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Area tradizionalmente prioritaria per la nostra politica estera, il Mediter- raneo è stato centrale nell’azione dell’Italia anche nel contesto OSCE, articolata quale Presidenza del Gruppo di contatto mediterraneo, nel 2017, e in rappre- sentanza dell’intera Organizzazione, nel 2018. Per quanto riguarda il 2017, ci soffermiamo in particolare su di un progetto e, naturalmente, sulla Conferenza mediterranea di Palermo.

È pratica usuale che le delegazioni di Paesi OSCE diano l’impulso al Segretariato per la costruzione di particolari progetti o iniziative, in aree, solitamente, dove tali delegazioni hanno marcati interessi, nonché la possibilità di contribuire con finanziamenti ulteriori rispetto al budget dell’OSCE. L’Italia ha scelto di promuovere ogni tematica affrontata nell’ambito della Presidenza del Gruppo di contatto mediterraneo mediante la realizzazione di iniziative con- crete a beneficio dei Partner mediterranei (sulla lotta al traffico dei beni cultura- li, sulla promozione dell’uguaglianza di genere, sulla sicurezza cibernetica, sulla promozione dell’imprenditoria giovanile).

Uno dei principali progetti che ha marcato l’anno di Presidenza italiana del Gruppo di contatto mediterraneo è stato il premio GEMS, tramite il qua- le sei giovani imprenditori dei Paesi del partenariato mediterraneo dell’OSCE hanno potuto finanziare innovative iniziative d’impresa, con l’obiettivo di mi- gliorare la protezione dell’ambiente e generare ripercussioni positive sul tessu- to sociale. I sei vincitori, tra cui quattro donne, sono stati selezionati tramite un rigoroso processo, che ha visto eccezionalmente coinvolti oltre 240 candi- dati, tra cui 70 donne. Tutti e sei – Leila Rima Boussada (Algeria), Yara Yassin (Egitto), Yakir Tadmor (Israele), Lina Al-Kurdi (Giordania) e Othmane Benhli- me (Marocco) – prendendo la parola per presentare brevemente il loro progetto dinanzi alle delegazioni OSCE, hanno ringraziato l’Italia per l’opportunità e le possibilità che questo premio permetterà loro di raggiungere. I premi in denaro potevano essere impiegati per favorire l’adozione di nuove tecnologie, processi o metodi di produzione capaci di creare e sviluppare aziende sostenibili da un punto di vista sociale ed ambientale.

La Conferenza mediterranea è tradizionalmente l’evento culmine di ogni Presidenza del Gruppo di contatto mediterraneo. Sotto egida italiana, il tema della Conferenza non poteva che riguardare l’urgente questione delle sfide, ma

anche delle opportunità, legate ai flussi migratori nel Mediterraneo. Partecipata da ben 55 delegazioni, di cui 32 rappresentate a livello politico (14 Ministri, 12 Vice Ministri e 2 Sottosegretari), di altrettanti Paesi OSCE, la Conferenza medi- terranea di Palermo è passata alla storia come la “Ministeriale Mediterranea” e si è contraddistinta appunto per l’alto livello delle discussioni e per l’atmosfera cordiale e costruttiva – purtroppo rara in ambito OSCE per via dei molteplici conflitti che coinvolgono molti Paesi della membership. Un’atmosfera non a caso ribattezzata dai presenti “spirito di Palermo”, che ha generato – in un momento di forte crisi migratoria – un dibattito politico ai massimi livelli, attento alle reali necessità dei Paesi di origine, transito e destinazione dei flussi di migranti e rifu- giati. Tra le tematiche toccate nelle varie sessioni, il contrasto al traffico di stu- pefacenti, alla criminalità organizzata, al terrorismo, alla tratta di esseri umani, nonché le sfide dell’integrazione, il potenziale economico dei migranti e la lotta contro intolleranza e discriminazione.

