IL CASO FCA-CNHI
3. ATTIVITÀ SVOLTE
Le attività svolte nell’ambito del presente studio si posso sinteticamente riepilogare come segue.
• Esame del processo produttivo:
- forza lavoro impiegata, turnazione, regime di impiego;
- materiali/prodotti in ingresso (semilavorati, componenti) provenienti da società del Gruppo e da società non del Gruppo;
- descrizione dei processi lavorativi;
- prodotti realizzati, ripartiti tra quelli destinati a società del Gruppo e quelli forniti a società non del Gruppo;
- individuazione dei servizi/utilities terziarizzati.
• Esame dei sistemi di gestione (WCM, OHSAS 18001):
- grado di autonomia organizzativa e gestionale del sito produttivo;
- livello di formazione del personale;
- grado di partecipazione e coinvolgimento dei lavoratori;
- indicatori di sistema e loro andamento;
- programmi di audit e esiti degli audit;
- programma di miglioramento.
• Statistiche sulle MP/Infortuni.
Gli impianti presso i quali si sono svolti i sopralluoghi, acquisendo le informazioni utili, sono stati i seguenti:
• AGAP di Grugliasco (TO): produzione di autoveicoli;
• FPT Industrial S.p.A. - Driveline di Torino: produzione di assali di trasmissione e cambi;
• FCA di Pomigliano d’Arco: produzione di autoveicoli per uso civile;
• FPT Industrial S.p.A. di Foggia: produzione di motori per veicoli commerciali;
• ASTRA di Piacenza: produzione di veicoli per uso militare e industriale;
• CASE NY di S. Mauro Torinese: produzione di escavatori per uso civile.
3.1 Classificazione a tariffa delle aziende FCA e CNHI
Tutte le produzioni del Gruppo sono previste in modo esplicito dalla tariffa dei premi, e in particolare nella voce 6411 (che prevede la Costruzione di autoveicoli e di rimorchi e la Costruzione di veicoli speciali) confluisce la gran parte della produzione.
Dall’analisi delle informazioni contenute negli archivi, emerge che le retribuzioni afferenti alla voce 6411 sono di gran lunga superiori a quelle delle altre singole voci, le quali nel loro complesso equivalgono negli importi a quelli versati per la 6411 medesima.
Si noti che le aziende classificate nella voce citata sono quelle nel cui ambito possono veni-re veni-realizzati elementi e particolari costruttivi i quali, se prodotti a sé stanti, da aziende terze, sarebbero suscettibili di classificazione autonoma (come ad esempio nel caso delle
lavora-Reti, sinergie, appropriatezza, innovazione: professioni tecniche verso il futuro della salute e sicurezza sul lavoro
zioni di Fabbricazione di carrozzerie per autoveicoli o di parti di esse o di stampaggio lamiera individuate alle voci 6221 o 6222); vi sono infatti aziende del Gruppo che provve-dono esclusivamente alla produzione di lamierati e che per questo sono correttamente clas-sificate alla voce 6221.
Analogamente per i motori: se sono fabbricati nell’ambito di una società che costruisce vei-coli, la voce 6411 li comprende; se invece i motori sono costruiti da un’azienda che fabbri-ca esclusivamente motori, la voce di riferimento è la 6311 relativa alla produzione di Motori a combustibili.
La ratio di tale approccio è che, ovviamente, una singola fase operativa effettuata per la tota-lità delle ore lavorate ha un rischio diverso rispetto a quello di un ciclo produttivo più com-plesso in cui quella determinata fase è pur presente.
Con tali presupposti appare chiaro il motivo per cui l’Istituto abbia classificato aziende del medesimo Gruppo a voci diverse dalla 6411.
Oltre ai veicoli, il Gruppo produce macchine movimento terra e macchine agricole, tutte rife-ribili alla voce di tariffa 6321; in tale ambito rientra anche la produzione di macchine ope-ratrici destinate al montaggio automatizzato dei mezzi. Questa produzione è destinata, oltre che alle aziende del Gruppo, anche ad aziende terze operanti nei medesimi settori.
A latere vi sono le produzioni di componentistica e di semilavorati che sono destinate anche ad aziende estranee al Gruppo.
Ulteriore aspetto di rilievo è quello che vede, nell’ambito di una singola lavorazione, una significativa maggior produzione di alcuni elementi destinati a terzi, come nel caso di alcu-ni motori prodotti nell’ambito della costruzione di autovetture.
