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Comunicare l’OSCE al di fuori del circolo di diplomatici e professionisti che vi lavora è stata una delle sfide con cui ci siamo dovuti confrontare nell’arco di tutta la nostra Presidenza.

Da un lato, questa è un’organizzazione per puristi della diplomazia mul- tilaterale. All’Hofburg il vero genio si manifesta nei dettagli – spesso incomuni- cabili al grande pubblico – che dettano il successo o il fallimento di qualunque iniziativa diplomatica. Dall’altro, buona parte del lavoro della Presidenza rientra nell’ambito della cosiddetta quiet diplomacy, vale a dire il continuo e incessante lavoro di persuasione svolto dietro le quinte per la risoluzione e ricomposizione dei conflitti che, per sua stessa natura, poco si presta ad essere pubblicizzato, ma può essere soltanto accompagnato da una oculata comunicazione strategica. Inoltre, a causa delle divergenze esistenti tra i membri dell’Organizzazione e dei veti incrociati che essi pongono su qualunque questione, incluse quelle di carat- tere amministrativo, parte del successo di una Presidenza consiste nel garantire il regolare funzionamento dell’Organizzazione. Parte importante del nostro lavoro è in effetti stato dedicato a ricercare formule che garantissero il consenso de- gli Stati partecipanti sul bilancio dell’Organizzazione e su eventi annuali OSCE. Come spiegarlo ai non addetti ai lavori senza apparire completamente folli?

Parlare di OSCE al pubblico italiano poi è stata una sfida ancora più ar- dua. Se nei Paesi ad est di Vienna l’Organizzazione è nota per il ruolo cruciale che svolse, e tuttora svolge, nella transizione a sistemi politici democratici, lo stesso non si può dire per i Paesi occidentali. Sintomatica della scarsa conoscen- za dell’OSCE è la confusione che i giornalisti italiani tuttora fanno con un’altra Organizzazione per la Cooperazione, ma basata a Parigi e dedicata allo Svilup- po Economico. In diverse occasioni giornalisti italiani hanno contattato il no- stro ufficio stampa chiedendo di ricevere copia di rapporti su temi economici su cui difficilmente l’OSCE – visto il suo mandato focalizzato su questioni di sicurezza – potrebbe spendere credibilmente più di qualche parola.

Anche per questo motivo, per raggiungere il pubblico di non addetti ai lavori – italiani e non – ci siamo rivolti a media che permettono una comunica- zione più ragionata ed elaborata, in cui è stato possibile sviscerare i problemi, mettere in risalto con chiarezza le misure prese per risolverli e illustrare i risul- tati ottenuti. Abbiamo affidato a quotidiani e periodici, sia in versione cartacea

che online,  articoli  volti a mettere in evidenza la funzione dell’Organizzazione e il suo ruolo chiave nel prevenire e disinnescare crisi di sicurezza in Europa. L’editoriale scritto a quattro mani dall’allora Ministro Moavero Milanesi e dal Segretario Generale Greminger pochi giorni dopo gli incidenti marittimi al largo dello stretto di Azov nel novembre 2018 e pubblicato sull’influente rivista online Euractiv è stato ripreso dai media di tutto il mondo. Esso è servito a riportare l’attenzione generale sul ruolo dell’OSCE come veicolo per la ricomposizione pacifica del conflitto ucraino e per invocare una de-escalation da parte di Russia e Ucraina a pochi giorni dal Consiglio Ministeriale di Milano. Per sensibilizzare il pubblico di esperti e di non addetti ai lavori sulle sfide che l’OSCE sta af- frontando, la Presidenza ha inoltre affidato riflessioni approfondite sul futuro dell’Organizzazione ad interviste concesse dall’Ambasciatore Azzoni a riviste specializzate – come Human Rights and Security Monitor, rivolta in particolare alla comunità OSCE – o a importanti testate come il quotidiano La Stampa o il periodico online L’Indro, rivolte al pubblico italiano.

Il nostro impegno sul fronte della comunicazione è stato anche strumenta- le ai risultati ottenuti dalla nostra quiet diplomacy, concentrata in particolare sul- la risoluzione dei conflitti che in Est Europa e nel Caucaso meridionale restano da decenni minacce molto concrete alla sicurezza europea. In cooperazione con i nostri Rappresentanti Speciali non abbiamo lesinato sforzi per ricordare alle parti in causa, tramite dichiarazioni alla stampa e tweet, che la comunità inter- nazionale osserva le loro azioni, mirando in tal modo a porre su di loro legittima pressione e richiamarle ad assumersi le loro responsabilità per garantire sicu- rezza e condizioni di vita dignitose ai civili intrappolati nelle zone di conflitto. I nostri interventi in questo senso, affidati principalmente al sito della Farnesina, dell’OSCE e ai rispettivi profili Twitter, spesso pubblicati a stretto giro rispetto ad incontri di alto livello, si sono confermati un mezzo estremamente efficace in questo senso.

Per spezzare quanto possibile la monotonia della nostra comunicazione politica, nel corso dell’anno abbiamo massimizzato l’utilizzo di Twitter anche per veicolare contenuti più leggeri, come foto e commenti “dietro le quinte” della Presidenza. Grande successo hanno avuto 12 brevi video, basati su foto e citazioni capaci di condensare i momenti salienti di ogni mese di Presidenza. Questi video hanno portato negoziati e riunioni più vicini al pubblico e hanno suscitato numerosissime interazioni anche da parte delle altre delegazioni. Twit- ter si è confermato uno strumento straordinario anche per la promozione del si- stema paese. Ci siamo infatti serviti della visibilità garantita dalla Presidenza per organizzare e pubblicizzare eventi dedicati alla cucina delle nostre regioni, oltre che ai grandi maestri della letteratura e della musica italiana, che hanno visto centinaia di partecipanti e numerosissime reazioni social.

