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Le assunzioni relative al sagyio naturale di salario nella lettera

tura su Ricardo e la loro rilevanza agli effetti dell’ipotesi di traslazione dell’imposta sui salari in lungo periodo.

La revisione sin qui condotta si è soffermata in particolare sul meccanismo esplicativo che consente al Ricardo di superare l'im ­ passe smithiana entro il quadro stesso delle assunzioni di breve pe­ riodo definite dallo Smith.

L ’obiettivo è ora quello di verificare se la conclusione ricardiana sia o meno suscettibile di essere convalidata, e in caso affermativo in che termini analitici, in relazione ad un approccio di lungo pe­ riodo, in cui domanda e offerta di lavoro siano suscettibili di variare. Si tratta cioè di stabilire se, sulla base di quella linea di ar­ gomentazione in cui Ricardo si scosta dai limiti fìssati dall’ipotesi smithiana, sia possibile formulare una soluzione di lungo periodo al problema dell’incidenza che non solo risulti sostanzialmente coe­ rente con i termini della tesi ricardiana (rappresentando l’esplici- t azione di un argomento presentato in termini ellittici) ma che

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senta altresì di non lasciarla catturare nelle maglie dell’obiezione

rivolta allo Smith. «

Come preliminare passo in questa direzione è necessario verifi­ care in che misura è accettabile quel tipo di sedimentazione esege­ tica che si è venuta stratificando nel tempo sopra la teoria ricar- diana dei salari, vincolando gli approcci interpretativi ad una troppo rigida configurazione della nozione di salario naturale o direttamente o indirettamente disconoscendo la complessità dei legami che la col­ legano al problema dell’incidenza in lungo periodo.

Un risultato in certa misura paradossale emerge dalla consta­ tazione che la teoria ricardiana della traslazione relativa al caso preso in esame abbia potuto sperimentare sia come strumento di convalida sia come strumento di oppugnazione delle sue conclusioni una chiave interpretativa fondata su un modulo che può essere ge­ nericamente definito in termini di « fissità » del prezzo naturale del lavoro.

La singolarità di questa contraddizione si attenua ma non scom­ pare quando si specifichi che le motivazioni a cui questa accezione di fissità afferisce, riflettono una sostanziale differenza di contenuto semantico (15).

Ciò che conta rilevare è che questo generico connotato di fissità che rappresenta il comune denominatore di distinte linee interpre­ tative (di supporto e di critica) della tesi ricardiana si trova spe­ cificato in due versioni, in una delle quali, quella ancorata al con­ cetto di sussistenza fisiologica, essa viene ad assumere una connota­ zione di indeducibilità, mentre nella seconda, circa la qualificazione del salario naturale in termini di minimo assoluto, i rispettivi autori o mantengono una posizione agnostica o accettano esplicitamente la visuale di un prezzo naturale del lavoro commisurato ad un livello eccedente quello di mera sussistenza.

a) La posizione del Pantaleoni.

La prima versione, quella specificabile in termini di indeducibi­ lità, è perfettamente riconoscibile nella critica che il Pantaleoni avanza nei confronti della formulazione ricardiana dell’incidenza.

(15) Vale la pena altresì di osservare che mentre in alcuni casi Questa connotazione di fissità è sviluppata in contesto di analisi già finalizzate allo studio dello specifico caso di incidenza considerato, in altri tipi di approcci essa risulta definita partendo da una diversa ed autonoma angolatura esegetica e solo in un secondo tempo essa risulta per cosi dire «appropriata» alla analisi della incidenza.

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-i -i nucleo dell’-imputaz-ione del Pantaleon-i al R-icardo cons-iste nella denuncia di una pretesa contraddizione tra una configurazione della teoria della determinazione del salario naturale che, in quanto fondata sul criterio del costo di produzione, non sarebbe suscettibile di fissarsi ad altro livello se non a quello corrispondente ad un te­ nore di vita di sussistenza minima (ed in particolare ad un minimo assoluto di sussistenza) e la qualificazione, evidentemente irriduci­ bile alla prima, che definisce il salario naturale in termini suscet­ tibili di corrispondere a tenori di vita che includono consumi addi­ zionali rispetto a quelli da cui risulta caratterizzata la mera sussi­ stenza fisiologica (16).

