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I rapporti con gli altri strumenti di pianificazione territoriale

Nel documento La tutela del paesaggio tra vincolo e piano (pagine 111-116)

IL PIANO PAESAGGISTICO

4. I rapporti con gli altri strumenti di pianificazione territoriale

L’art.145 del Codice “Urbani”, occupandosi, come abbiamo anticipato, dei rapporti fra pianificazione paesaggistica e altri strumenti di pianificazione, individua nel piano paesaggistico uno strumento sovraordinato e prevalente nei confronti di ogni altro piano o programma territoriale o di sviluppo economico e degli strumenti urbanistici degli enti locali. Nell’ambito della pianificazione territoriale esiste, dunque, una scala gerarchica al cui vertice si pone proprio il piano paesaggistico, le cui previsioni orientano e precedono quelle contenute negli atti di governo del territorio ad esso subordinati; ciò è stato affermato anche dalla giurisprudenza amministrativa con alcune sentenze del 201030, supportate da alcune

precedenti pronunce della Corte Costituzionale31 in cui pure sono affermate sia l’esistenza

di tale rapporto gerarchico fra piani paesaggistici e altri strumenti di pianificazione urbanistico-territoriale, sia la prevalenza dei primi sui secondi in ragione della preminenza nell’ordinamento, sancita dal riparto di competenze Stato-Regioni contenuta nell’art.117 della Cost., dell’interesse alla tutela dei valori paesaggistici e ambientali del territorio su altri interessi inerenti il governo del territorio di natura urbanistico-edilizia e di sviluppo economico32. Il perseguimento dell’interesse alla tutela del paesaggio deve dunque essere

considerato come il “principio-guida” intorno al quale orientare le politiche di pianificazione territoriale. Il comma 1 dell’art.145 dispone infatti che allo Stato, cui è attribuita la competenza relativa alla tutela paesaggistico-ambientale, in particolare al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, è assegnato il compito di assoluto rilievo di individuare “le linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale per quanto riguarda la tutela del paesaggio”, le quali, mediante loro recepimento nei piani paesaggistici, dovrebbero

Quaderno 1, 2010, pp.27-34 e, sempre dallo stesso numero della rivista, C. DI FRANCESCO, Il ruolo

dello Stato nella pianificazione regionale del paesaggio, pp.35-42 e G. BARATTI, Interessi individuali e diffusi nella tutela e valorizzazione del paesaggio, pp.101-114. Infine, G. C. MENGOLI, op. cit.,

pp.85-86

30 In particolare si vedano le sentenze n.36851 del 14 dicembre, n.3363 del 10 novembre, n.3362 sempre del 10 novembre del TAR Lazio, Roma, sez. II quater.

31 Corte Cost. sent. n.180 del 30 maggio 2008, presidente Franco Bile, pubblicata su G.U. n.24 del 4 giugno 2008 e Corte Cost. sent. n.272 del 29 ottobre 2009, presidente Francesco Amirante, pubblicata su G.U. n.44 del 4 novembre 2009

32 G. F. CARTEI, Dal Codice al PIT: contenuti e caratteri della pianificazione paesaggistica della

Toscana, in (a cura di) G. F. CARTEI, D. M. TRAINA, Il piano paesaggistico della Toscana, Napoli,

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funzionare come “indirizzo” nelle scelte operate ai livelli inferiori di pianificazione territoriale. La pianificazione paesaggistica deve (o dovrebbe) dunque svolgere una funzione di indirizzo a cui il Codice ne aggiunge una ulteriore e affine di “coordinamento”; il comma 2 dell’art.145 prevede che i piani paesaggistici “possono prevedere misure di coordinamento con gli strumenti di pianificazione territoriale e di settore, nonché con i piani, programmi e progetti nazionali e regionali di sviluppo economico”. In realtà, come osservato da AMOROSINO33, deve

essere la legislazione regionale – e non i piani, che sono provvedimenti amministrativi – a disciplinare, a monte, le modalità di raccordo interprocedimentale fra il piano paesaggistico e gli altri strumenti di pianificazione. La nozione di coordinamento nella pianificazione territoriale richiama strumenti quali il Piano territoriale di coordinamento statale (Ptcs), previsto dalla legge urbanistica 1150/1942 e finalizzato, ai sensi dell’art.5 di tale legge, ad orientare e coordinare l’attività urbanistica stabilendo le linee direttive da seguire in alcune parti del territorio nazionale, e il Piano territoriale di coordinamento provinciale (Ptcp) che, ai sensi dell’art.20 del "Testo Unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali", d. lgs. 267 del 18 agosto 200034, determina gli interessi generali di assetto del territorio. Il tipo di

