Capitolo 4 La pratica autobiografica come spazio di cura: tracce,
4.6 Tra autoanalisi e consulenza autobiografica: effetti terapeutici della scrittura di sé
Tra le varie declinazioni pratiche del metodo autobiografico va riconosciuta oggi, sostiene Demetrio, la diffusione di due indirizzi prevalenti, uno più pedagogico, l’altro più di natura clinica274. Le ricerche e gli studi del professore vogliono, infatti, promuovere “la scrittura di se stessi, sia per lo sviluppo del pensiero interiore e autoanalitico, sia come pratica filosofica e terapeutica”275.
In che senso la scrittura può avere effetti terapeutici?
Nei momenti difficili, di fragilità esistenziale, la scrittura di sé viene in soccorso e aiuta a prenderci cura di noi stessi. Condotta in maniera autonoma o in percorsi di tipo più terapeutico, la funzione curativa dell’autobiografia non vuole essere quella di liberare il soggetto dal proprio passato, ma quella di soddisfare il bisogno di cercare il senso della vita e il senso della sua vita per viverla più intensamente e più serenamente nel presente e nel futuro276. Diverse sono le motivazioni che, in momenti particolari, spingono una persona a raccontarsi attraverso la scrittura: comprendere la direzione del proprio esistere, lasciare traccia della propria esperienza, riflettere in momenti cruciali. Ma le ragioni possono essere anche di tipo liberatorio: la scrittura aiuta a scaricare tensione, energia, emozioni forti, euforia, evitando disequilibri di tipo emotivo. È un utile sfogo che permette quel giusto distacco di fronte a perdite e sofferenze277.
Da sola la scrittura non può fare miracoli, ammette Demetrio, ma abbinata a mani esperte e usata in percorsi di aiuto, può venire in soccorso in momenti difficili di naufragio esistenziale, per esempio dinnanzi a malattie o perdite. La penna come l’ago di una bussola, in una metafora ripresa da Demetrio. In questi momenti “l’effetto palliativo è indiscutibile perché invoglia a tentare di resistere…”278.
Dinanzi al malessere e al disagio psicologico la scrittura può divenire, specie se adottata con sistematicità, una valida alleata alla pratica terapeutica proprio per le sue proprietà lenitive e catartiche. Il professionista che si prende cura del benessere psicologico, emotivo, delle persone può trovare nella modalità autobiografica un valido supporto per compiere un monitoraggio del percorso.
Scrivere genera una maggior autoconsapevolezza ed elaborazione del dolore, riattiva una maggiore autostima nelle proprie forze in momenti di impasse e debolezza per
274 Demetrio D., La scrittura clinica, op. cit., pag. 256.
275 https://it.wikipedia.org/wiki/Duccio_Demetrio (ultima cons. 10/11/2015).
276 La Rosa L., De Pasquale C., L’Autobiografia nella storia letteraria e in alcune applicazioni terapeutico-
riabilitative, Rivista Formazione Psichiatrica e Scienze Umane, Anno XXVI n.1/2, 2oo5, pag. 116.
277 Demetrio D., (a cura di), L'educatore auto(bio)grafo: il metodo delle storie di vita nelle relazioni d'aiuto,
Unicopli, Milano, 1999, pag. 39.
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cercare di uscirne. Dice Demetrio: “Quest’arte modesta dalle eccezionali potenzialità riesce ad ottenere risultati di grande valore”279.
Quando il percorso autobiografico richiede un approccio personalizzato di carattere più clinico, il professionista esperto di pratiche autobiografiche, già chiamato a impegnarsi in scopi che suscitano autonomia e autoeducazione nei destinatari, assumerà, di fronte a questi interlocutori, una relazione più vicina alla consulenza individuale280 preferendo modalità relazionali di tipo duale, spiega Demetrio. Senza nessuna pretesa di carattere terapeutico, l’attenzione dell’esperto di pratiche autobiografiche, di fronte a casi di disagio, a difficoltà legate a dipendenze o abuso di sostanze, malessere, sofferenze, traumi, lutti o perdite, darà la dovuta attenzione a ciascun partecipante, solleciterà maggior autoriflessione e una più accurata analisi e restituzione delle scritture. In questo senso Demetrio parla della consulenza
autobiografica come di “un accompagnamento personalizzato in reciprocità dia
grafica”281 che aiuta la persona, attraverso la terapia della parola e la partecipazione del consulente, ad affrontare il disagio.
La consulenza autobiografica può favorire anche la nascita di un percorso più strutturato e duraturo, volto a ricostruire, spontaneamente o su invito, quello che abbiamo chiamato il romanzo dell’io, la propria autobiografia.
