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G I U R I S P R U D E N Z A

CORTE COSTITUZIONALE, 9 aprile 1969, n. 72 - Pres. Sandulli, - Rei. Boni- nifacio, - De Luca c. Sip, Ministero delle poste e Pres. Consiglio ministri.

Radiotelecomunicazioni - Telefoni - Tariffe telefoniche - Natura di presta­ zioni imposte - Servizio pubblico esserziale esercitato in regime di monopolio - Art. 232 r.d. 27 febbraio 1936 n. 645 - Questione di co­ stituzionalità ex art. 23 Cost. - Determinazioni del Cip - Infondatezza della questione di costituzionalità.

Non è illegittimo, per violazione dell’art. 23 Cost., l’art. 232 r.d. 21 feb­ braio 1936, n. 643 per il quale le tariffe telefoniche devono essere approvate con decreto del Ministro delle poste e telecomunicazioni, emanate di concerto con il Ministro per il Tesoro e con quello per il commercio. Dette tariffe infatti ven­ gono attualmente determinate dal Comitato interministeriale (Cip), istituito con d.l.l. 19 ottobre 1944, ». 341 e pertanto con l’osservanza dell’art. 23 Cost., anche se esse si possono qualificare come prestazioni imposte, ai sensi di quest’ultima disposizione. Infatti quando si tratta di un servizio pubblico essenziale, quale quello telefonico, esercitato in regime di monopolio pubblico, la determinazione delle tariffe non può essere rimessa all’arbitro dell’autorità ma deve essere assistita dalle garanzie assicurate dalla riserva di legge, come è appunto nel­ l’ordinamento in vigore ove il governo deve attenersi alle deliberazioni del CIP (1).

Nel giudizio di legittimità costituzionale delle disposizioni nella determi­ nazione delle tariffe telefoniche contenute nell’art. 232 del r.d. 27 febbraio 1936 n. 645, nell’art. 135 del r.d. 19 luglio 1941 n. 1198, nell’art. 49 dei d.P.R. 14 dicembre 1957 n. 1408, e nel decreto del Ministro delle poste e telecomuni­ cazioni 24 aprile .1964, promosso con ordinanza emessa il 26 ottobre 1967 dal giudice conciliatore di Genova nel procedimento civile vertente tra De Luca Luigi, la Società Italiana per l’esercizio telefonico (SIP) ed il Ministero delle

(1 ) Corrispettivi di pubblici servizi, prestazioni imposte, tributi ( * ) .

1. Questa sentenza segna una svolta decisiva nella giurisprudenza della Corte costituzionale in tema di prestazioni imposte. Come è noto, nelle sue prime decisioni in materia la Corte ha elaborato una definizione delle « prestazioni imposte » di cui all’art. 28 cost. fondata su di un du­ plice criterio : si ha « prestazione imposta » quando il relativo obbligo è costituito da un atto di autorità, senza che vi concorra la volontà del soggetto a carico del quale la prestazione è posta (1). Non potrebbe

es-(*) Studio effettuato nel quadro della ricerca diretta dal prof. Gian An­ tonio Micheli, con il contributo del C.N.R.

(1) Cfr. ; ad es. Corte cost. 26 gennaio 1957 n. 4, in Qiur. cost., 1957, 23 ss. (è applicabile 1 art. 23 cost. « quando si tratti di prestazione obbligatoria in quanto istituita da un atto di autorità >, ivi, 31) ; Corte cost. 26 gennaio

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poste e telecomunicazioni, iscritta al n. 260 del registro ordinanze 1967 e pub­ blicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 321 del 23 dicembre 1967. Visti gli atti di costituzione di De Luca Luigi, della SIP e del Ministero delle poste e telecomunicazioni, e d’intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri ;

udita nell’udienza pubblica del 12 marzo 1969 la relazione del Giudice Francesco Paolo Bonifacio ;

uditi l’avvocato Egidio Tosato, per la SIP, ed il sostituto avvocato gene­ rale dello Stato Giovanni Albisinni, per il Presidente del Consiglio dei Mini­ stri e per il Ministero delle poste e telecomunicazioni.

sere più netta, in questa prospettiva, la contrapposizione tra le «pre­ stazioni imposte » ex art. 23 cost. e le prestazioni dedotte in rapporti di diritto privato, dominati dal principio dell’autonomia negoziale (2).