Ora appare evidente che il riferimento al costo di produzione, e cioè l’applicazione alla forza lavoro di un criterio definito in ter­ mini di stretta analogia (se non addirittura di identità) con quello a cui è informata la determinazione del prezzo normale di qualsiasi altra merce, vale di per sé come indicazione di un livello minimo. Ciò che ci appare una forzatura è invece il richiamo alla teoria del costo di produzione come presupposto in relazione al quale l’unica ipotesi logicamente compatibile dovrebbe risultare una nozione di livello salariale naturale corrispondente ad un tenore di vita di mera sussistenza fisiologica.

L’obiezione che a nostro avviso può essere rivolta al Pantaleoni non si riallaccia al tipo di critica (peraltro fondata), comune a molti avversari della tradizione ricardiana che, ripudiando l’applicabilità del criterio fondato sul costo di produzione al mercato del lavoro, si pongono automaticamente al di fuori della logica ricardiana (e in certa misura smithiana). Essa tende soltanto a sottolineare che se è vero che l’impiego di tale criterio sfocia inevitabilmente nella de­ terminazione di un livello salariale di sussistenza esso non è neces­ sariamente ed automaticamente associabile ad una nozione di minimo

(16) In sostanza lo Smith, secondo il Pantaleoni, non avrebbe fatto uso (o ne avrebbe fatto uno solo molto cauto ed episodico) della categoria del costo di produzione in relazione al problema della determinazione del livello salariale, limitandosi a sottolineare la rilevanza a questi effetti del prezzo dei generi di prima necessità ma dando invece ampio riconoscimento alla circo­ stanza che il livello salariale non è strettamente condizionato ad essi. Il Ri­ cardo, per contro, che tale categoria, recepita dallo Smith, avrebbe inserito in modo più organico e sistematico nel corpo della sua analisi dei salari, avrebbe creato e al tempo stesso lasciato insoluto il conflitto fra le implicazioni in ter­ mini di sussistenza fisiologica derivanti necessariamente dal criterio citato e le caratteristiche storico-relativistiche con cui nel corso della stessa analisi avrebbe finito per qualificare il prezzo naturale del lavoro. Cfr. Pantaleoni M., Teoria della traslazione dei tributi, Giuffrè, Milano, 1958, pagg. 284-85.

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assoluto e quindi può risultare perfettamente compatibile con la qualificazione di sussistenza abituale che ritroviamo così chiaramente sottolineata nell’analisi ricardiana (17).

Sembra fondata la congettura che il Pantaleoni ricercasse in R i­ cardo quello che non aveva trovato in Smith e cioè una caratteriz­ zazione del salario naturale in termini tali da precostituire una con­ dizione per la sua indeducibilità e quindi una garanzia dell’inevita- bilità della traslazione. Che solo una nozione di livello salariale minimo dovesse nel suo pensiero risultare appropriata e coerente con la logica della trasferibilità ci appare in altri termini l ’effetto di una pregiudiziale che identificava, in termini in certa misura aprio­ ristici, nel livello di sussistenza minima (« quello al di sotto del quale non è possibile scendere ») un limite inferiore alle possibili

escur-(17) Il carattere di abitualità (e di qui la qualificazione «storica ») in­ serito dal Ricardo nella nozione di salario naturale può essere agevolmente riconosciuta in due inequivocabili notazioni del capitolo V (Sui salari) e in una precisazione contenuta nel capitolo XXVI (Reddito lordo e reddito netto).

Afferma Ricardo : « La possibilità del lavoratore di provvedere a se stesso e alla famiglia, di cui possa esservi bisogno per mantenere inalterato il nu­ mero dei lavoratori, dipende non dalla quantità di moneta corrisposta a titolo di salario ma dalla quantità di alimenti, di oggetti di prima necessità, nonché di oggetti piacevoli resi essenziali da abitudini contratte, che con tale quantità di moneta può acquistare» (op. cit., pag. 59). Più oltre viene esplicitamente escluso che il prezzo naturale del lavoro si possa ritenere come assolutamente fisso : « esso varia nella stessa nazione nei diversi periodi e differisce in mi­ sura notevole da una nazione all'altra ; dipende essenzialmente dalle abitudini e dagli usi della popolazione ». Della connotazione storica e quindi relativistica del concetto di salario naturale non interessa qui sottolineare l’aspetto che dipende dal raffronto di due sistemi, l’uno in cui « la vita dell’uomo è a buon mercato», l’altro in cui non lo è, quanto piuttosto quello che dipende dal ri­ lievo che «m olti degli agi goduti nel cottage inglese (contemporaneo a Ri­ cardo) sarebbero apparsi lussi in una più remota epoca » (op. cit., pag. 62) dello sviluppo all’interno dello stesso sistema economico inglese.

