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L’autorizzazione paesaggistica

L’ATTUALE SISTEMA DI TUTELA DEI BENI CULTURALI E DEL PAESAGGIO NEL “CODICE URBANI”

7. L’autorizzazione paesaggistica

Il Capo IV della Parte III del Codice (artt. 146-155) delinea un sistema di gestione e controllo dei beni sottoposti a tutela paesaggistica che è in particolar modo caratterizzato dalla previsione di uno specifico provvedimento amministrativo denominato “autorizzazione paesaggistica”, il cui rilascio è necessario affinché i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo dei beni tutelati possano compiere interventi sugli stessi. È dunque questo l’effetto giuridico principale derivante dall’imposizione dei vincoli paesaggistici: la nascita dell’obbligo per i soggetti sopraindicati di ottenere dall’amministrazione competente (Regione o enti delegati) tale provvedimento autorizzatorio per procedere agli interventi. La mancata osservanza di tale obbligo determina l’applicazione delle sanzioni amministrative e penali contenute nella parte IV del Codice, su cui torneremo più avanti. In ogni caso gli interventi apportati non possono comportare la distruzione dei beni vincolati o la modificazione degli stessi che sia pregiudizievole dei valori paesaggistici oggetto di protezione; questo divieto assoluto è posto dal comma 1 dell’art.146, e in tal caso

58 Per questo paragrafo sono stati consultati: N. AICARDI, art. cit., pp. 81-97, P. URBANI, S. CIVITARESE MATTEUCCI, Diritto Urbanistico. Organizzazione e rapporti, Torino, Giappichelli, 2013, pp. 235-239, G. C. MENGOLI, Manuale di diritto urbanistico, Milano, Giuffrè, 2014, pp. 491- 503

l’autorizzazione non potrà ovviamente essere rilasciata. Il Codice, all’art.149, specifica anche tre tipologie di interventi per cui non è richiesto il rilascio di autorizzazione paesaggistica. Questi sono:

a) gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici;

b) gli interventi inerenti l'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l'assetto idrogeologico del territorio;

c) il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste indicati dall'articolo 142, comma 1, lettera g), purché previsti ed autorizzati in base alla normativa in materia.

Si tratta, come si può vedere, di interventi che potremmo definire necessari ai fini di conservazione, protezione, valorizzazione di beni tutelati e anche per lo svolgimento di attività economiche, per i quali la previsione dell’obbligo di rilascio di autorizzazione paesaggistica potrebbe creare inutili ritardi e conseguenti pregiudizi per l’esecuzione delle opere indicate. Il Codice specifica comunque che in ogni caso l’esenzione dall’obbligo di rilascio di autorizzazione è legato all’assenza negli interventi indicati di qualsiasi impatto negativo sui valori estetici ed ambientali dei beni protetti. Nel 2017 si è assistito ad un consistente ampliamento degli interventi consentiti senza obbligo di autorizzazione, indicati nell’allegato “A” del decreto del Presidente della Repubblica n.31 del 13 febbraio 201759. A

ben vedere però le 31 nuove tipologie di interventi consentiti consistono, più che in un ampliamento, in una specificazione delle originarie tre categorie previste dal Codice. Per esempio gli interventi consentiti sugli edifici sottoposti a tutela paesaggistica indicati dalla lettera a) del comma 1 dell’art.149 sono stati meglio precisati e solo in parte estesi; nel d.P.R. 31/2017, volendo riassumere molto brevemente, vengono esplicitamente consentiti senza previa autorizzazione interventi che vanno dall’eliminazione di barriere architettoniche all’installazione di pannelli solari o di elementi quali tende, pedane ed elementi ombreggianti

59 “Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata”, pubblicato su G.U. n.68 del 22 marzo 2017