La motivazione della sentenza in rassegna segue invece una tesi del tutto incompatibile con la definizione sopra indicata (3): le obbligazioni degli utenti il servizio telefonico trovano la loro fonte immediata in un contratto (di adesione) disciplinato dal diritto privato, tuttavia il ca­

rattere impositorio della prestazione non è escluso per il solo fatto che il cittadino è libero di stipulare o non stipulare il contratto. La Corte ha invero avvertito la necessità di sottolineare che la tesi suindicata costi­ tuisce uno sviluppo ulteriore di spunti già contenuti nella sua prece­ dente giurisprudenza. Ad un più attento esame la sentenza annotata ap­ pare però decisamente innovatrice rispetto alla precedente giurispru­ denza e non tm semplice sviluppo ulteriore di quest’ultima.

In alcune precedenti decisioni la Corte aveva infatti affermato che

1957, n. 30, in Giur. cost., 1957, 407 ss. (è prestazione imposta la prestazione « stabilita come obbligatoria a carico di una persona senza che la volontà di questa vi abbia concorso... obbligatoria in quanto istituita con atto di autorità », ivi, 416) ; Corte cost. 18 marzo 1957 n. 47, in Giur. cost., 1957, 598 ss. (l’arti­ colo 23 cost. è applicabile alle prestazioni personali e patrimoniali « imposte con atto di autorità e cioè in modo obbligatorio a carico di una persona senza che la sua volontà vi abbia concorso », ivi, 605) ; Corte cost. 8 luglio 1957, n. 122, in Giur. cost., 1957, 1101 ss. prestazione imposta quella « che può essere stabilita come obbligatoria a carico di una persona senza che la volontà di questa vi abbia concorso : il criterio decisivo per ritenere applicabile l’art. 23 è che ci si trovi di fronte ad una prestazione obbligatoria in quanto istituita da un atto di autorità », ivi, 1114 ss.). La giurisprudenza successiva della corte costituzionale in materia di prestazioni imposte si è sostanzialmente mante­ nuta entro le linee fissate nelle sentenze sopra fissate.

(2) La tesi in precedenza sostenuta dalla Corte è d'altronde pienamente conforme alle concezioni della dottrina dominante. Per una lucida e sintetica esposizione dei criteri di identificazione delle « prestazioni patrimoniali impo­ ste » cfr. Gian n in i M.S., I proventi degli enti pubblici minori e la riserva di legge, in Riv. dir. fin. se. fin., 1957, I, 13 ss. ; per una più ampia ed aggiornata esposizione cfr. da ultimo Tosato, Prestazioni patrimoniali imposte e riserva di legge, in Scritti in onore di Gaspare Ambrosini, III, Milano, 1970, p. 2109 ss.

(3) Cfr. in questo senso Tosato, op. cit., passim ; Levi, Imprese pubbliche e servizi pubblici essenziali tra Vari. 23 e l'art. 43 cost., in Giur. cost., 1969, 1094 ss., in part. 1077;

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Ritenu to in fatto. — 1. Con atto di citazione del 3 maggio 1966 l’av­ vocato Luigi De Luca convenne la Società italiana per l’esercizio telefonico (SIP) innanzi al conciliatore di Genova, deducendo l’illegittimità parziale di alcune fatture di utenza telefonica: illegittimità derivante, secondo il suo as­ sunto, dalla circostanza che le relative tariffe erano state imposte sulla base dell’art. 232 della legge postale e di altre disposizioni tutte contrastanti col principio enunciato nell’art. 23 Cost.

A seguito della sentenza 12 giugno 1967 con la quale le sezioni unite della Corte di cassazione — pronunziandosi su un ricorso preventivo proposto dalla g ip — avevano dichiarato la sussistenza della giurisdizione dell’autorità

giu-« il carattere impositorio della prestazione non è escluso per il solo fatto che la richiesta del servizio dipende dalla volontà del privato» (4), ma tali affermazioni si inserivano nel contesto di motivazioni in cui si con­ cludeva per la natura non negoziale (non privatistica) del rapporto in cui era dedotta la prestazione del privato (5). Quindi la negazione della rilevanza della volontà del privato serviva a negare la sussistenza dello schema giuridico in cui la volontà si traduce tipicamente e cioè del con­ tratto (o nel negozio in genere) (6).