Il riferimento ad un tenore di vita accresciuto all’interno del cottage in­ glese sembra implicitamente ma inevitabilmente postulare come avvenuto un processo di consolidamento dei bisogni, di progressiva inserzione di consumi addizionali nella sfera del tenore di vita. Sintomatica dello spostamento av­ venuto rispetto alla posizione smithiana sembra altresì la precisazione conte­ nuta nella nota 2) del capitolo XXVI in cui, trattando della ripartizione del prodotto nazionale netto in quote imputabili a salari, rendite e profitti, Ri­ cardo si sente in dovere di temperare la perentorietà della sua affermazione secondo cui « la quota riferibile ai salari costituisce sempre semplicemente le spese necessarie di produzione » (op. cit., pag. 263). Egli aggiunge infatti in nota : « Eccessiva è forse l’espressione di cui mi sono avvalso : al lavoratore si attribuisce di solito più di quanto comportino le spese di produzione assoluta- mente necessarie. In tal caso il lavoratore percepisce una parte del prodotto netto della nazione che gli consente di risparmiare o di spendere anche di

più o anche di arrecare un contributo suo alla difesa della nazione ». L’ultima notazione è da valutare in relazione al periodo delle guerre napoleoniche e suona come una giustificazione indiretta ma legata all’emergenza bellica, del­ l’incremento della tassazione.

sioni del livello salariale e quindi una condizione « sicura » per il verificarsi dell’effetto citato.

Se l’effetto della traslazione è garantito solo attraverso una con­ figurazione salariale definita in termini tali da assicurarne l’inde- ducibilità è chiaro che una definizione di salario in cui all’elemento « storico » dell’abitualità sia riconosciuta ampia rilevanza non può che essere giudicata come una inserzione contraddittoria e suscetti­ bile di mettere in crisi la conseguibilità del risultato della trasla­ zione, in tanto in quanto viene a sostituire il connotato di indeduci- bilità con quello opposto di comprimibilità.

« Ma la teoria dello stretto ‘ necessario ossia del minimo as­

soluto, — afferma infatti Pantaleoni — è stata sostituita dallo stesso Ricardo con quella del minimo, relativo ossia al tenor di vita abi­ tuale. Questa sostituzione che doveva sorreggere la teoria ricardiana, l’ha invece distrutta. Il tenore di vita è dichiarato elastico e quindi non piti un costo di riproduzione così rigoroso come il precedente, ed egli è costretto a dire che quando i salari non si elevano per l'azione dei decessi diventati più frequenti, perché gli operai non sono ridotti al minimum fisico, essi si rialzano per l ’opera di un freno volontario alla facoltà prolifica... Il prezzo normale del lavoro non è più il minimum di sussistenza e la traslazione delle imposte sul salario non è più una conseguenza rigorosa e necessaria, perché l’imposta cade sopra un ente riducibile, senza che si modifichi l’of­ ferta e la domanda di lavoro » (18).

b) La posizione del Dobb.

Sempre nell’ambito di questa versione della « fissità » in termini di sussistenza minima, occorre ora esaminare un altro tipo di ese­ getica che si differenzia da quella sopra considerata in quanto carat­ terizza le due qualificazioni del salario ricardiano, identificate dal Pantaleoni, non più come alternative mutuamente incompatibili, ma come destinate a risolversi l’una nell’altra. Questa interpretazione,

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(18) Pantaleoni M., op. cit., pagg. 286-87.

Quest’ultima qualificazione restrittiva (immutabilità della domanda e del­ l’offerta di lavoro) evidenzia il punto fragile dell’argomentazione critica del Pantaleoni, consentendo di caratterizzarla come un arbitrario troncamento del processo di imposta esaminato. Se è vero infatti che il salario naturale è comprimibile non per questo si può escludere che una sua riduzione non sol­ leciti una variazione della popolazione intesa a ricostituire il livello originario. D’altra parte la circostanza che la domanda di lavoro rimanga invariata, con­ trasta con le ipotesi sottese alla configurazione ricardiana della dinamica sa­ lariale che illustreremo nel prossimo paragrafo.