Non tutto è oro quel che luccica, però, e il nostro lavoro è stato anche un processo di continuo affinamento di tecniche e procedure. Sembra difficile a

credersi, ma dietro un comunicato stampa congiunto tra Ministro e Segretario Generale, per quanto breve, ci sono ore di lavoro per la redazione, il perfeziona- mento del messaggio, la mediazione sul linguaggio e diversi livelli di clearance tra Missione OSCE (quando c’è), Segretariato dell’OSCE, la nostra Delegazione, gli uffici competenti del Ministero e l’Ambasciata italiana in loco. Il primo banco di prova in tal senso fu l’assassinio da parte di ignoti del leader politico serbo-ko- sovaro Oliver Ivanović, freddato con sei colpi di pistola mentre entrava nel suo ufficio a Mitrovica Nord, alle 8 del mattino del 16 gennaio 2018. Prima del suo omicidio Ivanović era impegnato in un processo politico volto ridurre la distan- za tra le comunità serba e albanese di Mitrovica e gettare le basi per una futura riconciliazione tra i due gruppi etnici. Anche per questo, nel momento in cui la notizia dell’assassinio ci raggiunse, poche decine di minuti dopo l’avvenuto omi- cidio, pensammo subito che il fatto avrebbe potuto scatenare nuove tensioni tra serbi e albanesi in Kosovo. Per richiamare le parti alla calma ci attivammo subito con la Missione OSCE per avere un’idea più chiara dei fatti e con i colleghi del Segretariato pe la preparazione di un comunicato congiunto dell’allora Mini- stro Alfano e del Segretario Generale Greminger, che peraltro conosceva e aveva molta stima di Ivanović. Lo scambio di e-mail tra tutti gli uffici coinvolti a Pristi- na, Vienna e Roma e i vari livelli di clearance fecero sì che il nostro comunicato stampa uscisse con un po’ di ritardo rispetto a ONU e SEAE. Fortunatamente non ci furono conseguenze sul terreno, ma questa esperienza ci portò a cambia- re le procedure che avevamo messo a punto precedentemente per aumentare la rapidità del coordinamento tra tutti gli uffici coinvolti, con risultati importantis- simi nei mesi successivi.

Se parlare di OSCE all’esterno della comunità diplomatica viennese è sta- ta una grande sfida, la comunicazione al suo interno è corrisposta all’attraver- samento di un campo minato. L’attenzione per la terminologia usata, anche al di fuori dell’Hofburg, su comunicati stampa, tweet o dichiarazioni pubbliche, è maniacale. Innegabilmente ciò ha avuto risvolti significativi dal punto di vista della nostra comunicazione. Nel corso della Presidenza, l’ufficio stampa e gli esperti di conflitti hanno speso ore di lavoro per trovare, nei comunicati, nei tweet e su altri media, le formule più adatte a descrivere gli avvenimenti nelle zone in cui l’OSCE è impegnata per evitare di apparire più vicini o distanti dalla posizione di una delle parti in causa. Ci guidò in questo l’esperienza di una Pre- sidenza precedente, che utilizzò in un comunicato stampa diretto alle autorità di due paesi OSCE in conflitto un termine che vagamente si distanziava dalle for- mule concordate in uso all’OSCE. Il termine fu poi capziosamente interpretato da una delle due delegazioni come un segnale di sostegno alla posizione dell’al- tro Stato e usato come pretesto per ripetute recriminazioni di non equidistanza.

Per evitare che incidenti di questo tipo si ripetessero l’OSCE ha predispo- sto diverse tabelle contenenti locuzioni “neutre”, da utilizzare per descrivere gli avvenimenti nelle aree di conflitto senza correre il rischio di essere accusati di

favorire l’una o l’altra parte. Utilizzare queste tabelle si è rivelato fondamentale per evitare accuse di favoritismo. Particolarmente elaborata è la tabella relativa al conflitto in Ucraina. Dal 2014 ad oggi infatti gli Stati partecipanti hanno con- cordato sull’utilizzo di alcune espressioni per descrivere attori, fatti e fenomeni del conflitto in corso. La stessa definizione del conflitto in uso all’OSCE – “crisi in e intorno all’Ucraina” (Crisis in and around Ukraine), che appare in un docu- mento ufficiale OSCE per la prima volta il 12 marzo 2014, peraltro in una di- chiarazione dell’allora Rappresentante permanente ucraino – serve a conciliare la posizione russa che vede il conflitto come sostanzialmente interno al paese privo della Crimea e quella Ucraina che invece considera la penisola di Sebastopoli come territorio ucraino.

L’utilizzo di simili espressioni è il risultato della certosina opera di cucitura che i nostri diplomatici compiono per conciliare posizioni in aperto conflitto ed è la norma su documenti ufficiali OSCE. Benché forse deprecabili per lo stile, da esse è difficile allontanarsi anche in ambito di comunicazione. Utilizzarle ten- tando di veicolare messaggi semplici e immediati è una delle tante idiosincrasie che rendono comunicare l’OSCE un lavoro mai banale e sempre estremamente stimolante.