Nella sentenza in esame invece, si muove dal riconoscimento della natura contrattuale del rapporto e si nega poi che la volontà tradottasi

(4) Cfr. Corte cost. 1963, n. 55, in Giur. cost., 1963, anche nella formu­ lazione di queste tesi la Corte ha seguito una linea di evoluzione graduale: cfr. Corte cost. 1962 n. 2 in Giur. cost., 1962, 24, ove alle argomentazioni di parte circa la necessità del concorso della volontà dell’obbligato per la nascita dell’obbligo contrappone l’obbiezione che, la manifestazione di volontà del con­ tribuente è « spesso » irrilevante rispetto all’imposizione della prestazione.

(5) Cfr. le sentenze n. 2 del 62 e 55 del 63 già citate alla nota prece­ dente.

(6) Sembra indubbio che in queste sentenze la Corte abbia tenuto pre­ sente lo schema tipico della tassa, rispetto alla quale la dottrina dominante ha ormai elaborato una serie di ricostruzioni teoriche tutte rivolte ad esclu­ dere la sussistenza dei dati strutturali caratteristici del negozio giuridico (cfr. per tutti Gia n n in i A. D., Il concetto giuridico di tassa, in Riv. it. dir. fin., 1937,1, 7 ss.; I concetti fondwmentali del diritto tributario, Torino 1956, p. 96 ss.; Istituzioni di diritto tributario, Milano, 1965, p. 60 ss. ; An to n in i, La tassa come onere, in La formulazione della legge e le categorie giuridiche, Milano, 1958, p. 3 ss.; si noti che la medesima tendenza manifestano anche gli autori più propensi a dare rilevanza alla domanda del privato rivolta all’otteni­ mento del servizio, cfr. Pr e su t t i, Istituzioni di diritto amministrativo ita­ liano, Messina, 1934, p. 284 ; Mich eli L'onere della prova, Padova, (rist. 1969), p. 64; Profili critici in tema di potestà di imposizione, in Riv. dir. fin. se. fin. 1964, I, 8 ss. ; Corso di diritto tributario, Torino, 1970, p. 70 ss. ; per la tesi, anch’essa autorevolmente sostenuta, che nega alla tassa la qualità di tributo, cfr. per tutti Zanobini, Corso di diritto amministrativo, IV, Milano, 1955, p. 336; Be r lir i, Per una precisazione del concetto giuridico di tassa; rapporto di tassa e rapporto contrattuale, in Riv. dir. fin. se. fin., 1951, I, 130 ss. ; Appunti sul fondamento e il contenuto del’art. ¿3 della Costituzione, in Studi in onore di A. Giannini, Milano, 1961, 158 ss.; Corso istituzionale di diritto tri­ butario, Milano, 1965, p. 48 e 61 ss.; Casetta, Entrate tributarie e canoni di concessione sui beni demaniali, in Temi trib., 1959, 487 ss. ; Mortati, Istitu­ zioni di diritto pubblico, II, Padova, 1967, p. 906 ss. ; Tosato, op. cit., 2111 ss.).

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diziaria ordinaria, la causa venne riassunta e la SIP chiese che, a seguito del­ la proposizione di una sua domanda, riconvenzionale per lire 228.518, la causa venisse rimessa al pretore, giudice competente per valore. Nel giudizio inter­ venne, ai sensi dell’art. 105 c.p.c., anche l’Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni.

2. Con ordinanza 26 ottobre 1967 il giudice conciliatore, dopo un’ampia disamina dell’eccezione di incompetenza per valore sollevata dalla SIP in ri­ ferimento alla domanda riconvenzionale, ha trattenuto presso di sè la causa introdotta con la citazione del De Luca, ha rimesso al pretore di Genova la

nello schema giuridico del negozio escluda la qualificazione della presta­ zione come « prestazione im posta ».

2. La sentenza innova dunque decisamente rispetto alle posizioni precedentemente assunte dalla Corte in materia di prestazioni imposte.

L’evoluzione della giurisprudenza della Corte deve ora essere rico­ struita sul piano delle giustificazioni teoriche della riserva di legge prevista dall’art. 23 cost. e quindi chiarita in tutte le sue implicazioni.