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che possano migliorare l’aspetto di strutture turistico-ricettive. E ancora: interventi di consolidamento statico e opere interne che modifichino la destinazione d’uso degli edifici, fino alla fedele ricostruzione di edifici distrutti da calamità naturali. Quanto al limite entro cui questi interventi sono ora consentiti, esso è rimasto sostanzialmente invariato rispetto a quello indicato dal Codice. La condizione generale rimane infatti la non alterazione dello stato dei luoghi e del valore estetico degli edifici. Per quel che riguarda gli interventi diversi da quelli che sono stati indicati finora, il rilascio del provvedimento di autorizzazione è invece necessario. Vediamo ora in particolare il procedimento che porta all’emanazione dello stesso ed i soggetti coinvolti. Anzitutto, va ricordato che prima dell’entrata in vigore del Codice il procedimento di autorizzazione era disciplinato dalla “Legge Galasso” del 1985 secondo uno schema poi confluito nel Testo Unico 490/1999. Tale disciplina è rimasta poi sostanzialmente invariata, con modifiche di non eccessiva rilevanza, nel regime transitorio indicato dall’art.159 del Codice, applicato fino al 31 dicembre 2009 e più in generale a tutti i procedimenti di autorizzazione paesaggistica che a quella data ancora non si erano conclusi con l’emanazione del provvedimento. Schematicamente, tale disciplina prevedeva l’inoltro ad opera dei soggetti interessati della domanda di autorizzazione alla Regione, la quale poteva provvedere direttamente al rilascio oppure delegare tale funzione ad enti diversi, in specie ai Comuni. Nel caso in cui nei sessanta giorni successivi alla domanda la Regione o l’ente delegato non avesse provveduto al diniego o al rilascio dell’autorizzazione, il richiedente poteva inoltrare la domanda direttamente al Ministero, il quale avrebbe dovuto provvedere entro i successivi sessanta giorni dal ricevimento della relativa documentazione. Al Ministero, nello specifico alle Soprintendenze, era inoltre attribuito il potere di annullamento per motivi di legittimità dell’autorizzazione. L’autorizzazione con la relativa documentazione doveva infatti essere obbligatoriamente trasmessa alle Soprintendenze che potevano esercitare tale potere successivo di annullamento entro sessanta giorni dalla ricezione degli atti. L’attuale procedimento è invece disciplinato dall’art.146 del Codice e uno degli elementi di novità più rilevanti rispetto al precedente regime è proprio la scomparsa del potere successivo di annullamento attribuito alle Soprintendenze. Tuttavia il ruolo dell’amministrazione statale e in specie delle Soprintendenze continua ad essere rilevante

ed ha assunto oggi carattere prevalentemente endoprocedimentale. Le stesse, come vedremo, sono ora chiamate a rilasciare il proprio parere nel corso del procedimento di autorizzazione paesaggistica, compiendo una valutazione che non si limita più, come in precedenza, ai soli profili di legittimità dell’autorizzazione, estendendosi anche al merito. Ma andiamo con ordine. Il soggetto competente in via principale al rilascio dell’autorizzazione rimane la Regione, che si deve avvalere per l’esercizio di questa funzione di “propri uffici dotati di adeguate competenze tecnico-scientifiche e idonee risorse strumentali” (art.146, comma 6, primo capoverso). Tuttavia, come già previsto in precedenza, le Regioni possono, nell’ambito dei rispettivi territori, delegare la funzione a Comuni, Province, enti parco e forme associative e di cooperazione fra enti locali (es. Unioni di Comuni), purché gli enti delegati “dispongano di strutture in grado di assicurare un adeguato livello di competenze tecnico- scientifiche nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia” (art.146, comma 6, secondo capoverso)60. Le Regioni, una volta delegata eventualmente tale funzione,

dovranno accertare la presenza dei requisiti richiesti negli enti delegati e monitorarne la permanenza per tutta la durata della delega. Se gli enti delegati non dovessero più essere in possesso di tali requisiti, la delega andrebbe a decadere e il potere autorizzatorio tornerebbe in capo alla Regione. Questo meccanismo di spostamento o ritorno verso l’alto della delega è un esempio di ciò che viene definito in dottrina “azionamento dell’ascensore della sussidiarietà”, presente, ad esempio, nella legge regionale n.23 del 2009 dell’Emilia- Romagna61.