coordinamento proprio di questi piani è di carattere prevalentemente “organizzativo”, poiché prendono in considerazione delle aree territoriali più vaste ed hanno quindi una “visione più ampia”, dall’alto della quale possono esercitare una funzione di “direzione” nei confronti di piani meno “estesi” e ad essi gerarchicamente subordinati, secondo il tradizionale modello dei “piani a cascata”. Il coordinamento del piano paesaggistico è invece un coordinamento fra l’interesse paesaggistico e gli interessi considerati negli altri piani; questo coordinamento di interessi è funzionale a che effettivamente tutte le amministrazioni pubbliche cooperino fattivamente all’attività di tutela del paesaggio così come previsto dall’art.132 del Codice. Vi è dunque un interesse specifico, la tutela del paesaggio, che funge da coordinatore. In questo caso il coordinamento opera a prescindere dall’esistenza di una gerarchia fra piani e fra soggetti, pur essendo il piano paesaggistico, come già sottolineato, prevalente e sovraordinato rispetto agli altri piani territoriali.

33 Sempre nel citato Commento agli artt. 135, 143, 144 e 145 in M. A. SANDULLI, op. cit. 34 Pubblicato su G.U. n. 227 del 28 settembre 2000

Del carattere prevalente e sovraordinato delle disposizioni contenute nei piani paesaggistici nei confronti degli altri piani che abbiano incidenza sul territorio si occupano nello specifico i commi 3, 4 e 5 dell’art.145 del Codice. Le previsioni del piano paesaggistico, anzitutto, “non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico”, e poi “sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei Comuni, delle Città metropolitane e delle Province”; tale cogenza determina l’immediata prevalenza delle previsioni del piano sulle disposizioni difformi che siano eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, la vincolatività nei confronti degli interventi di settore e la previsione da parte del piano di norme di salvaguardia transitorie applicabili in attesa dell’adeguamento di tali strumenti. D’altronde già ben prima dell’entrata in vigore del Codice del 2004, e quindi dell’ingresso nel nostro ordinamento del piano paesaggistico lì delineato, la giurisprudenza amministrativa aveva ribadito più volte la prevalenza dei contenuti dei piani paesistici, e più in generale degli strumenti di pianificazione e di controllo preordinati alla tutela degli interessi di conservazione dell'ambiente e del paesaggio, sulla pianificazione urbanistica comunale35.

Inoltre, anche se il Codice non lo dispone espressamente, sono ovviamente da ritenersi illegittime nuove disposizioni urbanistiche che siano contrastanti con quelle dei piani paesaggistici36. La legislazione regionale, ai sensi del comma 4 art.145, deve stabilire

procedure attraverso cui gli enti locali (e gli enti gestori delle aree naturali protette, ma su questo torneremo fra poco) “conformano o adeguano gli strumenti (difformi) di pianificazione urbanistica e territoriale alle previsioni dei piani paesaggistici”, “entro i termini stabiliti dai piani” e comunque non oltre il termine di due anni dall’approvazione dei piani stessi. Se dalle previsioni “adeguate e conformate” degli strumenti urbanistico-territoriali derivano limiti alla proprietà privata (o meglio, al contenuto del diritto di proprietà, alle facoltà dei proprietari), questi non sono indennizzabili; il principio di non indennizzabilità dei vincoli paesaggistici è dunque esteso anche a quei vincoli scaturenti da disposizioni di strumenti urbanistici che siano state modificate, come è d’obbligo, in quanto difformi dalle previsioni del piano

35 TAR Liguria, sez. I, sent. n.389 del 27 ottobre 1992 e Tar Lazio, sez. I, sent. n. 1270 del 20 novembre 1989

36 S. CIVITARESE MATTEUCCI, La pianificazione paesaggistica: il coordinamento con gli altri

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paesaggistico. Il comma 5 dispone, infine, che la Regione deve assicurare la partecipazione degli organi ministeriali al procedimento di conformazione e adeguamento.

