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1. Le origini della formazione professionale

1.4. La formazione decentrata

Una “nuova frontiera” della formazione dei magistrati è quella della c.d. formazione decentrata. Al riguardo, l’Assemblea plenaria del Consiglio Superiore della magistratura ha adottato, il 26 novembre 1998, una risoluzione (“La formazione decentrata dei magistrati”) sulla proposta della Nona Commissione169.

Scopo dell’iniziativa – che si è poi concretizzata attraverso la deliberazione del CSM in data 28 luglio 1999 – è quello di favorire il contatto con le realtà locali, nonché di sviluppare rapporti con le università e gli ordini professionali. Al tempo stesso, si cerca di attirare la partecipazione di colleghi che, per motivi familiari o di distanza, si trovano nell’impossibilità di lasciare la propria città per recarsi a Roma per partecipare ad un corso del CSM.

Questa attività non è concepita come una soluzione alternativa rispetto alla formazione centrale, ma una fondamentale integrazione di quest’ultima170

. formatori decentrati su tutto il territorio nazionale, nella convinzione che “soltanto un elevato livello di professionalità diffusa dei magistrati consente all’intervento giudiziario di essere davvero indipendente e autonomo…”, che “soltanto un elevato livello di professionalità conferisce legittimazione all’intervento giudiziario”, e che dai principi costituzionali di cui agli artt. 101 e 107, comma III, consegue “che non possono essere suggeriti ai giuristi indirizzi od orientamenti circa l’interpretazione delle leggi da alcun organo e da alcuna autorità dello Stato, né da Poteri esterni né dallo stesso potere giudiziario; e che pertanto il giudice, il quale si trova solo di fronte alla legge che deve interpretare senza alcun ausilio esterno, ha bisogno, più che ogni altro funzionario dello Stato, di una formazione permanente di altissimo livello, dovendo egli da solo ricercare ed acquisire gli strumenti della interpretazione delle leggi, ed assumere la piena responsabilità” (v. Relazione al Parlamento, 1994).

Grazie a questa coraggiosa e determinata azione consiliare, la formazione della magistratura italiana ha raggiunto livelli qualitativi e quantitativi al passo con quelli di istituzioni di grande e risalente tradizione come l’Ecole Nationale de la magistrature.

v. anche E. Albamonte e P. Filippi, Ordinamento giudiziario, cit. p. 317.

169 v. G. Oberto, La formazione dei magistrati alla luce dei principi internazionali e dei profili di diritto comparato, cit. p.85.

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Delibera 26 novembre 1998, Punto 3, “La formazione dei magistrati in sede decentrata. Non un’alternativa ma un fondamentale completamento della formazione dispensata a livello centrale”: complementarietà della formazione decentrata, necessità della formazione centralizzata, costi e contenuti e caratteristiche essenziali della formazione decentrata; punto 4 “La struttura organizzativa. I referenti distrettuali per la formazione

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L’organizzazione di tale formazione è affidata ai Consigli giudiziari e, in ogni Corte d’Appello, è stato istituito un ufficio dei referenti per la

formazione decentrata, composto da magistrati scelti dal CSM, che operano in

contatto con il Comitato scientifico e la stessa struttura consiliare; questi magistrati sono incaricati dell’organizzazione di giornate di studio su temi di interesse locale, sulla base di un calendario sottoposto alla approvazione del Consiglio e con risorse economiche messe a disposizione dello stesso CSM.

Tra le più sollecite istituzioni nell'introdurre il diritto europeo nella programmazione annuale, il Consiglio è stato, inoltre, tra i promotori della Rete europea di formazione giudiziaria (EJTN)171, nella convinzione che alla creazione di uno spazio giuridico europeo le magistrature debbono sapere concorrere, anche dotandosi di momenti di raccordo e di collaborazione.

E’ così garantito il pluralismo e l’opportunità di uno scambio culturale (ed operativo) fra realtà giurisdizionali diverse172.

