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Nell’ambito dei trattati dell’UE non è dato rinvenire alcuna disposizione specifica che regoli i rapporti intercorrenti tra la disciplina concorrenziale e la legislazione relativa alla proprietà intellettuale.

In ragione del fatto che le discipline sono sottese alla tutela di diritti tra loro contrapposti, si sommano svariati problemi di coordinamento. Mancando una previsione espressa, è stato ampio lo spazio dedicato alla questione da parte delle normative nazionali che in qualche modo hanno cercato di colmare la lacuna esistente in ambito europeo, creando una propria disciplina.

A seguito di ciò la Corte di giustizia è intervenuta per porre un argine e per cercare di definire i rapporti istituendo delle linee guida valide per tutti gli stati membri. D’altro canto il Legislatore si è posto nei confronti dei diritti di esclusiva in termini molto generici e poco

                                                                                                               

99  Si fa riferimento al provvedimento dell’Autorità dell’11 gennaio 2012 n. 23194, con il quale le società Pfizer Italia S.r.l., Pfizer Health A.B. e Pfizer Inc. sono state condannate al pagamento della sanzione pecuniaria di euro 10.677.706 per abuso di posizione dominante in violazione dell’art. 102 TFUE.

100 Decreto legislativo 21 febbraio 2014, n. 21 Attuazione della direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori, recante modifica delle direttive 93/13/CEE e 1999/44/CE e che abroga le direttive 85/577/CEE e 97/7/CE.

definiti, l’unica normativa rintracciabile è costituita dagli artt. 36 e 345 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea. Vediamoli. L’art. 36 fa riferimento ai limiti legali alla circolazione delle merci prevedendo quindi una generica deroga alla libera circolazione, “giustificata da motivi di tutela della proprietà industriale e commerciale”, l’articolo include le eccezioni al principio generale che gli Stati possono porre in essere, dunque in questi termini si è venuto a creare un regime misto di norme nazionali ed europee.

Tale regime però non è destinato a sopravvivere incontrastato, la suddetta deroga infatti non è assoluta, vi è un’eccezione dell’eccezione, gli stati incontrano un limite all’applicazione della restrizione, il limite è rappresentato dagli obblighi “comunitari”101. In altri termini, laddove vengano promulgate norme che regolano determinare fattispecie, com’è avvenuto con il Regolamento Comunitario sul marchio, le singole legislazioni statali non potranno più incidere in alcun modo alla determinazione dei diritti ed obblighi spettanti al titolare dell’esclusiva.

L’art. 345 invece statuisce il principio di libertà del regime di proprietà intellettuale negli Stati, in altri termini prevede che tali diritti non possano essere pregiudicati all’interno degli stati membri da parte del diritto dell’Unione europea. Ma da simili considerazioni non si può che desumere un’inevitabile compromissione della libera circolazione e una conseguente alterazione della libera concorrenza all’interno dell’Unione Europea, peraltro in violazione dell’art.28 del Trattato CE. Di conseguenza per ristabilizzare la situazione occorre interpretare l’art.345 alla luce dell’ultima parte dell’art.36 in cui viene specificato che i divieti e le restrizioni “non devono costituire un mezzo di

                                                                                                               

101    Il termine comunitario è stato eliminato dall’uso comune a seguito dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona che ha dato vita all’Unione europea sostituendo la Comunità europea dunque formalmente il termine non può più essere utilizzato, tuttavia si consenta talvolta il suo richiamo nel corso del testo quale equivalente per indicare l’appartenenza di un atto al sistema dei trattati sin dalle origini.  

discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al commercio tra gli stati membri”.

Parte della dottrina102, dal combinato disposto di cui agli artt.36 e 345, ha ricavato un criterio per dirimere l’annosa questione del rapporto tra le due discipline, ossia il criterio dell’uso normale o ragionevole, secondo il quale le norme emesse in ambito europeo non potevano pregiudicare l’esercizio dei diritti di privativa tale esercizio fosse stato ragionevole. La teoria però fu aspramente criticata dalla dottrina maggioritaria103 in quanto non teneva in conto degli artt.101 e 102 del TFUE che in quanto norme comunitarie erano parte integrante della disciplina interna degli Stati membri, tuttavia non venne escluso a priori, ed anzi, nella sentenza Grundig della Corte di Giustizia104, il criterio dell’uso ragionevole fu messo in pratica.

