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3. La risoluzione delle controversie

3.1 Le azioni per il risarcimento del

Le azioni civili che possono coinvolgere l’applicazione del diritto antitrust sono l’oggetto del processo di merito che attua il private enforcement. Quando si parla di “azione” si fa riferimento al concetto delineato nella direttiva 2014/104/UE, la quale all’articolo 2, comma 4, prevede che l’azione per il risarcimento del danno sia: “un'azione ai sensi del diritto nazionale con cui una domanda di risarcimento del danno è proposta dinanzi ad un'autorità giudiziaria nazionale da un presunto soggetto danneggiato, o da una persona che agisce per conto di uno o più presunti soggetti danneggiati, qualora il diritto dell'Unione o nazionale preveda tale possibilità, o da una persona fisica o giuridica che è succeduta nel diritto del presunto soggetto danneggiato, inclusa la persona che ha rilevato la sua domanda”.

occorre individuare le tipologie di azioni esperibili negli Stati membri con riferimento alle indicazioni offerte dal diritto europeo, si tratta delle azioni di nullità e di risarcimento. Queste azioni possono essere proposte in un processo unico con unico oggetto, quindi essere definite individuali, oppure possono essere proposte cumulativamente in un processo con una pluralità di oggetti ed essere quindi definite collettive. Con tali azioni si ottiene soprattutto un accertamento e una condanna, tuttavia la recente prassi giudiziaria ha dimostrato come sia fortemente necessario l’intervento diretto ad una tutela cautelare ed inibitoria. Spieghiamo meglio.

Com’è già stato esaminato le operazioni illecite ad ampio respiro che coinvolgono più Stati membri sono sottoposte all’occhio vigile dell’autorità antitrust europea ed ovviamente all’attenta verifica della Commissione, il cui intervento si apprezza con particolare riguardo in un momento antecedente alla realizzazione dell’illecito, basti pensare a all’attività di controllo preventivo delle operazioni di concentrazione o di intese di dimensione comunitaria.

Nell’abuso di posizione dominante spesso è necessario un intervento cautelare volto ad impedire possibili danni non riparabili, che potrebbero scaturire dalla produzione degli effetti del provvedimento o del comportamento attivo o passivo dell’impresa sottoposta a controlli da parte dell’autorità antitrust.

Ma in certi casi è necessaria anche un’azione inibitoria che peraltro si distingue dall’azione risarcitoria per struttura e natura ma non per finalità. La prima, a differenza della seconda, è volta a prevenire il verificarsi ovvero il permanere di un pregiudizio, per cui risulta complementare all’azione risarcitoria in quanto completa gli strumenti di tutela di chi subisce il danno.

Orbene, l’azione civile è l’oggetto della presente indagine, essa comporta sostanzialmente un risarcimento in denaro per il danno sofferto, si potrebbero però verificare casi di condanna ad obblighi di

fare o non fare, allora in tali circostanze la sentenza di condanna potrà essere assistita dalla previsione di una somma di denaro dovuta dall’obbligato in sostituzione o a seguito di violazioni o inosservanze nell’esecuzione.

Per concludere, le azioni hanno ad oggetto diritti soggettivi disponibili, per fare un esempio, il diritto di proprietà, per cui troveranno applicazione tutti gli istituti processuali che presuppongono la disponibilità del bene: la legittimazione ad agire, l’istruzione probatoria, quindi l’onere dei mezzi di prova, il principio di non contestazione, il criterio della colpa connesso al danno ingiusto, ed infine il criterio di calcolo del risarcimento; istituti che sono stati regolamentati come detto poc’anzi, nella direttiva 2014/104/UE.

Passiamo dunque all’esame dei medesimi.

3.2 Il procedimento

Nel contesto della legittimazione ad agire la Commissione ha segnato le linee guida che le autorità giudiziarie nazionali devono seguire, accogliendo con favore la posizione espressa dalla Corte di giustizia nel caso Manfredi, secondo cui “chiunque abbia subito un danno causato da una violazione di norme antitrust deve poterne chiedere il risarcimento dinanzi ai tribunali nazionali”197, la Commissione ha stabilito che sono legittimati ad agire tutti i soggetti persone fisiche e persone giuridiche siano essi acquirenti diretti o indiretti, ed anche tutti i soggetti sia qualificati (come associazioni di consumatori o organismi commerciali) sia non qualificati singoli o collettivi.