Una considerazione a parte merita l’ultimo capoverso del comma 3 dell’art.145 secondo cui “per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette”. Stiamo parlando qui della pianificazione “settoriale” “speciale” o “parallela” posta a protezione di interessi pubblici o collettivi c.d. “differenziati”, cui l’ordinamento attribuisce particolare rilevanza, quali la tutela dell’ambiente, delle acque, delle aree protette, etc., che in linea di massima prevale nei confronti della pianificazione urbanistico-territoriale per così dire “generale”. Qui però occorre fare qualche riflessione, relativa al carattere di piano settoriale o generale del piano paesaggistico. Èvero che il piano è preordinato principalmente alla tutela dell’interesse alla tutela del paesaggio e che questo potrebbe configurarlo come piano di settore, tuttavia il piano paesaggistico così come disciplinato dalla normativa attuale ha una portata ben più ampia; il piano riguarda tutto (o quasi) il territorio regionale, non solo quelle parti riconosciute di straordinaria bellezza, e con riferimento al territorio considerato non si limita a porre prescrizioni finalizzate alla salvaguardia, tutela e conservazione dei valori paesaggistici, ma si spinge anche a prevedere linee di sviluppo urbanistico ed edilizio compatibili con i diversi livelli di valore riconosciuti. Il piano paesaggistico possiede dunque una tale incidenza sul territorio che lo può portare ad essere considerato di portata tendenzialmente generale; perseguendo l’interesse primario alla tutela del paesaggio “si prende cura” anche di altri interessi e, come abbiamo visto in precedenza, può essere strumento di raccordo con gli altri piani territoriali al fine di coordinare i diversi interessi presenti sul territorio.37 In base al carattere settoriale

o generico − con preferenza per quest’ultima soluzione in base alle ragioni che abbiamo poc’anzi esposto − che attribuiamo al piano paesaggistico, dobbiamo dare una diversa lettura della disposizione di cui all’ultimo capoverso del comma 3 dell’art.145; o il legislatore nell’ambito della pianificazione di settore ha voluto sancire la preminenza della

pianificazione paesaggistica, oppure ha attribuito prevalenza ad un piano ad incidenza territoriale “generica” nei confronti della normativa di settore, limitatamente però alle disposizioni del piano strettamente riguardanti la cura dell’interesse primario cui il piano paesaggistico è preordinato: la tutela del paesaggio. Il piano paesaggistico prevale, peraltro, anche nei confronti dei piani dei parchi o aree naturali protette, previsti dalla legge 394/1991. In questo caso il legislatore ha ribaltato il rapporto esistente in precedenza fra piani dei parchi e i piani paesistici previsti dalla legge “Galasso”, dal momento che la legge 394/1991 prevedeva che, una volta approvato il piano del parco, le disposizioni in quest’ultimo contenute sarebbero andate a sostituirsi a quelle del piano paesistico eventualmente approvato in precedenza38. Ora invece accade il contrario, per cui i piani dei parchi che

sorgono successivamente all’approvazione del piano paesaggistico non dovranno contenere disposizioni in contrasto con quest’ultimo, mentre quelli già esistenti dovranno evidentemente essere adeguati e conformati al piano paesaggistico. La scelta del legislatore è ovviamente condivisibile; i territori delle aree naturali protette sono parte integrante dei territori regionali, e se i piani dei parchi potessero dettare delle prescrizioni di tutela paesaggistica prevalenti rispetto a quelle contenute nei piani paesaggistici, verrebbe meno la possibilità per questi ultimi di dettare una disciplina complessa ed unitaria per tutto il territorio regionale (pur con specifica considerazione delle caratteristiche dei suoi diversi ambiti), come prevede il Codice. Tutela paesaggistica e tutela ambientale sono sì, come abbiamo più volte sottolineato, considerate dall’ordinamento come attività strettamente collegate; tuttavia con riferimento al rapporto fra piani dei parchi e piani paesaggistici si sono volute giustamente evitare sovrapposizioni di funzioni, lasciando ai piani dei parchi quelle di tutela di valori strettamente ambientali e naturali, degli ecosistemi, della flora, della fauna, dei corsi d’acqua, ecc., presenti nel territorio delle aree protette e prevedendo, invece, anche all’interno di queste aree la competenza dei piani paesaggistici per quel che riguarda la tutela della “forma visibile” del territorio, quindi della sua morfologia e dei suoi elementi costitutivi e caratteristici39.

38 Vedi capitolo I § 6

39 S. AMOROSINO, I rapporti tra i piani dei parchi e i piani paesaggistici alla luce del Codice Urbani, in “Aedon”, a. VIII, n. 3, dicembre 2006. Altri testi consultati per questo paragrafo: A. DI MARIO, La

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