Capitolo 4 La pratica autobiografica come spazio di cura: tracce,
4.7 Aver cura delle storie di vita: cenni sullo strumento autobiografico all’interno
Come ho illustrato nella prima parte di questo elaborato, nel corso del XXI secolo la narrazione autobiografica, oltre ad essere una modalità di espressione, un modo per fissare la propria esperienza, uno mezzo di autoconoscenza e di comprensione, è divenuta anche un utile strumento a supporto di progetti di ricerca qualitativa287. Si ricorda in estrema sintesi che, rispetto ad indagini di tipo quantitativo volte a raccogliere e ricostruire dati e informazioni sui fenomeni a fini statistici, la ricerca
qualitativa288 rivolge la sua attenzione e le sue analisi ai processi che li hanno
provocati o influenzati, ai significati e alle interpretazioni di chi li ha vissuti. Si avvale anche di racconti e documenti personali, fotografie, video, testimonianze, per un’analisi di tipo descrittivo, integrandoli ad altre fonti (dati, informazioni). La raccolta “dati”, come anche l’osservazione, nell’approccio qualitativo, avviene sul campo, a contatto diretto con i soggetti e nell’ambito della vita quotidiana.
Il metodo autobiografico utilizzato per la ricerca narrativa, come per esempio la raccolta di storie di vita, grazie all’analisi dei testi verbali o scritti, permette di ricostruire la soggettività di chi si racconta, far emergere stili cognitivi, strategie della memoria, significati. Ecco perché trova applicazioni pratiche di ricerca nei campi educativo, sociale, psicopedagogico.
All’interno di progetti di ricerca qualitativa la raccolta di materiale auto narrativo (storie, scritture personali, biografie, racconti) non rappresenta solo un efficace strumento per aver cura della soggettività e dell’unicità del singolo, ma si rivela anche un modo per aver cura di una comunità289, di un territorio, per valorizzare le risorse,
le esperienze, riattivare memorie290, stringere legami sociali, costruire, tessere e creare reti solidali, evitare l’isolamento. Come esempio, tra molti, vado a citare il progetto promosso dal comune di Sant’Agata Bolognese (BO) Ricordati di me, laboratorio autobiografico per anziani inserito nel 2011 all’interno del Progetto E-
287 Si veda capitolo 1 di questa trattazione.
288 Per un approfondimento sulla ricerca di tipo qualitativo si consulti il testo Bernardi L., (a cura di), Percorsi di
Ricerca Sociale, op. cit., pagg. 41-76.
289 Un interessante contributo che spiega l’importanza della narrazione dal sé individuale al sé collettivo, inteso
come sistema di simboli condivisi, si trova in De Bortoli M., Viaggiar per mare sulle rotte dell’autobiografia, in Animazione Sociale, Studi, n. 3, marzo 2005.
290 Per un approfondimento si consulti il contributo di Tramma S., Memorie Individuali e collettive, in
Animazione Sociale n. 12, dicembre 2003. L’autore in questo contributo sottolinea l’importanza di tener conto sia delle ricadute sociali e territoriali sia della responsabilità insita nel condurre pratiche autobiografiche a livello collettivo, dall’esplicitazione dei valori sottesi al progetto al controllo degli esiti.
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care291 (una rete integrata di attività e servizi a sostegno di anziani fragili con problemi di autosufficienza, seguito dall’Ufficio di Piano del Distretto Pianura Ovest della provincia di Bologna). Grazie ad una serie di laboratori autobiografici gli anziani coinvolti nel progetto sono stati invitati a raccontare, partendo da materiale fotografico, frammenti di vita ed episodi del passato. Il prezioso materiale raccolto è stato ripreso ed infine montato a fine di organizzare una video proiezione pubblica, a beneficio, valorizzazione, orgoglio dell’intera comunità.
