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Capitolo 4 La pratica autobiografica come spazio di cura: tracce,

4.8 Lo strumento autobiografico e l’operatore

Ogni racconto sulla propria esperienza di vita che sia fatto in forma orale o scritta viene attraversato, si accennava, da una trama narrativa che permette di situarlo in un tempo e nella storia, in un contesto di vita e di relazione, all’interno di una collettività. Chi sollecita autonarrazioni e scritture personali ha il delicato compito, con l’aiuto del protagonista, di ricomporre le parti con il tutto, senza alterare il senso della storia, che appartiene in maniera esclusiva a chi si racconta.

Nel testo curato da Demetrio, Castiglioni illustra all’educatore/operatore/ricercatore una serie di preziose indicazioni per esercitare l’ascolto biografico e per una corretta conduzione del colloquio in profondità finalizzato, per esempio, alla raccolta di una

296 Ibidem, pagg. 79-80.

297 Rosa L., De Pasquale C., L’Autobiografia nella storia letteraria e in alcune applicazioni terapeutico- riabilitative, Rivista Formazione Psichiatrica e Scienze Umane, Anno XXVI n.1/2, 2oo5, pagg. 105-118.

298 Demetrio D., Da autobiografi a biografi, in Demetrio D. (a cura di), op. cit., pagg. 81-82. Le categorie sono: i biografemi (eventi fondamentali), i biosemantemi (attribuzioni di significato), i bionoemi (categorie per concettualizzare l’esperienza), i biomitemi (miti personali), i biotemi (temi principali, fili conduttori), i biocoinemi (immagini metafore figure per esemplificare racconto).

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storia di vita. Indicazioni sulle quali un operatore sociale, già esperto di tecniche di colloquio, setting e relazioni di aiuto, non potrà che trovarsi d’accordo.

L’esperta suggerisce al professionista di predisporre con cura tempi e spazi di ascolto per favorire un incontro dialogico con l’interlocutore, ispirare fiducia, allentare imbarazzi. Nell’interloquire, consiglia uno stile appropriato e rispettoso dell’altrui soggettività, una modalità né giudicante, né indagatrice nel porre le domande. Sottolinea l’importanza di cercare di gestire il distanziamento, curare il linguaggio, le

posture di sguardo e corpo300. Indicazioni operative, accorgimenti che l’operatore può utilizzare non solo nell’ascolto, ma nelle varie forme e modi in cui si relaziona con l’interlocutore, anche quando si tratta di interagire attraverso scritture personali ed altre forme espressive dell’identità.

Di fronte alle auto narrazioni orali/scritte, come anche nella rilettura delle elaborazioni e nelle restituzioni, il professionista, secondo la letteratura sull’approccio autobiografico, deve tenere un atteggiamento empatico301, evitare giudizi, modi direttivi o distaccati, mostrare disponibilità e una sensibile partecipazione. Atteggiamenti, tra l’altro, propri della formazione delle professioni di aiuto, quali sono l’assistente sociale, l’educatore, lo psicologo. Lo sguardo del professionista non deve concentrarsi solo sulla sfera strettamente individuale ma allargarsi e cogliere la ricchezza, il valore, il significato assegnato alle relazioni prossime, al reticolo sociale e familiare in cui il narratore/scrittore è inserito e di cui, se si osserva/ascolta con attenzione, c’è traccia nelle sue parole.

Già come si era anticipato con le parole di Formenti, si ribadisce che la ricostruzione dei racconti delle persone contemplata all’interno del lavoro di cura mediante le più diverse forme comunicative (il racconto orale o scritto, il disegno, il mimo, la recitazione, l’autovideonarrazione) implica, in primo luogo un’autoformazione da

parte del professionista302. L’approccio autobiografico prevede, infatti, la preventiva applicazione su di sé e l’opportuna conoscenza delle tecniche introspettive e riflessive che si vanno ad utilizzare con gli interlocutori, non solo per un corretto uso del metodo a loro beneficio, ma anche per l’effetto che tali pratiche e tali processi

sortiscono nel professionista stesso. Numerosi sono i rimandi, gli interrogativi, le

sensazioni e gli effetti sul piano personale di chi sollecita narrazioni altrui.

300 Ibidem, pagg. 88-97. Per un approfondimento della metodologia di analisi della storie di vita si può far

riferimento ad un testo basilare: Alheit P., Bergamini S., Storie di vita. Metodologia di ricerca per le scienze sociali, Guerini e Associati, Milano, 1996.

