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Azioni civiche collettive e amministrazione condivisa Un quadro interpretativo verso la ricerca empirica.

1. Un cambio di paradigma?

Un primo passo per analizzare l'emergere di nuove cittadinanze, è quello di leggerle nel quadro della crisi del paradigma della cittadinanza democratica, che i processi già messi in luce nei precedenti capitoli, consentono di cogliere.

Punto di riferimento spesso richiamato nel dibattito sul tema della cittadinanza è il lavoro di Marshall (1947, 1976) e la sua analisi dell'evoluzione della cittadinanza, o meglio dello sviluppo storico- sociale «dell'essere cittadino». Sono tre le fasi storiche di tale evoluzione. La prima è quella che vede l'affermarsi dei diritti civili tra la fine del XVIII secolo e l'inizio del XIX. Una cittadinanza civile che si compone dei diritti di espressione, di parola, di religione, di proprietà. La seconda è quella che coincide con l'affermarsi di una cittadinanza politica, attraverso il riconoscimento dei diritti di partecipazione politica nel corso del XIX secolo e i primi anni del XX, con la graduale estensione di tali diritti a sempre più ampie e diverse fasce della popolazione, fino all’ottenimento del suffragio universale. In fine, la cittadinanza sociale, il cui sviluppo inizia nel corso del XIX secolo, ma trova il suo pieno dispiegamento nel corso del XX.

Quest'ultima è quella che rende sostantiva la cittadinanza, oltre quindi la sua declinazione formale- prescrittiva:

I diritti civili offrivano poteri legali il cui uso era drasticamente limitato dai pregiudizi di classe e dalla mancanza di opportunità economiche. I diritti politici davano potenzialmente un potere il cui esercizio richiedeva esperienza, organizzazione e mutamento nella concezione delle funzioni di

governo. Tutto questo ebbe bisogno di tempo per svilupparsi. I diritti sociali erano al minimo storico e non collegati alla costruzione della cittadinanza ( Marshall, 1976, cit. in Della Porta 2011, p. 75)

È quindi con il benessere economico, la diffusione dell'istruzione e la sempre maggiore diffusione dei diritti civili e politici che «l'integrazione sociale si diffonde dalla sfera dei sentimenti e del patriottismo a quella della soddisfazione materiale»(ibid.)

Il benessere sociale e l'abolizione delle ineguaglianze divengono oggetto di rivendicazioni e al contempo pre condizione per il godimento degli stessi diritti politici e civili. Per cui è solo con l'incorporazione dei diritti sociali nello status di cittadinanza che essa diviene pienamente «diritto universale».

La ripartizione in senso storico di Marshall40 ci aiuta a cogliere l'aspetto «cumulativo» delle tre cittadinanze e soprattutto ci aiuta a comprendere che la cittadinanza non è riducibile solo ad una questione di de finizione normativa dei diritti- civili, politici, sociali- nel corso della storia de finiti, ma deve esser letto, come si può anche cogliere attraverso la lettura che abbiamo dato della partecipazione nel terzo capitolo, nei termini di un più ampio e complessivo processo sociale e politico.

Sviluppando ulteriormente questo ragionamento possiamo evidenziare in sintesi come il tema della cittadinanza sia da considerare «non solo come uno status giuridico, ma anche come un processo sociale, culturale, politico e istituzionale che deve essere studiato come tale» (Moro 2013, p.33). Ciò implica considerarla anche come un «processo dinamico e contrastato che promana tanto dal basso quanto dall'alto». Questo è esattamente l'approccio che stiamo seguendo in questo lavoro, teso ad affrontare il tema della partecipazione non eludendo il suo essere in divenire, il suo essere un processo dinamico che difficilmente può essere definito in maniera univoca e che al contrario va contestualizzato, situato e storicizzato. È in tale prospettiva che si apre la possibilità e la necessità di studiare la cittadinanza attiva come una «forma evolutiva» della cittadinanza democratica, mettendo quest'ultima a fuoco nel suo funzionamento, nelle dimensioni che la rendono tale, e quindi cogliendo poi il senso dell'emergere della cittadinanza attiva e le relative implicazioni nel de finire spazi e forme della partecipazione.