Demetrio sostiene che chi si avvale con consuetudine della scrittura di sé “acquisisce un’attitudine all’autoriflessione, agisce con maggior ponderazione e dominio di sé, non trasferisce il proprio disagio altrove, ha imparato a convivere sia con il dolore, sia con i momenti più segreti ed intensi della vita”282.
Scrivere di bellezza come di sofferenza aiuta a maturare e a migliorarsi. La scrittura autobiografica prepara allo studio di sé e ad un metodo mentale, modi per avere una maggiore padronanza sulla propria storia, come fosse un mosaico in divenire283.
4.6.1 Inconvenienti dello scrivere di sé
Fin qui abbiamo esaltato le proprietà e gli effetti benefici apportati dalla sensibilità alla scrittura autobiografica, nei modi e nelle forme descritte e illustrate.
Ritengo che, come per ogni forma e strumento di aiuto, esista sempre un rovescio della medaglia. Faccio qualche esempio. Un intervento risolutore frequente da parte del servizio sociale può paradossalmente creare dipendenza o rallentare l’autonomia
279 Ibidem, pag. 15.
280 Demetrio D, Scrivere di sé e consulenza autobiografica, articolo disponibile in
http://www.casadellacultura.it/paglaboratorio.php?id=13 (ultima cons. 14/08/2015).
281 Ivi.
282 Demetrio D., L'autobiografia come pratica di cura e consulenza, op. cit., pag. 5. 283 Demetrio D., (a cura di), L'educatore auto(bio)grafo, op. cit., pag. 12.
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dell’utente; l’abbandono totale ed incondizionato al terapeuta può annullare la volontà della persona in terapia; l’uso eccessivo di una protesi fisica può inibire anziché aiutare una persona a recuperare la funzionalità corporea.
E lo scrivere di sé? In un percorso introspettivo la scrittura autobiografica può incontrare rischi o inconvenienti? Può avere effetti contrari alla cura di sé?
Scrivere delle proprie esperienze, specialmente quelle particolari o difficili, confrontarsi vis-à-vis con queste, non costituisce affatto una panacea284, a volte può causare dolore, anche quando l’intenzione originaria era di stare meglio.
Il prof. Pennbacker, psicologo esperto di metodologie autobiografiche e scrittura personale, mette all’erta da alcuni inconvenienti dello scrivere di sé, offrendo dei consigli. Riporto i più significativi traendo spunto dal suo testo.
La scrittura, dice lo psicologo, non deve diventare un surrogato dell’azione, se la situazione è problematica occorre affrontarla e farsi aiutare e non solo rifugiarsi nella scrittura. Scrivere tanto e di tutto senza riflettere su quanto emerge non sortisce effetti positivi ma, anzi, è un eccesso di rivelazione che non porta a nulla.
Lamentarsi, emozionarsi, scrivere di altri e non di sé stessi, senza approfondirne il senso delle scritture, non è fonte di apprendimento. Lo scrivere di sé, conclude, deve essere un esercizio autoriflessivo più che intellettuale285, un riflettere che deve condurci a concentrarsi su sé stessi senza isolarci e trascurare le relazioni.
Anche secondo il formatore Franco Cambi, accanto alle già note potenzialità benefiche, curative e formative della scrittura di sé possiamo incontrare alcuni rischi nel farne uso. In primis rischi di autoisolamento, autocompiacimento, autoesaltazione. Presi come scopi anziché come strumenti, questi fattori possono rivelarsi, infatti, in contrasto con le finalità del dispositivo autobiografico.
Cambi, inoltre, ci indica altri tipi di rischio: il soggettivismo e narcisismo, il culto dell’interpretazione (un’introspezione perenne) ed infine l’ideologismo, ovvero il fatto di considerare alcune condizioni che caratterizzano una persona in un particolare momento storico-temporale come fisse, stabili e immutabili286.
Il prof. Demetrio, proprio nell’introduzione a Scrittura Clinica, premette ed avverte che l’autoanalisi a cui porta l’autobiografia non è di aiuto se l’investigarsi provoca troppi disagi e sofferenze; in questi casi invita ad accantonare la pratica solitaria perché nulla risulta più benefico della cura delle relazioni amicali, familiari, amorose e dei supporti di tipo professionale.
284 Pennbacker J.W., Scrivi cosa ti dice il cuore. Autoriflessione e crescita personale attraverso la scrittura di sé,
Erickson, Trento, 2004, pag. 235.
285 Ibidem, pag. 237.
286 Cambi F., Luci ed Ombre in Gamelli I., (a cura di), Il prisma autobiografico: riflessi interdisciplinari del
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Allo stesso modo anche Laura Formenti mette in guardia dal pericolo di eccessiva psicologizzazione del soggetto attraverso la scrittura di sé, che può portare a sensazioni di malessere e ad effetti contrari alla cura.