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Genesi, struttura e principi del “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”

L’ATTUALE SISTEMA DI TUTELA DEI BENI CULTURALI E DEL PAESAGGIO NEL “CODICE URBANI”

1. Genesi, struttura e principi del “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”

patrimonio culturale – 3. Tutela e valorizzazione del patrimonio culturale – 4. Brevi cenni sui

beni culturali. In particolare: individuazione dei beni culturali, verifica e dichiarazione dell’interesse culturale, regime giuridico dei beni culturali – 4.1. Individuazione – 4.2. Verifica e

dichiarazione dell’interesse culturale – 4.3. Regime giuridico dei beni culturali − 5. La nozione giuridica di paesaggio nel Codice – 6. Beni paesaggistici. Tipologie di beni e modalità di costituzione dei vincoli − 7. L’autorizzazione paesaggistica – 8. Vigilanza, sanzioni e altre misure

di tutela dei beni vincolati

1. Genesi, struttura e principi del “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”

L’attuale normativa primaria di riferimento in materia di tutela paesaggistica è contenuta nel “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” del 2004. Il Codice venne approvato nella forma del decreto legislativo al termine di un iter che prese il via e si esaurì nel corso della XIV legislatura della Repubblica. Punto di partenza fu la legge 137 del 20021,

“Delega per la riforma dell'organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché di enti pubblici”, che affidò al Governo, nel termine di diciotto mesi dall’entrata in vigore della legge stessa, l’emanazione di uno o più decreti legislativi di riforma di diverse materie fra cui quella dei beni culturali e ambientali per la quale, ai sensi dell’art.10 comma 1 della legge delega, venne richiesta esplicitamente un’opera di codificazione delle relative disposizioni legislative, che sarebbe andata ad aggiornare e sostituire la preesistente disciplina. Il legislatore, ovviamente, nel conferire la delega indicò altresì i principi e criteri direttivi a cui si sarebbe dovuto attenere il Governo nell’emanazione di tali decreti. Per quel che riguarda la materia beni culturali e ambientali questi erano indicati nel comma 2 dell’art.10 stesso che prevedeva come la richiesta codificazione, la prima in assoluto per quel che riguarda i beni culturali e ambientali in Italia, dovesse determinare

anzitutto l’adeguamento della legislazione sia agli artt.117 e 118 della Costituzione da poco modificati per effetto della riforma del Titolo V del 2001, sia alla normativa comunitaria, sia, soprattutto, agli accordi internazionali fra i quali la Convenzione Europea del Paesaggio del 20002 che, anche se non espressamente richiamata nel testo della legge delega,

rappresentava senz’altro la maggior novità a livello sovranazionale in materia. Le altre finalità da perseguire con la codificazione erano poi indicate nelle lettere c) e d) sempre del comma 2 dell’art.10: fra queste figuravano l’ottimizzazione delle risorse destinate alla materia beni culturali e ambientali mediante il generale riordino del sistema degli interventi sugli stessi, lo snellimento delle relative procedure burocratiche e l’aggiornamento degli strumenti di individuazione, conservazione e protezione dei beni culturali e ambientali attraverso un ampio coinvolgimento di soggetti sia pubblici che privati. Sulla base di questi principi contenuti nella legge delega 137/2002 si arrivò dunque all’approvazione del d. lgs. n.42 del 20043 dal titolo, appunto, “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”. Il Codice

rappresentò il primo testo normativo per così dire “originale” e di non mero riordino della storia repubblicana contenente ad un tempo le normative riguardanti le materie patrimonio culturale e ambientale. Con l’abrogazione esplicita − disposta dall’art.184 comma I del Codice in accordo con quanto previsto dal comma terzo dell’art.10 della legge delega del 20024 − del d. lgs. 490/1999 “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni

culturali e ambientali” e successive modificazioni e integrazioni, vennero meno infatti tutte le precedenti leggi che fino a quel momento avevano affrontato separatamente le due materie e che il Testo Unico si era limitato a riunire formalmente senza però apportarvi alcuna modifica di rilievo. Il testo originario del 2004 del Codice è peraltro giunto ad oggi parzialmente modificato a seguito di successivi interventi che si sono protratti fino al 2017 e che iniziarono già nel 2006, con l’adozione di alcune disposizioni correttive e integrative in accordo con quanto previsto dal comma quarto dell’art.10 della legge delega5.

