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L’attuazione degli impegni OSCE in materia di tratta di esseri uman

La lotta alla tratta di esseri umani può certamente essere considerata una priorità dell’OSCE: già all’esito della riunione del 1991 a Mosca della Conferenza sulla dimensione umana della CSCE, infatti, si sottolineò la necessità di contra- stare “tutte le forme di tratta delle donne e di sfruttamento della prostituzione” – riferimento ampliato, nella riunione di Istanbul del 1999, a “tutte le forme di tratta di esseri umani”. Hanno quindi fatto seguito una serie di impegni politici che hanno significativamente contribuito allo sviluppo di un approccio human

rights-based e victim-centred al tema della tratta: tra i principali strumenti in que-

sto senso figurano il Piano d’azione dell’OSCE per la lotta alla tratta di esseri umani del 2003; un Addendum del 2005 dedicato alle esigenze specifiche di tute- la e assistenza dei minori vittime di tratta; e, nel 2013, l’“Addendum al Piano di azione dell’OSCE per la lotta alla tratta di esseri umani: un decennio dopo”, che ha aggiunto, alle “3P” degli strumenti precedenti (azione penale, prevenzione e protezione delle vittime), la quarta “P” di partnership, a sottolineare l’importanza di cooperare con altri attori per combattere il fenomeno della tratta. Completa il quadro del sistema OSCE di contrasto alla tratta la figura del Rappresentante speciale e Coordinatore per la lotta alla tratta di esseri umani, istituito nel 2003 e in via permanente dal 2006 con il precipuo compito di promuovere l’attuazione degli impegni anti-tratta da parte degli Stati partecipanti, prestando assistenza ove richiesta, nonché di coordinare gli sforzi dell’OSCE nel contrasto alla tratta.

Gli impegni OSCE non esauriscono il quadro delle norme e degli standard internazionali applicabili nel nostro Paese. L’Italia ha infatti ratificato la Con- venzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale e i suoi due Protocolli, nonché tutti i c.d. core treaties delle Nazioni Unite in ma- teria di diritti umani e numerose convenzioni dell’Organizzazione interazionale del lavoro riguardanti il lavoro forzato. A livello regionale, l’Italia è anzitutto parte della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che proibisce la riduzione in schiavitù e il lavoro forzato; sempre nell’ambito del Consiglio d’Europa, il nostro Paese ha ratificato la Convenzione europea per la prevenzione della tor- tura e delle pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti e la Convenzione sulla lotta contro la tratta degli esseri umani. Infine, in Italia sono state trasposte

diverse direttive UE che si occupano più o meno direttamente di tratta, la più ri- levante delle quali è la Direttiva 2011/36 concernente la prevenzione e la repres- sione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime.

Per concentrarsi sugli impegni contratti dal nostro Paese in ambito OSCE, tra i principali rientra l’istituzione di un Meccanismo nazionale di referral, inteso come meccanismo di cooperazione attraverso il quale lo Stato assicura la tutela delle vittime di tratta, in coordinamento con gli sforzi della società civile. Il Pia- no nazionale d’azione contro la tratta per il periodo 2016-2018 ha per la prima volta introdotto in Italia un Meccanismo nazionale di referral completo, istituen- do una Cabina di Regia nell’ambito del Dipartimento per le Pari Opportunità, composta da membri di pubbliche autorità centrali, regionali e locali. Inoltre, sono costituiti all’interno del Meccanismo dei “gruppi di lavoro” alle cui attività prendono parte anche rappresentanti delle ONG e della società civile. È altresì da segnalare, come ulteriore strumento per far emergere il fenomeno ed entrare in contatto con le vittime di tratta, il numero verde Antitratta (800 290 290), attivo su tutto il territorio nazionale 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 e gestito da ope- ratori che parlano diverse lingue.

In materia di protezione e assistenza assicurate alle vittime di tratta, l’art. 18 del Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 è riconosciuto a livello interna- zionale come un modello per la protezione delle vittime, prevedendo la conces- sione di uno speciale permesso di soggiorno in favore della vittima non solo nel caso in cui questa intenda cooperare con le autorità per l’esercizio dell’azione penale nei confronti dei trafficanti, ma anche nell’ipotesi in cui la vittima si trovi in una situazione di pericolo. Nonostante l’ampia portata dell’art. 18, la Rappre- sentante speciale OSCE ha raccolto le critiche della società civile relative al limi- tato numero di permessi di soggiorno rilasciati a prescindere dalla cooperazione con le autorità, così che di fatto il rilascio del permesso appare condizionato a tale cooperazione. Rimane che il quadro normativo italiano in materia ha con- sentito l’identificazione, e liberazione da condizioni di grave sfruttamento, di più di 25.000 persone dal 2000.

Per quanto riguarda, nello specifico, l’identificazione e protezione dei minori vittime di tratta, cui presta speciale attenzione l’Addendum del 2005 al Piano d’azione dell’OSCE, l’Italia ha di recente compiuto significativi progressi. Dopo la creazione nel 2011 dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, le novità più rilevanti sono state introdotte dalla Legge 7 aprile 2017, n. 47, che vieta il rimpatrio dei minori non accompagnati salvo in casi eccezionali, prevede degli appositi programmi di assistenza in loro favore e istituisce la figura del tutor volontario per sostenere i minori nel loro processo di integrazione. Tuttavia, nella pratica, per ragioni di sovraffollamento dei centri che dovrebbero ospitarli, acca- de che i minori non accompagnati rimangano negli hotspot più a lungo del con- sentito; inoltre, un numero consistente di minori non accompagnati abbandona le strutture di accoglienza, divenendo facile preda di trafficanti e sfruttatori.

