Azioni civiche collettive e amministrazione condivisa Un quadro interpretativo verso la ricerca empirica.
4. Azioni civiche collettive
In un saggio dal titolo Civil Society Reconsidered: The Durable Nature and Community Structure of Collective Civic Action, Sampson et al. (2005) propongono una lettura di quelle che definiscono collective civic action. Studio che verrà ripreso nell'opera successiva Great Amercian City (2012), dove viene dato ampio spazio al concetto di collective efficacy.
Vogliamo qui riprendere, senza la pretesa di presentare l'intero lavoro, davvero ampio48, i passaggi centrali di questo lavoro, poiché permettono di mettere luce su alcune dimensioni che nel dibattito sul tema dell'impegno civico sono invece spesso trascurate, e allo stesso tempo si pongono su un piano di continuità, riteniamo, con il tema già sollevato della ricomposizione tra individuale e collettivo, ma questa volta come già detto, a livello di pratiche.
Come chiariscono gli autori obiettivo di questo lavoro è quello di sviluppare «a conceptual framework on civil society that shifts the dominant focus on individuals to collective action events— civic and protest alike—that bring people together in public to realize a common
purpose» (2005, p.673).
Il lavoro, in estrema sintesi, combina la letteratura sui movimenti sociali, al tempo stesso proponendone un paesaggio ulteriore, con quella della collective efficacy.
Evidenziano gli autori infatti che il dibattito sui movimenti sociali ha privilegiato forme di contesta e protesta, visibili ed ampie, connesse spesso a forme di lotta di livello nazionale, invece che su quelle, in realtà molto più numerose, meno visibili, forme di collective engagement (p. 675). Allo stesso tempo uno dei punti di forza di quegli studi, che quindi Sampson riprende, riguarda «the decisive empirical shift from individual civic participation to a focus on collective action events, which logically, we argue, is essential to the underlying phenomenon at the heart of the civil society debate» (ibid.).
Un secondo contributo che gli autori traggono da quel campo di studi riguarda il focus sugli eventi, mentre un terzo contributo riguarda un livello più teoretico, ossia l'importanza data alla comprensione dei processi sociali che sostengono la mobilitazione collettiva e l'azione, in sostanza qui il richiamo al tema della mobilitazione delle risorse (cfr. Emirbayer and Goodwin 1994; Gamson, Fireman, and Rytina 1982; Gould 1995; Tarrow 1998; McAdam [1982] 1999, 2003; Mische 2003), prospettiva che dà vita ad uno «spostamento intellettuale» che rifiuta l'idea che l'azione collettiva sia il risultato semplicemente della aggregazione di comportanti civici individuali.
Dall'altra parte, come dicevamo, traggono dagli studi relativi all'efficacia collettiva (Samposn, 2012) l'attenzione alla comprensione delle condizione che rendono possibile alla «capacità collettiva» di emergere e formarsi. Efficacia che si basa su aspettative condivise di intervento in vista di comuni intenti e che sono situate e create sulla base di un assetto organizzativo di quartiere. Il concetto di efficacia collettiva, invece che focalizzarsi su fattori di memberships individuali e di legami privati, pone invece l'accento su una «conjoint capability for action to achieve an intended effect, and hence an active sense of collective engagement on the part of residents to solve problems» (Sampson 2005, p.676). Secondo quindi gli autori le teorie sui movimenti sociali e quelli dell'efficacia collettiva, condividono un orientamento e un framework comune, ossia: «a focus on the mobilization of action for an intended purpose»(ibid.) .
Dalla combinazione di queste teorie può emergere un focus di attenzione che gli autori descrivono in questo modo:
a direct focus on civic events that are collective in nature and that bring together members of the community. Events such as blood drives, community festivals, fund-raisers, and community watches against crime go straight to the heart of civic capacity. Like protest events, such civic events may seek to procure resources. However, civic events expressing community- oriented or collective interests typically do not represent a challenge to the existing system. Rather, many such events can be said to «celebrate community»—whether pancake breakfasts at the local fire hall, fund- raisers for cultural
causes, ethnic festivals, or neighborhood block parties (ibid.)
In questa combinazione viene superata sia la prospettiva dei movimenti sociali ed «integrata» quella dell'efficacia collettiva. L'attenzione sulla natura collettiva e spaziale permane, rifiutando in ciò una lettura dello stesso capitale sociale come basato sulla semplice membership, del votare, della partecipazione ai meeting, (qui il riferimento è a Putnam), e dando al contrario importanza ai «collective civic events in a community context.». La letteratura sull'ef ficacia collettiva, rileva lo stesso Sampson (2005 p.677, 2012 p. 182), è sensibile al contesto di quartiere, ma si basa su delle survey riguardo alla fiducia e alle aspettative reciproche, omettendo in realtà l'importanza degli eventi, così come la letteratura sui movimenti sociali si focalizza sugli eventi, ma concentrandosi sulle proteste esplicite. Invece è necessario per Sampson arrivare ad una più ampia concezione generale della collective civic action e ciò può avvenire sia passando da un «individual- level focus of most social capital arguments» ad un «an event-based approach to examining collective civic behavior», sia recuperando l'attenzione spaziale dell' ef ficacia collettiva, in fine espandendo «the protest agenda of traditional social movement research by including an explicit focus on collective civic events (2005, pp. 676-677).