Gli strumenti di ricognizione292 principali del metodo autobiografico all’interno di un approccio qualitativo sono, in sintesi, l’intervista semi-strutturata e/o in profondità: tecniche che, in maniera non direttiva ma aperta, permettono di far emergere vissuti cognitivi ed emotivi dell’interlocutore ed aiutano a ricostruire in maniera riflessiva la storia della persona, senza pretendere di inquadrarla in alcuna griglia predefinita. Chi utilizza lo strumento ed ascolta i racconti potrà, con alcuni accorgimenti, mitigare l’asimmetria che si viene a creare nell’esplorazione. L’attenzione del conduttore/ricercatore/operatore che sollecita il racconto andrà rivolta alla comunicazione verbale e a quella non verbale293, agli aspetti diurni (spontanei, espliciti) e a quelli notturni (impliciti, liminari) della narrazione.
Il problema dell’obiettività del metodo, di cui vengono spesso accusate le tecniche di tipo qualitativo, quindi anche le auto narrazioni, si risolve nell’evidenza del maggior interesse da parte del professionista che utilizza la metodologia autobiografica ai
modi e ai significati della narrazione che non all’aderenza dei particolari alla realtà.
Nel testo L’educatore (auto)biografo294 Demetrio raccoglie una serie di contributi di
esperti sulla pratica autobiografica e biografica ed offre, al professionista che si trova ad utilizzare tali strumenti all’interno del proprio ambito professionale, una serie di indicazioni metodologiche e teoriche di estremo interesse sul materiale auto narrativo. Riporto, a tal riguardo, una serie di tratti significativi per questo lavoro.
L’autoritratto che emerge dai racconti e che il professionista (educatore, operatore) nei panni di uno scrivano attento295 va a ricostruire in senso biografico, è pur sempre il manifestarsi di un’identità in ricerca, manifestando la portata educativa, auto formativa
291 Malvi C., Ferri M., Pozzoli L., Ascoltare e far incontrare gli anziani, Prospettive Sociali e sanitarie n. 15/2001,
pagg. 6-9.
292 Tussi L. La Metodologia Autobiografica: le relazioni di ascolto nel racconto e le tecniche di ricognizione, “Il
Dialogo” periodico on line, anno VIII, articolo del 26/04/2004 disponibile all’indirizzo http://www.ildialogo.org/cultura/metoautobio26042004.htm, (ultima cons. 29/10/2015).
293 Watzlawick, P., Beavin J. H. e Jackson D., Pragmatica della comunicazione umana, Roma, Astrolabio, 1971,
pagg. 40-61.
294 In particolare per redigere questo paragrafo ho fatto riferimento in maniera sintetica ai seguenti contributi del
testo: Demetrio D., Da autobiografi a biografi, pagg. 69-83 e Castiglioni M., L’ascolto Biografico, in Demetrio D. (a cura di), L’educatore autobiografico, Edizioni Unicopli, Milano, 1999, pagg. 85-99.
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del raccontarsi. L’autoriflessione provocata dall’esercizio autobiografico è per il narratore promessa di un ulteriore apprendimento e di sviluppo cognitivo296.
L’incontro in cui viene la narrazione è, per i due soggetti, un percorso relazionale. Ecco perché occorre chiarire scopi, tempi, modi del procedere e del rapportarsi.
Dopo aver trascritto la storia e/o raccolto le scritture personali, l’operatore passerà ad
analizzare le narrazioni/scritture, appropriandosi dei testi ed annotando impressioni su
temi, modi, strutture delle narrazioni.
Di fronte al testo l’attenzione verrà prestata a diversi livelli strutturali297: il livello degli eventi (cosa succede nel tempo di vita); quello simbolico (rappresentazione degli eventi e attribuzione di significato); e quello salienze tematiche, (evidenziare temi importanti). Sarà poi opportuno procedere a rilevare nel racconto le ricorsività non solo dal punto di vista tematico ma anche linguistico: temi frequenti, momenti cruciali, modalità espressive ed argomentative, frasi/parole chiave. Nel testo Demetrio indica alcune categorie298 che possono facilitare l’analisi e la ricostruzione narrativa.
Particolare attenzione andrà, infine, alla decodifica di assenze e/o presenze nel testo di particolari nodi, come anche all’evidenza di pause, spazi, silenzi rispetto a certi temi o il trasparire di emozioni relative a certi eventi.
In sintesi, dinanzi alle storie di vita e alle scritture personali, il professionista deve interpretare come il narratore organizza la trama, che secondo Micaela Castiglioni, è quella che “dà coerenza alla vicenda umana”299.