Il fatto che siano legittimati ad agire anche soggetti collettivi sia nella forma di soggetti qualificati che non, dev’essere considerato a sostegno del riconoscimento dell’esistenze delle azioni collettive menzionate                                                                                                                

197  Corte di giustizia dell’Unione europea,  Cause riunite C-295-298/04, Manfredi, Racc. 2006, pag. I-6619.  

poco sopra, che tra l’altro si manifestano sotto forma di azioni rappresentative in cui compaiono i soggetti qualificati, e di azioni con modalità opt-in nelle quali le vittime esprimono la volontà di aggregare in un'unica azione tutte le proprie richieste individuali.

Per quanto riguarda l’istruzione probatoria, i casi di diritto della concorrenza prevedono l’analisi di una notevole quantità di elementi fattuali, non a caso è indispensabile una precisa analisi fattuale ed economica del danno, per questo la richiesta di specifici elementi di prova è un momento imprescindibile nel processo. Gran parte degli elementi di prova decisivi per dimostrare un avvenuto danno sono spesso facilmente occultabili da parte delle imprese perché non vengono espressi in maniera del tutto chiara. Si tratta infatti di documenti e fascicoli che spesso vengono smarriti od inficiati, per questo il giudice nazionale dovrebbe poter ingiungere la divulgazione di specifici mezzi di prova esercitando un rigoroso controllo degli stessi.

La commissione quindi propone di garantire un livello minimo di divulgazione inter partes nelle cause di risarcimento del danno basandosi sull’approccio seguito nella direttiva 2004/48/CE sui diritti di proprietà intellettuale198. Al punto 10 si prevede che “L'obiettivo della presente direttiva è di ravvicinare queste legislazioni al fine di assicurare un livello elevato, equivalente ed omogeneo di protezione della proprietà intellettuale nel mercato interno”. Al punto 11 poi si stabilisce che “La presente direttiva non si propone di stabilire norme armonizzate in materia di cooperazione giudiziaria, di competenza giurisdizionale, di riconoscimento e di esecuzione delle pronunce in materia civile e commerciale, né di occuparsi della legge applicabile. Alcuni strumenti comunitari disciplinano queste materie in generale e, in linea di principio, si applicano anche alla proprietà intellettuale”.                                                                                                                

198  Direttiva 2004/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale (Pubblicata sulla G.U.U.E. L 157 del 30 aprile 2004).

Tale direttiva viene presa in considerazione nel Libro bianco del 2008 nel quale è illustrato che “l’accesso alle prove dovrebbe basarsi sull’allegazione dei fatti e sul controllo giurisdizionale rigoroso della fondatezza dell’azione e della proporzionalità della richiesta di divulgazione”.

Pertanto la Commissione garantisce un generale potere d’ufficio al giudice in termini di divulgazione di prove ma solo in circostanze tassative, tali circostanze dovrebbero includere il fatto che l’attore non abbia potuto ragionevolmente raccogliere le prove, oppure abbia dimostrato di non essere in grado di presentarle. Infine per evitare la problematica vista poc’anzi relativa alla distruzione e all’occultamento di prove rilevanti anche contenenti segreti aziendali o altre informazioni riservate, i giudici dovrebbero avere il potere di applicare sanzioni con effetto deterrente.

Un’unica deroga alla divulgazione è prevista dalla Commissione nel caso in cui l’impresa ritenuta responsabile della violazione delle norme antitrust è inserita in un programma di collaborazione con le autorità garanti del mercato, e la rivelazione di documenti o la ricerca indeterminata di informazioni potrebbe danneggiare l’indagine in corso.

Un ultimo aspetto da chiarire in ambito di prove attiene alla situazioni in cui l’azione per il risarcimento del danno sia intentata in uno Stato diverso da quello dell’autorità o del giudice che ha accolto il ricorso della parte. In tale circostanza l’art.9, comma 2 della direttiva approvata dal Parlamento e dal Consiglio europeo il 17 aprile 2014, prevede che “Gli Stati membri provvedono affinché una decisione definitiva ai sensi del paragrafo 1 emessa in un altro Stato membro possa, conformemente alla rispettiva legislazione nazionale, essere presentata dinanzi ai propri giudici nazionali almeno a titolo di prova prima facie del fatto che è avvenuta una violazione del diritto di

concorrenza e possa se del caso essere valutata insieme ad altri elementi presentati dalle parti”.

