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L’attuazione degli impegni OSCE in materia di contrasto al razzismo, alla xenofobia e all’antisemitismo

Già all’esito della riunione di Copenaghen della Conferenza sulla dimen- sione umana della CSCE, del 1990, gli Stati partecipanti stabilirono di inter- venire, anche attraverso misure legislative, per contrastare “qualsiasi atto che costituisca incitamento alla violenza contro persone o gruppi sulla base di di- scriminazione, ostilità od odio nazionale, razziale, etnico o religioso, ivi com- preso l’antisemitismo”. L’impegno alla lotta contro ogni forma di odio razziale o etnico è stato quindi ribadito nella Carta di Parigi per una nuova Europa, e in una serie di decisioni e dichiarazioni del Consiglio Permanente, che hanno spe- cificato le raccomandazioni rivolte agli Stati in materia. Tra queste rientrano la raccolta di dati e l’elaborazione di statistiche, da riferire periodicamente all’O- DIHR; l’adozione di misure che bilancino le libertà di opinione ed espressione con la necessità di regolamentare i contenuti online per combattere la propa- ganda razzista, xenofoba e antisemita; attività educative e di sensibilizzazione; e specifiche misure per combattere la discriminazione contro Rom e Sinti (lo

strumento di riferimento è, in materia, il Piano d’azione per migliorare la situa- zione dei Rom e dei Sinti nell’area dell’OSCE, del 2003) e le nuove forme di antisemitismo (si vedano, tra gli altri, la c.d. Dichiarazione di Berlino del 2004, che considera l’antisemitismo una minaccia alla sicurezza e stabilità dell’area OSCE, e la Dichiarazione Ministeriale sul potenziamento degli sforzi per com- battere l’antisemitismo del 2014).

In aggiunta agli impegni OSCE, l’Italia è vincolata in materia al rispetto di norme internazionali consuetudinarie e pattizie. Tra queste ultime rientrano i c.d. core treaties delle Nazioni Unite sui diritti umani; la Convenzione-quadro del Consiglio d’Europa per la protezione delle minoranze nazionali; la Conven- zione europea dei diritti dell’uomo, la cui Corte ha deciso diversi casi riguardan- ti l’incitamento all’odio applicando gli artt. 17 (divieto dell’abuso di diritto) e 10 co. 2 (limiti alla libertà di espressione); e svariate direttive e decisioni europee, in materia di parità di trattamento, servizi di media audiovisivi, diritti delle vittime, e lotta a razzismo e xenofobia mediante il diritto penale.

Per quanto concerne la conformità dell’ordinamento e delle politiche dell’Italia agli impegni assunti in sede OSCE, viene anzitutto in rilievo la pre- disposizione di Piani d’azione nazionali. L’Italia ha ad oggi adottato due Piani nazionali d’azione contro il razzismo, la xenofobia e l’intolleranza, per i perio- di 2013-2015 e 2015-2017; le informazioni pubblicamente disponibili in merito all’attuazione dei Piani sono tuttavia scarse, così che appare difficile valutarne l’attuazione ed efficacia. Il nostro Paese ha inoltre adottato una specifica Strate- gia nazionale d’inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti, volta a superare il precedente approccio emergenziale e a definire una roadmap delle politiche pubbliche in materia per il periodo 2012-2020. La Strategia persegue l’obiettivo della graduale eliminazione della povertà e dell’emarginazione sociale di queste comunità, in particolare negli ambiti della sanità, dell’istruzione, del lavoro e della casa. Tuttavia, tanto la Commissione europea quanto la Commissione eu- ropea contro il razzismo e l’intolleranza hanno criticato l’insufficienza dei fondi stanziati e il ritardo nell’adozione di certe misure, con il risultato che molte di queste comunità continuano a vivere in condizioni di grave emarginazione e di- scriminazione.

