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Introduzione Fra tutela del paesaggio e governo del territorio: che cos’è il piano paesaggistico

IL PIANO PAESAGGISTICO

1. Introduzione Fra tutela del paesaggio e governo del territorio: che cos’è il piano paesaggistico

formazione, soggetti coinvolti, co-pianificazione, concertazione e partecipazione – 4. I rapporti con gli altri strumenti di pianificazione territoriale – 5. Lo stato della pianificazione paesaggistica

in Italia – 5.1 In particolare: i piani paesaggistici di Toscana e Puglia

1. Introduzione. Fra tutela del paesaggio e governo del territorio: che cos’è il piano paesaggistico

Finora, con una sintesi delle evoluzioni legislative nel primo capitolo e l’analisi delle norme del Codice Urbani nel secondo, abbiamo affrontato in particolar modo il sistema per così dire “classico” di tutela paesaggistica, quello caratterizzato da diversi momenti in cui si procede dapprima all’individuazione dei beni da tutelare, in quanto aventi determinate caratteristiche e valori che li fanno rientrare nella categoria beni paesaggistici, quindi all’apposizione, per legge o in base alla legge, sui beni stessi di specifici vincoli che l’attuale normativa vuole siano “vestiti”, e cioè recanti la specifica normativa d’uso a cui i beni devono essere sottoposti (per i vincoli sorti in precedenza e non “vestiti” è prevista la “vestizione” mediante integrazione), e infine nella previsione di un sistema di controllo e gestione dei beni vincolati in cui risalta in particolar modo l’istituto dell’autorizzazione paesaggistica1.

Questo sistema “classico” è stato confermato nella legge primaria fondamentale dell’ordinamento italiano in materia di tutela paesaggistica, il Codice del 2004, che ha sostanzialmente ripreso, modificato e perfezionato l’impianto contenuto nelle leggi “Bottai” n.1497 del 1939 e “Galasso” n.431 del 1985, le cui disposizioni erano poi state unificate nel decreto legislativo n.490 del 1999, “Testo unico delle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali”2. In questo conclusivo capitolo ci occuperemo della tutela paesaggistica

attuata mediante lo strumento della pianificazione e in particolare del piano paesaggistico.

1 Vedi capitolo II, § 6, 7 e 8 2 Vedi capitolo I, § 3, 5 e 6

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Oggi il piano paesaggistico, alla luce delle norme contenute nel Codice Urbani, non solo è strumento fondamentale che si affianca, concorre e “potenzia” il sistema vincolistico classico nell’attuazione della tutela paesaggistica, ma è anche il principale mezzo attraverso cui è possibile tutelare il paesaggio. Infatti è vero che il ricorso alla pianificazione per la tutela paesaggistica era già previsto nelle leggi “Bottai” e “Galasso”, ma la portata attribuita da queste leggi a quelli che allora erano chiamati piani paesistici non consentiva di attribuire loro, nel sistema globale di tutela del paesaggio, quel “peso specifico” che oggi hanno i piani paesaggistici. I piani paesistici, dapprima facoltativi e di competenza ministeriale secondo la legge del 1939 e poi obbligatori (obbligo più volte disatteso) e di competenza regionale secondo la legge del 1985, erano infatti finalizzati a meglio definire e programmare l’assetto urbanistico-edilizio e (formula più attuale introdotta nel 1985) sottoporre a specifica normativa d’uso alcune limitate porzioni di territorio individuate dalle due leggi come di notevole interesse pubblico, consistenti nelle c.d. “bellezze d’insieme” previste dalla legge “Bottai” e riprese dal Codice “Urbani” all’art.136, comma 1, lettere c) e d), e nelle “vaste aree” individuate dalla legge “Galasso” e riprese dal Codice all’art.142, comma 1, lettere da a) ad m)3. Secondo l’attuale normativa, invece, i piani paesaggistici sono finalizzati all’adeguata

conoscenza, alla salvaguardia, alla gestione e pianificazione di tutto il territorio “in ragione dei differenti valori espressi dai diversi contesti che lo costituiscono” (art.135 del Codice, comma 1, primo capoverso). Con “tutto il territorio” si intende il territorio regionale, dal momento che, essendo l’approvazione dei piani di competenza delle Regioni, i piani sono redatti su base regionale. Tuttavia, nel momento in cui tutte le Regioni (per il momento poche) avranno elaborato ed approvato i propri piani paesaggistici secondo la disciplina dettata dal Codice, l’insieme degli stessi dovrebbe consentire di raggiungere, o quantomeno

