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Procedimento di formazione, soggetti coinvolti, co-pianificazione, concertazione e partecipazione

Nel documento La tutela del paesaggio tra vincolo e piano (pagine 104-111)

IL PIANO PAESAGGISTICO

3. Procedimento di formazione, soggetti coinvolti, co-pianificazione, concertazione e partecipazione

La prima norma da prendere in considerazione è l’art.135 comma 1 del Codice che, dopo aver attribuito allo Stato e alle Regioni il compito di assicurare l’adeguata conoscenza, salvaguardia, gestione e pianificazione del territorio sulla base dei diversi valori paesaggistici espressi dai suoi diversi contesti o “ambiti”, attribuisce alle sole Regioni la competenza a sottoporre a disciplina d’uso il proprio territorio mediante il piano paesaggistico. Il Codice configura tale compito come un obbligo a carico delle Regioni; non si dice che le Regioni “possono sottoporre” (a specifica disciplina d’uso) il proprio territorio, bensì “sottopongono”, sottolineando la doverosità di tale operazione. Ne deriva che le Regioni dovrebbero dunque dare avvio al procedimento complesso che porterà infine alla conclusiva fase di approvazione del piano. In caso di perdurante inerzia o inadempienza regionale, anche a seguito di continue sollecitazioni, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali potrebbe sostituirsi alle Regioni nell’avvio del procedimento o finanche nella predisposizione e adozione del piano in forza del potere sostitutivo ad esso attribuito dal comma 7 dell’art.5 in materia di esercizio delle funzioni di tutela conferite alle Regioni. Si tratta tuttavia di una ipotesi configurata come extrema ratio che finora non si è mai verificata. Di nuovo il comma 1 dell’art.135 attribuisce alle Regioni la libertà di scegliere fra due strumenti considerati equipollenti dal Codice: i piani paesaggistici per così dire “tipici” e i “piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici”. All’avvio del procedimento segue la fase istruttoria di predisposizione del piano; il Codice prevede per questa fase due diverse ipotesi di elaborazione congiunta del piano da parte di Stato e Regione, indicate sempre nell’art.135 comma 1 (ultimo periodo) e nell’art.143 comma 2. Nel primo caso la collaborazione fra Regione e Ministero dei Beni e delle Attività Culturali è

conservazione, in “TRIA – Territorio della ricerca su insediamenti e ambiente, International journal of

urban planning”, Napoli, Federico II University Press, a. I, n. 1, 2008, pp. 151-155, M. BRAY, Gli Stati

generali del paesaggio: la bellezza salverà il mondo, in “Aedon”, a. XXI, n. 1, gennaio-aprile 2018, pp.

1-6, N. VETTORI, Il piano paesaggistico alla prova. I modelli della Toscana e della Puglia, in “Aedon”, a. XX, n. 1, gennaio-aprile 2017, § 1 e 2, M. A. CABIDDU, op. cit., pp. 283-285, P. URBANI, S. CIVITARESE MATTEUCCI, op. cit., pp. 233-239, C. DIAMANTINI, La città come

paesaggio, intervista di P. DEGIAMPIETRO in A. FRANCESCHINI (a cura di), Dialoghi sull’urbanistica, Trento, LISt Lab – Laboratorio Internazionale Editoriale, 2015, pp. 22-29

configurata come obbligatoria e concerne la redazione dei contenuti del piano riguardanti i beni paesaggistici indicati alle lettere b), c) e d) del comma 1 dell’art.143, ossia quelli vincolati mediante dichiarazione di notevole interesse pubblico, quelli vincolati ex lege nonché quelli da vincolare, previa individuazione, per mezzo del piano stesso. Dunque, laddove il piano interessa beni paesaggistici, il Codice attribuisce al Ministero un ruolo necessario22. Questo è coerente con quanto previsto dall’art.4 del Codice stesso che

assegna allo Stato in via primaria l’esercizio delle funzioni di tutela del patrimonio culturale (e quindi anche dei beni paesaggistici) per esigenze di garanzia dell’esercizio unitario di tali funzioni; e così non potrebbe essere altrimenti, considerando, come abbiamo avuto spesso modo di fare in questa tesi, che la nostra Costituzione, alla lettera s) del comma 2 dell’art.117, assegna alla competenza statale la “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”. A questo proposito, la Corte Costituzionale, con sentenza 367 del 24 ottobre 200723, dopo aver ribadito quanto già sancito in precedenti pronunce, e cioè il valore primario

attribuito alla tutela del paesaggio in Costituzione e la sua sostanziale coincidenza con la tutela dell’ambiente, definendo altresì il paesaggio come “aspetto visivo dell’ambiente”, ha affermato che “la tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale un valore primario ed assoluto, e rientrando nella competenza esclusiva dello Stato, precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali (fruizione del territorio)”24. La lettura di questa sentenza della Consulta, unitariamente a quella dei citati

articoli 117 della Costituzione (su cui la sentenza stessa si fonda) e 4 del Codice “Urbani”, fornisce una perfetta spiegazione del necessario ruolo statale nella pianificazione paesaggistica quando essa va ad interessare beni paesaggistici vincolati e tutelati. Inoltre, sempre con riguardo alle parti dei piani concernenti i beni paesaggistici, è prevista dal

22 Alla luce di tale ruolo si può senz’altro dire che il Ministero, nella redazione del piano paesaggistico, dia il suo maggior apporto riguardo il procedimento di “vestizione” dei vincoli.