La scelta del modello diffuso di insegnamento – nel senso che ogni magistrato può essere sia formato che formatore, con un corpo docente individuato a rotazione – ha innalzato il livello culturale della magistratura; i vari corsi sono diventati un luogo di dibattito e di confronto tra le varie idee ed interpretazioni173. I corsi sulle prassi hanno aumentato la certezza del diritto nelle sue applicazioni concrete e hanno visto serrati confronti tra avvocati e magistrati. Infine, sono stati sperimentati nuovi metodi didattici, primi fra tutti i laboratori per i giudici della famiglia e dell'area minorile o per i magistrati di sorveglianza.

ovvero la rete dei formatori”: funzioni e compiti del referente per la formazione, la selezione della rete dei formatori e la formazione dei formatori; punto 5 “I contenuti dell’attività di formazione da affidare alla rete locale”: formazione permanente, formazione di “riconversione”, formazione iniziale ed iniziative di formazione per i magistrati onorari.

171 v. a riguardo il Punto 5.1. “La Rete europea per la formazione giudiziaria”. 172 v. M. Fantacchiotti e F. Fiandanese, Il nuovo ordinamento giudiziario, cit. p. 218. 173

Gran parte delle relazioni svolte negli incontri sono divenute scritti pubblicati su riviste giuridiche e strumenti di nuovo dialogo tra magistratura e dottrina. Alcune sono state inserite nel sito intranet e nel sito internet del Consiglio superiore della magistratura (www.cosmag.it e www.csm.it); in casi particolari le predette relazioni sono state pubblicate nei Quaderni del Consiglio Superiore, che sono inviati ad ogni magistrato.

81 1.4.1. I limiti

Questo modello sperimentale dell’attività formativa presentava peraltro dei limiti; un primo limite è stato quello della non obbligatorietà della partecipazione ai corsi da parte dei magistrati174 e, soprattutto, dell’assenza di un’efficace incentivazione alla partecipazione diversa da quella culturale che dipende solo dalla sensibilità e dall’impegno professionale dell’individuo175

. Un ulteriore limite è stato quello dell’affidamento del ruolo di direzione dell’attività di formazione alla Nona commissione del Consiglio: la variabilità della struttura della formazione (rinnovamento annuale dei sei membri) non consentiva il consolidamento dei risultati e la realizzazione di nuovi obiettivi secondo un percorso razionale. Questo comportava la precarietà del sistema e la non sicurezza di avere una Commissione formata da persone dotate di specifiche conoscenze nel campo della formazione e della cultura giuridica176.

Inoltre era assente una struttura di supporto adeguata alle esigenze, a cominciare da un ufficio studi capace di elaborare nuovi percorsi e approfondire temi cruciali, nonché di un nucleo semi stabile di formatori capace di elaborare moduli didattici innovativi e creare casi di studio; mancavano anche strumenti adatti di valutazione dei risultati e dell'impatto sulla amministrazione della giustizia.

La c.d. riforma dell’ordinamento giudiziario ha, comunque, modificato radicalmente questo sistema.

Da molti anni sia l’Associazione Nazionale Magistrati sia il Consiglio Superiore sollecitavano l’istituzione di una Scuola di formazione permanente dei magistrati; l’idea era però quella di una scuola con programmi ed indirizzi delineati e controllati dal CSM 177.

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Gli unici corsi obbligatori erano quelli per gli uditori giudiziari.

175 v. M. Fantacchiotti e F. Fiandanese, Il nuovo ordinamento giudiziario, cit. p. 219: al termine dei corsi veniva rilasciato solo un attestato di frequenza da inserire, su richiesta dell’interessato, nel fascicolo personale del magistrato. Nella pratica questi attestati hanno avuto una rilevanza modestissima se non, addirittura, nulla.

176 v. M.G. Civinini, G. Leo, P. Morosini, P. Profiti e R. Sabato, in Idee per l’istituzione di una Scuola della Magistratura, in Foro Italiano, 2005, p.212 ss.

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v. M.G. Civinini, I nodi irrisolti della formazione dei magistrati, in Questione Giustizia, 2002: “Appare oggi necessario fare un passo ulteriore nella storia della formazione della magistratura italiana, istituendo una Scuola, dotata di autonomia gestionale, rispetto alla quale i compiti di indirizzo siano attribuiti al CSM e quelli di organizzazione al Ministero della Giustizia, in cui siano escluse attività di indirizzo attraverso le quali suggerire (o peggio

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L’esigenza che si voleva tutelare era quella di impedire ogni possibilità di influenza del Governo o del Ministero; si voleva evitare l’influenza della politica sugli indirizzi culturali della magistratura che sia l’Associazione Nazionale Magistrati sia il Consiglio Superiore della Magistratura volevano e vogliono pluralisti178.

2. La Scuola Superiore della Magistratura nella riforma