La conclusione che si può trarre da tali considerazioni sull’istruzione probatoria, è che la ricerca dei mezzi di prova non può che essere funzionale soprattutto al soggetto danneggiato dato che quest’ultimo qualora ottenga le prove richieste potrà utilizzarle sempre a proprio vantaggio.

Passiamo all’esame delle questione della colpa.

Così come la gran parte degli istituti giuridici applicati all’azione di risarcimento del danno da illecito antitrust, anche il criterio relativo alla colpa viene interpretato in maniera difforme da uno Stato membro all’altro poiché ciascuno assume un proprio approccio alla questione. In alcuni Stati l’esistenza della colpa non è una condizione necessaria per la richiesta di risarcimento, in altri la colpa è presunta una volta attestata la violazione, in altri ancora invece la colpa è condizione indispensabile per la intentare un’azione risarcitoria.

Anche in questo campo dunque è dovuta intervenire la Commissione per chiarire le posizioni avverse ed eventualmente armonizzare i criteri utilizzati. La Commissione ritiene che l’impostazione per cui la colpa può essere presunta, non sia contraria a nessun precetto “comunitario”. Invece l’impostazione per cui la colpa non è necessaria al fine della presentazione della richiesta di risarcimento è interpretata dalla Commissione in modo tale per cui tale assenza non esenta gli autori dalla responsabilità, quindi anche negli Stati in cui non si prevede l’utilizzo del criterio della colpa, l’autore del danno sarà comunque perseguibile sempre ad esclusione dei casi in cui si accerti che l’infrazione è avvenuta per un errore scusabile. La Commissione chiarisce questo concetto nel Libro bianco del 2008 stabilendo che “un errore è scusabile se una persona ragionevole che avesse agito con un elevato livello di diligenza non avrebbe potuto essere consapevole del fatto che il comportamento limitava la concorrenza”.

Per quanto riguarda infine l’impostazione avversa, cioè quella per cui la colpa è criterio necessario, è intervenuta la Corte di giustizia stabilendo che gli Stati devono limitare il ricorso ai criteri di colpa sviluppati all’interno dei propri ordinamenti. In sostanza non ha fatto altro che indirizzare gli Stati a tenere un comportamento meno nazionale e più “europeizzato”.

Non resta adesso che esaminare la questione relativa al calcolo dei danni.

La Commissione ha accolto con favore la conferma da parte della Corte di giustizia199 in merito alle tipologie di danno risarcibile, la Corte ha sottolineato che i danneggiati devono ricevere un risarcimento completo perciò vi rientra non solo la perdita effettiva ma anche il mancato profitto e comprende un diritto agli interessi200. In ordine poi alla determinazione del quantum dell’obbligazione riparatoria da danno patrimoniale, si possono evidenziare due possibili ricostruzioni. Secondo la prospettiva più restrittiva che fa riferimento all’aestimatio rei201, il danno è quantificato in termini oggettivi conferendo al bene perduto il valore che ha sul mercato; secondo la prospettiva più aperta, quella dell’id quod interest202, il danno è quantificato sulla base dell’interesse personale del soggetto leso,                                                                                                                

199  Causa Manfredi, Cfr. nota 171. 200  Vedi nota 172.  

201  Tradotto: Stima del valore della cosa. Con il concetto aestimatio rei s’intende la procedura di determinazione del valore di mercato del bene, essa viene utilizzata in particolare in merito al risarcimento dei danni patrimoniali, Per cogliere il valore e il ruolo di tale concetto nel contesto ivi trattato, si veda M. LIBERTINI, Il risarcimento del danno per la violazione di norme generali sulla concorrenza, in Il risarcimento del danno da illecito concorrenziale e da lesione della proprietà intellettuale, GIUFFRÈ, 2004-Atti del Convegno Castel Gandolfo 20-22 marzo 2003.

