• Non ci sono risultati.

L’attuazione degli impegni OSCE in materia di lotta alla violenza contro le donne

La violenza contro le donne, intesa come violazione dei loro diritti e forma di discriminazione comprendente ogni atto che causa o è suscettibile di causare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica3, è pro-

blema endemico in Italia come nel resto d’Europa. L’OSCE considera di con- seguenza la prevenzione della persecuzione, della violenza e dello sfruttamento basati sul genere un’area prioritaria dei propri impegni relativi alle minacce alla sicurezza umana; ciò che emerge chiaramente dai numerosi strumenti OSCE de- dicati al tema. Tra essi spiccano il Piano d’azione dell’OSCE per la promozione dell’uguaglianza di genere, adottato al Consiglio Ministeriale di Sofia del 2004; la Decisione Ministeriale sulla prevenzione e la lotta alla violenza nei confronti delle donne, adottata al Consiglio Ministeriale di Lubiana del 2005; e la Decisio- ne Ministeriale dallo stesso titolo adottata al Consiglio Ministeriale di Basilea del 2014.

Di particolare interesse è la più recente Decisione, che sistematizza l’ap- proccio dell’OSCE al tema lungo cinque “linee d’azione” per gli Stati parteci- panti, ossia: adattare i propri ordinamenti nazionali agli obblighi internazionali (in particolare alla Convenzione di Istanbul) e intensificare gli sforzi per la rac- colta, la conservazione e la diffusione di dati e statistiche attendibili, compara- bili e disaggregati riguardo ogni forma di violenza contro le donne; prevenire la violenza contro le donne attraverso attività di sensibilizzazione e programmi di recupero per gli autori delle violenze; proteggere le donne vittime di violenza at- traverso servizi di supporto e un’azione di emancipazione delle vittime; persegui- re i responsabili delle violenze, assicurando la criminalizzazione delle condotte rilevanti, l’esercizio dell’azione penale, la condanna dei responsabili e il risarci- mento in favore delle vittime; cooperare con tutti gli attori nazionali impegnati nella lotta alla violenza contro le donne.

In aggiunta agli impegni OSCE, l’Italia ha ratificato la Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne che, pur non contenendo specifici riferimenti al tema della violenza contro le donne, ha con- tribuito al contrasto del fenomeno attraverso il suo Comitato di monitoraggio; il nostro Paese ha inoltre dovuto trasporre la Direttiva 2012/29/UE che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato. Infine, il più recente e innovativo strumento internazionale di contrasto alla vio- lenza contro le donne è costituito dalla Convenzione di Istanbul (ratificata dall’I- talia nel 2013), che tipizza specifiche forme di violenza, quali i matrimoni forzati, la violenza psicologica, lo stalking, le mutilazioni genitali femminili, l’aborto o la sterilizzazione forzati; e prevede un meccanismo di monitoraggio sovranazionale, nonché l’obbligo per ciascuno Stato di creare un organismo di coordinamento che esamini le misure di attuazione della Convenzione.

Per quanto riguarda la conformità delle norme e prassi italiane agli im- pegni assunti in sede OSCE, con particolare riferimento alla Decisione di Ba- silea del 2014 e alle sue cinque “linee d’azione”, il nostro Paese ha adottato tre leggi principali per adeguare l’ordinamento nazionale agli obblighi contratti in- ternazionalmente (prima “linea d’azione”). Anzitutto la Legge 15 ottobre 2013, n. 119, adottata per dare attuazione alla Convenzione di Istanbul, che si concen-

tra tuttavia prevalentemente sugli aspetti relativi alla repressione penale. Peral- tro, proprio nell’ambito della repressione penale, non appare attuata la previsio- ne della Convenzione secondo la quale le indagini e l’esercizio dell’azione penale non dovrebbero dipendere dalla segnalazione della vittima. Tra le altre misure introdotte dalla Legge possono ricordarsi: il potere del Questore di “ammonire” il responsabile di atti di violenza domestica; l’obbligo per le forze dell’ordine, i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche di informare le vittime dell’esistenza di centri antiviolenza; la possibilità per la polizia giudiziaria (previa autorizzazione del pubblico ministero) di disporre l’allontanamento urgente dalla casa familiare di colui che sia stato colto in flagranza di determinati reati; la possibilità di rila- sciare un permesso di soggiorno alla vittima di violenza domestica a certe condi- zioni; e la predisposizione di un Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere.