Dal punto di vista dell’azione repressiva, una serie di misure legislative succedutesi tra il 2003 e il 2018 hanno inciso ripetutamente sul Codice penale, che ora presenta un apparato compiuto di norme incriminatrici per il contrasto alla tratta di esseri umani (artt. da 600 a 602 in particolare).

Ulteriori raccomandazioni sono state emanate dall’OSCE riguardo al rim- patrio dei migranti irregolari vittime di tratta nei loro Paesi d’origine. Secondo il Piano d’azione OSCE del 2003, il rimpatrio dovrebbe preferibilmente avvenire su base volontaria e il due process dovrebbe essere garantito nel corso di tutte le procedure rilevanti, insieme a un approccio umano. In materia, diversi or- ganismi internazionali di monitoraggio hanno tuttavia espresso preoccupazione per il mancato rispetto di diritti umani basilari nelle procedure di rimpatrio; la creazione del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà per- sonale dovrebbe assicurare una maggiore e continuativa verifica delle condizioni in cui si svolgono i rimpatri.

Dal punto di vista della raccolta di dati e della predisposizione di stati- stiche sul fenomeno della tratta e sul suo contrasto, anch’esse raccomandate dall’OSCE, la banca dati più completa è mantenuta dal Dipartimento per le Pa- ri Opportunità e riguarda la patecipazione a progetti di protezione e assistenza delle vittime. Altre banche dati, relative alla repressione del fenomeno della trat- ta, sono gestite dalla Direzione nazionale antimafia, dal Ministero della Giustizia e dal Ministero dell’Interno. Rimane che i dati così raccolti non sono tra loro comparabili né disaggregati.

Tema trascurato fino a tempi recenti è quello dei proventi derivanti dalla tratta di esseri umani, spesso non sequestrati e confiscati per la mancanza di cooperazione tra le autorità impegnate nel contrasto alla tratta e le autorità anti-riciclaggio. In proposito, l’Addendum del 2013 raccomanda il ricorso a indagini finanziarie connesse ai reati di tratta e la predisposizione di attività di capacity-building delle autorità competenti, nonché il rafforzamento delle misure di tracciamento, sequestro e confisca dei proventi della tratta. Mentre passi avanti sono stati compiuti nel 2017 grazie a una riforma della disciplina dell’anti-riciclaggio, essendo la riforma soprattutto volta a contrastare il terro- rismo rimangono dei problemi nell’applicazione della disciplina al contrasto alla tratta.

Da sempre invece l’OSCE pone l’accento sull’importanza di formare la po- lizia di frontiera, le forze dell’ordine, giudici e pubblici ministeri, e funzionari che si occupano di immigrazione su tutti gli aspetti della tratta di esseri umani, in collaborazione con le ONG attive nel settore. Se è vero che in Italia tanto le autorità centrali e locali quanto le ONG e altri attori privati hanno condotto attività di formazione in favore di diverse categorie di professionisti rilevanti, l’adozione del Piano d’azione nazionale e l’istituzione della Cabina di Regia do- vrebbero consentire di procedere alla creazione di una banca dati centralizzata relativa alle attività di formazione.

Infine, meritano considerazione gli impegni OSCE nell’ambito della tratta di persone a fini di sfruttamento lavorativo, che comprendono procedure ido- nee a consentire la denuncia di situazioni di sfruttamento da parte delle vittime e la cooperazione con le ONG e la società civile. Sotto quest’ultimo aspetto, la Rappresentante speciale OSCE ha invitato il Governo italiano a rafforzare il coinvolgimento di attori quali sindacati, patronati e associazioni di migranti nelle attività di prevenzione, assistenza e sensibilizzazione. Dal punto di vista legisla- tivo, invece, l’art. 603-bis del Codice penale (“intermediazione illecita e sfrut- tamento del lavoro”), introdotto nel 2011 e modificato nel 2016, punisce chi recluta o impiega manodopera in condizioni di sfruttamento approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori; la norma contiene altresì una lista di “indici” di sfruttamento. Ulteriori misure di contrasto al caporalato e al grave sfruttamento sono state introdotte dal Decreto legislativo 16 luglio 2012, n. 109, che ha tra l’altro previsto il rilascio di un permesso di soggiorno per ragioni umanitarie agli stranieri vittime di grave sfruttamento che denuncino i loro datori di lavoro e cooperino con le autorità. Da segnalare altresì la creazione, nel 2014, della “Rete del lavoro agricolo di qualità”, che consente alle imprese agricole che rispettino i diritti dei lavoratori di ottenere il “bollino etico”, così rendendo nota ai consu- matori la loro condotta etica; spazi di miglioramento tuttavia esistono rispetto alla diffusione ed efficacia di tali misure.

In definitiva, l’Italia presenta un quadro legislativo e istituzionale confor- me agli impegni assunti in sede internazionale, e in particolare in ambito OSCE, in materia di contrasto alla tratta di esseri umani. L’Italia è da tempo in prima linea nella protezione delle vittime, in particolare grazie all’art. 18 del Decre- to legislativo 286/1998. Tale impegno è continuato attraverso numerose modifi- che al Codice penale e altre misure legislative, anche in materia di capolarato e sfruttamento lavorativo. A complemento dell’azione pubblica, in Italia numerose ONG e associazioni sono impegnate nell’assistenza alle vittime di tratta. D’altra parte, il recente incremento dei flussi migratori verso il nostro Paese ha compli- cato la tempestiva identificazione delle vittime di tratta e l’accesso ai programmi di protezione e assistenza; rimane però importante garantire che le norme previ- ste dall’ordinamento per il contrasto alla tratta e la protezione delle vittime siano effettivamente attuate.

L’attuazione degli impegni OSCE in materia di lotta alla violenza