202    Tradotto: Ciò che interessa. Il brocardo latino s’inserisce in un concetto più ampio: Id quod interest non solum ex damno dato constat, sed etiam ex lucro cessante. Tradotto: Ciò che interessa (il risarcimento) non consiste solo nel danno arrecato, ma anche nel lucro cessante. La nozione di danno-interesse è sostenuta dalla tesi per cui durante le trattative la parte ha interesse ad evitare il danno derivante dalla mancata conclusione del contratto e questo genera il diritto al risarcimento del danno nelle due forme viste: danno emergente e lucro cessante, cfr. nota 172.

quindi tenendo conto dei programmi di utilizzazione del bene leso nella sfera soggettiva del danneggiato.

Dev’essere però precisato che i due criteri appena citati sono funzionali alla determinazione della misura del danno emergente, non anche del lucro cessante, per il quale non è necessario ricorrere ad ulteriori criteri per il semplice fatto che al momento della quantificazione diventa una voce di danno emergente.

Per agevolare il calcolo dei danni la Commissione ha inserito una proposta nel Libro bianco del 2008 con la quale essa intende “elaborare un quadro di indicazioni pratiche e non vincolanti per la quantificazione dei danni nei casi di violazione delle norme antitrust, ad esempio attraverso metodi approssimati di calcolo, regole semplificate per la stima delle perdite subite”.

In conclusione rileva un ultimo aspetto da prendere in considerazione per poter avere una visione completa del diritto al risarcimento. La questione però attiene al mero caso in cui l’attore sia un’impresa e non uno o più consumatori. Si tratta del problema del trasferimento del sovraprezzo.

Fin ora abbiamo sempre guardato alla questione dal punto di vista del soggetto danneggiato, ma se spostiamo l’angolo visuale dal lato dell’autore dell’infrazione, notiamo che quest’ultimo è dotato di uno strumento importante a sostegno della propria difesa. L’autore infatti può sostenere che l’impresa che si costituisce in giudizio come attore, non abbia subito alcuna perdita reale in quanto ha trasferito l’aumento dei prezzi sui propri clienti. In questa circostanza il rifiuto da parte delle autorità giudiziarie di simile argomento di difesa determinerebbe un arricchimento senza causa dell’impresa attore, e al contempo un’indebita compensazione multipla per il sovrapprezzo da parte del convenuto. Pertanto sulla base del principio compensativo, la Commissione ha regolato la fattispecie in questione nel Libro bianco

ammettendo che i convenuti debbano avere il diritto di invocare a propria difesa l’avvenuto trasferimento del sovrapprezzo.

4. Considerazioni finali

Nel quadro tratteggiato fino ad ora si è potuta notare la sussistenza di un ampio raggio di tutela garantita ai soggetti lesi dalle violazioni del diritto antitrust.

È stato sottolineato come il sistema dell’Unione europea abbia attribuito un grande ruolo al rimedio del risarcimento del danno partendo dall’individuazione della fonte della responsabilità dell’agente.

Tuttavia è stata altresì vagliata l’ipotesi dell’utilizzo di rimedi alternativi e integranti il risarcimento, primo fra tutti la mediazione e la conciliazione ovvero il ricorso ad arbitri anziché a giudici.

Nessuna presa di posizione tuttavia ha lasciato propendere per un’unica modalità di risoluzione della controversia. Inoltre considerando il carattere plurioffensivo dell’illecito concorrenziale e la tendenza alla propagazione a catena dei suoi effetti negativi, sembra chiaro che le azioni di risarcimento non siano uno strumento sufficientemente efficace per garantire una tutela completa dei soggetti danneggiati e soprattutto non siano pienamente in grado di svolgere la funzione deterrente auspicata dal private enforcement. L’estensione della cerchia dei legittimati ad agire rappresenta quindi l’ultima frontiera raggiunta dal diritto antitrust per realizzare gli obbiettivi posti dal Libro bianco. Il legislatore europeo infatti ha optato per un modello di tutela ad applicazione settoriale, in altri termini ha stabilito in che direzione dovesse andare la tutela non tanto sulla base della struttura plurioffensiva del danno quanto piuttosto individuando i soggetti lesi. Nonostante questo ed altri interventi migliorativi, alla situazione attuale non sembrano ancora prospettabili soluzioni unitarie di

carattere universale, risultano comunque meritevoli i risultati ottenuti dagli organi dell’Unione e dalle autorità nazionali sempre rivolto in un’unica direzione.