2 Si veda capitolo I § 7

3 Pubblicato su G.U. n.45 del 24 febbraio 2004

4 “I decreti legislativi di cui al comma 1 indicano esplicitamente le disposizioni sostituite o abrogate…” 5 “Disposizioni correttive ed integrative dei decreti legislativi di cui al comma 1 possono essere adottate, nel rispetto degli stessi principi e criteri direttivi e con le medesime procedure di cui al presente articolo, entro due anni dalla data della loro entrata in vigore”.

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Il d. lgs. 42/2004 è altresì conosciuto come “Codice Urbani” dal nome di uno dei suoi ispiratori, l’allora Ministro dei Beni e delle Attività Culturali del Governo “Berlusconi II” Giuliano Urbani. Lo stesso Ministro Urbani descrisse in sede di presentazione del Codice gli obiettivi dello stesso: la piena e definitiva consacrazione del paesaggio come elemento facente parte del patrimonio culturale italiano al pari dei beni culturali, la tutela unitaria riconosciuta al patrimonio storico-artistico e paesaggistico in accordo con quanto disposto dall’art.9 della Costituzione, l’individuazione di un “demanio culturale pubblico” costituito da tutti quei beni la cui salvaguardia costituisce interesse della collettività e ultimo, ma non in ordine di importanza, la subordinazione della pianificazione urbanistica a quella paesistica, nei cui confronti la prima avrebbe dovuto d’ora in avanti adeguarsi ed essere con essa compatibile6. Per quel che riguarda la struttura del Codice, esso è composto da 184 articoli

suddivisi in cinque parti. Ad una parte introduttiva dedicata alle disposizioni generali fanno seguito la II e III parte in cui sono enucleate le discipline specifiche riguardanti, rispettivamente, i beni culturali e i beni paesaggistici. Lo schema seguito è quello riscontrabile già nella “Legge Croce” del 1922 e perfezionato negli anni tramite le altre precedenti esperienze legislative in materia, da quella prerepubblicana delle “Leggi Bottai” del 1939 a quella del 1985 (“Legge Galasso”): le norme intendono dapprima individuare i beni rientranti nelle categorie “beni culturali” e “beni paesaggistici” per poi chiarire in cosa consistano le funzioni di tutela, conservazione, valorizzazione e fruizione che li riguardano e i soggetti cui le funzioni stesse sono attribuite. A tutto ciò fanno seguito il riparto di competenze fra tali soggetti all’interno dei procedimenti che riguardano i beni descritti nel Codice e la disciplina degli interventi consentiti o meno sugli stessi. Per quel che riguarda le sanzioni, esse sono contenute in una parte specifica, la IV. La V parte è invece quella contenente disposizioni transitorie, abrogazioni ed entrata in vigore.

Nella parte I, “Disposizioni generali”, all’art.1 sono enucleati i principi del Codice. L’obiettivo fondamentale del Codice è quello di attuare quanto disposto dall’art.9 secondo comma della Costituzione secondo cui la Repubblica “tutela il paesaggio e il patrimonio

6 F. GARGALLO DI CASTEL LENTINI, Evoluzione storica e giuridica della tutela dei beni culturali

dall’unità d’Italia al Codice Urbani. Cenni sulla tutela paesistica, in “Diritto all’Ambiente”

storico e artistico della Nazione”. L’attribuzione allo Stato di tale compito, o funzione, o attività, di tutela7 è ribadita da quanto previsto dal comma 2, lettera s), dell’art.117 Cost., che

