Capitolo 4 La pratica autobiografica come spazio di cura: tracce,
4.3 Caratteristiche ed ambiti di applicazione
Grazie alle note proprietà autoanalitiche, riflessive, trasformative, generative, formative e progettuali della scrittura di sé, e grazie al supporto delle tecniche e degli strumenti propri del metodo autobiografico, che come si è detto vanno di volta in volta strategicamente integrati, ripensati, in base a finalità e contesti di applicazione, la pratica autobiografica può rappresentare, oggi, uno spazio di cura per sé, uno
spazio per prendersi cura degli altri, e, vedremo, un’occasione per aver cura della propria formazione.
In quali ambiti troviamo le pratiche autobiografiche?
Si è già anticipato nello scorso capitolo della diffusione delle metodologie autobiografiche e delle numerose declinazioni della proposta autobiografica all’interno di vari contesti: formazione, lavoro di cura, educazione, ricerca qualitativa212. Ecco in seguito qualche esempio di messa in pratica dello strumento autobiografico.
Nell’ambito della formazione di soggetti adulti, per esempio, troviamo le pratiche autobiografiche all’interno dei corsi di formazione permanente, nei corsi di aggiornamento o motivazione professionale, nella supervisione sociale ed educativa. Le troviamo nell’ambito del lavoro di cura, all’interno di percorsi terapeutici, nelle relazioni d’aiuto come ricostruzione e attribuzione di senso finalizzati ai percorsi di cura, in specifici progetti all’interno in contesti sociali, riabilitativi, residenziali.
Nella ricerca, per valorizzare, all’interno dei territori locali, la memoria dei luoghi e delle persone, per costruire mnemoteche213, ricerche narrative attraverso biografie e raccolte di storie di vita.
Come mezzo di autoanalisi, in percorsi di conoscenza interiore attraverso la scrittura personale si stimola il soggetto alla produzione di testi, alla rielaborazione, fino anche alla costruzione della propria autobiografia.
Le pratiche autobiografiche vengono proposte come strumento di cura e di benessere in numerosi contesti, con diversi destinatari, di diversa età ed estrazione sociale. Molte persone oggi, infatti, scelgono in modo autonomo di seguire un
percorso introspettivo di tipo autobiografico sia per motivi personali, espressivi, formativi sia per motivi professionali. Altre volte il percorso viene proposto, suggerito da esperti all’interno di percorsi specifici nei contesti summenzionati.
212 Portis, Ibidem, pag. 7.
213 Manifesto della scrittura, Graphein, Società di Pedagogia e Didattica della scrittura, IV Simposio di Anghiari
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Il successo del ricorso e della diffusione della pratica come spazio di cura va ricondotto essenzialmente negli effetti benefici214 che la scrittura è in grado di innescare in chi scrive: effetti di autostima, esostima ed eterostima. Come vedremo più dettagliatamente nelle prossime pagine, le scritture sollecitate dalle pratiche autobiografiche e scaturite dalla riflessione personale sono in grado di apportare al soggetto effetti positivi in quanto:
1) le parole prendono la forma di un prodotto che assume valore anche al di fuori del soggetto (esostima);
2) il soggetto, raccontandosi, scopre di avere una storia che vale la pena raccontare (autostima);
3) la propria esperienza viene ascoltata e accolta da altri (eterostima).
Se inserita nei contesti ove si pratica un lavoro di cura, (della persona, delle relazioni, delle emozioni, dell’apprendimento) la pratica autobiografica esprime la sua valenza
emancipativa e generativa, perché si dimostra in grado di offrire un particolare valore aggiunto alla metodologia di lavoro: la possibilità di ottenere da parte delle
persone interessate, in modo autonomo o attraverso stimoli, una rilettura riflessiva della propria esperienza, la capacità di attribuire senso a sentimenti, eventi, emozioni, la possibilità di ripensarsi in termini progettuali, prendere decisioni e da lì ripartire. La pratica, in questi contesti, vuole essere un invito per l’interlocutore a partecipare in modo attivo al percorso di cura, benessere, formazione in cui è coinvolto.
Anche all’interno delle stesse istituzioni scolastiche, formative, educative, sociali,
all’interno dei gruppi di lavoro, team progettuali, gruppi professionali o nelle organizzazioni di terzo settore e volontariato organizzato, si sta diffondendo la
formazione alla scrittura di sé per educare al pensiero autobiografico proprio chi ci
lavora, e beneficiare della sua valenza auto educativa e di apprendimento.