23 Pubblicata su G.U. n.44 del 14 novembre 2007, presidente Franco Bile

24 S. SANTANGELO, Infrastrutture e pianificazione paesaggistica nel rinnovato Codice dei Beni

culturali e del Paesaggio, in “TRIA – Territorio della ricerca su insediamenti e ambiente, International

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Codice una ipotesi di esercizio del potere sostitutivo ministeriale, prevista dall’ultimo periodo del comma 2 dell’art.143 su cui torneremo più avanti. Abbiamo visto dunque la prima ipotesi di elaborazione congiunta del piano fra Regioni e Stato, quella di tipo obbligatorio: l’altra ipotesi di elaborazione congiunta sorge invece su base volontaria, su scelta della Regione, e riguarda le parti del piano relative al c.d. “resto del paesaggio”, ossia gli “ulteriori contesti” non vincolati ma aventi valore paesaggistico di cui alla lettera e) del comma 1 dell’art.14325.

In entrambe le ipotesi il Codice, ai sensi del comma 2 dell’art.143, prevede che l’elaborazione sia preceduta dalla stipula di intese nelle quali sono definite le modalità organizzative per l’elaborazione, ad esempio prevedendo un ufficio comune di redazione a composizione mista regionale-ministeriale, e i termini entro il quale dovrà essere ultimata l’elaborazione congiunta del piano o, come sarebbe meglio dire, del progetto del piano stesso; questo perché le intese si collocano in una fase ancora preliminare del procedimento di formazione del piano, in cui quelli che vengono redatti sono sostanzialmente “documenti di indirizzo” contenenti le “linee generali”, le “macroscelte” del piano. In questa fase a livello regionale è la Giunta l’organo di riferimento, mentre al Consiglio spetta un ruolo maggiormente rilevante nelle successive fasi di valutazione del documento inziale, della sua adozione e infine della approvazione del testo definitivo del piano, risultante anche dalle osservazioni e dalle proposte provenienti da altri soggetti istituzionali e non, a cui la legge regionale deve assicurare la partecipazione in fase di approvazione, come vedremo meglio più avanti. Una volta raggiunta l’intesa preliminare relativa al progetto di piano, quest’ultimo, sempre ai sensi del comma 2 dell’art.143, è oggetto di accordo fra le amministrazioni interessate, ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241; si tratta dunque di un accordo finalizzato allo svolgimento di attività di interesse comune secondo leale collaborazione. Nell’accordo è previsto che debbano essere stabiliti i presupposti, le modalità e i tempi per l’eventuale revisione del piano, nel caso in cui vi siano sopravvenienze, costituite in particolar modo dall’intervento di nuove dichiarazioni di

25 Vi è una ulteriore differenza fra le due ipotesi di co-pianificazione necessaria e volontaria, che si ricava dalla lettura del comma 1 dell’art.135 e del comma 2 dell’art.143: quella necessaria coinvolge solo Regione e Ministero per i Beni delle Attività Culturali, mentre quella volontaria riguarda anche il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.

notevole interesse pubblico ai sensi degli artt.140 e 141 del Codice o di integrazione di dichiarazioni preesistenti ai sensi dell’art.141-bis, e quindi dal sorgere di nuovi vincoli o dal modificarsi di vincoli già costituiti. Inoltre è oggetto dell’accordo anche il termine ultimo entro il quale il piano dovrà essere approvato dalla Regione con proprio provvedimento. Qui troviamo di nuovo, come avevamo anticipato, una ipotesi di esercizio del potere sostitutivo da parte del Ministero, prevista in forza della preminenza del ruolo statale in materia di tutela paesaggistica; l’ultimo periodo del comma 2 dell’art.143 stabilisce infatti che, decorso il termine stabilito nell’accordo, il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali, sentito il Ministro dell’Ambiente, approva con proprio decreto il piano paesaggistico, limitatamente alla parte

riguardante i beni paesaggistici. Questo è quanto dispone il Codice relativamente agli

