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Le fonti sovranazionali In particolare: la “Convenzione Europea del Paesaggio” del

Come abbiamo visto, paesaggio e ambiente sono due concetti che nel tempo sono andati quasi a coincidere dal punto di vista giuridico. Nel nostro ordinamento non è più concepibile pensare alla tutela del paesaggio come tutela di fattori esclusivamente estetici e culturali. La tutela del paesaggio è anche tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, finalizzata alla soddisfazione di interessi fondamentali della persona umana. Nel diritto internazionale vi è chi sostiene che taluni diritti umani, quali quelli alla vita e alla salute, possano essere pienamente riconosciuti solo riconoscendo allo stesso tempo il diritto delle collettività alla

56 La “Patrimonio dello Stato S.p.A.”, o più semplicemente “Patrimonio S.p.A.”, è una società per azioni pubblica istituita nel giugno 2002, all’epoca del secondo Governo Berlusconi, con la finalità di gestione e valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale italiano.

57 Sentenza già citata in precedenza, vedi infra § 5

58 Corte presieduta dal Prof. Antonio Baldassarre. Disponibile su “Consulta online”, www.giurcost.org 59 S. SETTIS, Conservare perché, art. cit.

tutela dell’ambiente anch’esso come diritto umano fondamentale. Tuttavia, nella comunità internazionale, se da un lato i paesi ricchi e sviluppati si sono spesso mossi nella direzione del riconoscimento del diritto all’ambiente come diritto umano fondamentale, dall’altra i cosiddetti paesi in via di sviluppo hanno spesso opposto resistenza sostenendo come tale riconoscimento possa essere considerato un tentativo di porre freni e limitazioni ad un altro diritto, quello allo sviluppo economico. Per questo motivo non vi è, ad esempio, alcun riferimento esplicito all’ambiente in due testi normativi fondamentali in tema di diritti umani quali i due trattati ONU del 1966, il Patto internazionale sui diritti civili e politici e il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali. Nel diritto internazionale il maggior riconoscimento del diritto all’ambiente come diritto umano resta tutt’ora rappresentato dalla Dichiarazione sull’ambiente umano del 1972, adottata in seguito alla Conferenza ONU tenutasi a Stoccolma dal 5 al 16 giugno del 1972. In particolare, per quel che ci riguarda, è interessante la lettura dell’art.1 della Dichiarazione nel quale si afferma che i due elementi dell’ambiente umano, sia quello naturale sia quello creato dall’uomo stesso attraverso il rapido sviluppo della scienza e della tecnologia, sono per l’uomo entrambi “essenziali al suo benessere e al pieno godimento dei suoi fondamentali diritti, ivi compreso il diritto alla vita”. L’ambiente è quindi considerato nella Dichiarazione come il risultato della reciproca interrelazione di fattori umani e naturali, esattamente come il paesaggio descritto dall’art.131 del nostro Codice dei beni culturali e del paesaggio, che a sua volta richiama l’art.1 della Convenzione europea del paesaggio del 2000, su cui torneremo oltre. Tuttavia è da ricordare come la Dichiarazione di Stoccolma sia, appunto, una mera dichiarazione di principi, non avente quindi forza vincolante per la comunità internazionale. La strada per il pieno riconoscimento a livello internazionale del diritto a poter vivere in un ambiente salubre, che si tradurrebbe anche nel diritto a vivere in un contesto paesaggistico migliore non solo a livello estetico, appare dunque ancora lunga, nonostante in proposito si possano ricordare altri esempi “virtuosi” quali l’art.2 della Carta africana dei diritti dell’uomo del 1981 che afferma che “tutti hanno diritto a un ambiente soddisfacente, favorevole allo sviluppo”, l’art.11 del Protocollo di San Salvador, adottato nel 1988 dall’Organizzazione degli stati americani, che riconosce il “diritto di vivere in un ambiente sano”, il pronunciamento

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dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) a favore del riconoscimento del diritto fondamentale dell’uomo a un ambiente decente e, ancora, l’inserimento del diritto dell’uomo a un ambiente sano, sicuro ed ecologicamente non degradato nella proposta portata avanti nel 1993 dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente per una legge quadro sulla protezione dell’ambiente e per lo sviluppo sostenibile60.