Tornando al procedimento vero e proprio, i soggetti interessati (proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo dei beni tutelati) devono presentare alle amministrazioni competenti (come visto, Regioni o gli altri enti cui può essere conferita la

60 I soggetti cui sono delegate le competenze in materia di autorizzazione paesaggistica si avvalgono, per alcuni procedimenti autorizzatori, del supporto delle Commissioni locali per il paesaggio previste dall’art.148 del Codice. Tali Commissioni, composte da soggetti con particolare, pluriennale e qualificata esperienza nella tutela del paesaggio, sono istituite su impulso della Regione che ne disciplina anche il funzionamento.

61 P. MARZARO, L’autorizzazione paesaggistica. Riflessioni sulla gestione del vincolo a margine della

l.r. Emilia-Romagna 23/2009, in “Istituzioni del Federalismo. Rivista di studi giuridici e politici”,

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delega) la richiesta di autorizzazione comprendente il progetto degli interventi che si intendono intraprendere (art.146, comma 2) e la documentazione a corredo del progetto. Tale documentazione “è preordinata alla verifica della compatibilità fra interesse paesaggistico tutelato ed intervento progettato” (art.146, comma 3). Alla richiesta deve dunque essere allegata una “relazione paesaggistica” in cui devono essere indicati lo stato attuale del bene, gli elementi di valore paesaggistico presenti nel bene, le trasformazioni che si intendono apportare e il relativo impatto sul paesaggio. Nel caso in cui la documentazione trasmessa dagli interessati sia carente, è potere-dovere dell’amministrazione richiedere le necessarie integrazioni ed eventualmente svolgere accertamenti. L’amministrazione cui è inoltrata la richiesta, una volta valutata la compatibilità paesaggistica dell’intervento, deve trasmettere alla Soprintendenza, nel termine di 40 giorni dall’inoltro della domanda, una relazione tecnica illustrativa dei motivi per cui si dovrebbe procedere al rilascio o al diniego dell’autorizzazione, corredata di tutta la relativa documentazione. Contestualmente alla trasmissione di questi atti l’amministrazione deve dare comunicazione di avvio del procedimento al soggetto richiedente, ai sensi della legge sul procedimento amministrativo. La trasmissione degli atti alla Soprintendenza è obbligatoria, in quanto ai sensi dell’art.146, comma 6, la Regione (o ente delegato) prima di pronunciarsi sull’istanza di autorizzazione deve acquisire il parere dell’organo ministeriale, che è obbligatorio e, in taluni casi, vincolante. Il parere non è vincolante quando siano già state approvate le prescrizioni d’uso del bene tutelato per effetto della dichiarazione di notevole interesse pubblico o in sede di pianificazione paesaggistica, in quest’ultimo caso quando vi sia stata la positiva verifica, da parte del Ministero su richiesta della Regione interessata, dell’adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni e prescrizioni del piano paesaggistico; in altre parole, quando si sia già proceduto alla “vestizione” del vincolo. In tali casi il ruolo del soggetto titolare del potere autorizzatorio risulterà essere centrale rispetto a quello dell’amministrazione statale, il cui parere potrà essere disatteso con adeguata motivazione. Con la piena messa a regime del sistema di tutela paesaggistica, quindi, i casi in cui alla Soprintendenza sia richiesta l’emissione di un parere vincolante diverrebbero di carattere residuale. Nei casi in cui il parere in esame abbia natura vincolante

e non meramente consultiva, questo acquisisce una autonoma capacità lesiva della sfera giuridica del destinatario del provvedimento e per questo motivo è considerato di per sé impugnabile in sede giurisdizionale (T.A.R. Umbria, Perugia, Sez. I, 16 gennaio 2013, n.11)62. Il parere è emesso dalla Soprintendenza, ai sensi del comma 8 dell’art.146,

“limitatamente alla compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifica disciplina di cui all'articolo 140, comma 2 (e cioè quella contenuta nella dichiarazione di notevole interesse pubblico)”, nel termine di 45 giorni decorrenti dal momento della ricezione degli atti. In caso di inerzia della Soprintendenza l’amministrazione competente ha la possibilità di indire una Conferenza di Servizi che dovrà pronunciarsi entro i successivi 15 giorni63. In ogni caso, decorsi 60 giorni dalla data di ricezione degli atti senza