Dunque è stato rimesso completamente in discussione il combinato disposto degli artt.36 e 345. A seguito di ciò, i tentativi di addivenire ad una soluzione furono molti, due in particolare sono degni di nota, ciascuno dei quali esemplificato da una sentenza della Corte di Giustizia.

Il primo tentativo è rappresentato nella sentenza Deutshe Grammophon105. In tale sentenza si è assistito alla prima applicazione del principio dell'esaurimento comunitario dei diritti, in virtù del quale si afferma che il diritto del titolare di mettere in circolazione per primo le proprie opere si esaurisce anche con la vendita effettuata in un Paese membro.

                                                                                                               

102  Oudemans, Kooij, Woeltereek 1960, 28; conclusioni dell’Avv. Generale Roemer nel caso Parke Davis, causa C-24/67,R, 1968.

103  Frignani – Waelbroeck 1996, 723.  

104  Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza del 13.7.1966, cause nn. 56/64, Grundig/Comm., R, 1966.   In tale sentenza, la Corte affermò che la normativa comunitaria sulla concorrenza “non ammette che si abusi dei diritti derivanti da questo o da quell’ordinamento nazionale in materia di marchi allo scopo di eludere le norme comunitarie sulle intese”, dunque non si ammette che il titolare del diritto in esclusiva ponga in essere con il suo comportamento, atti restrittivi della concorrenza.  

105  Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza del 8.6.1971, causa n.78/70, Deutsche Grammophon, FI, 1971.

Secondo tale orientamento giurisprudenziale, la normativa antitrust può esplicare il proprio effetto limitativo solo in riferimento all’esercizio del diritto di privativa poiché “dall’art.36 si evince che quantunque il trattato faccia salva l’esistenza di diritti attribuiti dalle leggi di uno stato membro in materia di proprietà intellettuale e commerciale, l’esercizio di questi diritti può cionondimeno ricadere sotto i divieti sanciti dal trattato”.

La Corte pervenne così ad escludere la possibilità che le disposizioni dettate in materia antitrust potessero in qualche modo essere di pregiudizio all’esistenza del diritto medesimo, tuttavia resta in dubbio quali siano i criteri in base ai quali valutare il modo in cui le imprese esercitano il diritto di esclusiva.

Il secondo tentativo è rappresentato dalla sentenza Magill106.

La sentenza risulta significativa per giungere ad una definizione del problema del possibile contrasto tra la normativa antitrust e la normativa in tema di proprietà intellettuale in sede comunitaria, infatti con essa è stato delineato un ulteriore criterio basato sull’individuazione dell’oggetto specifico del diritto di privativa. In base a tale criterio sono sanzionabili i comportamenti non conformi alla funzione essenziale e all’oggetto specifico del diritto, come sostenne la Corte “l’esercizio di un diritto esclusivo che attiene di massima alla sostanza del diritto di proprietà intellettuale considerato, può nondimeno essere vietato dall’art.82 qualora si concreti in determinati comportamenti illeciti posti in essere dall’impresa in posizione dominante”.

Nella sentenza Magill quindi la Corte di giustizia ha ritenuto che il rifiuto di fornire informazioni sui palinsesti integrasse abuso di posizione dominante poiché il suddetto abuso riguardava un prodotto la cui fornitura era indispensabile per l’attività di cui si trattava ossia l’edizione di una guida televisiva.

                                                                                                               

106  Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza del 6.4.1995, cause riunite C- 241/91 e C-242/92, Magill TV, 1995.  

Da tale pronuncia si può ricavare che i comportamenti posti in essere nell’esercizio dei diritti connessi alla titolarità della privativa trovino il loro limite naturale nell’essenzialità dei comportamenti rispetto alla funzione del diritto di esclusiva. Tale criterio è sembrato più puntuale rispetto a quelli precedentemente analizzati, cioè quello basato sul concetto di normalità ovvero quello basato sulla distinzione tra esistenza ed esercizio del diritto.

Per concludere, in merito al rapporto intercorrente tra diritti di esclusiva e monopolio, la soluzione ancora non è stata trovata, fino ad ora sono state ripercorse le strade tracciate in passato da talune sentenze illuminanti107 che hanno reso più chiari i termini della questione senza però risolvere completamente, tuttavia non è sufficiente rammentare la sola giurisprudenza.