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formulata dal Dobb, appare contrassegnata da un maggior grado di aderenza alla nozione ricardiana di prezzo naturale del lavoro (19).

Il Dobb considera il fattore « abitudini e costumi » come su­ scettibile di sospendere, ma solo temporaneamente, le implicazioni deterministiche della teoria del costo di produzione e comunque non in grado di alterarne la validità in lungo periodo.

Ne consegue che la formulazione ricardiana viene implicitamente configurata come una variante o meglio come una deviazione limitata dalla teoria del minimo di sussistenza, variante destinata comunque ad essere riassorbita nell’alveo di quest’ultima non appena rimosso dal terreno analitico il fattore che ne avrebbe provocato lo spo­ stamento.

Ciò che permette al Dobb di ritenere che l ’influenza di questo fattore sia effettivamente eliminabile in lungo periodo dipende dalla sua stessa qualificazione in termini di fattore variabile. Tale variabi­ lità appare specificata in relazione a due distinte accezioni circa la natura o meglio la direzione della relazione causale che viene istituita fra fattore consuetudinario e livello del salario naturale.

In relazione alla prima è il livello del salario naturale che muta in dipendenza da una variazione delle abitudini e la variabilità del salario naturale è considerata pertanto condizionata a sollecitazioni di tipo psicologico e soggettivo. In relazione alla seconda il rapporto causale appare rovesciato risultando le abitudini condizionate alla variazione della remunerazione. Il nucleo essenziale di questa inter­ pretazione è dunque che, pur costituendo il fattore « abitudini-co­ stumi » una interferenza sullo svolgimento deterministico della teo­ ria del costo di produzione, esistano in lungo periodo forze in grado di cancellarla.

Afferma il Dobb che, secondo il Ricardo, la legge di popola­ zione — la sua tendenza ad aumentare sempre fino ai limiti della sussistenza — sarebbe stata abbastanza potente per affermarsi nel lungo periodo e quindi predominare su qualsiasi cambiamento delle abitudini che potesse sopravvenire.

L’accrescimento dello standard di consumo, l’introduzione di nuovi conforts nel tenore di vita dei lavoratori sarebbe stato possi­ bile in periodi caratterizzati da una tendenza dei salari al rialzo. In tali periodi, secondo l’espressione ricardiana, « la condizione del lavoratore è prospera e felice ed egli è in grado di disporre di una

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maggiore quantità di generi di prima necessità e voluttuari e per tanto di sostenere una sana e numerosa famiglia » (20).

Ma — continua il Dobb— l’inesorabile pressione della fertilità umana incalzerebbe ben presto questo miglioramento e non appena il progresso economico rallentasse le condizioni favorevoli ad un aumento dei salari tenderebbero a venir meno : l’offerta di lavoro raggiungerebbe e sorpasserebbe la domanda e una volta che il livello dei salari avesse cominciato di nuovo a cadere le abitudini si modi­ ficherebbero nuovamente nel senso del peggioramento con la stessa facilità con cui si erano precedentemente modificate nel senso del miglioramento (21).

c) La dinamica salariale nel contesto del processo di sviluppo economico considerato da Ricardo.

L ’interpretazione avanzata dal Dobb ci appare, nei limiti che vedremo, la più accettabile fra quelle esaminate. A sostegno e a com­ plemento di essa ci sembra opportuno sottolineare la rilevanza che agli effetti della dinamica di entrambi i saggi salariali considerati, riveste la configurazione del processo di sviluppo del sistema econo­ mico ipotizzato da Ricardo.

L’apparente contraddittorietà tra un concetto di prezzo natu­ rale del lavoro definito in termini di abitualità e uno definito in termini di sussistenza (da considerare in quali termini si vedrà suc­ cessivamente) è superabile non appena la variabilità nel tempo del saggio naturale sia vista condizionata alla successione di fasi che caratterizzano il processo di accumulazione del capitale descritto da Ricardo, non appena cioè si analizzi il processo economico delineato da Ricardo in una ottica di sviluppo.

