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L ’influenza del diritto francese sulla legislazione del Regno di Napoli fu, per definizione, massima durante il cosiddetto « decennio 26 27 28 29

(26) Bendi e Ord., ibidem, doc. CXIX, VII.

(27) Ibidem, V i l i - Queste « tasse d’imposizione » erano : l’aumento del prezzo del sale, dei tabacchi, della carta bollata ; le contribuzioni sulle pen­ sioni e « provvisioni assegnate a forma dei ruoli » ; l’aumento delle gabelle doganali; la « Tassa > di mercimonio, con la quale erano «imposti... tutti i traffici » ; la Tassa sui generi di lusso, (doc. CXX).

(28) Archivio di Stato fiorentino, Carte Gianni, F. 18, n. 357. V. Dal Pane, La finanza Toscana, eit., p. 231 e s.

I tributi in questione erano la tassa di redenzione, le gabelle doganali, le tasse postali, le tasse sulle pensioni e provvisioni dei ruoli civili e militari, l’aumento dei prezzo del sale, dei tabacchi e della carta bollata, la tassa del provento dei macelli e del Sigillo delle carni, la tassa sul gioco del lotto.

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francese », che va dall’entrata di Giuseppe Bonaparte a Napoli nel 1806 fino al ritorno del re Ferdinando di Borbone nel 1815 (30).

Prima di passare all’esame dei testi legislativi del 1806, occorre un sia pm minimo cenno alla legislazione borbonica preesistente. R i­ portiamo le parole dello storico napoletano (31):

« Erano dazi tra i principali : il testatico, chiamato di once a fuoco, tassato dal fisco per comunità, spartito nelle famiglie per te­ ste ; il solo vivere generava tributo : gli arrendamenti, dazi sopra le materie di consumo, in gran parte venduti, volgendo a. privato gua­ dagno il benefizio che deriva dal cresciuto numero e più largo vivere del popolo: la prediale, nominata decima, fallacemente ripartita su le volontarie rivelazioni de’ possessori, favorendo le terre della Chiesa e lasciando libere le regie e le feudali. Pagavano i baroni le antiche taglie dell’Adoa, del Rilevio, del Cavallo-montato, leggiere e disu­ guali ». La prima legge tributaria di Giuseppe Bonaparte fu quella dell’8 agosto 1806 « con cui si aboliscono tutte le contribuzioni di­ rette, per essere rimpiazzate da una contribuzione fondiaria, a partire dal primo gennaio 1807 » (32).

Come in precedenza notato per il Piemonte e la Toscana, anche nel regno di Napoli la nomenclatura tributaria di quest’epoca consi­ steva soprattutto nei termini « contribuzioni », « tasse », « imposte », ed « imposizioni », senza peraltro assumere alcun significato tecnico particolare. Ciò risulta appieno dalla legge successiva dell’8 novembre 1806, dove si dice : « Colla legge degli 8 Agosto prossimo passato ab­ biamo soppresse ventitré tasse diverse, che si percepivano a titolo di

contribuzioni dirette, una parte delle quali coll’esentare i beni feu­ dali, gravitava maggiormente sopra del popolo. La quota della impo­

sta, che ricadeva sopra di esso, era inegualmente ripartita fra le diverse provincie, ed in ogni provincia inegualmente divisa tra i con­ tribuenti. Il modo di percezione era altrettanto vario, ed ineguale, quanto l’imposizione stessa... » (33). 30 31 32 33

(30) Giuseppe Bonaparte regnò dal 1806 al 1808 ; gli successe Gioacchino Murai dal 1808 al 1815.

L’indagine è stata svolta iniziando da questo periodo, nel quale le isti­ tuzioni rimasero per così dire consolidate, tralasciando gli anni della Repub­ blica Partenopea (1799) e della prima restaurazione borbonica (1799-1806). V. Pietro Colletta, Storia del Reame di Napoli dal 1734 al 1825, Parigi, 1946, I, p. 250 e ss.

(31) P. Colletta, op. cit., II, p. 7.

(32) Collezione degli Editti, Determinazioni, Decreti e Leggi di S. il., Napoli, 1806, p. 281.

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La contribuzione fondiaria assoggettava a tributo le seguenti proprietà : tutte le terre, anche incolte, tutte le case, a qualunque uso adibite, laghi, canali, miniere, tutte le rendite. Erano « eccettuate dalla tassa attuale le strade, le contrade, le piazze pubbliche ed i fiumi » (34). Era prevista anche una « tassa addizionale di cinque grana a ducato » (35).

Particolare curioso, si usa soltanto il termine « tassa », e mai « imposta » o « contribuzione » nella legge « sul diritto del bollo » (36), in base alla quale dovevano essere « marcate con un bollo le carte da impiegarsi per gli atti, convenzioni e scritture tanto pubbliche che private... » (art. 1).

Nel titolo II, « tassa del prezzo della carta bollata », era chiara­ mente stabilita la natura del tributo: «A rt. III. A tenore delle do­ mande dei particolari, lo Stato fa applicare alla loro carta non scritta il bollo, o fornisce loro la sua carta bollata pel solo prezzo del bollo ». «A rt. IV. I prezzi dei bolli, o carte bollate saranno regolati in due maniere. Gli uni saran graduati secondo le dimensioni della carta, qualunque sia la somma o valuta espressa negli a tti: gli altri sa­ ranno graduati secondo le somme soltanto, qualunque siasi le dimen­ sioni della carta ». « Art. V II. La tassa del bollo, o carta bollata in ragione delle somme e valute, è di un carlino ogni dugento ducati inclusivamente, ...a qualunque somma montar possano gli effetti sottoposti a questo bollo graduale » (37).

