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Capitolo 2 Il metodo autobiografico e la scrittura di sé

2.7 La scrittura come ricerca di senso: l’autobiografia

Le scritture autobiografiche possono nascere spontaneamente e dipendere dalla libera iniziativa della persona oppure possono essere sollecitate, incentivate, richieste, guidate attraverso appositi percorsi, progetti, laboratori, come vedremo. In autobiografia ciascuno diventa soggetto di una ricerca, la propria. Si risulta oggetto del proprio narrarsi.

Rispetto al contenuto, in qualsiasi forma esso si presenti, una breve scrittura, un verso, un racconto, ciò che viene riportato dalla penna si basa su ciò che si è esperito coi sensi, ciò che ognuno di noi ha incontrato, avvicinato, sentito vivendo, senza perdere il legame con il mondo reale. L’autobiografia non è una storia immaginaria o di fantasia di un uomo o una donna “bensì il resoconto - non solo fattuale, non solo cronologico o auto celebrativo, ma sinceramente trascritto - di quanto costoro sostengono di aver realmente vissuto in quanto protagonisti”127.

Non si scrive solo per un motivo estetico, ma per capire qualcosa di sé che altrimenti sarebbe difficile apprendere. Alla scrittura di sé preme “ricordare non per fatti, quanto piuttosto per significati tratti dall’esperienza, e quindi per riflessioni”128. La scrittura autobiografica invita a porsi delle sincere domande di senso su ciò che si vive o si è vissuto. Ciò che scaturisce è legato al significato assegnato da chi scrive. Nessun racconto di un episodio o fatto vissuto, anche se condiviso con qualcuno, sarà

125 Demetrio D., Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé, op. cit., pag. 72. 126 Ivi, pag. 73.

127 Demetrio D., La scrittura clinica, 2008, op. cit., pagg. 222-223. 128 Demetrio D., Raccontarsi, op. cit., pag. 72.

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mai uguale a quello prodotto da un altro: è inevitabile che possano essere presenti alterazioni dovute alla memoria personale o a percezioni, sensazioni soggettive.

La scrittura di sé può rappresentare un luogo in cui si è liberi di cercare un senso, il cui prodotto non va sottoposto a controlli di verità proprio perché non venga meno la natura libera dell’esperienza autobiografica. Scrivere di sé è un modo per occuparsi della propria vita senza preoccuparsi di quello che possono obiettare gli altri129.

Lo scavo interiore della scrittura autobiografica porta alla luce ricordi, circostanze positive o gratificanti; fa riemergere anche fatti meno piacevoli, solleva dubbi ed incertezze, mette davanti a noi i cambiamenti avvenuti. Ci aiuta anche ad affrontare e provare ad accettare eventi e circostanze faticosamente accettabili.

Che si tratti di una scrittura breve o di realizzare un’autobiografia ciò che conta, afferma Demetrio, è perseguire in autonomia il proprio progetto. Non esistono una motivazione o una forma migliore di altre. “Si ricorda per mettere ordine nella propria casa interiore, senza fretta e ossessione”. Se il gioco rievocativo diviene troppo fastidioso o forzato, è bene lasciare stare, ammonisce Demetrio, perché un gioco non può privare la persona della libertà.

Lo scrivere autobiografico non deve rispecchiare per forza fedelmente la descrizione precisa degli eventi vissuti, né seguire la coerenza precisa e formale dei fatti narrati, ma concentrarsi sulla “verità emotiva su di essi”130.