Mantenere vivo lo “spirito di Palermo” è stata una sfida che abbiamo poi portato avanti come Presidenza dell’OSCE, declinandola in due aspetti: primo, evidenziare gli aspetti legati al Mediterraneo nell’interezza dell’azione dell’Orga- nizzazione, anche e soprattutto al di là dei lavori del Gruppo di contatto, facen- done una sorta di mainstreaming; e secondo, continuare a creare spazi per rilan- ciare possibilità di un dialogo realmente costruttivo, ad esempio promuovendo momenti conviviali e informali per discutere di temi sui quali le posizioni dei Paesi OSCE sono oramai irrigidite. Con l’ambizione di centrare entrambi que- sti obiettivi abbiamo quindi preparato un piano di lavoro quanto più possibile inclusivo dei sei Paesi partner mediterranei dell’OSCE, coinvolgendo relatori della sponda sud in conferenze ed eventi su temi non specifici della medesima, dando ad esempio risalto all’esperienza del Network delle donne mediatrici del Mediterraneo, iniziativa promossa e finanziata dalla Farnesina e attuata in coo- perazione con l’Istituto Affari Internazionali, con una straordinaria testimonian- za dell’Ambasciatrice egiziana Soad Shalaby nel corso del seminario annuale de- dicato al ciclo dei conflitti. Tale approccio inclusivo è forse stato ancora meglio esplicitato dall’invito esteso per la prima volta alle delegazioni dei Paesi partner a partecipare alle riunioni tematiche del Comitato Preparatorio OSCE, come quella sulle migrazioni, alle quali normalmente non possono prendere parte. Inoltre, abbiamo incoraggiato la partecipazione attiva dei Paesi partner medi- terranei al Consiglio Permanente OSCE, sede dove, purtroppo, raramente tali delegazioni prendono la parola.

Aprendo una parentesi, la questione della partecipazione delle delegazioni di tutti i Paesi partner OSCE, ma in particolare dei mediterranei, merita una menzione. Prendere parte attiva alla vita viennese dell’OSCE richiede una co- spicua disponibilità di risorse da parte delle delegazioni, visto l’alto numero di riunioni – che hanno luogo spesso anche contemporaneamente – da preparare e seguire. Per le delegazioni dei Paesi partecipanti più piccole, che spesso devono

curare a Vienna anche il dossier ONU e quello bilaterale, può risultare spesso impossibile partecipare pienamente ai lavori dell’OSCE: va da sé che ciò sia an- cora più vero per le delegazioni dei Paesi partner dell’OSCE. Su questo pesa poi la questione della partecipazione a livello politico dei Partner, i cui Ministri degli Esteri non sono sempre presenti ai Consigli Ministeriali. Se da un lato la parte- cipazione politica ad alto livello alle Ministeriali OSCE è fortemente disincenti- vata dalle procedure dell’Organizzazione – i Ministri dei Paesi partner prendono infatti la parola per ultimi, cosa che in un incontro su due giorni si traduce nella quasi matematica certezza di parlare il secondo giorno, e davanti ad una platea composta quasi solo da ambasciatori, dopo la partenza della maggior parte dei Ministri intervenuti nel corso della prima giornata – dall’altra purtroppo per- mane un certo disinteresse a livello politico alla partecipazione anche a consessi come la Conferenza mediterranea, dove invece i Ministri della sponda sud hanno l’opportunità di intervenire in apertura. Per cercare di agevolare la partecipazio- ne attiva delle delegazioni dei Partner, l’Italia ed una pattuglia di una quindicina di Paesi stanno conducendo un paziente lavoro di sensibilizzazione, per cerca- re di costruire l’indispensabile consenso per modificare le regole procedurali e garantire ai Ministri dei Paesi partner uguale status al Consiglio Ministeriale, lavoro che tuttavia richiederà ancora tempo, sia per la riluttanza di alcuni Paesi OSCE, sia per la mancanza di un lobbying attivo ed incisivo da parte degli stessi Partner.