3 Bisogna sottolineare nuovamente che le aree individuate dalla legge “Galasso”, oltre ad essere

considerate ex lege come di notevole interesse pubblico, erano, sempre ex lege, già sottoposte a vincolo, a differenza delle “bellezze d’insieme” (ed anche alle “bellezze individue”) individuate dalla legge “Bottai”, considerate ex lege di notevole interesse pubblico ma per il cui assoggettamento a vincolo era invece necessaria l’emanazione del provvedimento di dichiarazione. La maggior estensione delle aree indicate nella legge del 1985 determinò un consistente ampliamento della percentuale di territorio sottoposto a tutela. Inoltre, sulla base delle caratteristiche dei beni indicati nelle due leggi, è evidente come per la legge del 1939 il notevole interesse pubblico dei beni paesaggistici derivasse quasi esclusivamente dal loro valore estetico, mentre per la legge del 1985 era in particolare il loro valore ambientale a determinarne l’interesse alla loro tutela. Sono queste le differenze principali fra le discipline contenute nelle due leggi, di cui si è trattato già in capitolo I, § 3 e 5.

di avvicinarsi a raggiungere, l’obiettivo auspicabile di avere un territorio nazionale integralmente pianificato ai fini della sua salvaguardia ed ottimale gestione. La disposizione del Codice sopra richiamata, a differenza di altre di cui abbiamo trattato nel precedente capitolo4, è coerente con quanto enunciato nella Convenzione Europea del Paesaggio del

20005 nella quale la nozione di paesaggio va tendenzialmente a coincidere con quella di

territorio, o meglio, di “forma del territorio”, con conseguente avvicinamento e sovrapposizione parziale delle tutele dell’uno e dell’altro. Il piano paesaggistico non può essere dunque considerato come uno strumento finalizzato soltanto alla tutela e alla valorizzazione di “parti di territorio dotate di non comune bellezza” − dotate dunque di notevole valore paesaggistico −, ma la sua portata è decisamente più ampia, dal momento che esso detta la propria disciplina anche nei confronti di quelle parti di territorio esteticamente meno rilevanti, finanche in quelle da considerarsi “degradate”, al fine di recuperarne e/o migliorarne la qualità paesaggistica. In poche parole, attraverso il piano paesaggistico si “governa” il territorio, con specifica considerazione dei valori paesaggistici che il territorio stesso esprime. Al governo del territorio contribuiscono anche altri strumenti di pianificazione urbanistico-territoriale, i cui rapporti col piano paesaggistico verranno analizzati più avanti. “Governo del territorio” è il termine che ha sostituito in Costituzione, a seguito della riforma del Titolo V del 2001, quello contenuto nel testo originario di “urbanistica” ed è nozione più ampia rispetto a quest’ultima. Con governo del territorio si intende infatti la materia riguardante la disciplina d’uso e delle trasformazioni del suolo, mentre con urbanistica si intendeva tradizionalmente nel nostro ordinamento la materia riguardante l’assetto e l’incremento edilizio dei soli centri abitati6. Col passare del tempo la

giurisprudenza costituzionale, anche alla luce delle evoluzioni normative7, si è poi orientata

verso una visione più ampia della materia urbanistica, dapprima finendo col ricomprendere

4 In particolare § 5 5 Vedi capitolo I, § 7

6 Corte Cost., sent. n.64 del 1963. Corte presieduta dal prof. Gaspare Ambrosini.

7 Il riferimento è in particolare al d.P.R. n.616 del 24 luglio 1977, pubblicato su G.U. n.234 del 29 agosto 1977, il cui art.80 dispone che “le funzioni amministrative relative alla materia "urbanistica" concernono la disciplina dell'uso del territorio comprensiva di tutti gli aspetti conoscitivi, normativi e gestionali riguardanti le operazioni di salvaguardia e di trasformazione del suolo nonché la protezione dell'ambiente”.

