Capitolo 2 Il metodo autobiografico e la scrittura di sé
2.5 Scrivere di sé in autobiografia
2.5.2 Le forme narrative del genere autoreferenziale
All’interno delle modalità esplicative del genere autoreferenziale possiamo distinguere tra forma orale e scritta. Il genere orale prevede principalmente109:
l’autologia, una riflessione interiore fatta per sé stessi;
l’autobiologia, una riorganizzazione di salienze, passaggi, momenti cruciali della propria
vita che non segue necessariamente vincoli temporali;
il pensiero autobiografico, una rivisitazione dell’esperienza di vita nella sua interezza: in
pratica un’autobiologia condotta con metodo e continuità.
Per quanto riguarda il genere autoreferenziale scritto si distingue:
l’autografia, che contempla brevi scritture di sé;
l’autobiografia, che prevede dei veri e propri resoconti su di sé e sulla propria esperienza
presente o passata.
Rispetto al contenuto le scritture autobiografiche possono racchiudersi in due macro categorie principali110:
le scritture egografiche minori; le scritture egografiche maggiori.
La distinzione minore/maggiore non fornisce un giudizio di valore in merito al contenuto dei diversi tipi di scritture ma è riconducibile all’intenzionalità, allo scopo e alla diversa natura dell’impegno di chi si scrive. Demetrio, in questo senso, parla anche delle due tipologie nominando le prime scritture della contingenza, le seconde scritture dell’autodisciplina.
108 Formenti L., La formazione autobiografica, op. cit., pag. 71. 109 Bassa Poropat M.T., Chicco L., Amione F., op. cit., pagg. 48-49. 110 Demetrio D., La scrittura clinica, op. cit., pag. 2o8.
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Le scritture di sé si possono manifestare in una varietà di forme e registri: a volte possono intrecciarsi o rappresentare una l’innesto per lo sviluppo dell’altra. Non sono affatto riconducibili ad un unico genere narrativo, ma possono avere, secondo Demetrio, alcune caratteristiche comuni: “La presenza incessante, adombrata o gridata, della prima persona singolare; quel senso di autorialità che coincide con l’orgoglio, spesso dolente, di essere in grado di affiorare dall’anonimato (di ridarsi un nome, di reinventarlo scrivendo); il potere speciale di scuotere dal torpore, di uscire allo scoperto”111.
Nelle egografie minori, dette anche scritture episodiche di sé, l’autore utilizza prevalentemente il tempo presente e non presta particolare attenzione alla struttura del testo o alla sua destinazione sociale. Queste scritture possono essere ordinate dalla forma più semplice a quella più complessa in questo andamento piramidale112:
gli enagrammi autografici: modi elementari per rappresentare noi stessi, come disegni o
scarabocchi di cui siamo capaci anche da bambini;
i frammenti autobiografici: scritture brevi che, rispetto ai precedenti, utilizzano con
padronanza l’alfabeto e possiedono un preciso intento semantico, ovvero non intendono solo rappresentarsi ma ricavare reazioni, per esempio una cartolina, un biglietto affettivo;
lettere, missive e carteggi: forme considerate minori solo per il loro carattere diaristico
ed estemporaneo. Scritture che, spedite o consegnate a mano, recapitate o no, Demetrio definisce dense e complesse, utilizzate in ambito affettivo, amicale, amoroso o nel congedo, nel cordoglio;
scritture di autofinzione: chi scrive di sé e si espone in prima persona anche se altera
espressamente la propria rappresentazione, fornendo una descrizione che appartiene all’immaginario;
autoprofili: autodescrizioni fisiche e psicologiche, autoritratti che possono essere anche
ricompresi all’interno di scritture maggiori quali per esempio le confessioni o autobiografie.