E ’ sintom atico, in fatti, che p rop rio nelle prim e decisioni in tema di prestazioni imposte, la Corte abbia tenuto a sottolineare che la riserva d i legge di cui a ll’art. 23 cost. è ordinata alla tutela della libertà pa­ trim oniale dei p rivati (7). Prescindendo, per ora, da ogni considerazione sulla validità (sia dal punto di vista storico che in funzione del sistema costituzionale vigente (8)) di una sim ile enunciazione, si può rilevare essa presuppone una concezione dell’ attività pubblica tendenzialmente lim itativa degli interventi au toritativi nella sfera patrim oniale dei p ri­ vati. In questa prospettiva l ’idea della « prestazione im posta » si con­ nette innanzitutto a ll’idea della sovranità dello Stato (9): 1’« im posizio­

n i Cfr. Corte Cost., 26 gennaio 1957, n. 4, in Giur. cost., 1957, 30; Corte Cost., 26 gennaio 1957, n. 30, in Giur. cost., 1957, 407 ss.

(8) Cfr. oltre § 3.

(9) La qualificazione del tributo come espressione della sovranità dello stato è uno dei fondamenti della classica ricostruzione del Gian n in i A. D. (cfr. Il rapporto giuridico di imposta, Milano, 1937, p. 1 ss.; I concetti cit., p. 1 ss.; Istituzioni cit., p. 51 ss.) ed è generalmente accolta dalla dottrina ; anzi po­ trebbe dirsi che proprio l’accentuazione della natura di manifestazione di so­ vranità del tributo ha contribuito all’insorgere della nota controversia sulla natura di legge formale o sostanziale delle leggi tributarie e sulla giuridicità delle norme medesime (cfr. Orlando, Lo Stato rappresentativo ed i suoi organi, già in Are. giur., XXXVI, 1886, ora in Diritto pubblico generale, Milano, 1954, p. 380 ss. ; per l’indicazione degli scritti successivi sull'argomento e per l’illu­ strazione dei risultati cui è giunta la dottrina cfr. per tutti Vanon i, Natura ed interpretazione delle leggi tributarie, Padova, 1932, p. 86 ; Gian n in i A. D., Istituzioni, cit., p. 18 ss. e nt. 5 ivi ; nonché, da ultimo, Lombardi Contributo allo studio dei doveri costituzionali, Milano, 1967, p. 382 ss.).

Nega la sussistenza di un’esigenza logica per cui i tributi debbano fon­ darsi sulla sovranità dello Stato il Barth olin i, (Il principio di legalità dei tributi in materia di imposte, Padova, 1957, p. 77, nt. 34 e p. 117 ss.) per il quale il carattere coercitivo delle imposte è di diritto positivo ed il potere di

decisione sulla riconvenzionale ed ha proposto, in riferimento all’art. 23 Cost, la questione di legittimità costituzionale concernente l’art. 232 del r.d. 27 fe - braio 1936 n. 645, l’art. 135 del r.d. 19 luglio 1941 n. 1198, l’art. 49 dei d.P.R. nn. 1405, 1406, 1407 e 1409 del 14 dicembre 1957 e 1408 del 28 dicembre 1957, nonché del d.m. 24 aprile 1964.

Nel motivare in ordine alla non manifesta infondatezza della questione, l’ordinanza osserva che le tariffe telefoniche sono determinate con atto di au­ torità e che pertanto ci si trova di fronte ad una imposizione di prestazioni che per essere legittima, dovrebbe essere effettuata, come dispone l’art. 23 Cost., in base alla legge; ed invece - a suo avviso - la riserva di legge non è ri­

ne » della prestazione si identifica con nn intervento anche formalmente autoritativo nella sfera dei privati. Appare evidente la contrapposizione tra gli effetti giuridici aventi origine negoziale (dominati dal principio della posizione paritetica delle parti) e quelli derivanti da atti unila­ terali dello stato (o dell’ente pubblico), manifestazioni di supremazia formale.