Seguiva quindi una particolareggiata enumerazione e descrizione dei singoli atti, e dei bolli ad esso applicabili; trattavasi insomma di una vera e propria tassa nel senso moderno della parola: e nella legge del 1807 di essa si parla alternativamente, come di un « diritto » od una « tassa » (38).

La stessa nomenclatura è usata a proposito dei « dritti di regi­ stro, d’inscrizione o di transcrizione ipotecaria, in fine tutti quelli stabiliti dalla legge de’ 3 di gennaio 1809 » (sul notariato) (39). An­ nessa a detta legge era una « tariffa degli onorarj e delle tasse relative al notariato » (40). 34 35 * 37 * * *

(34) Art. 3 legge 8 novembre 1806. (35) Art. 2 legge cit.

iso7 (t6) \ J maggio 1807, in Ballettino delle leggi del Regno di Napoli,

aovm, i, n. 1Z4, p. 15.

(37) l. alt. cit., pp. 20-21.

p- * Titolo IX, DeU’amministrazione della tassa del bollo», m cli- 1809> n - n- 73, D. 6 novembre 1809, n. 508, p. 1051. (IO) Bull, cit., 1809, I, n. 51, p. 163.

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Una terminologia particolarmente varia si riscontra nel D. 29.9. 1809 (41), nel quale si fissava l’importo della contribuzione diretta per il 1810, si diminuiva 1’« imposta fondiaria », si divideva infine la predetta contribuzione in « tassa fondiaria e personale », stabilendo quest’ultima fin nei minimi particolari, con una minuziosa casistica in ventuno articoli, sotto il titolo di « contribuzione personale ». Data l’accuratezza del legislatore, non si può non dedurne l’assoluta pariteticità dei vari termini. Con 1. 27 luglio 1810 veniva abolita la « tassa sull’industria », sostituendola con un « diritto di patente per l’esercizio di commercio, arti e professioni » sul modello di quella francese (42). In essa il termine « tassa » ricorreva solo nell’usuale sinonimo di « tariffa » : la tariffa allegata alla legge, infatti, s’inti­ tolava « tassa del dritto fisso a ragione delle popolazioni » (43).

È decisivo, infine, ai fini del risultato negativo della nostra inda­ gine per quanto riguarda il decennio francese, il decreto 19.12.1811 (44) nel quale si legge : « A datare di questo giorno non sarà stabilita ve­ runa tassa o imposizione diretta straordinaria, sia provinciale, sia comunale, senza che sia stato inteso il nostro Ministro delle Finanze, e con un rapporto scritto abbia fatto conoscere se giudica che questa

tassa possa nuocere alla riscossione delle contribuzioni generali. Per contribuzioni dirette s’intendono quelle che sono imposte su

i beni o sulle persone.

La ripartizione di queste tasse non potrà... essere fatta da altri agenti che da quelli delle contribuzioni dirette... incaricati... della formazione di ruoli ».

Il testo si commenta da sé.

Per un criterio di completezza, facciamo un rapido cenno alle altre leggi tributarie di questo periodo, nelle quali l’uso dei termini «tassa » ed « imposta » potrebbe rivestire un qualche interesse.

D. 22.2.1811 : « Art. 1. La strada rotabile che da Maddaloni con­ duce a Campobasso sarà proseguita. 2. Per supplire alla spesa di que­ st’opera è autorizzata nella provincia di Molise una tassa d’annui 41 42 43 44

(41) Coll., cit., 1809, B. 69, n. 470, p. 863.

(42) Coll., cit., 1810, B. 87, n. 712, p. 72. Circa il tenore della legge, essa prevedeva un diritto fisso ed uno proporzionale, come per il medesimo tributo sardo e per quello toscano : v. retro, pp. 7, 8, 11. In base alla stessa legge, ven­ nero inoltre abolite, con D. 20 dicembre 1810, « tutte le tasse della polizia sulle botteghe e sopra ogni arte e mestiere... soggette al diritto di patente »

(ibidem, B. 95, n. 826, p. 391). (43) Ibidem, p. 85.

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ducati diecimila, da durare per tre anni... » (45). L ’applicazione del tributo non risulta chiara, anche perché lasciata alla discrezionalità dell’Intendente di Finanza, e sottoposta solo ad approvazione regia

(art. 2, 2° c.).

Altra tassa peculiare era la « tassa delle lettere », nella quale era compreso un « diritto di affrancatura », nonché un « diritto di transito » per quelle provenienti da o dirette all’estero (46). Un ultimo accenno, che riguarda le sovrimposte comunali e provinciali.

D. 14.9.1811, art. 11 : « L’imposta per le spese provinciali sulla sola contribuzione fondiaria non potrà eccedere tre centesimi a du­ cato... e... un centesimo addizionale... che verrà addetto unicamente all’estirpazione de’ bruchi » (47). Art. 12 : « Restano aboliti i cente­ simi addizionali per le spese comunali ». Tale tributo era denominato esattamente « sovraimposta » nel successivo D. 24.10.1811 (48). 4. Dalla Restaurazione monarchica agli Stati liberali.