Si tratta di una casistica non residuale, presente anche in altre fattispecie produttive, ed oggetto di conflittualità: si tratta del cosiddetto “surplus di produzione”. In tal caso, ad esem-pio, la classificazione dei motori è in parte ascritta alla voce 6411, mentre solo la parte ecce-dente destinata a terzi assume autonomia classificativa, con voce e tasso specifici.
Tale soluzione, seppure pienamente in linea con la tariffa vigente, può apparire di difficile comprensione per chi non conosca i meccanismi di classificazione tariffaria.
3.2 I processi di produzione
Dall’esame svolto sul campo dei cicli produttivi negli impianti esaminati, emerge che l’e-sperienza del gruppo FCA/CNHI rappresenta uno spaccato dell’odierno mondo produttivo, un esempio di modernizzazione e quindi una sfida alla capacità dell’Inail di far fronte a tali cambiamenti sia dal punto di vista dell’inquadramento classificativo che del riconoscimento della capacità di rendere più salubri e sicuri i luoghi di lavoro.
Gli esiti dello studio hanno evidenziato come il Gruppo abbia nell’ultimo decennio avviato una profonda ristrutturazione che, oltre a rilanciare le attività dal punto di vista commercia-le, ha creato una modalità di gestione dei luoghi di lavoro decisamente differente e innova-tiva rispetto al quadro tradizionalmente inteso dell’industria metalmeccanica.
L’esperienza di FCA/CHNI pare dimostrare come sia possibile coniugare le esigenze della produzione con quelle della prevenzione nei luoghi di lavoro.
L’adozione di sistemi di lavoro tarati sulle specificità aziendali minimizza le diseconomie, gli scarti di produzione, le difettosità e, al tempo stesso, consente ai lavoratori di operare in condizioni migliori dal punto di vista della salute e sicurezza con particolare riguardo all’i-giene del lavoro. Gli accorgimenti adottati per migliorare l’ergonomia sono numerosi e costi-tuiscono il risultato di uno studio dedicato e volto a rendere riproducibile, in maniera siste-mica, il modo di operare in tutti i siti del Gruppo.
Un tale modo di lavorare si colloca tra le più significative esperienze aziendali non solo a livello italiano ma anche, realisticamente, anche a livello internazionale.
3.3 La gestione della sicurezza secondo il WCM
Il WCM consiste in un sistema per la gestione integrata di tutti gli aspetti produttivi basato sul miglioramento dell’efficienza, ed è una metodologia produttiva che ha trovato ampia dif-fusione ed applicazione nel Gruppo.
Tale metodologia, con grande espansione e radicamento nel mondo produttivo americano soprattutto dell’automotive ma di derivazione giapponese, si fonda sull’applicazione dei principi di moderne tecniche gestionali quali il Total productive maintenance (TPM), il Lean manufacturing (LM), il Total quality control (TQC), il Total industrial engineering (TIE) e il Just in time (JIT); tali principi sono dal WCM integrati con lo sviluppo della sicurezza, del-l’ambiente, delle risorse umane e del customer care, mantenendo alla base dell’individua-zione delle strategie e delle soluzioni operative applicate il principio del People develop-ment, che orienta le scelte sulla crescita delle competenze delle risorse, e il principio del Cost deployment, cioè l’incidenza economica della soluzione stessa.
Il WCM si contraddistingue per l’approccio tecnico-operativo finalizzato alla ridetermina-zione dei volumi di produridetermina-zione, alla riduridetermina-zione/eliminaridetermina-zione di sprechi/ineffi-cienze/scarti/rilavorazioni, alla riprogettazione e realizzazione dei prodotti, e più in genera-le al miglioramento dei processi; per altro verso, si qualifica per l’approccio organizzativo-gestionale volto alla ottimizzazione delle risorse interne. In buona sostanza tutto deve con-correre, nel lungo termine, a trasformare l’impresa nel miglior produttore a livello mondia-le (World class) in almeno un aspetto importante della produzione.
L’adozione del WCM comporta un notevole accorciamento delle gerarchie interne all’a-zienda, con la valorizzazione dell’esperienza e delle competenze dei singoli, affidando ai team leader responsabilità e centralità molto lontane dal modello fordiano di costruzione dell’automobile, che invece considerava l’uomo quasi come l’ingranaggio di una catena di montaggio.
In un tale contesto, un’azienda che miri al coinvolgimento e alla partecipazione attiva dei pro-pri lavoratori per aumentare produttività, competitività e posizionamento sul mercato, è natu-ralmente portata a offrire e garantire loro le più alte forme di tutela, sia in termini di standard e requisiti di sicurezza, sia in termini di prevenzione da infortuni e malattie professionali.