In ultima analisi, ed in sintesi, emerge ciò che gli autori definiscono un nuovo approccio teorico e una nuova strategia empirica, che arriva a tematizzare quello che gli autori definiscono come « hybrid civic events», nella forma di collective civic actions e di belended social action. In particolare proponendo un reframing del dibattito sulla società civile in termini di azione collettiva invece che individuale.
A tale proposito, evidenziano che «collective civic engagement appears to have changed rather than declined, with sources that are organizational rather than interpersonal in nature» e in tal modo concettualizzando «a largely unrecognized but potentially transformative type of activity». Questi eventi civici ibridi sono eventi «that combine traditional community «togetherness» (e.g., community festivals) with claims for social change», e le «blended social action» possono essere definite come forma di azione collettiva che «blurs traditional boundaries by combining common types of civic participation, such as festivals or neighborhood association meetings, with a stated claim and an organized public event that seeks change. In other words, hybrid collective events typically combine protestlike «claims» for change with civil society «forms.» (ibidem, 680).
La sintesi di queste riflessioni vengono così sistematizzate dagli autori nella figura che segue:
Bakker et al. (2012, p. 396) richiamando Sampson propongono una de finizione di quelle che loro chiamano « citizens' initiatives»:
The citizens who are active in such initiatives participate in shaping their neighborhood, working for the common good. Previous studies have shown that CIs are oftentimes a form of blended social action (Sampson, 2005) which involves engagement of both citizens and governmental and non governmental local agencies such the municipality and housing corporations. Rather then a pure form of civic activism, CIs, are a hybrd in which citizens take the lead but collaborate with public authorities (Hurenkamp et al 2006)
Come abbiamo visto nel secondo capitolo nel trattare il tema del locale e della governance abbiamo fatto riferimento a molte ricerche che pongono l'attenzione a forme di governance a livello di quartiere in cui le pubbliche amministrazione sempre più sono protese a mettere al centro le iniziative dei cittadini. Tra i quattro idealtipi di governance (Lwoendes et al 2007, ) che avevamo presentato, quello civico era emerso come approccio che dà forma ad un «neighborhood empowerment », il cui obiettivo è quello di promuovere cittadini attivi e comunità coese. Questo forma di governance di quartiere si basa su dispositivi propri della democrazia partecipativa e il ruolo affidato ai cittadini è sul piano della voice mentre quello di leadership (istituzionale) si coniuga come «enabler» e animatore. Il Quartiere non è però semplicemente lo spazio più appropriato in cui esercitare «voce e scelta», ma può essere lo spazio in cui i cittadini co-producono policy (ibidem p.57). A questo proposito, si era fatto riferimento, richiamando Bang e Sorensen (1999), all'immagine del cittadino come «everyday makers», ossia «active within the neighborhood in working for community well-being but
does so outside established political constructions of citizenship that describe citizens as legitimators of or opponents to state domination» (ibid.) In questa prospettiva il quartiere è visto come il luogo in cui è più probabile che possa emergere una coesione sociale e comunitaria, in cui il senso di appartenenza fa si che i cittadini «are more likely to invest civic relationship with a high level of affect, and less likely to regard community matters in an impersonal or emotionally neutral manner» (ibidem, p. 58, in Dahl and Tufte 1973, p.14).
Con i contributi che ora abbiamo richiamato nei paragra fi precedenti e in particolare con quest'ultimo di Sampson abbiamo spostato l'attenzione dal piano delle policy e della governance, a quelle stesse azioni civiche che molti governi locali cercano di sostenere.
Sono azioni cioè che in primo luogo impongono un ripensamento e la possibilità di una nuova tematizzazione che in qualche modo supera la dicotomia spesso frequente tra civico e politico e inoltre a livello di pratiche focalizzano l'attenzione su una capacità collettiva di azione, soprattutto, in coerenza con quello che abbiamo già tematizzato sia nel primo che nel secondo capitolo, aprono una finestra ulteriore sulla dimensione ibrida che può oggi caratterizzare la partecipazione. Cosa implica però questo incontro tra cittadini che si attivano e prendono la guida di queste iniziative ma collaborando con le amministrazioni?
Pare evidente come il fenomeno della cittadinanza attiva, riguardando poteri e responsabilità, nonché, per quanto concerne l'Italia, un nuovo «signi ficato costituzionale», assume diversi signi ficati e ha diverse implicazioni: sul piano della governance, sul piano delle politiche e delle forme e pratiche di partecipazione e il loro signi ficato. Per comprendere questi piani affrontiamo ora il principio di sussidiarietà, e in un secondo momento il modello dell'amministrazione condivisa, che rispetto alle forme di governance discusse nel secondo capitolo, aggiunge un ulteriore prospettiva come risposta a questo attivismo civico.