Altro tema oggetto di diverse decisioni del Consiglio Ministeriale OSCE è il contrasto ai discorsi e crimini d’odio; in proposito, la Legge 13 ottobre 1975, n. 654 criminalizza diverse condotte rilevanti, quali la discriminazio- ne razziale, la violenza razziale, l’incitamento alla discriminazione o violenza razziale, la diffusione di idee fondate su superiorità od odio razziale, e la co- stituzione di organizzazioni aventi tra i loro scopi l’incitamento all’odio o di- scriminazione razziale. Nel 1993, la c.d. Legge Mancino ha inoltre proibito l’ostentazione di emblemi o simboli propri di tali organizzazioni e introdotto la circostanza aggravante della finalità di discriminazione e odio etnico, na- zionale, razziale o religioso, che può accedere a qualsiasi reato. Tra le misure

più recenti, nel 2016 è stato introdotto il reato di “negazionismo”, attraverso l’aggiunta di un co. 3-bis alla Legge 654/1975, nuovamente modificato l’anno successivo. Quanto alla lotta al razzismo nel corso di eventi sportivi, la legisla- zione italiana è stata nel tempo rafforzata attraverso l’introduzione di sanzioni penali e amministrative nei confronti dei responsabili di incitamento alla di- scriminazione e all’odio razziali.

Nonostante ciò, i media e i rapporti ufficiali registrano un numero pre- occupante – e in crescita – di episodi di discorsi e crimini d’odio, amplificati dai social media. Per contrastare tale fenomeno, alcuni rimedi sono stati ap- prontati, a partire da un più efficace sistema di raccolta dei dati anche al fine di sviluppare un “meccanismo di early warning”. Al centro di questi sforzi è l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR), istituito presso il Di- partimento per le Pari Opportunità con il compito di promuovere il principio di parità e combattere ogni forma di discriminazione. Per la raccolta dei dati, l’UNAR si basa anzitutto sulle segnalazioni di comportamenti discriminatori che riceve attraverso il suo Contact center, nonché sull’attività del proprio Os- servatorio Nazionale contro le discriminazioni nei media e internet (che moni- tora i contenuti potenzialmente discriminatori apparsi sulla stampa e online) e sulla cooperazione con altri attori impegnati nel settore. Con particolare ri- ferimento al tema del contrasto ai discorsi d’odio, ulteriori esempi di buone pratiche sono l’adozione della Dichiarazione dei diritti in Internet nel 2015 e la Legge 29 maggio 2017, n. 71 per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo.

Dal punto di vista della repressione penale dei discorsi e dei crimini d’o- dio, le norme sopra citate appaiono coerentemente applicate dalle corti e si registra una positiva tendenza all’incriminazione delle persone responsabili di incitamento all’odio razziale. Tuttavia, il numero di condanne per discorsi e cri- mini d’odio appare limitato rispetto agli episodi registrati, anche per il perma- nere di una “zona grigia” nell’individuazione e nel contrasto di comportamenti razzisti, ad esempio nei media e online. Altro aspetto delicato è quello dei di- scorsi d’odio pronunciati da rappresentanti politici, fenomeno che in Italia as- sume dimensioni significative e non appare frenato dall’instaurazione di alcuni procedimenti giudiziari; è questo peraltro un ambito su cui diversi strumenti OSCE insistono, condannando la pubblica espressione di idee razziste e per converso evidenziando il ruolo che i politici possono svolgere nel promuovere i principi di parità e rispetto.

Particolare attenzione è poi dedicata – dall’OSCE e da altre organizzazioni internazionali – alle attività di sensibilizzazione e formazione, la lotta al razzismo e ad altre forme di discriminazione richiedendo anzitutto un profondo cambia- mento culturale. In materia, il Governo italiano ha promosso o aderito a diverse iniziative, anche sovranazionali; numerose attività di sensibilizzazione sono poi condotte dalle ONG e dalla società civile.

Infine, per quanto riguarda il contrasto all’antisemitismo, i governi che si sono succeduti hanno più volte ribadito il loro impegno contro ogni atto di anti- semitismo e in favore del dialogo inter-religioso; tuttavia, nonostante la diminu- zione degli atti violenti, si è registrato un incremento delle espressioni antisemite (sotto forma di insulti, minacce e atti vandalici).

In definitiva, le norme introdotte e iniziative intraprese dall’Italia per il contrasto al razzismo, alla xenofobia e all’antisemitismo meritano, complessiva- mente, un giudizio positivo; rimangono tuttavia spazi di miglioramento rispetto all’effettiva attuazione degli impegni assunti in sede OSCE.