Ancor più importante ai nostri fini è ricordare, sempre nell’ambito delle Nazioni Unite e sempre nel 1972, stesso anno della Conferenza di Stoccolma sull’ambiente umano, la Conferenza UNESCO di Parigi che si concluse con l’adozione della Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale. La finalità della Convenzione è quella di fornire strumenti di assistenza collettiva in addizione alle eventuali azioni già intraprese dai singoli stati membri della Convenzione per la protezione e conservazione, a fronte di possibili rischi di degrado o distruzione, di alcuni siti di eccezionale rilevanza culturale e naturale sparsi in tutto il mondo individuati tramite la celebre World Heritage List, la Lista UNESCO dei siti considerati Patrimonio dell’Umanità61. L’Italia, dopo aver firmato la

Convenzione il 23 novembre del 1972, procedette alla ratifica e all’esecuzione della stessa con legge 184/197762. Nella legge, secondo lo schema classico dello strumento dell’ordine

di esecuzione, è riprodotto fedelmente il testo della Convenzione. L’articolo 3 lascia che siano i singoli Stati parte del trattato ad individuare i singoli beni da sottoporre alla protezione “universale” prospettata dalla Convenzione. Le categorie di beni, considerati “ai fini della presente Convenzione” come “patrimonio culturale” e “patrimonio naturale” sono specificati negli artt.1 e 263. I beni presi in considerazione lo sono per ragioni di eccezionale rilevanza

scientifica, storica, artistica, culturale, etnologica e antropologica, ma non mancano riferimenti diretti alla valenza estetica e paesaggistica degli stessi. Ad esempio, nel patrimonio culturale rientrano i “complessi”, ossia “gruppi di costruzioni isolati o riuniti che…

60 S. NESPOR, Ambiente (ad vocem), in AA.VV. (diretto da M. FLORES), Diritti umani – Cultura dei

diritti e dignità della persona nell’epoca della globalizzazione. Dizionario I | A-G, Torino, UTET, 2007,

pp.30-37

61 Dal sito del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, www.minambiente.it 62 Pubblicata in G.U. n.129 del 13 maggio 1977

63 Fanno parte del patrimonio culturale “i monumenti”, i “complessi” e i “siti” (art.1), di quello naturale “i monumenti naturali”, “le formazioni geologiche o fisiografiche” e “i siti naturali” (art.2).

(anche) per la loro integrazione nel paesaggio hanno un valore universale eccezionale…” e i “siti”, cioè “opere dell'uomo o creazioni congiunte dell'uomo e della natura… di valore universale eccezionale dal punto di vista (anche) estetico…”, mentre in quello naturale vi sono “i monumenti naturali, costituiti da formazioni fisiche e biologiche”, presi in considerazione anch’essi pure per il loro valore estetico, e “i siti naturali” di eccezionale rilevanza anche dal punto di vista della loro bellezza. Anche nella Convenzione UNESCO quindi paesaggio e ambiente sono considerati unitariamente. Per entrambi rilevano sia elementi naturali che umani e dalla ricerca del loro equilibrio si ritiene si possa giungere alla creazione e conservazione di un paesaggio-ambiente che sia ad un tempo “bello” e “salubre”. Tutti elementi che il legislatore italiano cercherà di recepire al meglio negli anni successivi alla ratifica delle Convenzione, a partire dalla legge Galasso del 1985.

Ma la fonte sovranazionale maggiormente rilevante in materia di tutela paesaggistica, anche perché più recente, è la “Convenzione Europea del Paesaggio”64 nella quale per la

prima volta figura sin dal titolo il termine specifico “paesaggio”. La Convenzione in esame è sorta nell’ambito del Consiglio d’Europa che, è bene ricordarlo, non fa parte dell’Unione Europea. Stiamo dunque parlando non di una norma comunitaria ma di un trattato internazionale cui l’Italia, dopo essere stata fra i primi firmatari, ha dato esecuzione con la legge di ratifica 14/200665. Significativo è che tale atto provenga da una organizzazione, il

Consiglio d’Europa, che ha fra i propri scopi la promozione dei diritti umani e dell’identità culturale europea attraverso la creazione di politiche comuni per la risoluzione di problematiche sociali66. Fra queste, la questione paesaggistico-ambientale è stata affrontata

in modo specifico dal Consiglio d’Europa a partire dal 1994, quando i rappresentanti delegati di regioni ed enti locali degli Stati membri presenti all’interno di uno degli organi del Consiglio, il Congresso dei Poteri Locali e Regionali, elaborarono un progetto per offrire una risposta al crescente problema del degrado paesaggistico e del conseguente

64 European Landscape Convention e Convention Européenne du Paysage sono le denominazioni della Convenzione in inglese e francese, le due lingue ufficiali del Consiglio d’Europa.

65 Pubblicata in G.U. n. 16 del 20 gennaio 2006

66 Il Consiglio d’Europa è sorto il 5 maggio del 1949 con la conclusione del Trattato di Londra fra i dieci paesi fondatori: Belgio, Danimarca, Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia. Attualmente gli Stati membri sono 47. L’ultimo paese entrato a farne parte è stato il Montenegro l’11 maggio del 2007.

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peggioramento della qualità della vita nei propri paesi. In seguito, il 19 luglio del 2000, il Comitato dei Ministri della Cultura e dell’Ambiente degli allora quarantuno Stati membri del Consiglio d’Europa adottò il documento definitivo della Convenzione, infine resa pubblica e aperta alle firme qualche mese più tardi, il 20 ottobre, a Firenze presso Palazzo Vecchio. Ad oggi gli Stati membri del Consiglio d’Europa che hanno ratificato la Convenzione sono trentadue mentre sei sono gli stati solo firmatari67.