Arriviamo quindi al momento culmine della Presidenza italiana: alla Mi- nisteriale il nostro approccio è stato in linea con quello tenuto durante l’anno, ovvero, l’Italia ha da un lato proposto una bozza di dichiarazione ministeriale avente come tema il Mediterraneo, mentre dall’altro le questioni legate al Mare

nostrum sono state incluse, laddove pertinenti, in molteplici altri testi. Preparata

congiuntamente con il Segretariato, la bozza iniziale di Dichiarazione sulla di- mensione mediterranea dell’OSCE, prendendo le mosse dall’Atto finale di Hel- sinki, proponeva sia l’ambizione di lavorare per un approccio più strategico alla partnership mediterranea, sia una veduta d’insieme dei temi sui quali l’OSCE può fornire valore aggiunto alla cooperazione e alla sicurezza nel Mediterraneo, declinati nelle tradizionali tre dimensioni.

Le prime sessioni negoziali hanno fatto registrare inizialmente un buon re- cepimento della bozza da parte delle delegazioni dei 57, fatto salvo, paradossal- mente, per il titolo, ovvero quella menzione della “dimensione mediterranea”, che pur presente in un precedente testo ministeriale, creava adesso in alcuni col- leghi dubbi su possibili equiparazioni con le canoniche tre dimensioni OSCE. Ovviamente questa non era questione da poco, se non altro perché i titoli delle bozze di testi ministeriali erano stati discussi e approvati, per quanto informal- mente, nel corso di una riunione a livello di direttori politici dei Ministeri degli Esteri dei 57. La nostra strategia, consci di avere davanti uno scoglio difficilmen- te sormontabile, è stata quella di non affrontare direttamente la questione del

titolo nel corso delle prime sessioni del negoziato, e di evitare di fare concessioni sull’espressione “dimensione mediterranea” (importante non solo per noi, ma per molti dei Paesi mediterranei dell’OSCE) prima della fase finale. Come spes- so accade in ambito OSCE, il negoziato è entrato nel vivo solo una volta giunti a Milano, momento dove le delegazioni hanno iniziato anche a considerare co- me un unico negoziato l’intero pacchetto di bozze di decisioni e dichiarazioni proposte, nella logica spicciola del “nothing is agreed until everything is agreed”. Tale influenza reciproca dei vari tavoli è andata aumentando, complice anche il progressivo emergere della mancanza di consenso a 57 sulla bozza di Dichiara- zione politica, tradizionalmente il testo più delicato di ogni Presidenza, sul quale però non si trova consenso da ben sedici anni: col passare dei giorni (e delle lunghe nottate) la Dichiarazione sul Mediterraneo andava acquisendo rilevanza e una valenza squisitamente politica.

Diversi sono stati i punti difficoltosi e le criticità emerse durante il nego- ziato. Alcune delegazioni hanno colto l’opportunità di una discussione a 57 per reiterare ben note posizioni su elementi conflittuali e per avanzare proposte di linguaggio chiaramente inaccettabili per altre delegazioni. Tale sfortunata abi- tudine è una delle ragioni che tengono bloccata l’Organizzazione, che troppo spesso viene abusata per continuare su di un “campo di battaglia” multilaterale quei conflitti protratti che potrebbero invece essere perlomeno discussi, se non sbloccati, tramite un responsabile dialogo. Forse il migliore esempio di questa dinamica è stato dato dall’Armenia, che ha tenuto una posizione isolata, gio- cando il ruolo di spoiler nella maggior parte dei negoziati a Milano e tentando di introdurre nella Dichiarazione mediterranea un riferimento alla necessità di proteggere i monumenti religiosi appartenenti a comunità estinte, un linguag- gio estrapolato fuori contesto dal Documento conclusivo del Simposio CSCE di Cracovia 1991, oltre ad un tentativo già condotto e respinto nel parallelo ne- goziato sulla Decisione sul contrasto al traffico di beni culturali. Nonostante gli argomenti portati da varie delegazioni contro tale inserimento da archeologia diplomatica e nonostante le nostre offerte per un linguaggio compromissorio più moderato, solamente un’azione diplomatica di più ampio respiro, riguardante l’interezza dell’approccio armeno ai negoziati a Milano e ad un livello più alto, ha potuto sbloccare tale impasse.