Per offrire un’idea, sintetica ma concreta, della metodologia autobiografica
all’interno dei percorsi formativi e di cura, spiega Lucia Portis215, possiamo immaginare due momenti principali: il primo, in cui ciascun partecipante scrive di sé in maniera autoriflessiva e un secondo, più negoziale, in cui si fanno interagire testi e i significati rivisti a livello di gruppo formativo. In questo modo ognuno fa esperienza autobiografica singolarmente ma raccontandosi agli altri, e nel confronto, nella
214 Ivi. Come vedremo dettagliatamente nel prossimo paragrafo, Demetrio descrive tali effetti nel suo testo L’educatore (auto)biografo, volume base per la formazione di quanti desiderano utilizzare il dispositivo
autobiografico o biografico all’interno della propria professione socioeducativa o formativa.
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condivisione, emergono sia aspetti che legano la sua storia ad uno specifico contesto sociale – storico - temporale, come anche aspetti che lo valorizzano nella sua unicità.
Le pratiche autobiografiche consistono, nel dettaglio, in due fasi.
Una prima fase che viene denominata di ricognizione autobiografica216, dove ogni
soggetto che intende scrivere di sé affronta un percorso introspettivo attraverso la forma della scrittura di sé, in forma autonoma, in coppia o in piccoli gruppi, secondo la specificità delle proposte. Durante questa fase ricognitiva, la scrittura può essere abbinata in modo creativo ad altre forme di espressione di sé per stimolare il soggetto: la musica, l’arte, la poesia, il teatro. D’altronde molti esperti in materia concordano che per raccontarsi “il binomio oralità/scrittura non esaurisce il medium a disposizione”217. L’autobiografia, di fatto, si serve di altri linguaggi e modi di espressione: dal silenzio al gesto, dal suono, all’immagine e allo sguardo, che vengono in aiuto là dove la parola non basta. Il pensiero abduttivo e immaginativo, l’uso delle metafore, accompagnano lo sguardo autobiografico verso l’espressione di quello che le parole non riescono a spiegare.
Nella pratica autobiografica, ovvero l’autonarrazione (scritta e/o orale) sollecitata dall’adesione a un percorso condotto da un esperto, è possibile, abbiamo detto, poter
coinvolgere nell’ascolto un eventuale interlocutore, ascoltatore o lettore. È altrettanto
importante precisare a tal riguardo che questa condivisione deve avvenire sempre nel
rispetto della volontà e nella libertà di ogni persona. Anche quando i percorsi
autobiografici sono intrapresi in forma di gruppo o vengono organizzati come dei laboratori, e si assiste ad un alternarsi tra lavoro individuale, a coppie (chi racconta/chi ascolta e viceversa) e partecipazione al gruppo, il tutto verrà concertato in un patto/contratto di adesione al percorso e alla condivisione.
Oltre alla prima fase di ricognizione, risulta molto importante dal punto di vista formativo la seconda fase di restituzione, il momento in cui le persone possono condividere le scritture col gruppo e con l’esperto. Questo tipo di condivisione aiuta a rielaborare, reinterpretare quanto scaturisce dalle scritture e dai racconti e permette, grazie alla riflessione, di beneficiare della ricchezza degli stimoli e degli apprendimenti maturati.
Da un’analisi successiva delle scritture ottenute è possibile cogliere alcune caratteristiche e giungere ad ulteriori interpretazioni oltre a quelle già scaturite: l’analisi permette di rintracciare tematiche, interrogativi, elementi ricorrenti o
216 Portis L, op. cit., pagg. 4-7.
217 Formenti L., La formazione autobiografica, op. cit. pagg. 4-7. É possibile trovare molti esempi di pratiche
autobiografiche e che abbracciano anche altre forme espressive nel testo di Laura Formenti: Formenti L., (a cura di), Attraversare la cura. Relazioni, contesti e pratiche della scrittura di sé, Centro Studi Erickson, 2oo9.
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mancanti, somiglianze, differenze tra le proprie scritture e quelle degli altri. È un percorso che porta all’apprendimento e all’arricchimento individuale e collettivo. Iniziamo ora a vedere più da vicino la declinazione pratica della metodologia autobiografica nei summenzionati contesti.