Nel preambolo della Convenzione68 sono ben descritti gli scopi e le idee di fondo

ispiratrici della stessa. Tenuto conto della maturata consapevolezza della rilevanza ad un tempo ecologico-culturale ed economico-sociale del paesaggio e ritenuta necessaria dunque la corretta gestione e pianificazione dello stesso, scopo della Convenzione è quello di indirizzare tutti gli Stati firmatari verso l’approvazione di politiche e scelte legislative mirate alla salvaguardia del patrimonio paesaggistico, la quale deve essere realizzata mantenendo il giusto equilibrio fra la soddisfazione di esigenze di tutela ambientale e altri interessi di natura economica e sociale (il c.d. “sviluppo sostenibile”)69. Quanto descritto nel preambolo

spiega piuttosto bene le principali novità, specie dal punto di vista concettuale, contenute nell’articolato della Convenzione. Partiamo dall’art.1 lettera a) che contiene la definizione di paesaggio come “una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”. Questa definizione esclude che la salvaguardia paesaggistica possa riguardare solo quelle parti di territorio dove è riscontrabile la presenza di elementi di

67 M.F. DELLA VALLE, La Convenzione Europea del Paesaggio: interpretazioni ed applicazioni, in “Ri-Vista Ricerche per la progettazione del paesaggio”, Firenze, Firenze University Press, a.IV, n.6, luglio-dicembre 2006, p.115

68 Il cui testo originale è stato consultato sulla pagina celebrativo-divulgativa creata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali in occasione del decimo anniversario dell’adozione della Convenzione, http://www.convenzioneeuropeapaesaggio.beniculturali.it/

69 Nel preambolo sono altresì citati alcuni trattati ritenuti di assoluta rilevanza nell’ambito delle politiche internazionali di salvaguardia del patrimonio ambientale e culturale. Oltre alla Convenzione UNESCO di Parigi del 1972 si fa riferimento alla Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale d'Europa di Berna del 1979, alla Convenzione per la salvaguardia del patrimonio architettonico d'Europa di Granada del 1985, alla Convenzione europea per la tutela del patrimonio archeologico de La Valletta del 1992, alla Convenzione-quadro europea sulla cooperazione

transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali di Madrid del 1980, alla Carta europea

dell'autonomia locale di Strasburgo del 1985, alla Convenzione sulla biodiversità di Rio del 1992 e alla Convenzione relativa all'accesso all'informazione, alla partecipazione del pubblico al processo

straordinaria bellezza e rilevanza estetica e culturale. Il paesaggio da salvaguardare è anche costituito da quelle parti di territorio individuate dall’art.2 della Convenzione, che estende l’ambito di applicazione della stessa, oltre che ai paesaggi che si possono considerare eccezionali, anche a quelli “della vita quotidiana” e persino a quelli “degradati”. In tal senso il paesaggio arriva sostanzialmente a coincidere con l’intero territorio e di conseguenza è assegnata ancor maggiore rilevanza per la tutela dello stesso allo strumento della pianificazione territoriale. L’art.5 lettera d) specifica infatti come il paesaggio debba essere integrato “nelle politiche di pianificazione del territorio e urbanistiche”. Questa previsione va in contrasto con le normative di tutela paesaggistica fino a quel momento adottate in Italia che, nonostante i passi in avanti registrati verso una maggior identificazione del paesaggio col territorio stesso, continuavano nel senso di un “approccio differenziato e parallelo” fra tutela paesaggistica e pianificazione urbanistico-territoriale70.

In seguito alla legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione del 2006 il legislatore italiano si è trovato di fronte alla necessità di adattare il più possibile la normativa interna, e in particolare il nuovo Codice dei Beni culturali e del Paesaggio entrato in vigore nel 2004, agli indirizzi contenuti nella Convenzione stessa. Le riflessioni giuridiche riguardo il confronto fra la Convenzione e il Codice riguardarono in particolar modo le tematiche il ruolo della pianificazione e i possibili conflitti di competenza in tema di tutela paesaggistica e governo del territorio fra lo Stato e gli enti locali. Il dibattito ha portato negli anni a diverse modifiche nel Codice stesso, che iniziarono sin dalla prima metà del 2006. Entreremo nello specifico di queste scelte legislative nei prossimi due capitoli dove analizzeremo nel particolare il testo del “Codice Urbani”.

70 M.F. DELLA VALLE, art. cit., pp. 111-112. L’Autrice riprende in questa parte dell’articolo le riflessioni del Prof. Gian Franco Cartei, ordinario di Diritto Amministrativo dell’Università di Firenze.

CAPITOLO II

L’ATTUALE SISTEMA DI TUTELA DEI BENI CULTURALI E