• Non ci sono risultati.

La valutazione dello status di magistrato non può prescindere dalla modalità di reclutamento (o assunzione)84, per cui l’analisi del modello concorsuale prescelto dal nostro ordinamento come preferenziale rispetto ad una scelta politica (da parte del corpo elettorale o dell’esecutivo), si pone come utile percorso volto non solo a verificare la funzionalità tecnica del sistema di accesso alla magistratura, ma anche e soprattutto il suo reale grado di indipendenza e di adeguatezza professionale.

1.1. Le origini

Nel primo ordinamento giudiziario, quello del 1865 ispirato al modello napoleonico85, la nomina a magistrato conseguiva da parte dell’esecutivo, per un assetto solo formalmente indipendente, mentre i pubblici ministeri erano alle dirette dipendenze del Ministro della giustizia.

Per accedere all’esercizio delle funzioni giurisdizionali, oltre alla laurea in giurisprudenza ed il possesso dei diritti civili e politici, occorreva superare

84

v. E. Aghina, Il reclutamento, in AA.VV., Ordinamento giudiziario a cura di A. Albamonte e P. Filippi, UTET, Torino 2009, p. 275 ss.

85 Il r.d. 6 dicembre 1865, n. 2626, testo legislativo italiano denominato «ordinamento giudiziario»: in base a questo le funzioni giudiziarie furono affidate a un corpo di magistrati di carriera nominati dall’esecutivo e dotati di uno status che nominalmente ne garantiva l’indipendenza (indipendenza relativa in quanto accordata solo ai magistrati che esercitavano la funzione giudicante e non a quelli del pubblico ministero, posti invece alle dipendenze «dirette» del ministro della Giustizia).

45

un concorso, svolgere un tirocinio gratuito ed infine superare un’ulteriore prova pratica, scritta e orale86. Rimaneva comunque all’esecutivo la facoltà di nominare direttamente i giudici scegliendoli all’interno di talune categorie di professionisti del diritto.

La scelta dei magistrati all’interno della parte più abbiente della società offriva una rassicurazione al ceto politico, per cui lo schema selettivo si perpetuò sino al 1890 in cui la riforma Zanardelli, con l’introduzione del concorso pubblico, inteso a garantire imparzialità e rappresentatività sociale dei candidati, costituì una forte novità. Con la legge n.6878/1890, il reclutamento per concorso divenne il sistema centrale di accesso in magistratura87.

Da allora il meccanismo concorsuale non è stato più messo in discussione, neanche dall’esperienza fascista; infatti, il concorso non è necessariamente una forma di indipendenza della magistratura: ha poco significato un concorso trasparente se poi permane un ampio potere di controllo dell’esecutivo sullo status e sulla carriera di giudice. Lo scopo di fondo era sempre quello di costituire un corpo di funzionari fidati.

Il concorso viene infatti confermato sia dalla riforma Orlando del 1908 sia dal r.d. n. 2786/1923, cui peraltro fa seguito con r.d. n. 1218/1924 e r.d. 1860/1925 una regolamentazione del concorso per la nomina ad uditore giudiziario fondato sulla ripartizione tra prova scritta e orale88.

Con il regio decreto Grandi del 1941, viene designato il concorso nelle sue caratteristiche essenziali, secondo uno schema imperniato su quattro prove scritte ed una prova orale e, ovviamente, con l’aggiunta di requisiti come il “sesso maschile”, “razza italiana” e soprattutto “iscrizione al partito nazionale fascista”; questi erano considerati indispensabili per la selezione di un corpo magistrale in tutto affidabile.

86 v. F. Caporilli, L’accesso in magistratura, in Contributo al dibattito sull’ordinamento giudiziario, a cura di F. Dal Canto e R. Romboli, Giappichelli, Torino 2004, p. 95 e ss.

v. anche E. Aghina, Il reclutamento, in Ordinamento giudiziario, cit. p.276. 87 v. F. Caporilli, L’accesso in magistratura, cit. p. 95.

88 Per un’analisi delle maggiori forme di controllo dell’esecutivo sulla selezione dei magistrati, v. Fascismo e società italiana, a cura di Quazza, Torino, 1973.

46

1.2. La disciplina dell’accesso in Costituzione

Con l’avvento della Repubblica, i nostri padri costituenti, hanno ristabilito le modalità di reclutamento dei magistrati.

L’art. 97, comma II, della nuova Carta costituzione prevede la forma ordinaria del concorso pubblico per l’accesso ai pubblici impieghi, facendo tuttavia espressamente salvi “i casi stabiliti dalla legge”.

Questo principio di carattere generale è ribadito per la nomina specifica dei magistrati che, a norma dell’art. 106, deve “aver luogo per concorso”89

. Tuttavia, anche per i magistrati, l’art. 106 consente delle deroghe prevedendo nel comma II, la nomina anche elettiva di magistrati onorari per tutte le funzioni che possono essere attribuite ai singoli giudici e, nel comma III, la nomina (c.d. per “meriti insigni”) – da parte del CSM, per l’ufficio di consigliere della Corte di Cassazione – di professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati con almeno quindici anni di servizio, iscritti negli albi speciali delle giurisdizioni superiori90.