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in essa la disciplina degli interi territori comunali, anche al di fuori dell’ambito dei centri urbani8, e poi facendo rientrare nella materia anche aspetti legati alla tutela dell’ambiente e

della sua salubrità9. Il mutamento terminologico avvenuto in Costituzione con la riforma del

2001 deriva senz’altro in buona parte da questi sviluppi giurisprudenziali. La materia “governo del territorio” è dunque diretta discendente di quella “urbanistica” e non deve stupire quindi che lo strumento principale previsto dall’ordinamento a disposizione delle amministrazioni per disciplinare e programmare la trasformazione, la conservazione, la fruizione pubblica e l’ottimale utilizzazione del territorio sia proprio quello classico dell’urbanistica: la pianificazione. La riforma costituzionale ha inserito la materia “governo del territorio” fra le materie di competenza concorrente Stato-Regioni, confermando quanto previsto in precedenza riguardo la materia “urbanistica”10. Il concorso statale-regionale in

materia di governo del territorio si riscontra nel Codice “Urbani” con riguardo alla pianificazione paesaggistica: abbiamo già detto, infatti, che le Regioni, ai sensi dell’art.135, hanno un ruolo primario riguardo i piani paesaggistici, dal momento che spetta loro l’elaborazione e soprattutto l’approvazione degli stessi; tuttavia, ancora ai sensi della stessa norma, il compito di assicurare pianificazione, adeguata conoscenza, salvaguardia e gestione del territorio, tutte finalità dei piani paesaggistici, è attribuito sempre alle Regioni, questa volta in concorso con lo Stato. Quest’ultimo, oltre a partecipare all’elaborazione dei piani paesaggistici (art.135 del Codice, comma 1, ultimo capoverso, e art.143, comma 2), detta anche i “principi fondamentali” in materia disciplinando con propria legge, appunto il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, i contenuti e le funzioni peculiari dei piani stessi. Il ruolo dello Stato è dunque centrale e non potrebbe essere altrimenti, non solo alla luce di quanto detto sopra ma anche e soprattutto dal momento che, ovviamente, non va dimenticato che quando parliamo di piano paesaggistico non facciamo riferimento principalmente ad uno strumento di governo territoriale, ma ad un mezzo attraverso cui si attua la tutela del paesaggio, che è compito della Repubblica11 ai sensi dell’art.9 Cost. e

8 Corte Cost., sent. 239 del 1982. Corte presieduta dal prof. Leopoldo Elia. 9 Corte Cost., sent. 382 del 1999. Corte presieduta dal dott. Renato Granata.

10 Si veda il comma 3 dell’art.117 Cost. post-riforma e il comma 1 dello stesso articolo pre-riforma. 11 E quindi non in particolare di Stato, Regioni o enti territoriali, ma in generale affidato a tutti i livelli di governo presenti nel nostro ordinamento, da attuarsi in collaborazione e cooperazione fra gli stessi.

materia-attività affine se non coincidente con la “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” che, ai sensi dell’art.117, comma 3, lettera s) della Costituzione, è affidata alla legislazione esclusiva dello Stato12.

Il piano paesaggistico, dunque, si pone a cavallo fra governo del territorio e tutela del paesaggio. Questo lo porta a poter essere definito come piano urbanistico territoriale di natura “ibrida”, in cui sono tenuti in specifica considerazione i valori paesaggistici espressi dal territorio cui il piano fa riferimento13. O ancora, come lo ha definito illustre dottrina (P.

URBANI), “piano che è anche urbanistico, seppur di area vasta”. Nei successivi paragrafi

andremo ad analizzare nello specifico le norme del Codice relative a contenuto e funzione dei piani, al procedimento di formazione degli stessi e ai soggetti che vi sono coinvolti o che vi possono partecipare, al rapporto del piano paesaggistico con gli altri strumenti di pianificazione territoriale, concludendo infine con uno sguardo rivolto in allo stato della pianificazione paesaggistica in Italia e in particolare ai piani paesaggistici delle Regioni Toscana e Puglia, due fra i pochi finora approvati in Italia sulla base delle norme del Codice del 2004 e le successive modificazioni apportate coi decreti correttivi del 2006 e del 200814.