Il paradigma della cittadinanza democratica, emersa assieme al nascere delle democrazie liberali occidentali e degli Sati-Nazione, può essere in primo luogo analizzata considerando le de finizioni dell' «essere cittadini» che essa può incorporare. Gans (2005) evidenzia come possano essere individuate tre concettualizzazioni di «cittadino»: una di tipo liberale- individualista, ossia come «responsible individual who can make choice and accept the consequences of those choices», una di tipo «comunitaria», come «part of a mutually

40 Va precisato che non è stata scevro di critiche tale approccio di analisi e definizione della cittadinanza. Le critiche si rifanno principalmente al suo tendere verso l'evoluzionismo, nonché al suo carattere etnocentrico. Tra queste critiche e ridefinizioni vi sono sono le elaborazioni di Mann (1987), Turner (1990) e Giddens (1990).

connected people with a responsibility to help each other out», in fine una visione «repubblicana» dell'essere cittadino «as a member of a proud public community» (p.7, cfr. Gunsteren, Herman van, 1998, pp. 13-14). A queste diverse de finizioni possiamo fare corrispondere altrettanto tre diversi approcci di studio alla cittadinanza che nella letteratura emergono (Moro 2013, pp. 43-44). Quello appunto liberale che si focalizza sulla cittadinanza come un insieme di diritti degli individui, secondo la classica ripartizione già presentata di Marshall, quello di tipo comunitario che invece vede la cittadinanza come appartenenza ad una comunità di persone che condividono valori, origini, costumi e che sono connesse da legami di fiducia, interdipendenza e doveri reciproci (cfr. Etzioni, 1995), in fine quello repubblicano che risalta il dovere dell'individuo di mettersi a servizio delle istituzioni comuni, subordinandosi a queste e prendendo parte alla de finizione del destino della comunità politica ( cfr. Ol field, 2000).

In accordo con Moro riteniamo che sia nell'intreccio di questi approcci che possa essere colto il paradigma della cittadinanza democratica. Questi tre signi ficati dell'esser cittadino e dei relativi approcci di studio aiutano infatti nel complesso a mettere a fuoco tre componenti essenziali che stanno alla base del funzionamento della cittadinanza democratica: l'appartenenza (membership), i diritti, e la partecipazione (ibid. pp. 45-55).

Nello specifico della cittadinanza democratica, di matrice occidentale, l'appartenenza è appartenenza ad una comunità politica: «ossia di un gruppo che esiste in riferimento a un sistema di istituzioni, norme, valori, consuetudini, che presiedono alla vita collettiva [...] la comunità politica è resa concreta in uno Stato e in un regime politico, in una forma di governo o una polity» (ibid. p. 47). Ne risulta che alla base della cittadinanza così declinata vi è una definizione di chi è escluso e chi è incluso.

La dimensione dell'appartenenza inoltre ingloba due aspetti, uno cognitivo, che ha a che fare con il sentirsi parte di una comunità politica ed uno materiale, ossia l'essere materialmente parte, quindi avere uno status giuridico che riconosce chi è cittadino e chi no e i relativi diritti e doveri.

L'elemento cognitivo chiama in causa quello dell'identità e nello specifico di quella nazionale: «La letteratura scientifica concorda sul fatto che i principali contenuti dell'appartenenza sono valori, norme e consuetudini, radicati in una comunanza di linguaggio, storia, cultura materiale, religione o destino (ibid. p.48, cfr. Cartocci, 2002)». Non è solo però una condivisione di linguaggio, tradizione, storia ma anche di un «modello antropologico» di cittadino, o meglio dovremmo specificare di uomo.

Sul lato dell'elemento materiale va sottolineato che lo status giuridico è generalmente fondato su due principi: lo ius sanguinis e lo ius soli. Stato, territorio e confini sono quindi al centro della dimensione dell'appartenenza.

Marshall, evidenziando come sia nell'aspetto cumulativo di essi, tra diritti civili, politici e sociali, che si può a pieno parlare di cittadinanza e ancora prima è solo con il «diritto ad avere diritti» che c'è cittadinanza ( Arendt, 1968).

Sul versante della partecipazione possiamo porre in evidenza che essa, nella cittadinanza democratica, viene declinata e coincide essenzialmente con la partecipazione al voto, quindi è di fatto connessa alla rappresentanza: «dato che è grazie alla rappresentanza che le persone sono incluse nel processo politico poiché è la rappresentanza che le rende presenti, è attraverso la rappresentanza che le persone acquisiscono la cittadinanza», per cui «non c'è cittadinanza senza rappresentanza» (ibidem p.55)

Sono esattamente questi aspetti e componenti che entrano in crisi nel corso dei processi di globalizzazione e di passaggio dalla prima alla seconda modernità.

Questo insieme di processi sono quindi alla base dell'emergere di nuove cittadinanze, tra queste quella attiva. Nei prossimi paragrafi ricuciamo tra loro diversi contributi e prospettive di analisi che forniscono un quadro concettuale ed analitico della cittadinanza attiva e del suo rapporto con la sfera partecipativa «dell'esser cittadini».

2. Cittadinanza attiva e responsabile tra impegno quotidiano e azione collettiva