che la Soprintendenza abbia espresso il proprio parere, l’amministrazione competente provvederà sulla domanda di autorizzazione (art.146, comma 9). Nel caso in cui invece il parere sia correttamente rilasciato e trasmesso all’amministrazione, questa dovrà provvedere nel termine di 20 giorni dalla ricezione del parere e, nel caso in cui questo abbia natura vincolante (art.146, comma 8, ultimo periodo), in conformità allo stesso. Sempre nel caso in cui il parere sia vincolante è inoltre previsto che la Soprintendenza debba, in caso di esito negativo degli accertamenti di compatibilità paesaggistica dell’intervento progettato, comunicare agli interessati il preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell’articolo 10- bis della legge 241/1990. Una volta trascorsi i termini di legge per l’emanazione del provvedimento, il comma 10 dell’art.146 dispone che l’interessato possa richiedere in via sostitutiva il rilascio dell’autorizzazione alla Regione, che può provvedere anche nominando un commissario ad acta. Questo ovviamente nel caso in cui la Regione abbia delegato ad altro ente il potere autorizzatorio; se è la Regione stessa ad essere inadempiente, la richiesta di rilascio in via sostitutiva sarà invece presentata alla Soprintendenza. Ai fini di pubblicità del provvedimento, i commi 11 e 13 dell’art.146 prevedono che le autorizzazioni

62 G. C. MENGOLI, op. cit., pp.508-509

63 Se il parere ha natura obbligatoria ma non vincolante l’amministrazione competente, trascorsi inutilmente i 45 giorni prescritti, provvederà comunque sulla richiesta, ai sensi dell’ultimo periodo dell’art.146, comma 5.

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paesaggistiche e i pareri rilasciati debbano essere trasmessi senza indugio a tutti gli enti interessati e che delle autorizzazioni sia tenuto un elenco presso ogni amministrazione competente al rilascio delle stesse e che tale elenco sia da aggiornarsi periodicamente. Le autorizzazioni paesaggistiche sono impugnabili (art.146, comma 12), con ricorso al T.A.R. o con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, non solo dai diretti interessati ma anche da qualsiasi soggetto pubblico o privato che vi abbia interesse, oltre che dalle associazioni ambientaliste individuate ai sensi dell’art.13 della legge 349/198664

(“associazioni portatrici di interessi diffusi in materia di ambiente e danno ambientale”), legittimate d’altronde ad agire in via generale avverso qualsiasi provvedimento lesivo in modo diretto e immediato di interessi ambientali. Avverso le sentenze e le ordinanze del T.A.R. può essere proposto appello anche dai soggetti che non abbiano presentato ricorso in primo grado. Per chiudere il discorso relativo al procedimento “ordinario” di autorizzazione paesaggistica dobbiamo accennare infine a quanto previsto dall’art.147 del Codice in relazione alle autorizzazioni per opere da eseguirsi da parte di amministrazioni statali. In realtà qui il discorso è piuttosto semplice: in questo caso si procederà al rilascio dell’autorizzazione previa Conferenza di Servizi. Per il resto, a corredo dei progetti delle opere suddette è sempre richiesta la necessaria documentazione “preordinata alla verifica della compatibilità fra interesse paesaggistico tutelato ed intervento progettato” (art.146, comma 3). Il comma 3 dell’art.147 prevedeva, in aggiunta, che per la realizzazione di “opere di difesa nazionale che incidano su immobili o aree sottoposti a tutela paesaggistica”, il Ministero dei Beni Culturali dovesse, d’intesa col Ministero della Difesa, individuare “le modalità di valutazione congiunta e preventiva della localizzazione” di tali opere, tramite decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da approvare entro sei mesi dall’entrata in vigore del Codice.

Abbiamo dunque analizzato il procedimento ordinario per il rilascio di autorizzazione paesaggistica e, in precedenza, i casi di interventi per cui non è richiesta l’autorizzazione stessa (già previsti nell’originaria versione del Codice e poi estesi per effetto del d.P.R.