Sempre il legislatore europeo ha concesso un ampio spazio di manovra alla Commissione e all’autorità garante del diritto antitrust cercando di favorire ed agevolare una cooperazione tra i due finalizzata al medesimo obbiettivo: tutelare e far rispettare le regole di concorrenza203.

Considerato poi il fatto che in nessun caso la valutazione per il risarcimento del danno dovrebbe essere effettuata sulla base delle mere informazioni storiche sulla pratica illecita, e considerate le lacune normative a livello europeo, è fondamentale che le autorità e la Commissione intervengano in maniera coordinata e che ciascuno Stato disponga di norme procedurali che garantiscano l’effettivo esercizio di tale diritto.

Il trattato di Lisbona ha avuto un ruolo fondamentale in questo campo poiché ha ridisegnato i confini della materia ed ha posto particolare attenzione alla ridistribuzione delle funzioni legislative tra le singole istituzioni, attestando alla Commissione poteri di esecuzione nella veste di legislatore delegato204.

Grazie anche al ruolo e alla posizione assunti dalla Commissione all’interno del diritto dell’Unione essa risulta l’organo che più si addice alla ricerca di un giusto contemperamento di interessi tra la proprietà intellettuale e la concorrenza.

Certo però che nonostante l’individuazione degli organi competenti, in questo contesto restano comunque dei vuoti di tutela, della lacune normative e delle problematiche irrisolte spesso attinenti anche al profilo della governance nello spazio giuridico europeo.

                                                                                                               

203  Nel libro bianco la specificità della normativa antitrust richiede l’estensione della legittimazione ad agire anche alle persone giuridiche quindi anche alle imprese   204  Artt. 290 e 291 TFUE Cfr. R. BARATTA, Sulle fonti delegate ed esecutive dell’Unione europea, in Il diritto dell’Unione europea, 2011.  

L’ampiezza e la complessità del tema ovviamente non permette di prendere in considerazione tutte le varie prospettive da cui poter guardare la questione, per questo mi limiterò a tratteggiare dei criteri e delle valutazioni utili ad orientarsi nel contesto in esame.

La premessa di fondo è una considerazione ormai data per assodato, il diritto al risarcimento del danno previsto dalla legislazione dell’Unione per le violazioni della concorrenza sia a livello nazionale che “comunitario”, è permeato da profonde lacune, tali da dover ammettere l’insussistenza di una normativa organica ed omogenea.

La ricerca del modello ottimale di intervento è infatti ancor oggi oggetto di grande interesse non solo per i protagonisti principali delle vicende ma in generale per tutti gli studiosi di concorrenza.

Come si è cercato di dimostrare allo stato dei fatti e degli atti, non è pensabile ridurre o confinare il principio della libera concorrenza ai margini del sistema Europa, il diritto antitrust si è insinuato in questa circostanza ed ha cercato di delineare le linee guida anche nel caso in cui esso venga violato.

In definitiva il diritto antitrust è divenuto il terreno fertile in cui far nascere prospettive di cambiamento e nuove normative per tutti i protagonisti della vicenda, soprattutto per i consumatori che fanno il loro ingresso sia in maniera individuale che collettiva.

Si sono registrati numerosi provvedimenti del Consiglio e della Commissione diretti ad armonizzare la politica di protezione dei consumatori con le altre politiche comunitarie, attuando una continua integrazione reciproca che permetta di tenere conto degli interessi dei consumatori anche in azioni degli organismi comunitari preordinate ad altri obiettivi.

Per questa ragione ne è emerso un quadro di generale interesse, non meramente settoriale o specialistico.

Inoltre dato che il diritto antitrust si è mostrato molto versatile, sotto una stratificazione fatta di dottrina e giurisprudenza alternatasi negli

anni senza trovare un punto di convergenza, si nasconde in realtà una questione di carattere generale che desta l’interesse di molti studiosi, la protezione del diritto di libertà, riconosciuto e garantito non solo a livello nazione o europeo, ma mondiale.

CONCLUSIONI

Nel tentativo di delineare un quadro il più possibile preciso e concordante della situazione attuale, è a questo punto opportuno trarre alcune conclusioni in merito all’intersezione tra la disciplina antitrust e la proprietà intellettuale esaminata.

Si può affermare che il presente elaborato abbia tratto origine da un