Tutta la precedente giurisprudenza della Corte è in linea con questi presupposti teorici e l’assunzione a criterio d’identificazione delle pre­ stazioni imposte dell’origine non negoziale (non volontaria) dell’obbli- gazione in cui esse sono dedotte appare, da questo punto di vista, per­ fettamente giustificata. Ma questa impostazione del problema ha per supporto ideologico la configurazione teorica di una società in cui gli assetti autoritativi sono tipici dei rapporti tra lo Stato (e gli enti pub­ blici) ed i cittadini, mentre nei rapporti interprivati le parti si trovano sempre in posizioni sostanzialmente paritetiche. Ora (tralasciando ogni questione sulla effettiva sussistenza, in un qualsiasi momento storico, di simili strutture sociali) appare evidente che l’evoluzione storica della società in cui la Corte si trova ad operare la allontana sempre più da quello schema ideale. Si avverte sempre più chiaramente, che, a prescin­ dere dalla forma giuridica dai singoli rapporti (ed anzi, assai spesso, in ragione della struttura privatistica dei rapporti medesimi), numerosi soggetti, formalmente « privati », esercitano effettivi poteri di suprema­ zia sugli altri (10).

La mutata posizione della Corte ben s’inquadra in questo ordine di idee. La sentenza in esame assume a criterio d’identificazione delle « pre­ stazioni imposte » il fatto che « un servizio, in considerazione della sua

imperio dello Stato è solo lo strumento di attuazione dell’imposta, non il suo fondamento giuridico. Contro la riduzione dei tributi ad espressioni di sovra­ nità cfr. Scoca, S t a t o e d a l t r i e n t i i m p o s t o r i d i f r o n t e a l d o v e r e d i p r e s t a ­ z i o n e t r i b u t a r i a , in D i r . p r a t . t r i b . , 1968, X, 145 ss., in part. 166 ss.; per la riduzione, in materia tributaria, della sovranità ad esercizio della funzione legislativa cfr. anche Tkim eloni, I c a r a t t e r i d e l l e e n t r a t e t r i b u t a r i e , Padova,

1969, p. 61. . . _ ....

(10) Cfr. Guarin o, U n i t à e d a u t o n o m i a d e l d i r i t t o a l i a e n e r g i a , in s c r i t t i d i d i r i t t o p u b b l i c o d e l l ’ e c o n o m i a e d i d i r i t t o d e l l ' e n e r g i a , Milano, 1962, p. 234 ss., il quale rileva che il carattere autoritario di una impresa formalmente «p ri­ vata » può sussistere anche se i prezzi sono fissati dai poteri pubblici.

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spettata, perchè nessuna delle norme che vengono in discussione — a parte la questione sulla loro natura di legge formale — contiene limiti e controlli ido­ nei a garantire gli utenti : l’art. 232 del r.d. n. 645 del 1936 si limita a stabi­ lire che le tariffe per abbonamenti, compensi ed impianti interni sono appro­ vate con decreto del Ministro delle poste e telecomunicazioni di concerto col Ministro del tesoro e col Ministro dell’industria e commercio; l’art. 135 del r.d. n. 1198 del 1941 precisa che le tariffe sono comprensive di ogni onere e spesa per impianto e manutenzione; nessuno dei vari decreti ministeriale che riguar­ dano la materia ha il carattere di legge formale e, comunque, non potrebbe mai dirsi che le norme in essi contenute rispondono all’esigenza di una preventiva

particolare rilevanza, venga riservato alla mano pubblica e l’uso di esso sia da considerare essenziale ai bisogni della vita». Ricorrendo questi due requisiti, diviene irrilevante la struttura contrattuale del rapporto in cui è dedotta la prestazione, che è « imposta » in quanto al cittadino non resta altra alternativa che quella di « scegliere fra la rinunzia al soddisfacimento di un bisogno essenziale e l’accettazione di condizioni e di obblighi unilateralmente ed autoritariamente fissati » (11).

Appare evidente la connessione tra quest’ordine di argomentazioni e la rilevazione di sempre più. estesi fenomeni di imposizione sostanzial­ mente autoritativa nell’ambito di rapporti formalmente paritetici (12). Il nuovo indirizzo seguito dalla Corte deve quindi essere valutato in modo sostanzialmente positivo. Si tratta di un rilevante risultato della progressiva opera di adeguamento del nostro sistema giuridico alla real­ tà in cui esso deve incidere iniziata dalla Corte ormai da molti anni (13). Tuttavia devono ancora essere valutate tutte le implicazioni ulte­ riori, sul piano teorico ed al livello delle pratiche applicazioni, della posizione assunta dalla Corte.