64 Dal titolo “Istituzione del Ministero dell'Ambiente e norme in materia di danno ambientale”, di cui si è trattato anche in cap. I § 6

31/2017). Esiste poi una “via di mezzo” consistente nella c.d. “autorizzazione semplificata”, introdotta dal decreto del Presidente della Repubblica del 9 luglio 2010, n.13965 e poi

riformata dal decreto 31/2017 che ne detta la nuova disciplina all’art.3 e agli artt. 7-13. L’autorizzazione semplificata riguarda gli interventi di “lieve entità” (espressione già utilizzata nel decreto del 2010) sui beni vincolati. Tali interventi sono specificati oggi nell’allegato “B” del decreto 31/2017. L’ulteriore semplificazione attuata con quest’ultimo decreto riguarda molti aspetti del procedimento: la trasmissione della necessaria documentazione avviene ora esclusivamente per via telematica ed è inoltre predisposto un modello unificato di istanza di autorizzazione, il termine per la conclusione del procedimento è ridotto ad un massimo di 60 giorni66 e, soprattutto, mentre in precedenza era previsto che l’amministrazione dovesse

verificare in via preliminare la compatibilità urbanistica ed edilizia dell’intervento progettato, ora è richiesto che tale verifica di compatibilità dell’intervento avvenga con riguardo alla specifica disciplina d’uso del bene tutelato indicata o nel provvedimento di vincolo o nel piano paesaggistico. Ancora una volta dunque assume rilievo il carattere “vestito” dei vincoli cui più volte si è fatto riferimento.

In conclusione di questo discorso relativo al provvedimento di autorizzazione paesaggistica, non resta che analizzarne gli effetti, il contenuto e la durata. Anzitutto va quasi da sé che, come prescrive il comma 2 dell’art.146, i proprietari, possessori o detentori dei beni tutelati devono astenersi dall’avviare i lavori finché non sia stata rilasciata l’autorizzazione. Una volta che essa sia stata rilasciata, la stessa ha la durata di cinque anni, scaduti i quali occorrerà il rilascio di una nuova autorizzazione per poter procedere agli interventi progettati. I lavori iniziati nel corso del quinquennio e non ultimati alla scadenza dello stesso potranno essere portati a termine entro l’ulteriore anno successivo (art.146, comma 4, secondo periodo). Il primo periodo del quarto comma dell’art.146 dispone che

65 Pubblicato su G.U. n.199 del 26 agosto 2010

66 In particolare: l’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione dovrà richiedere, in caso di carenza documentale, le necessarie integrazioni al richiedente entro 10 giorni dal ricevimento

dell’istanza e dovrà trasmettere alla Soprintendenza l’istanza corredata da documentazione e una propria proposta di accoglimento entro 20 giorni sempre dal ricevimento dell’istanza. La Soprintendenza dovrà a sua volta esprimere e trasmettere all’amministrazione il proprio parere entro ulteriori 20 giorni e, nel caso in cui il parere espresso confermi la proposta di accoglimento dell’amministrazione,

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l'autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo rispetto al permesso di costruire o altri titoli edilizi; ne deriva che la stessa è comunque necessaria nei casi in cui si voglia procedere ad interventi su beni vincolati anche quando non sia altresì necessario il titolo edilizio. Rispetto al titolo edilizio l’autorizzazione paesaggistica è anche atto presupposto. Sul punto ci si è chiesti se debba essere considerato invalido o inefficace il titolo edilizio rilasciato in assenza di previa autorizzazione paesaggistica, ove richiesta. Considerata la piena autonomia dei due titoli la giurisprudenza (ad esempio: Cass. Pen., Sez. III, 26 febbraio 2003, n. 22824 e Cass. Civ., Sez. I, 7 aprile 2006, n. 8244) ritiene che il titolo edilizio in questi casi sia da ritenersi inefficace ed improduttivo di effetti ma che non venga in alcun modo inficiata la sua validità. L’autorizzazione paesaggistica costituirebbe quindi condizione di efficacia del titolo edilizio. Infine, sempre il comma 4 dell’art.146 dispone che l’autorizzazione paesaggistica non possa essere rilasciata in sanatoria a seguito della realizzazione anche parziale degli interventi, fatti salvi i casi, indicati dall’art.167, commi 4 e 5, in cui l’amministrazione competente può accertare la compatibilità paesaggistica di alcuni interventi “minori” già realizzati che il legislatore considera casi di abusi comunque non recanti danno al paesaggio67.