Due e strettamente interdipendenti appaiono essere le ipotesi rilevanti agli effetti della ricostruzione della teoria ricardiana della determinazione salariale. La prima è quella relativa alla funzione riequilibratrice dell’offerta di lavoro, la seconda (che definisce il quadro applicativo della prima) è quella relativa alla successione di fasi che caratterizza la dinamica del sistema ricardiano e l’assume dipendente dallo stato di accumulazione del capitale e di qui, attra­ verso l ’ipotesi del fondo salari, dalla domanda di lavoro. Occorie no­ tare a questo proposito che uno dei tratti salienti che differenzia la

(20) Ricardo D., op. cit., pag. 60. (21) Dobb M., op. cit., pag. 110.

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configurazione del sistema ricardiano da quello smithiano è rappre­ sentata precisamente dalla circostanza che nel primo gli « stati » del sistema economico definiscono una vera e propria successione e cioè appaiono ordinati in una sequenza fortemente deterministica. Quella che si presenta in Smith come una costellazione di stati alternativi (progressivo, stazionario, declinante) si trasforma in Ricardo in una concatenazione logica di situazioni economiche in cui il comporta­ mento dei profitti dei salari e delle rendite regola l’intensità e l’orien­ tamento del processo accumulativo del capitale e ne fìssa il destino nell’inevitabile tendenza a sfociare nello stato stazionario (22).

In una prima fase (quella della « società 'progrediente ») il sag­ gio salariale di mercato può essere, secondo Ricardo, per un tempo « indefinito » costantemente superiore al saggio naturale. « Non ap­ pena infatti si sono manifestati gli effetti dello stimolo che un au­ mento di capitale dà ad una nuova domanda di lavoro, aumenti suc­ cessivi di capitale possono originarne degli altri : se l’aumento di capitale è graduale e costante la domanda di lavoro può agire come stimolo continuato ad un aumento di popolazione » (23).

È facile avvertire che « il tempo indefinito » lungo il quale il saggio di mercato può essere superiore al saggio naturale tale pro­ priamente non può risultare nella logica ricardiana.

La maggiore o minore rapidità dell’accumulazione del capitale nei differenti stadi della società è da Ricardo fatta dipendere dai « poteri produttivi » del lavoro che risultano a loro volta correlati alla disponibilità di terra fertile.

Se è vero che là dov’è abbondanza di terra fertile « l ’accumu­ lazione è spesso così rapida che l’offerta di lavoratori non può tener dietro con pari rapidità alla crescente offerta di capitale » (24) e in queste condizioni i salari tenderebbero ad aumentare perché la domanda di lavoro aumenterebbe ancor più rapidamente dell’offerta, per contro nel « naturale progredire della società » i salari tendono a scemare. Continua ad aumentare nella stessa ragione l’offerta di lavoratori mentre la domanda aumenta secondo una ragione inferiore evidentemente perché minori risultano via via i poteri produttivi del lavoro) ». La diminuzione proseguirebbe fìntanto che il capitale diventi stazionario nel qual caso anche i salari diventerebbero

sta-(22) Ricardo, ricordiamo, fa qualche concessione, ma senza molta con­ vinzione, al progresso tecnologico come correttivo della tendenza.

(23) Ricabdo D., op. cit., pag. 60. (24) Ricabdo D., op. cit., pag. 62.

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zionari sì da essere appena sufficienti a mantenere inalterata la popolazione ».

L’andamento della dinamica salariale, in relazione alla sequenza di stati configurata dall’analisi ricardiana, si rivela tale per cui il salario di mercato in corrispondenza ad una prima fase di accumula­ zione appare crescente. I punti all’intersezione della domanda e del­ l'offerta di successivi periodi, definiscono l’equilibrio del salario di mercato a livelli sempre crescenti rispetto al salario naturale. Se non intervenissero fattori abitudinari e la domanda rimanesse invariata si avrebbe che la reazione dell’offerta riporterebbe il salario di mer­ cato a livello del salario naturale. Ma la domanda di lavoro risul­ tando crescente e quindi il livello salariale di mercato continuando in questa prima fase a lievitare, si possono ammettere in relazione alle ipotesi precedentemente considerate fenomeni di consolidamento e cioè un progressivo innalzamento del salario naturale. Ciò ha l’ef­ fetto di ridurre la dimensione della reazione dell’offerta perché il limite inferiore alla escursione del salario di mercato rispetto a quello naturale (in relazione alla quale la variazione dell’offerta è dimensionata) si è elevato per effetto del fattore abitudinario.

Da un certo punto in avanti il ritmo di accrescimento della do­