La Costituzione non garantisce quindi, per l’accesso in magistratura, la forma del concorso pubblico, che anzi è esclusa per la magistratura onoraria, ma individua nel concorso la forma che ordinariamente deve essere usata.

La ragione fondamentale di questa scelta sta in primis nell’opinione che il concorso sia la forma migliore per garantire l’accesso a chiunque abbia i necessari requisiti ed anche nell’opinione che questo garantisca il miglior accertamento della qualificazione tecnica necessaria; concorso inteso come strumento per effettuare una selezione meritocratica e imparziale di tutti i cittadini, in modo da evitare condizionamenti politici nella scelta e garantire la massima rappresentatività sociale ed ideologica del corpo dei magistrati,

89

v. M. Fantacchiotti e F. Fiandanese, Il nuovo ordinamento giudiziario, CEDAM, Padova 2008, p. 203 e ss.

L’art. 106 al I comma, stabilisce che “le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso”; la norma costituzionale deve essere letta nel quadro innovativo definito dalla Carta Costituzionale e, quindi, il legislatore non può introdurre modalità di accesso diverse dal concorso ed inoltre esclude che possano svolgersi concorsi riservati a cittadini della medesima condizione personale, economica e sociale.

L’art. 106 va letto in stretta correlazione con l’art. 51 Cost., diritto d’accesso di tutti i cittadini ai pubblici uffici (uguaglianza dell’accesso alle cariche pubbliche – specificazione del principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 Cost).

90 v. M. Fantacchiotti e F. Fiandanese, Il nuovo ordinamento giudiziari, cit. p. 203. v. anche E. Aghina, Il reclutamento, in Ordinamento giudiziario, cit. p.276.

47

essenziale per poter amministrare la giustizia “in nome del popolo” (art. 101, I comma, Cost.).

In questa nuova cornice costituzionale le disposizioni di dettaglio del r.d. 12/1941 permangono a lungo sostanzialmente invariate, pur naturalmente adeguate al mutato quadro politico e quindi alle successive competenze del Consiglio Superiore della magistratura91.

Solo con l’istituzione del CSM, nel 195892, il sistema di selezione e di formazione dei magistrati iniziò ad avvicinarsi al modello desiderato dai padri costituenti.

Con la sent. 33/1960 della Corte Costituzionale viene inoltre rilevata l’incompatibilità costituzionale dell’art. 8 del r.d. Grandi relativo all’esclusiva appartenenza al sesso maschile quale requisito concorsuale, atteso che non si era delineata nell’Assemblea Costituente una maggioranza favorevole a rimuovere un veto ingiustificabile ed antiquato (anche se vi erano stati importanti sostenitori). Di qui la promulgazione della legge n.66/1963, attuativa dell’art. 51 Cost., che riconosceva il diritto della donna ad “accedere

a tutte le cariche, professioni e impieghi pubblici, compresa la magistratura, nei vari ruoli, carriere e categorie, senza limitazioni di mansioni e di svolgimento della carriera, salvi i requisiti stabiliti dalla legge”93.

91 Appare evidente che la figura centrale di questo procedimento non poteva più essere il Ministro di Grazia e Giustizia, organo di parte, a cui spettava unicamente l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia (art. 110 Cost.). Questi doveva essere sostituito dal nuovo organismo autonomo, chiamato a garantire l’indipendenza della magistratura ed il raccordo tra potere giudiziario ed esecutivo, ossia il Consiglio Superiore della Magistratura, a cui, infatti, spettano le assunzioni dei magistrati. Proprio per questo motivo il dettato costituzionale non poteva dirsi attuato fintantoché il Ministro di Grazia e Giustizia continuava a mantenere vasti poteri in ordine alla gestione del concorso e tirocinio.

92

Il primo aspetto in materia lo riscontriamo nell’art. 10 della legge n.195 del 1958 che fa riferimento alla vita professionale di un giudice, ovvero alle “assunzioni in Magistratura”, o reclutamento; questa norma stabilisce che “spetta al Consiglio superiore di deliberare sulle assunzioni, assegnazioni di sedi e di funzioni, trasferimenti e promozioni e su ogni altro provvedimento sullo stato dei magistrati”.

93 v. E. Aghina, Il reclutamento, in Ordinamento giudiziario, cit. p.278.

Il primo concorso per l’accesso in magistratura aperto alle donne venne bandito il 3 maggio 1963, e solo con d.m. 5/4/1965 furono nominate le prime donne magistrato. All’epoca le uniche donne vincitrici del concorso rappresentavano solo lo 0,14 per cento dei magistrati in servizio. Alla data del 4 luglio 2014, sono 4606 le donne magistrato, ben il 49 per cento del totale magistrati.

48