Lo scopo ultimo di un percorso autobiografico completo, secondo Demetrio, quello di arrivare, attraverso più occasioni e varie forme e registri narrativi, alla costruzione di un romanzo dell’io131. Un cammino che l’autore definisce errante, poiché suscita

continui interrogativi su di sé e sulla propria vita e un continuo desiderio di far chiarezza. Un percorso che soprattutto richiede impegno, fatica, coraggio e metodo. Demetrio fornisce una serie di importanti elementi che fungono da stimolo nel

comporre la nostra storia: note di vita e appunti, confessioni, ammissioni, sfoghi,

aforismi, scene cruciali, dialoghi interiori, sequenze esperienziali, riassunti esistenziali, auto-presentazioni, esami di sé, crittogrammi, lettere, biglietti, mail. Attraverso la metodologia autobiografica, grazie a meccanismi cognitivi quali la retrospezione e l’introspezione, abbiamo visto, la persona interessata a raccontarsi cerca nella propria memoria, astrae, valuta, problematizza. Dopodiché, per mezzo di quell’operazione cognitiva che Demetrio denomina riconnessione veridica132, può

129 Ibidem, pag. 221.

130 Ibidem, pag. 229. 131 Ibidem, pag. 219. 132 Ibidem, pag. 228.

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ricomporre quanto è emerso in un’autobiografia, affinché assomigli a un romanzo individuale.

Per quanto riguarda la scelta di quello che il soggetto intende includere o meno nel percorso autobiografico, Demetrio propone una serie di temi esistenziali topici, conosciuti anche come ologramma autobiografico. Si tratta delle dimensioni dell’esistenza umana che danno corpo e completezza ad un’autobiografia: i valori, le stagioni, gli stati d’animo, i luoghi, le figure, gli enigmi, le riflessioni, i sensi, i fatti. Nel testo La Scrittura Clinica Demetrio li riporta nel dettaglio133:

percezioni sensoriali e fisicamente salienti (l’onere della corporeità); stati d’animo (l’onere dell’emotività);

stagioni, periodi e fasi, non necessariamente rispettando cronologie e antefatti (l’onere temporale);

luoghi nei quali si sia vissuto (l’onere spaziale);

accadimenti: esito delle proprie scelte per decisioni assunte o perché decisi, condizionati, in balia degli eventi (l’onere degli accadimenti apicali);

figure portanti e significative che hanno determinato la sua esistenza (l’onere relazionale);

valori agli orientamenti di senso, alle credenze (l’onere etico);

riflessioni sulle conseguenze delle proprie azioni, sui vissuti emozionali, sulle conseguenze di taluni eventi (l’onere interpretativo e simbolico);

enigmi connessi ai momenti inspiegabili e oscuri dell’esistenza, non solo autobiograficamente connotati (l’onere filosofico o religioso).

Perché si possa definire un’autobiografia completa, lo scrittore viaggerà tra questi temi e dimensioni intrecciando nessi, differenze, analisi, interpretazioni, riflessioni,

tracciando così un profilo esistenziale di sé stesso134.

2.7.1. Scrivere per conoscersi e farsi conoscere

Capita a tutti, esordisce Demetrio in Raccontarsi, di sentire il bisogno, l’esigenza di scrivere di sé, raccontare la vita trascorsa perché non venga dimenticata. Ci si accorge di essere protagonisti di una storia e di volerla raccontare o di volere anche solo fissare alcuni episodi, ricordi, esperienze in alcune righe. Scrivere di sé non è un semplice desiderio interiore di riportare tracce del passato ma è una sensazione, una presenza che ci accompagna, dice Demetrio, per il resto della nostra vita. Il metodo

133 Ibidem, pag. 242.

134 Ibidem, pag. 243: profilo esistenziale che potrà ottenere grazie ad un percorso di tipo autoanalitico oppure di

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autobiografico rende, tramite la ricognizione, la storia di ciascuno visibile ai suoi occhi, riaffidandola nelle mani del legittimo proprietario135.

Per costruire la propria autobiografia, un percorso unitario della propria esistenza,

occorre prima di tutto, dice Demetrio, identificare e cercare di riportare nel racconto

le cose136 che ci hanno permesso di essere quello che siamo divenuti oggi.

Testimonianze visibili di ciò che abbiamo vissuto, dei molti io che siamo stati: cartoline, fiori secchi, conchiglie, biglietti dei mezzi di trasporto, ricordi di un viaggio. Fatti ed eventi accaduti, esperienze da tenere o da dimenticare, cose entrate nel nostro spazio che hanno per noi un valore, indipendentemente dalla loro bellezza o funzione. La dimensione identitaria è fatta anche di tutte queste cose137.

