smithiana.
Sotto la prima delle due approssimazioni in cui si è ravvisata l’opportunità di distinguere l’esame della posizione ricardiana sul problema della trasferibilità di un’imposta sui salari, il dato di più immediata registrazione è quello di un marcato (anche se non inte grale) parallelismo tra l’argomentazione ricardiana e quella smithiana e di una sostanziale coincidenza degli esiti conclusivi a cui le due formulazioni pervengono.
Fin dall’esordio Ricardo riconosce e ribadisce la correttezza della tesi smithiana che esclude in termini piuttosto recisi la pos
sibilità di una definitiva incidenza sui lavoratori dell’onere di una imposta commisurata ai salari.
L’impostazione smithiana del problema di traslazione conside rato rappresenta per la corrispondente analisi ricardiana un ter mine di riferimento così specifico da sollecitare inevitabilmente ad una verifica della misura di indebitamento di quest’ultima nei con fronti della prima. Una digressione intesa a precisare i termini della formulazione smithiana si giustifica pertanto non soltanto sulla base di un esplicito ricollegamento di Ricardo a Smith, ma altresì,
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e soprattutto, perché la collocazione della diagnosi ricardiana con tro lo sfondo della tesi sostenuta dallo Smith consente di affrontare il problema della revisione critica della logica ricardiana, applicata all’impostazione sui salari, entro una prospettiva esegetica a nostro avviso decisamente più feconda di risultati.
Il nucleo centrale della tesi smithiana relativa a questo pro blema è in sintesi riducibile alla seguente proposizione : « Finché la domanda di lavoro e il prezzo dei viveri rimangono gli stessi, una imposta diretta sui salari del lavoro non può avere altro effetto che di elevarli alquanto più della imposta » (1).
I problemi che la formulazione citata solleva possono essere op portunamente affrontati attraverso due distinti e successivi approcci, 11 primo di essi verterà sulla identificazione della teoria salariale, che risulta sottesa al discorso smithiano sulla traslazione dell’impo sta presa in considerazione. Il secondo consisterà nel verificare la idoneità del supporto teorico così individuato a sorreggere, compa tibilmente con le assunzioni restrittive indicate, il risultato della trasferibilità dell’onere.
In assenza di un esplicito riferimento da parte di Smith, la que stione al primo punto avrebbe potuto essere di non facile soluzione dato che la sua teoria salariale presenta un carattere compendiario ed eclettico che invita a configurarla in termini di un conglomerato di schemi esplicativi sulla cui renitenza a risultare coordinabili in un organismo logicamente unitario non è qui il caso di insistere.
L’esplicita precisazione premessa da Smith alla sua analisi della traslazione che « i salari delle classi inferiori di lavoratori sono ovunque e necessariamente regolati da due circostanze: la domanda di lavoro e il prezzo ordinario o medio dei viveri » (2), apre più pro blemi di quanti non ne risolva. La scelta delle due grandezze indicate come determinanti del livello salariale, per quanto contenga un im plicito suggerimento in questa direzione, non consente di ricondurre, in difetto di ulteriori qualificazioni, il criterio ricercato di deter minazione del livello di salario al generale principio della domanda e dell offerta o almeno ad una accezione di questo principio in cui le due determinanti risultino collocate sullo stesso piano di rile- ' anza causativa. Nella teoria salariale, delineata in questo specifico contesto da Smith, il ruolo preminente della domanda di lavoro agli effetti della determinazione del livello salariale è anzi vistosamente
(1) Sm it h A., La ricchezza delle nazioni, UTET. Torino 1966 pair. 594. (2) Sm it h A., op. cit., pag. 593.
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sottolineato. Il livello di sussistenza (o il tenore di vita, per adot tare una terminologia più neutra e non suscettibile di equivoci) nella sua specificazione quantitativa, è collocato in un rapporto diretto, e singolarmente privilegiato, con la domanda di lavoro. « La do manda di lavoro, secondo che sia in aumento stazionaria o in dimi nuzione, o che richieda una popolazione in aumento stazionaria o in diminuzione, regola la sussistenza dei lavoratori e determina in quale misura essa sarà abbondante media o scarsa (3) ». L offerta di lavoro è confinata in un ruolo comprimario di elemento passivo e meramente ricettivo delle sollecitazioni della domanda, risultando la sua dimen sione subordinata alle esigenze del processo di produzione che si esprimono attraverso la domanda di lavoro.
La circostanza che la domanda di lavoro sia ritenuta da Smith una determinante suscettibile di regolare, dato evidentemente un certo ammontare di popolazione e un dato livello dei prezzi, il li vello di sussistenza effettivamente fruibile da parte dei lavoratori, induce pertanto a caratterizzare il criterio di teoria salariale impie gato in termini di una embrionale formulazione della teoria del fondo salari.