Tuttavia, tra le molte criticità emerse, sicuramente l’ostacolo principale al raggiungimento del consenso a 57 è stata l’opposizione francese alla menzione esplicita nel testo del contrasto alla discriminazione contro l’Islam, Cristianesi- mo e Ebraismo, vista da Parigi come un implicito accoglimento dei tradizionali desiderata russi, risalenti al Consiglio Ministeriale di Basilea. A complicare la questione e a limitare i nostri margini negoziali è stata l’iniziale reazione russa al- la rigidità francese, palesatasi la sera di mercoledì 5 dicembre: la mattina succes- siva, infatti, il Ministro russo Lavrov nel suo intervento in plenaria ha espresso il suo supporto per la bozza di Dichiarazione mediterranea, ma ha altresì sottoline-

ato nella frase successiva l’importanza di adottare un testo in difesa di cristiani e mussulmani. Le posizioni francesi e russe, quindi, ci apparivano blindate e in- conciliabili. Ne è seguito un paziente lavoro con tali due delegazioni, per esplo- rarne i margini di flessibilità. Complice probabilmente anche l’assenza di una rappresentanza a livello politico della Francia presso la Ministeriale di Milano – segno forse di un certo disengagement francese dall’OSCE – non è stato possi- bile pervenire ad un compromesso con la delegazione francese, su di un ostaco- lo che, di fatto, rischiava palesemente di affondare il progetto di dichiarazione. Il negoziato si è quindi spostato sull’asse russo, grazie ad un’apertura ottenuta tramite un intervento a livello politico. Nel corso di lunghe e talvolta estenuanti sessioni, e fino a notte fonda, abbiamo vagliato con le controparti ogni singo- la parola nel testo, dovendo poi operare alcune importanti concessioni rispetto alla nostra proposta, per poter ottenere sia il consenso da parte della Russia, sia quello da parte degli altri 55 Paesi. Grazie all’approccio costruttivo di molte delegazioni, al supporto essenziale in prima persona di molti Ambasciatori – su tutti Cipro, Malta, Portogallo – ed al gioco di squadra a tutti i livelli della Farne- sina, è stato finalmente possibile pervenire ad un compromesso, che manteneva integro il nostro approccio ambizioso all’azione OSCE nel Mediterraneo, pur facendo importanti concessioni, in particolare proprio su quella menzione della “dimensione mediterranea”, carta preziosa da noi tenuta in serbo fino all’ulti- mo. Un compromesso delicatissimo e millimetrico, riassunto perfettamente nel commento frizzante di un collega negoziatore: “Se sposti quella virgola, allora ti tolgo questo paragrafo”.

Da non sottovalutare l’effetto della caparbietà con cui l’Ambasciatore Az- zoni ha convinto il Ministro Moavero a lasciargli la presidenza della parte con- clusiva del Consiglio Ministeriale dopo la partenza dello stesso Ministro, con- travvenendo ad ogni prassi e giocandosi una scommessa personale. “Ministro, se mi dà tre ore in più, io questa Decisione la porto a casa”. Così avvenne.

L’adozione del testo è stata accolta con un’ovazione da parte delle 57 dele- gazioni, e giustamente: introduce infatti molti elementi nuovi in ambito OSCE, come l’attenzione ai diritti umani nella sponda sud, al ruolo dei giovani, agli sfor- zi collettivi nella lotta contro tutti i traffici, alle sfide delle migrazioni. Un vero e proprio volano insomma, che contiene oltre agli elementi programmatici anche l’impegno per il rilancio degli strumenti pratici OSCE per concretizzare tali pro- positi. Il valore delle decisioni ed in particolare delle dichiarazioni raggiunte ai vari Consigli Ministeriali OSCE è prettamente politico, mai giuridico. Nel caso della Dichiarazione sulla sicurezza e la cooperazione nel Mediterraneo questo è ancora più vero: se da un lato i nostri sforzi hanno potuto cristallizzare il suppor- to politico per un rinnovato focus mediterraneo dell’azione dell’OSCE, dall’altro solamente l’impegno dell’OSCE e delle 57 delegazioni, nonché dei Paesi partner del Mediterraneo, potranno determinare un’azione incisiva dell’Organizzazione, per affrontare le sfide e cogliere le opportunità del Mare nostrum.