301 Santini V., Il metodo autobiografico come intervento formativo sull’anziano istituzionalizzato, op. cit.

302 Per un approfondimento consultare la scheda didattica presente on line dal titolo: L’Autobiografia in Educazione, dal racconto autobiografico al metodo autobiografico, http://www.didaweb.net/mediatori/articolo.php?id_vol=678, (ultima cons. 29/10/2015).

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L’operatore/educatore/formatore che utilizza tale strumento si confronta quotidianamente con molte storie, a volte anche difficili, e può incontrare spesso delle difficoltà a mantenere la giusta distanza tra la propria vita e quella che legge o ascolta. Un operatore sociale, in particolare, ben conosce il pericolo di sbilanciamenti

e disequilibri relazionali che vanno a scapito del processo di cura e di aiuto.

Mantenere saldo il contatto con la realtà, cercare il confronto e lo scambio con i colleghi sono misure essenziali, consigliano gli esperti, per evitare scivolamenti empatici o retropatici303, di identificazioni con l’esperienza personale.

Nel raccontarsi attraverso la forma scritta, prodotta in maniera autonoma o trascritta dall’operatore, la persona, come si è già visto, ha a disposizione un duplice livello di

riflessione permesso dalla scrittura: il primo nello sforzo di trascrivere e rielaborare

in forma scritta ricordi e pensieri; il secondo nella successiva rilettura dei testi, che permette una riflessione e un approfondimento ulteriori. Il professionista deve prestare attenzione e sollecitare queste capacità di scrittura personale se l’interlocutore è capace di condurle in forma autonoma e, qualora fosse investito della responsabilità di riportare le narrazioni, si prenderà cura di restituirle in modo più aderente possibile alle intenzioni del narratore. Come, infatti, esiste l’illusione di osservare al di fuori della soggettività, esiste la stessa illusione per la trascrizione biografica304. Il legame tra chi narra e chi racconta è stretto e pieno di rimandi e retroazioni, non si può pretendere di essere oggettivi in assoluto.

Il professionista che fa uso dell’autobiografia come supporto al processo di aiuto non copre la posizione di massimo esperto: il soggetto è l’unico che può trovare dentro di

sé le coordinate per il cambiamento e il miglioramento. Afferma a tal riguardo Bruno

Schettini: “Si tratta, per riprendere un concetto già espresso e caro alla ricerca antropologica ed etnologica, del "primato epistemico" del testimone-narratore sul ricercatore/professionista. […] in ciò è ravvisabile la dimensione formativa non direttiva dell'autobiografia”305.

Operatore e utente, tramite l’ascolto, la lettura, l’analisi di tipo autobiografico arriveranno alla conquista della trama narrativa, a rielaborare ricordi, contesti, abitudini mentali, al fine di trarre vantaggio e apprendere dalla propria esperienza, e in uno sfondo maieutico e pedagogico, maturare un pensiero progettuale.

303 Ibidem.

304 Fragomeni G., Marra I., La narrazione autobiografica come strumento di mediazione, in Proposta educativa n. 2/2010, Rivista on-line, disponibile all’indirizzo http://www.impegnoeducativo.it/MIEAC/vecchio- sito/www.impegnoeducativo.it/Upload/8dc3b3e7-d544-4525-866b-408798b1daf7.pdf, sito citato, pag. 58. 305 Schettini B., La pratica autobiografica come cura di sé lungo il corso della vita, abstract disponibile in http://www.didaweb.net/risorse/scheda.php?id=2979, (ultima cons. 4/10/2015).

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L’operatore che si avvale dell’autobiografia, vestendo i panni del biografo “sa già in partenza che nella narrazione autobiografica non c’è obiettività, ma il suo interesse è rivolto soprattutto alle modalità del racconto e ai significati attribuiti dal narratore al proprio vissuto”306. Si concentrerà, pertanto, sulle ricostruzioni di racconti e scritture con la consapevolezza che rappresentano tentativi di esplorazione interiore del tutto soggettivi e arbitrari, e non dimensioni oggettive e reali. Il luogo privilegiato dell’incontro tra operatore ed utente, afferma Demetrio, avviene “nello spazio intermedio tra realtà psichica e realtà fattuale, in cui prende forma l’artefatto autobiografico”307.

306 Cfr. Scheda didattica presente on line dal titolo: L’Autobiografia in Educazione, dal racconto autobiografico al

metodo autobiografico, http://www.didaweb.net/mediatori/articolo.php?id_vol=678, (ultima cons. 29/10/2015).

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Capitolo 5 La scrittura autobiografica e l’operatore