L’ATTUALE SISTEMA DI TUTELA DEI BENI CULTURALI E DEL PAESAGGIO NEL “CODICE URBANI”
3. Tutela e valorizzazione del patrimonio culturale
La protezione del patrimonio culturale è ovviamente l’obiettivo fondamentale da perseguirsi tramite l’applicazione delle norme del Codice, che contiene le norme relative alla disciplina del patrimonio stesso. Tale opera di protezione del patrimonio si attua mediante le attività di tutela e valorizzazione, due concetti chiave che il Codice stesso definisce agli artt.3 e 617. La tutela (art.3) si sostanzia nell’esercizio di attività di individuazione, protezione
14 Questa definizione di patrimonio culturale nazionale nasce in particolar modo nel periodo di
formazione degli Stati Nazionali, dopo la caduta dell’Ancien régime in seguito alla Rivoluzione francese del 1789, quando il territorio e tutte le “opere” umane e naturali che in esso sono comprese non vengono più considerati di appartenenza esclusiva del Sovrano ma del popolo, della comunità insediata.
15 G. SATTA, art. cit., pp. 1-3
16 M.A. SANDULLI, op. cit., pp. 16-17 17 Si veda infra § 1
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e conservazione dei beni costituenti il patrimonio culturale. Il Codice inoltre sottolinea che l’esercizio di tali attività hanno un necessario presupposto caratterizzato da una adeguata opera conoscitiva del patrimonio e una finalità ben precisa consistente nel garantire la “pubblica fruizione del bene”. I beni culturali d’altronde erano già stata definiti da illustre dottrina (GIANNINI) come destinati ab origine alla pubblica fruizione; caratteristica che ne può
altresì giustificare la loro sottrazione al regime di proprietà privata. Il patrimonio culturale insomma è da considerarsi così come lo avevano già considerato i padri costituenti in sede di redazione dell’art.9 della Costituzione, e cioè un “tesoro nazionale” da sottoporre a tutela ad opera dello Stato. La stessa Assemblea Costituente tuttavia preferì utilizzare il termine “Repubblica” in luogo di “Stato”, lasciando aperta la porta ad una futura partecipazione ad opera delle amministrazioni territoriali nell’esercizio della tutela stessa, che si sarebbe poi esplicata nell’esercizio della diversa funzione di valorizzazione, da individuarsi senz’altro come funzione complementare o, come la ha definita G. PASTORI, “ancillare” della tutela18.
Un buon riassunto normativo di quanto detto ora lo troviamo nell’art.4 del Codice che dispone che le funzioni di tutela sono attribuite ad un organo statale, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, “al fine di garantire l’esercizio unitario” delle stesse. Tuttavia lo stesso articolo prevede, in accordo con quanto previsto dall’art.118 Cost., che il Ministero stesso possa conferire l’esercizio di tali funzioni alle Regioni sulla base di forme di intesa e coordinamento. Tali forme di intesa e coordinamento sono specificate ai commi 3 e 4 dell’art.5 del Codice − che al comma 1 peraltro sancisce un “principio di collaborazione e cooperazione” fra Ministero (e quindi Stato) ed enti pubblici territoriali nell’esercizio delle funzioni di tutela − che le individuano in accordi raggiunti col previo parere della “Conferenza Stato-Regioni”19 per attribuire funzioni di tutela alle Regioni in ordine ad alcuni beni di
interesse culturale (comma 3). Ulteriori forme di coordinamento possono inoltre essere previste nel rispetto del procedimento poc’anzi descritto e sulla base dei principi di differenziazione e adeguatezza (comma 4). I beni culturali la cui tutela può essere conferita
18 M. C. CAVALLARO, I beni culturali: tra tutela e valorizzazione economica, in “Aedon”, a. XXI, n.3, settembre-dicembre 2018, p.2