riserva alla legislazione esclusiva dello Stato proprio la “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema (concetti, come abbiamo visto, strettamente connessi a quello di paesaggio) e dei beni culturali”. Accanto alla tutela l’altra funzione necessaria da esercitarsi ai fini della protezione del “patrimonio culturale” − concetto unitario che ricomprende, ai sensi del comma 2 art.2 del Codice, sia i beni culturali che paesaggistici − è quella della valorizzazione, che, a differenza della tutela, non è di esclusiva competenza statale, ma è esercitata in concorso fra i diversi livelli di governo territoriale (Stato, Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni) ai sensi del comma 3 dell’art.1 del Codice, disposizione, quest’ultima, che è perfettamente coerente con quanto dettato dall’art.117 comma terzo della Costituzione, che assegna alla legislazione concorrente Stato-Regioni la materia della “valorizzazione dei beni culturali e ambientali”. Tutela e valorizzazione del patrimonio culturale “concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura” (art.1 comma 3 del Codice). Qui il legislatore fa uso di due espressioni che richiamano diversi momenti della legislazione italiana in materia di tutela del patrimonio storico-artistico e paesaggistico. Tutelare e valorizzare il patrimonio culturale al fine di “preservare la memoria della comunità nazionale” è obiettivo che ritroviamo già nelle leggi prerepubblicane promosse dai ministri Rava, Croce e Bottai e ispirate da intenti potremmo dire quasi “romantici” di protezione di determinati beni dall’eccezionale valore storico ed estetico. Il riferimento al “territorio” rimanda invece alla “Legge Galasso” del 1985 in cui la tutela paesaggistica finisce (o si vorrebbe che finisca) tendenzialmente col coincidere con la difesa dell’intero territorio del Paese. Infine, per quel che riguarda l’ultima parte del terzo comma dell’art.1 del Codice, dicendo che la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono alla promozione dello sviluppo della cultura, il legislatore richiama in modo evidente e quasi letterale l’intero disposto dell’art.9 della Costituzione:“La Repubblica

7 La stessa Corte Costituzionale in diverse pronunce (ad es. sent. 26/2004) ha fatto riferimento alla tutela dei beni culturali e ambientali definendola non tanto come materia quanto come “materia-attività” o “compito” dello Stato. Lo riporta M. PICCHI in Tutela e valorizzazione dei beni culturali nella

giurisprudenza della Corte Costituzionale. Verso un progressivo accentramento delle competenze?, in

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promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Si sposa in tal modo la tesi della “lettura unitaria” dei due commi dell’articolo stesso, secondo la quale quanto disposto nel secondo comma altro non è che un mezzo attraverso il quale si giunge allo scopo prefissato nel primo comma. La tutela a cui si fa riferimento nel testo costituzionale sarebbe dunque una tutela dinamica e non fine a sé stessa, rivolta a un più ampio obiettivo di promozione e valorizzazione della cultura8. Le funzioni di tutela e valorizzazione, pur diverse per definizione e in ordine ai

soggetti competenti per il loro esercizio, sono dunque sostanzialmente inscindibili considerando gli scopi comuni a cui esse sono indirizzate9. Il Codice stesso tuttavia si

preoccupa di chiarire la distinzione fra tutela e valorizzazione, fornendoci le rispettive definizioni. La “tutela del patrimonio culturale”, secondo l’art.3 comma 1 del Codice, “consiste nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un'adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione”. La valorizzazione è invece individuata nell’art.6 comma 1 del Codice “nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso… al fine di promuovere lo sviluppo della cultura”. Lo stesso art.6 del Codice al comma 2 sancisce la subordinazione della valorizzazione alla tutela disponendo che “la valorizzazione è attuata in forme compatibili con la tutela e tali da non pregiudicarne le esigenze”. Questo appare assolutamente in linea col già ricordato dettato costituzionale, che prevede la riserva di legge statale per quel che riguarda la tutela e lascia spazio anche all’intervento della legislazione regionale per quel che riguarda la valorizzazione. Torneremo più approfonditamente sui concetti di tutela e valorizzazione più avanti in questo capitolo.

8 M.A. SANDULLI (a cura di), Codice dei Beni culturali e del Paesaggio, Milano, Giuffrè, 2012, pp. 18-19

9 M.T.P. CAPUTI JAMBRENGHI, Commento all’art.1, in (a cura di) A. ANGIULI, V. CAPUTI JAMBRENGHI, Commentario al Codice dei beni culturali e del paesaggio, Torino, Giappichelli, 2005, pp. 32-33