-553; Alain Supiot, La gouvernance par les nombres, 228-232; Isabelle Bruno e Emmanuel Didier, Bench-marking, 7-14, 48-54,