19 Altro nome col quale si indica la “Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano”.
o, per meglio dire, delegata alle Regioni, ai sensi del comma 3, sono individuati in “manoscritti, autografi, carteggi, incunaboli, raccolte librarie, libri, stampe e incisioni, carte geografiche, spartiti musicali, fotografie, pellicole o altro materiale audiovisivo, con relativi negativi e matrici, non appartenenti allo Stato”. Si tratta di una previsione che si pone in continuità con due precedenti atti legislativi in tema di conferimento (o delega) alle Regioni di funzioni di tutela: l’art. 9 del d.P.R. n.3 del 197220 sui “beni librari” e il combinato disposto
dell’art.2, comma 2, lettera c), e art.6, comma 4, del Testo unico del 1999 in cui è utilizzato il termine “raccolte librarie”, poi utilizzato anche nel Codice all’art.10 commi 2, 3 e 4. In questo caso il legislatore del 2004 non ha dunque introdotto alcuna novità, pur avendo aggiunto ai già precedentemente contemplati “beni librari” e “raccolte librarie” anche altre tipologie di beni quali carte geografiche, spartiti musicali, fotografie, pellicole e materiale audiovisivo, nei confronti dei quali le funzioni di tutela possono essere conferite alle Regioni fermo restando, come già previsto in precedenza, il requisito di “non appartenenza allo Stato” di tali beni21. Per quel che riguarda i beni paesaggistici, invece, maggiormente estese
sono le competenze di enti diversi dallo Stato in ordine alla loro tutela. Il comma 6 dell’art.5 del Codice prevede infatti che le funzioni amministrative di tutela dei beni paesaggistici sono esercitate da Stato e Regioni per fare in modo che sia assicurato un “livello di governo unitario”. Al Ministero comunque permangono, ai sensi dell’ultimo comma dell’art.5, potestà di vigilanza e controllo sull’esercizio delle funzioni di tutela ad opera delle Regioni, nonché il potere di sostituirsi ad esse in caso di perdurante inerzia o inadempienza. Tornando alla definizione di tutela contenuta nel Codice (art.3 comma 1), occorre meglio comprendere in cosa possano consistere le attività di protezione e conservazione dei beni appartenenti al patrimonio culturale. In sintesi esse possono essere individuate, ad esempio, in: a) interventi conservativi posti in essere o volontariamente dai proprietari dei beni stessi oppure imposti dalla Pubblica Amministrazione, al fine di proteggere tali beni dall’usura dovuta al tempo, agli agenti atmosferici o all’opera dell’uomo; b) l’apertura al pubblico dei beni immobili di proprietà privata che siano oggetto di interventi conservativi ad opera della P.A.; c) la
20 Pubblicato su G.U. n.15 del 19 gennaio 1972
21 G. PASTORI, La cooperazione delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali in materia di tutela
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disciplina del commercio nelle aree di valore culturale nonché la disciplina relativa alla circolazione e all’espropriazione dei beni del patrimonio culturale. L’esercizio delle attività ricondotte alla funzione di tutela, insomma, non si deve esaurire in una mera regolazione e amministrazione giuridica dei beni, ma occorre altresì che sugli stessi si dia luogo ad interventi operativi e diretti. L’art.3 comma 2 aggiunge inoltre che “l'esercizio delle funzioni di tutela si esplica anche attraverso provvedimenti volti a conformare e regolare diritti e comportamenti inerenti al patrimonio culturale”. I destinatari di questa norma sono coloro che a vario titolo fruiscono dei beni del patrimonio culturale e tale norma ha la finalità di prevedere, ai fini di preservare i beni stessi, la possibilità di limitare il libero svolgimento delle situazioni soggettive su tali beni per la soddisfazione dell’interesse pubblico alla salvaguardia del loro valore culturale22.
Strettamente connessa alla tutela, se non inscindibile da essa, è la valorizzazione, che può essere altresì individuata come una funzione il cui esercizio è strumentale e fondamentale per la realizzazione di una piena opera di tutela del patrimonio culturale. Della valorizzazione il Codice si occupa anzitutto negli artt.6 e 7 delle “Disposizioni generali”. L’art.6 ne dà una ampia definizione. Abbiamo già visto che la valorizzazione consiste innanzitutto nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale nonché a garantire l’utilizzazione e la fruizione pubblica del patrimonio stesso al fine, in concorso con la tutela, di garantire la promozione dello sviluppo della cultura di cui all’art.9 della Costituzione. Ma la valorizzazione, sempre leggendo l’art.6 comma 1 del Codice, consiste altresì nelle attività di sostegno e promozione degli interventi di conservazione sul patrimonio culturale, nella riqualificazione di aree e immobili compromessi o degradati sottoposti a tutela in quanto aventi valore paesaggistico e, sempre in riferimento al patrimonio paesaggistico, nell’individuazione di “nuovi valori paesaggistici coerenti o integrati”. Alla luce di quanto indicato dal Codice non è affatto facile tracciare una netta linea di confine fra tutela e valorizzazione e questo produce senz’altro dei problemi in tema di riparto di competenze, considerando quanto disposto dalla