accordi di co-pianificazione; per completare l’analisi occorre dire che gli accordi di per sé non incidono sulle situazioni soggettive dei futuri destinatari degli effetti del piano né sugli interessi pubblici tutelati, per cui non può essere oggetto di impugnazione autonoma ma potrà essere impugnato, in quanto atto presupposto in cui sono definite le scelte sostanziali di assetto e tutela del paesaggio, congiuntamente al piano dopo l’approvazione di quest’ultimo. Quanto ai vincoli che l’accordo crea fra i soggetti che lo hanno sottoscritto, il Ministero, una volta che sia stato approvato il piano, non potrà porre in essere attività in contrasto con quanto concordato, ad esempio imponendo vincoli in cui sia prescritta l’immodificabilità di aree individuate nell’accordo come trasformabili, mentre la Regione, cui spetta la competenza all’approvazione del piano, oltre a dover procedere, come disposto dal Codice, all’approvazione del piano entro il termine stabilito, dovrà ovviamente non discostarsi dai contenuti concordati. Anche in quest’ultimo caso dovrebbe prefigurarsi una ipotesi di esercizio di potere sostitutivo da parte del Ministero. Anche l’intesa, al pari dell’accordo – anzi, a maggior ragione in forza del suo carattere preliminare rispetto a quest’ultimo −, non produce effetti nei confronti dei destinatari delle disposizioni del piano e degli altri soggetti interessati, mentre la stipula della stessa fra Ministero e Regione fa sorgere un dovere di lealtà reciproca nel procedimento di formazione del piano. Le parti dovranno fattivamente collaborare all’elaborazione del piano secondo i termini concordati nell’intesa. Nel caso in cui questa lealtà procedimentale dovesse venir meno, ad esempio

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per inerzia o per comportamenti ostruzionistici del Ministero o della Regione, teoricamente la parte adempiente potrebbe ricorrere al giudice amministrativo per ottenere una sentenza che dichiari illegittimo il comportamento della controparte. In realtà, però, il conflitto fra i due soggetti, più che qualificabile come vero e proprio conflitto fra amministrazioni è più un conflitto di tipo politico che sorge per il venir meno del patto, appunto, politico fra Stato e Regione sancito nell’intesa26. Analoghe disposizioni relative alla co-pianificazione fra

Regioni e Ministero il Codice le detta all’art.156, relativamente ai procedimenti di verifica dei piani paesaggistici precedentemente redatti e il loro adeguamento al modello di piano paesaggistico delineato nell’art.143 del Codice. Il comma 3 dell’art.156 dispone infatti che Regioni e Ministero possono stipulare intese anche per disciplinare lo svolgimento congiunto della verifica e dell’adeguamento del piano, stabilendo nell’intesa stessa il termine ultimo per completare il procedimento e per l’approvazione da parte regionale del piano adeguato, che è oggetto di accordo sempre ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Anche in questo caso è previsto che il Ministero eserciti il proprio potere sostitutivo, approvando con decreto del Ministro il piano adeguato qualora non sia la Regione a farlo entro il termine stabilito.

Per chiudere questa parte relativa alla co-pianificazione, riportiamo la notizia abbastanza recente secondo cui il Ministero per i Beni e le Attività Culturali dovrebbe procedere (sarebbe intenzionato a procedere, stando a quanto dichiarato dai propri portavoce) all’impugnazione del Piano territoriale paesistico regionale (Ptpr) del Lazio, approvato dal Consiglio regionale il 2 agosto 2019 dopo esser stato adottato dalla Giunta presieduta da Nicola Zingaretti con deliberazione n.26 del 4 gennaio sempre del 2019. Il testo definitivo approvato in sede consiliare sarebbe stato redatto senza il coinvolgimento del Ministero, nonostante l’esistenza di un protocollo d’intesa per l’elaborazione congiunta del piano sottoscritto da Giunta e Ministero nel 2013; per questo motivo il MiBAC lamenterebbe la mancata leale collaborazione della Regione nel procedimento di co- pianificazione e si profilerebbe anche la possibile violazione da parte regionale delle disposizioni in materia contenute negli artt.135 e 143 del Codice. Inoltre le norme contenute

nel piano, che non sarebbero dunque condivise dal Ministero, anziché rafforzare il sistema di tutela paesaggistica disegnato nel precedente Piano territoriale paesistico (Ptp) laziale del 2007 – nei cui confronti il piano del 2019 avrebbe dovuto rappresentare l’adeguamento dello stesso alle vigenti norme del Codice su contenuti, struttura e procedimento di formazione dei piani, risultanti in ultimo dal decreto correttivo del 2008 – lo avrebbero “allentato”, stando ai rilievi critici effettuati dagli organi ministeriali27.