3. In primo luogo, ci si potrebbe domandare se non debbano essere nuovamente considerati, anche in funzione della diversa definizione di « prestazione imposta » assunta, il significato ed il valore della riserva di legge ex art. 23 cost.

Già le considerazioni svolte nel paragrafo precedente mettono in forse la validità della tesi tradizionale per cui tale riserva si traduce in una garanzia della libertà patrimoniale dei privati (14). La concezione

(11) Cfr. anche Mic h e li, Corso, cit., p. 56. (12) Cfr. Tr i m e l o n i, op. cit., p. 46.

(13) In questo senso cfr. Levi, op. loo. cit.,1077. Si è rilevato che la deci­ sione della Corte parrebbe ispirata a motivi de jure condendopiuttosto che a motivi de jure condito (cfr. Tosato, op. cit.,p. 2111 e 2149). Sembra però che, almeno in questo caso, l’adeguamento del sistema normativo alla mutata situa­ zione in cui esso deve operare possa realizzarsi sul piano della interpretazione delle norme costituzionali, a prescindere dall’intervento del legislatore. Come si dirà più oltre, la pura e semplice equiparazione delle « imposizione di fatto » alle «imposizioni di diritto» e la conseguente applicazione dell’art. 23 Cost. si rivelano però strumenti inadeguati ai fini di un reale adattamento del sistema al contesto sociale in cui opera (cfr. oltre § 4 e ss.).

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precsiazione di elementi che valgano a limitare i poteri dell’autorità ; lo stesso vale per il d.m. 24 aprile 1964, perchè le sue norme non consentono di stabilire se la determinazione dei costi, da una parte, e dei canoni dall’altra, garanti­ scono l’obbligato. In definitiva, secondo il giudice a q u o , in base all'art. 232 c. post, il Ministro si limita ad approvare le tariffe predisposte dall’ente con­ cessionario.

Contro la tesi dell’illegittimità costituzionale — così conclude l’ordinanza — non si'può opporre che il contratto telefonico ha natura privatistica, con prestazioni liberamente assunte dagli utenti : non vi è libertà nella scelta delle clausole e condizioni, e non pare quindi esatto parlare di contratto privato là

di fondo cui questa ultima tesi si ispira implica, come già si è detto, la limitazione della categoria delle « prestazioni imposte » alle sole ipotesi di esercizio di poteri pubblici, di posizioni di supremazia giuridica­ mente riconosciute. Estendere l’ambito delle « prestazioni imposte » an­ che a rapporti formalmente paritetici significa, in sostanza, ripudiare la tesi per cui la riserva di legge in materia di prestazioni imposte è volta a limitare l’arbitrarietà degli interventi ablatori dello Stato o degli altri enti pubblici sul patrimonio dei privati (15).

citt., alla nt. 2 ivi, cui adde anche Pototschnig, / p u b b l i c i s e r v i z i , Padova, 1964, p. 127 ss. ; per un’ampia bibliografia sull’argomento cfr. anche Longo, S a g g i o c r i t i c o s u l l e f i n a l i t à e s u l V o g g e t t o d c l V a r t . 2 3 d e l l a c o s t i t u z i o n e , Torino, 1968, p. 20, nt. 7 e p a s s i m .

Sul passaggio dall’originaria giustificazione politica, in termini di prin­ cipio di auto-imposizione, della riserva di legge, in materia di tributi alla sua funzione « giuridica » di tutela dell’integrità patrimoniale dei singoli, cfr. Ber- l ir i, A p p u n t i s u l f o n d a m e n t o e d i l c o n t e n u t o d e l l ’ a r t . 2 3 c o s t . , in S t u d i i n o n o r e d i A . D . G i a n n i n i , Milano, 1961, p. 142 ss. Per una energica difesa del valore attuale di quell’originaria giustificazione politica, espressa dal principio di autoimposizione, cfr. Bartitolini, o p . c i t . , pp. 49-106 e p a s s i m . Sembra però che proprio le argomentazioni addotte dal Bartholini dimostrino la sostanziale coincidenza dei presupposti politici ed economici delle due prospettazioni del-