22 M.T.P. CAPUTI JAMBRENGHI, Commento agli artt.3 e 6, in A. ANGIULI, V. CAPUTI JAMBRENGHI, op cit., pp. 46-47
Costituzione che, come più volte detto in precedenza, assegna allo Stato la legislazione esclusiva sulla tutela e alla legislazione concorrente la valorizzazione. Coerente con quanto disposto dalla Costituzione è senz’altro il comma 2 dell’art.6 che prevede infatti che la valorizzazione debba essere attuata in forme compatibili con la tutela e in modo da non comprometterne le esigenze. La minor centralità dello Stato in tema di valorizzazione rispetto alla tutela è confermata altresì dalle disposizioni del Codice immediatamente successive: il comma 3 dell’art.6 dispone che anche soggetti privati, singoli o associati, possano partecipare all’esercizio della funzione di valorizzazione del patrimonio culturale e che, anzi, tale partecipazione debba essere favorita e sostenuta dalla Repubblica, mentre l’art.7, rubricato “Funzioni e compiti in materia di valorizzazione del patrimonio culturale”, richiama proprio la potestà legislativa concorrente delle Regioni in materia, disponendo che essa debba essere esercitata nel rispetto dei principi fondamentali sulla valorizzazione enunciati nel Codice, e prevede che Ministero, Regioni e altri enti pubblici territoriali debbano perseguire “il coordinamento, l'armonizzazione e l'integrazione delle attività di valorizzazione dei beni pubblici”. Considerando dunque il riparto di competenze e come la legge in tema di valorizzazione preveda la possibilità di una partecipazione aperta a diversi soggetti, anche non pubblici, è necessario interrogarsi sulla possibilità di distinguere bene fra tutela e valorizzazione. Il compito, come accennato, non è facile in quanto esiste una stretta connessione concettuale fra le due funzioni, considerate inscindibili fra loro. È stato portato l’esempio del restauro, una attività che può esser fatta rientrare sia nell’ambito della tutela, in quanto opera di conservazione, che nell’ambito della valorizzazione, in quanto un bene non protetto né conservato non è valorizzabile nel senso che non è possibile garantirne la pubblica fruizione. Inoltre il concetto di valorizzazione è stato talmente esteso che in esso sono state fatte rientrare le più disparate attività che concorrono a garantire l’utilizzazione e la fruizione pubblica del bene. Insomma, operare una netta suddivisione fra tutela e valorizzazione non appare completamente possibile e per questo motivo il Codice richiama spesso i concetti di cooperazione e leale collaborazione fra Stato, Regioni ed enti territoriali per fare in modo che gli stessi possano tracciare delle linee d’azione e delle strategie comuni
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per evitare eventuali situazioni di stallo che rendano seriamente difficoltoso il compito di tutela del patrimonio culturale nazionale assegnato dalla Costituzione alla Repubblica23.
La giurisprudenza costituzionale si è a più riprese espressa su tale questione sottolineando la centralità del principio di leale collaborazione e lo ha fatto anche abbastanza recentemente con la sentenza della Corte Costituzionale n.140 del 201524. In questa
pronuncia la Corte si è soffermata, fra le altre cose, sui commi 1-bis e 1-ter25 dell’art.52 del
Codice che prevedono, in materia di “Esercizio del commercio in aree di valore culturale e nei locali storici tradizionali”, l’assegnazione ai Comuni del compito di individuare, sentito il parere del soprintendente, locali in cui si svolgono attività di artigianato e di commercio tradizionali per assicurarne apposite forme di protezione e salvaguardia, in quanto espressioni di identità culturale collettiva ai sensi delle convenzioni UNESCO per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale e per la protezione e la promozione delle diversità culturali26, e agli organi periferici del Ministero, sentiti gli enti locali, il compito di
adottare determinazioni volte a vietare usi incompatibili con le esigenze di tutela e valorizzazione di aree pubbliche aventi particolare valore culturale e paesaggistico e quello di legittimare le amministrazioni ad avviare, previa intesa, eventuali procedimenti di riesame delle autorizzazioni e delle concessioni di suolo pubblico già rilasciate. La Corte dichiarò costituzionalmente illegittime le due disposizioni nella parte in cui non prevedevano né l’intesa né alcun altro strumento volto a garantire la leale collaborazione fra Governo e amministrazioni territoriali. La sentenza, pur tenendo ferme le differenze di contenuto e la specificità degli ambiti di intervento di tutela e valorizzazione, sottolinea l’ideale contiguità esistente fra le stesse, in continuità con le precedenti pronunce in materia rese dalla giurisprudenza costituzionale ed esplicitate nell’art.1 comma 2 del Codice, che indica come tutela e valorizzazione abbiano comuni finalità. Tutela e valorizzazione, dice la Corte, rispondono ad esigenze di “natura unitaria” e fra di esse vi è una “ontologica e teleologica