In una specie di monologo interiore il pensare autobiografico si serve della memoria in maniera selettiva plasmandola memoria come fosse argilla138. La memoria autobiografica rievoca, ricorda, rimembra, recupera alcuni ricordi, episodi, sensazioni, frammenti di ciò che siamo stati, attribuendo loro nuova vita. L’autobiografia scava dentro noi stessi e fa emergere quanto ha assunto valenza e

significato, ha rappresentato un momento cruciale, decisivo per il nostro percorso.

Permette di reinterpretarci alla luce del presente e ci proietta nel futuro.

Grazie alla pazienza dell’io tessitore, con la scrittura autobiografica si crea un legame tra ciò che siamo stati, ciò che siamo mentre ci raccontiamo, e ciò che vorremmo essere. Raccontandoci identifichiamo coerenze, discontinuità, desideri, cose che abbiamo lasciate in sospeso, riflettiamo sulla nostra vita. Scrutare nel passato, cercare una unità personale e scoprire invece la nostra molteplicità139, serve a

comprendere chi e cosa si è diventati.

Lo scrivere autobiografico è un metodo per scoprirsi, conoscersi, farsi conoscere.

Guardando al processo, generalmente quando ci racconta si collocano gli eventi e i

ricordi in maniera diacronica secondo la cronologia del tempo, seguendo linee

temporali che scandiscono passaggi salienti della vita di ciascuno. In alcune occasioni la memoria agisce, specialmente nel richiamare traumi e momenti cruciali, allineando gli eventi a seconda che siano avvenuti prima o dopo quella particolare esperienza, proprio per il fatto che ci ha segnati. La persona in autobiografia può quindi ricomporre i ricordi140 e la sua esperienza in sequenze, in base all’ordine

135 Demetrio D., Raccontarsi, op. cit., pagg. 9-10. 136 Ibidem, pag. 110.

137 Ivi.

138 Demetrio D., La scrittura clinica, 2008, pag. 220. 139 Demetrio D., Raccontarsi, op. cit., pag. 20. 140 Ibidem, pagg. 113-117.

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cronologico, in insiemi, in relazione e in confronto al contesto, gruppo, società di appartenenza; può ordinarli secondo pregnanze e varianze rispettivamente in base alla significatività e rilevanza che hanno assunto o alla portata e genere di mutamento provocato nel percorso di vita.

I grossi temi dell’esperienza umana presenti in autobiografia sono: l’amore, il lavoro, l’ozio e la morte. Dimensioni che si intrecciano nella storia di vita.

Scavando e riscavando attraverso la scrittura autobiografica impariamo a prendere le distanze da noi stessi, da ciò che siamo stati e abbiamo provato. Un distanziamento che non è solo cognitivo ma anche emotivo. Osserviamo tutto ciò come fosse successo ad un’altra persona. E se lo sdoppiamento ci facesse temere di perderci, il rimedio, insegna Demetrio, per non cedere al panico, è esercitarsi, imparare a sdoppiarsi e moltiplicarsi141. Perché la scrittura autobiografica non sia un elenco di tracce ma un’esperienza di scoperta, occorre essere consapevoli che alcuni ricordi verranno soffocati da altri, altri emergeranno per via delle emozioni. L’invito è ad avere coraggio e sforzarsi di lasciare questa foschia, non colmare razionalmente questi buchi.

Le parole hanno il potere di rievocare il vissuto, le emozioni, gli affetti, le perdite, ricreare i contesti. Nella scrittura la persona può simulare una sorta di seconda nascita, spiega Demetrio citando Aldo Giorgio Gargani142. È la nascita che noi ci diamo raccontando la nostra storia, ridefinendola con lo stile con cui oggi ci conosciamo e chiediamo di essere compresi dagli altri.

141 Ibidem, pag. 82.

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Capitolo 3 La scrittura di sé come cura e spazio per