Nelle egografie maggiori l’autore normalmente esprime il desiderio di ricostruire con l’aiuto della memoria ciò che ha vissuto, in maniera retrospettiva. Rispetto alle precedenti forme narrative, egli presta maggiore attenzione alla struttura narrativa del testo, specialmente nell’eventualità sia possibile una lettura da parte di terzi. Le egografie maggiori sono113:
le egopoesie: scritture e componimenti ricercati, redatti anche in stile lirico ma
necessariamente in rime o versi, che possono far emergere l’io autobiografico attraverso la mitizzazione di esperienze ed accadimenti;
111 Ibidem, pag. 9.
112 Ibidem, pagg. 208-209. 113 Ibidem, pagg. 210-213.
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il diario: narrazione di sé in cui l’autore sovente, o anche quotidianamente, annota tutto
ciò che esperisce, osserva, nota, pensa, considera. Essendo una scrittura legata al momento assomiglia più ad una cronistoria senza retrospezione. Una stesura diaristica affrontata con continuità può sollecitare anche la produzione di un’autobiografia;
le scritture d’esperienza: hanno il compito di concentrarsi su esperienze emblematiche di
vita quotidiana, familiare o professionale. Possono fornire spunti di riflessioni nelle occasioni formative che prevedono una metodologia autobiografica;
la confessione: forma narrativa autobiografica dalla funzione rivelatrice o espiatoria ( le
già richiamate Confessioni di S. Agostino e di Rousseau)114;
il memoriale: una scrittura retrospettiva che ripropone in sintesi, e non in forma
diaristica, un evento memorabile o un’esperienza particolare;
l’autobiografia: una ricostruzione cronologica del passato in cui l’autore rende conto
delle “stagioni della propria vita, dei vissuti pregnanti, delle vicissitudini, degli intrecci tra le diverse autobiografie di un’esistenza autonoma o tra loro interconnesse”115.
Nell’elencare i diversi tipi di scritture è possibile notare un certo ordine, dalla più alla meno semplice. La progressiva complessità di queste scritture, suggerisce Demetrio, può essere utilizzata, in ambito formativo, per proporre esercitazioni narrative via via più impegnative per chi si presta all’esercizio autobiografico.
Le egografie maggiori rispetto alle minori richiedono al soggetto un più intenso lavoro introspettivo, una pianificazione personale e una certa strutturazione della scrittura narrativa. L’autobiografia, ammette Demetrio, rappresenta l’apice della
scrittura di sé e si rivela un percorso che porta allo sviluppo personale.
Per quanto riguarda la differenza tra i generi narrativi autoreferenziali, quelli in forma orale, quali il discorso, il monologo, il soliloquio, secondo Bassa Poropat, Chicco, Amione116, difficilmente raggiungono il livello di complessità presente nella scrittura o l’intreccio tipico delle autobiografie. L’impalcatura narrativa propria della scrittura autobiografica permette di recuperare accadimenti lontani dal punto di vista spazio-temporale, riformulare ipotesi ed interpretazioni e permette al contempo di
proiettarsi nel futuro, esprimendo aspettative, speranze e previsioni.
Se nella modalità autobiografica orale si predilige normalmente la forma indicativa e il tempo presente, si utilizzano proposizioni semplici legate alla pragmaticità del discorso, nella scrittura personale invece si ricorre a forme più articolate del discorso, proposizioni subordinate, verbi al condizionale e al congiuntivo che
114 Bassa Poropat M.T., Chicco L., Amione F., op. cit., pagg. 48-49. La confessione è stata inaugurata da S.
Agostino come opera che traccia un cammino spirituale ma si è laicizzata con Rousseau acquistando una valenza sociale, come di un esercizio riflessivo applicato a se stessi.
115 Demetrio D., La scrittura clinica, op. cit., pag. 211. 116 Bassa Poropat M.T., Chicco L., Amione F., op. cit., pag. 51.
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permettono oltretutto all’autore di esprimere la potenziale apertura interpretativa di ciò che scrive. Scrivere, con le parole di Formenti, apre orizzonti di senso.
Normalmente si risponde con una narrazione di tipo orale ad una sollecitazione esterna, un invito a raccontarsi, mentre la scrittura personale pare maggiormente legata all’intenzionalità dell’autore di intraprendere un percorso autobiografico seppur breve o sporadico117.