Ma, in conseguenza del carattere statico di una categoria teo rica cosiffatta ciò in fondo equivale a rintracciare il criterio ricercato in una qualificazione del principio generale della domanda e del l ’offerta, quella che lo specifica in una versione di breve periodo ove domanda e offerta di lavoro sono considerate fisse (e fisso può essere assunto il livello dei prezzi). Fissità della domanda e dell’offerta di lavoro e del livello dei prezzi dei viveri sono precisamente il conte nuto delle assunzioni restrittive entro le quali lo Smith colloca espli citamente il problema della traslazione nel caso considerato.
Passando al secondo approccio e cioè considerando l ’argomenta zione smithiana sotto lo stretto profilo della sua efficacia dimostra tiva essa ci appare, al di là di una sua superficiale persuasività, fondamentalmente claudicante.
Essa non riesce infatti a procedere oltre la soglia di una mera enunciazione dell’esito teorico (traslazione) a sostegno del quale è avanzata per un radicale difetto di specificazione circa il concreto meccanismo operativo attraverso il quale l’aumento del livello sala riale che ne costituisce la condizione di verificabilità, può essere conseguito.
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L’osservazione del Cannan secondo il quale lo Smith ritiene che le imposte sui salari sono suscettibili di provocare un proporzionato aumento dei livelli salariali non perché i lavoratori debbono vivere ma perché essi debbono ottenere quel salario reale al quale la do manda di lavoro li autorizza, se definisce esattamente il contenuto, denuncia al tempo stesso i limiti della conclusione smitliiana.
Essa non ci è di nessun aiuto nell’individuare o nel’esplicitare il nesso logico (inteso quale riflesso di una concreta sequenza di eventi verificantisi sul mercato) che possa giustificare il « come » i livelli salariali compatibili prima dell’imposta con quella specifica o do manda di lavoro (e tenuto fermo il livello dei prezzi dei beni salario) possono o debbono essere ricostituiti dopo l’introduzione dell’imposta che necessariamente li riduce (4).
La domanda di lavoro e il prezzo delle merci che costituiscono i beni-salario rimangono per ipotesi immutati, la considerazione di breve periodo non lascia adito ad ipotesi di variazione da parte del l'offerta di lavoro: per quali sentieri il livello salariale corrispon dente ad una sussistenza data può essere ricostituito dopo l’introdu zione della imposta? La connotazione dell’analisi smithiana dell’in cidenza in termini di breve periodo e di un’applicazione del criterio del fondo salari consente di pervenire, sotto questo profilo, ad un ri sultato di notevole interesse rispetto alla tesi che veniamo svolgendo. Questa ipotesi interpretativa ci autorizza infatti ad escludere che 1 argomentazione smithiana sia fondata in modo univoco sulla vi suale di un salario necessariamente livellato alla mera sussistenza. L’ipotesi smithiana così come essa ci si presenta risulta svincolata dall’ancoraggio esclusivo all'uno piuttosto che all’altro tipo di « sta to » (progressivo, stazionario o declinante) e di qui all’una piuttosto che all’altra configurazione della domanda di lavoro che invece una interpretazione del livello salariale in termini di pura sussistenza rende obbligatoria, assumendone implicitamente la compatibilità con il solo stato stazionario.
Nell’analisi smithiana relativa alla determinazione del livello salariale è infatti solo in un contesto di domanda stazionaria (o più generalmente in relazione alla ipotesi del « malinconico » stato sta zionario) che uno schema esplicativo fondato su di un concetto di sussistenza pura, per quanto deboli ne risultino le motivazioni, sem bra poter trovare applicazione.
(4) Cannan E., A History of the Theories o f Production and Distribtition tn English Political Economy, Loudon, 1924, pag. 237.
L ’esplicita menzione (li tre distinti tipi di « sussistenza » (scaisa, mediocre e abbondante), corrispondenti a tre differenti stati in cui la la domanda di lavoro si atteggia diversamente, consente di rimovere a priori la possibilità che la giustificazione della trasferibilità del l’onere sia riferita ad una nozione singola di sussistenza, quella ap punto corrispondente al livello salariale minimo assoluto.
Con l’esclusione del riferimento ad un livello salariale di mera sussistenza come criterio esplicativo generalmente valido viene così a cadere l’unico supporto in grado di giustificare l’ipotesi alla quale lo Smith è costretto a spingersi nel tentativo di fondare comunque la tesi della non incidenza dell'onere sui lavoratori. L ipotesi a cui ci riferiamo è quella che l’ammontare dell’imposta venga anticipato dai produttori.