Ne consegue, in una impostazione globalmente orientata ad abbracciare ogni singolo aspet-to che possa concorrere ad aumentare la qualità aspet-totale, che il primo e più rilevante asset è quello relativo alla salute e sicurezza sul lavoro; tale aspetto, secondo l’approccio WCM, è riconducibile al cosiddetto Pillar safety, e cioè a uno dei dieci pilastri tecnici (ve ne sono altri dieci di natura manageriale) su cui si articola l’intero stesso WCM.
4. CONCLUSIONI
In base alle attività svolte, emerge un’azione aziendale orientata al miglioramento continuo, alla sistematica rilevazione e gestione degli aspetti da perfezionare sia dal punto di vista della salute e sicurezza che della qualità dei prodotti e, in generale, di tutti gli altri pilastri del WCM. Il management e il personale effettivamente percepiscono il punteggio WCM asse-gnato allo stabilimento come un elemento fondamentale per la solidità dell’azienda e come riscontro della qualità del proprio lavoro.
Reti, sinergie, appropriatezza, innovazione: professioni tecniche verso il futuro della salute e sicurezza sul lavoro
Un siffatto livello di impegno, gli investimenti effettuati ed i risultati ottenuti si collocano oggettivamente ben al di sopra della media del mondo industriale, ed è sicuramente corretto che le modalità di calcolo del premio assicurativo diano il giusto riscontro a tutte quelle real-tà produttive che tanto si impegnano sul tema della prevenzione e in cui salute e sicurezza diventano parte essenziale ed elemento integrato del ciclo produttivo.
Le attività realizzate con questo studio forniranno un utile contributo per la messa a punto di nuove soluzioni assicurative e classificative che potranno premiare, anche con benefici eco-nomici, tutte quelle aziende che investono tanta parte delle loro energie nel conseguimento di elevati standard di salute e sicurezza sul lavoro.
RIASSUNTO
Quella del Responsabile del rischio amianto (RRA) è una figura i cui delicati compiti hanno assunto negli anni sempre maggiore importanza. Fin dal 1994 grava, infatti, sui gestori degli immobili in cui viene rinvenuto amianto l’obbligo di nominare questa figura, con compiti di coordinamento delle attività manutentive che riguardano il materiale cancerogeno individuato.
Nel novero dei patrimoni immobiliari storici italiani, molti edifici sono state realizzati in periodi in cui l’amianto era ampiamente utilizzato in edilizia: non è pertanto inusuale rinve-nire detti materiali in occasione di ristrutturazioni o indagini mirate. In questi casi l’Inail assiste il gestore, per mezzo dei professionisti della Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione (Contarp), provvedendo a dare attuazione ai disposti del complicato quadro normativo che regola la materia.
Nello studio sono passati in rassegna compiti e attribuzioni del RRA. Ci si sofferma su cri-ticità e sul campo di azione di tale compito riferendosi a situazioni gestite nelle sedi Inail interessate. Sono illustrati i dati di sintesi relativi agli immobili gestiti e all’attività messa in atto dal momento iniziale dei censimenti fino alle fasi finali di bonifica che hanno interessa-to alcuni degli immobili.
La disamina è occasione per una riflessione in merito ad alcune criticità che potrebbero esse-re sanate con un auspicabile testo normativo che unifichi e esse-renda più attuale le norme appli-cabili a un pericoloso fattore di rischio quale l’amianto.
1. INTRODUZIONE
Salvo rari casi, una volta che in un edificio vengono individuati materiali contenenti amian-to (MCA) non scatta auamian-tomaticamente un obbligo di bonifica in capo al proprietario/gesamian-to- proprietario/gesto-re. Nella quasi totalità dei casi si tratta di gestire il rischio legato alla presenza dei materiali con una serie di attività di controllo e prevenzione delle quali la bonifica, totale o parziale, può essere solo una delle fasi.
Tra queste misure la prima è quella della nomina del cosiddetto RRA, il responsabile per la gestione dei MCA, figura disciplinata dal punto 4 del d.m. 6/9/94. Il proprietario dell’edifi-cio e/o il responsabile delle attività che si svolgono, una volta nominata questa figura, dovrà dare evidenza di aver provveduto, per sua mano, a:
• redigere un piano di controllo e manutenzione per tutte le attività che potenzialmente potessero coinvolgere i MCA;