Abbiamo fin qui delineato i ruoli di Stato e Regioni nel procedimento di formazione dei piani paesaggistici, la pressoché necessaria collaborazione fra i due soggetti in fase di elaborazione e la competenza regionale riguardo la loro approvazione definitiva, fatti salvi i casi di esercizio del potere sostitutivo da parte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Nel complesso procedimento di formazione ed approvazione dei piani, tuttavia, non sono solo Stato e Regioni i soggetti coinvolti; con riferimento specifico alla fase di approvazione, l’art.144 comma 1 del Codice prevede, infatti, che le leggi regionali debbano “modellare” il procedimento di approvazione dei piani garantendo che siano assicurate la concertazione istituzionale, la partecipazione di altri soggetti nonché forme di pubblicità, informazione e comunicazione. Dobbiamo qui tornare a prendere in considerazione l’art.9 della Costituzione, il cui testo dice che è compito della Repubblica tutelare il paesaggio, non dello Stato. Questa scelta terminologica è di estrema rilevanza perché di fatto la Carta prevede che al perseguimento degli obiettivi di tutela paesaggistica concorrano non solo tutti i livelli istituzionali secondo il principio di sussidiarietà “verticale”, ma anche soggetti non istituzionali, cittadini singoli e associati, che, in base al principio di sussidiarietà “orizzontale” di cui al comma 4 dell’art.118 Cost., possono svolgere autonomamente attività di interesse generale. La definizione delle politiche pubbliche per il paesaggio non può dunque riguardare solo Stato e Regioni e neppure, più in generale, i soli attori istituzionali. Il paesaggio è un “bene comune”, come è stato più volte definito e considerato, e la sua tutela ha a che vedere appunto con interessi generali, quali il benessere sociale e lo sviluppo

27 Regione Lazio, il Piano paesaggistico apre a nuovo cemento, anche sulle spiagge. Il Mibac: “Non

condiviso, lo impugniamo”, articolo di L. TEOLATO su “Il Fatto Quotidiano.it” (ilfattoquotidiano.it), 7

agosto 2019 e Lo Stato impugna il piano territoriale paesistico del Lazio, articolo su “Gruppo d’Intervento Giuridico onlus – Associazione ecologista” (gruppodinterventogiuridicoweb.com), 17 agosto 2019

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economico28. Il legislatore, con l’art.144 comma 1, il cui testo definitivo è frutto delle

correzioni apportate al Codice coi d. lgs. 157/2006 e 63/2008, ha voluto sancire la necessità di una “costruzione comune” delle politiche per la tutela del paesaggio, prevedendo, anzitutto, che il procedimento di formazione dei piani debba essere informato a criteri di trasparenza, motivo per cui la legislazione regionale deve assicurare ampie forme di pubblicità dello stesso; sempre la legislazione regionale deve inoltre prevedere forme di informazione e comunicazione esterna necessarie affinché i soggetti interessati direttamente dagli effetti del piano e le associazioni portatrici di interessi diffusi possano partecipare al procedimento. Le associazioni portatrici di interessi diffusi, specifica la norma del Codice, sono quelle individuate dalla legge 349/1986 e cioè le associazioni ambientaliste; anche in questo caso è dunque ribadita la “vicinanza”, l’”affinità” fra tutela ambientale e paesaggistica, fra ambiente e paesaggio, di cui il secondo costituisce la “parte visibile” del primo. Per quel che riguarda la concertazione istituzionale con gli enti interessati dal piano paesaggistico in via di approvazione, la legge regionale è chiamata ad assicurarla, al fine di garantire il rispetto dei principi costituzionali di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. A questo scopo sono stati creati in alcune Regioni i c.d. “Tavoli di concertazione istituzionale”. In chiusura di questo paragrafo vediamo cosa dispone il comma 2 dell’art.144 a proposito dell’entrata in vigore e quindi del pieno dispiegamento degli effetti del piano paesaggistico, che la norma fa scattare il giorno successivo alla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione del provvedimento di approvazione del piano. Tuttavia il Codice prevede che ancor prima, a far data dall’adozione, non sono consentiti interventi sui beni paesaggistici di cui all’art.134 che siano in contrasto con le prescrizioni di tutela contenute nel piano stesso. È invece a far data dall’approvazione definitiva che le previsioni e prescrizioni del piano divengono immediatamente cogenti e prevalenti sulle previsioni dei piani territoriali ed urbanistici. Proprio al rapporto fra il piano paesaggistico e gli altri strumenti di pianificazione saranno dedicate le prossime pagine29.

28 A. MARSON, Stati generali del paesaggio - Atti del Convegno tenutosi presso Palazzo Altemps in

Roma il 25 e 26 ottobre 2017, pp.35-36

29 Per questo paragrafo, oltre ai testi e agli articoli già citati, sono stati consultati: S. AMOROSINO,

Tutela e valorizzazione del paesaggio nella pianificazione regionale, in “Istituzioni del Federalismo.

Nel documento La tutela del paesaggio tra vincolo e piano (pagine 104-111)