23 M. RAGNI, La valorizzazione del patrimonio culturale, in “Economia della cultura”, Bologna, Il Mulino, a. XXII, n.2, giugno 2012, pp. 220-221
24 Pubblicata su G.U. n.28 del 15 luglio 2015. Corte presieduta dalla prof.ssa M. Cartabia
25 Entrambi aggiunti dal d. l. 91 dell’8 agosto 2013 convertito, con modificazioni, dalla l. 112 del 7 ottobre 2013
contiguità” e ciò comporta che alla predisposizione legislativa di strumenti di tutela del patrimonio culturale si possano accompagnare “contestualmente, quali naturali appendici, anche interventi diretti alla valorizzazione dello stesso”. Tutto ciò determina il profilarsi di “una situazione di concreto concorso fra la competenza esclusiva dello Stato con quella concorrente dello Stato e delle Regioni” che può essere risolto, stante la natura unitaria delle esigenze di tutela e valorizzazione e la pressoché inestricabile connessione fra competenze, solo facendo ricorso all’applicazione del principio di leale collaborazione che deve permeare i rapporti fra lo Stato e il sistema delle autonomie. Anche successivamente, ad esempio nella sentenza n.251 del 201627, la Consulta ha ribadito la necessità di valorizzare il principio di
leale collaborazione in presenza di stretti intrecci di materie e competenze e ha indicato nell’intesa fra Stato e Regioni lo strumento che “meglio incarna la collaborazione”28.
Tornando a parlare nello specifico della valorizzazione, l’esistenza di un sistema fondato sulla cooperazione e collaborazione “multilivello” fra soggetti pubblici e anche privati per favorirne l’attuazione è ben confermato in due disposizioni contenute nel Codice nella Parte II dedicata ai beni culturali. Le due norme sono gli artt. 111 e 112, rubricati rispettivamente “Attività di valorizzazione” e “Valorizzazione dei beni culturali di appartenenza pubblica”. L’art.111 comma 1 dispone che l’attività di valorizzazione debba consistere nella “organizzazione di risorse, strutture o reti ovvero nella messa a disposizione di competenze tecniche o risorse finanziarie o strumentali” e subito dopo aggiunge che tali attività possono essere poste in essere anche col concorso, la partecipazione e la cooperazione di soggetti privati. Il successivo comma afferma che la valorizzazione può essere attuata anche su iniziativa privata oltre che pubblica, e alla valorizzazione ad iniziativa privata è riconosciuto il ruolo di attività socialmente utile avente finalità di solidarietà sociale. Per quel che riguarda invece la collaborazione e cooperazione fra enti pubblici,
27 Pubblicata su G.U. 11 del 16 marzo 2016. Corte presieduta dalla prof.ssa M. Catabria. Giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, lettera b), numero 2), del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive) promosso con ricorso dalla Provincia autonoma di Trento.
28 G. SCIULLO, Corte Costituzionale e nuovi scenari per la disciplina del patrimonio culturale, in “Aedon”, Bologna, Il Mulino, a. XX, n.1, gennaio-aprile 2017
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l'articolo 112 al comma I assegna a Stato, Regioni e altri enti territoriali insieme il compito di assicurare la valorizzazione dei beni presenti nei cosiddetti “Istituti e luoghi della cultura” (musei, biblioteche, archivi, aree e parchi archeologici, complessi monumentali) di cui all’art.101 del Codice. Il tutto “nel rispetto dei principi fondamentali” fissati dal Codice stesso e con la possibilità, prevista al comma 4 sempre dell’art.112, per le istituzioni indicate di procedere alla stipula di accordi per definire strategie ed obiettivi comuni di valorizzazione per garantire la buona qualità delle prestazioni e dei servizi offerti. Ultima osservazione in tema di valorizzazione, ma non certo ultima in ordine di importanza, la si deve fare tornando a leggere la definizione di valorizzazione contenuta nell’art.6. Il comma 1, nell’individuare la valorizzazione come l’insieme di attività volte a garantire l’utilizzazione e la pubblica fruizione del patrimonio culturale, giustamente sottolinea come l’utilizzazione e la fruizione debbano essere garantite anche alle persone diversamente abili. Questa ultima disposizione è stata pensata dal legislatore per ribadire come il diritto alla conoscenza debba essere considerato un diritto inviolabile ed incomprimibile. Per questo motivo sarebbe d’obbligo rendere il patrimonio culturale accessibile a tutti. Si è usato il condizionale perché poi nella prassi, e questo è sotto l’occhio di tutti, tale accessibilità universale del patrimonio non è sempre garantita29.
4. Brevi cenni sui beni culturali. In particolare: individuazione dei beni culturali,