Gli altri due principali strumenti normativi adottati dal Parlamento ita- liano per allineare l’ordinamento agli obblighi assunti a livello internazionale consistono nella Legge 7 luglio 2016, n. 122, che ha finalmente introdotto l’in- dennizzo per le vittime di reati violenti, seppur a certe (restrittive) condizioni e per un ammontare decisamente inferiore al risarcimento dei danni normalmen- te accordato in sede giudiziaria; e la Legge 11 gennaio 2018, n. 4, che rafforza la protezione e assistenza in favore degli orfani per crimini domestici. Ancora relativamente alla prima “linea d’azione”, e in particolare alla raccolta, conser- vazione e diffusione di dati e statistiche riguardo la violenza contro le donne, l’Italia ha istituito una banca dati nazionale, gestita dall’ISTAT, che aggrega i dati provenienti da diversi soggetti, tra cui network locali anti-violenza e Telefo- no Rosa (che gestisce la linea telefonica gratuita di assistenza 1522). L’ISTAT ha inoltre prodotto una serie di rapporti su “La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia”.

In merito alla seconda “linea d’azione” individuata dalla Decisione Mini- steriale del 2014, quella della prevenzione, l’Italia ha prevalentemente dato se- guito ai propri impegni in materia attraverso il Piano d’azione straordinario con- tro la violenza sessuale e di genere (2015-2017) e il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne (2017-2020). Quest’ultimo, in partico- lare, pone l’accento sulla necessità di accrescere la conoscenza – da parte dell’o- pinione pubblica – delle cause e conseguenze della violenza maschile contro le donne; tuttavia, mancano indicazioni precise rispetto alle misure per combattere gli stereotipi di genere e a quelle rivolte agli autori delle violenze al fine di preve- nire la recidiva.

Anche nell’ambito della protezione (terza “linea d’azione”), la gran par- te delle misure adottate dall’Italia si ritrovano nei Piani citati. Tra gli strumenti concreti e immediatamente accessibili alle donne vittime di violenza è il 1522, numero gratuito messo a disposizione dal Dipartimento per le Pari Opportunità e attivo 24 ore su 24, che raccoglie le richieste di assistenza e fornisce informa-

zioni sui servizi disponibili in Italia. Nel corso degli anni è poi aumentato in Ita- lia il numero dei centri anti-violenza e dei rifugi per donne vittime di violenza; il più recente Piano strategico ha incrementato la risorse a disposizione, ma non è chiaro quante saranno allocate a tali strutture. Si riscontrano inoltre delle lacune nel quadro di regolamentazione delle strutture, con forti disparità tra Regione e Regione; e ostacoli nell’accesso alle strutture da parte di donne straniere prive di permesso di soggiorno.

Dal punto di vista della repressione della violenza contro le donne (quarta “linea d’azione”), il quadro normativo italiano di criminalizzazione delle condot- te violente contro le donne appare conforme tanto agli impegni OSCE quanto alla Convenzione di Istanbul (ad eccezione del matrimonio forzato, non ancora fatto oggetto di specifico reato). Tuttavia, una repressione efficace richiede non soltanto l’introduzione di norme, ma anche l’effettiva adozione di una serie di misure “positive” quali la conduzione di indagini, l’esercizio dell’azione pena- le e la condanna nei confronti del responsabile, e la riparazione in favore della vittima. Da ultimo, per quanto riguarda la quinta “linea d’azione”, relativa all’a- dozione di politiche integrate e alla cooperazione (partnership) tra i diversi attori rilevanti, l’Italia mira, nel Piano strategico 2017-2020, a rafforzare l’interazione dei soggetti coinvolti nel contrasto alla violenza contro le donne.

Nonostante gli sforzi compiuti dall’Italia nel contrasto alla violenza nei confronti delle donne, dunque, rimangono delle questioni che richiedono ulte- riore attenzione per assicurare la piena ottemperanza del nostro Paese agli im- pegni OSCE, in particolare per quanto riguarda la prevenzione della violenza, l’accesso alle misure di protezione e l’effettività dell’apparato repressivo.

L’attuazione degli impegni OSCE in materia di contrasto al razzismo,