• Non ci sono risultati.

I negoziati nella dimensione politico-militare e di sicurezza

I principali eventi: la Conferenza sull’anti-terrorismo, “Tesori Recuperati” e la Conferenza sulla cyber security

3.4. I negoziati nella dimensione politico-militare e di sicurezza

Isa Ghivarelli

L’Italia ha presentato nella prima dimensione alcuni testi di decisioni mini- steriali che riflettevano le priorità della Presidenza.

Nell’ambito politico-militare, oltre alla bozza di Decisione sulle armi leg- gere e piccolo calibro, proponemmo un testo estremamente ambizioso su tra- sparenza militare, riduzione del rischio e prevenzione degli incidenti. Il testo prendeva atto dei rischi esistenti e della necessità di ristabilire un sistema di con- tatti e uno scambio di informazioni più efficaci per evitare escalation derivanti da provocazioni e malintesi, e conteneva un riferimento esplicito alla necessità di ammodernare il Documento di Vienna, fortemente voluto in primis dagli Stati Uniti e dai Paesi della NATO. Per parte nostra, benché non potessimo che con- dividere la posizione occidentale, sapevamo che un riferimento così esplicito al Documento di Vienna avrebbe minato qualsiasi chance di far unire al consenso la Federazione Russa, che sembrava interessata soltanto a misure concrete per la riduzione del rischio e la prevenzione degli incidenti ma si opponeva ai punti relativi a una maggior trasparenza militare.

Di fronte a questa consapevolezza e, al contempo, alla necessità di non rinunciare a uno dei capisaldi occidentali, l’obiettivo non risiedeva più o non tanto nella possibilità concreta di adottare la decisione, che sarebbe stato del tutto irrealistico, quanto nella dimostrazione di poter impostare un negoziato con tutte le parti, Russia compresa, rispettoso delle posizioni divergenti e orien- tato a uno scambio di pareri sui meriti della proposta, piuttosto che uno sterile dibattito condotto su basi ideologiche. Il terreno dei negoziati fu accuratamente preparato nei mesi precedenti la Ministeriale di Milano, con continui contatti con i Paesi “Quint”, la previa condivisione delle nostre idee e del testo con il re- sto degli Alleati e con i Paesi UE: un altro obiettivo imprescindibile era quello di evitare fughe in avanti o spaccature entro il fronte occidentale nella ricerca di un compromesso “a tutti i costi”, da evitare a favore invece di un dialogo franco sui meriti delle divergenze. Il rischio di incidente militare nel mare di Azov si verifi- cò proprio in concomitanza con la nostra presentazione del testo alle delegazioni e ci diede l’occasione per ribadire come fosse necessario riflettere concretamen- te, senza ulteriori indugi, su come affrontare i pericoli di un’escalation militare.

L’obiettivo fu raggiunto e a Milano l’Italia ritirò il testo, di fronte all’im- possibilità evidente di coagulare il consenso, ma solo dopo aver gestito il nego- ziato in una maniera tale da mantenere tutti intorno al tavolo, garantire la co- esione occidentale, e non isolare nessuna parte. Il documento, riconosciuto da tutti come ricco di spunti concreti e interessanti, è diventato oggi una base di

lavoro cui spesso le parti fanno riferimento nelle riunioni viennesi, soprattutto quelle del FSC e del Dialogo strutturato.

Se l’esito della Decisione su trasparenza militare, riduzione del rischio e gestione degli incidenti militari era praticamente già scritto, non può dirsi al- trettanto di quello sulle due Decisioni in ambito di sicurezza, dedicate rispet- tivamente alla gestione del fenomeno dei foreign terrorist fighters e alla lotta al traffico di beni culturali.

Quest’ultima Decisione cadde a causa dei veti di Armenia e Azerbaigian, di cui fino all’ultimo avevamo cercato di vincere le resistenze residue, anche con l’at- tivo coinvolgimento – nei passaggi conclusivi del negoziato – del Sottosegretario Picchi, che si era speso direttamente per la causa, studiando i punti controversi del testo e preparando scrupolosamente i colloqui con le parti sulla base degli elementi che gli avevamo fornito. Non si trattava tanto di un’opposizione sul me- rito, quanto di una posizione politica di indisponibilità a introdurre all’OSCE un argomento che, entrambe le parti temevano, avrebbe potuto – nonostante tutte le nostre rassicurazioni e le rifiniture del testo tese ad evitare ambiguità – essere strumentalizzato dall’una o dall’altra parte nel conflitto che le vede opposte.

La mancata adozione di questa decisione ha rappresentato senz’altro una grande delusione, ma se ripenso a quanto è stato costruito nel 2018 per portare la tematica all’interno dell’OSCE, e in particolare, al punto da dove siamo par- titi, quando l’Italia era davvero l’unica a crederci, e a quanto sostegno abbiamo raccolto nel tempo, penso anche che non tutto è andato perduto. A prescindere dal risultato, le attività sulla lotta al traffico di beni culturali sono infatti prose- guite e il lavoro svolto costituisce una base solida per eventuali negoziati futuri.

Sono purtroppo costretta a scrivere lo stesso per la Decisione sulla gestio- ne dei foreign terrorist fighters. Un testo che negoziammo in sessioni che arriva- rono a superare le dieci ore consecutive, con un gruppo internazionale ristretto, che comprendeva, oltre ai like-minded occidentali, la Federazione Russa, le cui esperte dalla capitale erano arrivate a Milano con una serie infinita di proposte di revisione da discutere. Nel caso della decisione sui foreign terrorist fighters arrivammo davvero a un passo dall’adozione, ma inaspettatamente all’ultimo la delegazione turca formalizzò la sua indisponibilità a unirsi al consenso, per un punto – una sola riga – connesso con l’interpretazione dell’espressione “gruppo terroristico”. Anche in questo caso, la delusione fu senza dubbio cocente, so- prattutto perché arrivò quando ormai eravamo convinti di avercela fatta, dopo ore di negoziati estenuanti in cui tutti avevano dimostrato di voler lavorare fino all’ultimo, per essere in grado di adottare un testo ritenuto di grande importan- za. Anche in questo caso, non tutto è perduto, e il testo sarà senza dubbio una base di partenza, estremamente ricca e articolata, per futuri negoziati sul tema, ma ciò elimina solo in parte l’amarezza per non aver ottenuto un risultato forte- mente voluto, per di più su un documento che, anche in questo caso, ci era valso il plauso di molte delegazioni.

In conclusione, l’esperienza della Presidenza è stata ricca di episodi molto positivi e insegnamenti preziosi, di cui cercherò di fare tesoro nel corso della mia carriera.

Lascio Vienna da multilateralista convinta: è stata un’esperienza straordi- naria, anche per l’opportunità di far conoscere e apprezzare la diplomazia ita- liana presso un pubblico così ampio e così variegato. Il multilateralismo vissuto da protagonista è stato incantevole. Costruire relazioni, affiliare altri Stati, farli sentire coprotagonisti… È stata forse questa la sfida più bella. Ricordo ancora quando una delegazione tra le più isolate ai tavoli negoziali mi avvicinò a Milano e mi disse: “Grazie, per averci fatto sentire uguali agli altri”. Di quell’anno così intenso e ricco di stimoli e gratificazioni, senza dubbio uno dei riconoscimenti più belli.