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5. Le modalità di attuazione dell’abuso

5.1 Casi tipici

Inevitabile risulta, il ricorso all’art. 102 TFUE che contiene l’indicazione di quattro ipotesi in cui l’abuso di posizione dominante si può sostanziare, non è un elenco tassativo né tanto meno esaustivo, individua solo le ipotesi di illecito cosiddetto comportamentale, di sfruttamento o escludente, mentre avremo modo di illustrare tra breve, quelle che si configurano come pratiche abusive strumentali, non rientranti nell’art. 102.

Per chiarezza espositiva viene riportato il testo integrale dell’articolo: una volta specificato che è vietato lo sfruttamento abusivo di posizione

                                                                                                               

36  Sul punto in dottrina si veda ANDERMAN, Ec Competition Law and Intellectual property rights in the new economy, in The antitrust bullettin/summer fall, 2002.  

dominate, esso procede affermando che “[…] Tali pratiche abusive possono consistere in particolare:

a) nell'imporre direttamente od indirettamente prezzi d'acquisto, di vendita od altre condizioni di transazione non eque;

b) nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori;

c) nell'applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza;

d) nel subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi.”

Procediamo con la disamina di ciascuna lettera.

Alla lettera a) si fa riferimento alla pratica di imposizioni di prezzi. Con ciò s’intendono almeno due tipologie di pratiche: la determinazione di prezzi iniqui, e la realizzazione di prezzi predatori. Vediamoli singolarmente.

La determinazione di prezzi iniqui è una pratica vietata in quanto l’imprenditore data la sua posizione dominante, può permettersi si aumentare esponenzialmente i prezzi fino a renderli non equi, ciò che ottiene da questa attività è un surplus di guadagno definito come “rendita del monopolista”, questa formula tuttavia è relativa, mostra profili di discrezionalità e di non oggettività, infatti la nozione di “non equità” presenta profili dubbi, per poter qualificare un prezzo come iniquo, è necessario un parametro di valutazione.

È stato solo possibile definire il concetto di iniquità riferito ai prezzi, grazie alla Corte di giustizia che aderendo alla posizione della Commissione, con la sentenza del caso United Brands37 ha stabilito che il prezzo eccessivo è quello che non ha alcuna relazione                                                                                                                

ragionevole con il valore economico del prodotto fornito, di contro per farsì che il prezzo sia ragionevole, quindi equo, deve essenzialmente riflettere i costi.

La strada percorsa dalla Corte, come la principale, è quella di riconoscere il prezzo iniquo sulla base dei costi, ma come prevedibile, questa non è l’unica strada percorribile, tra i criteri alternativi a quello dei costi, spicca il parametro applicato nei casi Ministere public c. Lucazeau e Tournier c. SACEM38, trattati unitariamente in ragione della somiglianza dell’oggetto in discussione, ossia le restrizioni territoriali operate da un impresa in posizione dominante.

La cause Ministère Public contro Tournier, e Lucazeau contro SACEM

(Société des auteurs, compositeurs et éditeurs de musique), affrontano

la questione del legame tra costi di gestione alti ed esercizio delle privative.

Le sentenze verranno descritte in maniera dettagliata al momento più opportuno e nelle sue vesti processuali, nel terzo capitolo infatti vi sarà modo di analizzarle completamente. Per adesso sono state menzionate semplicemente perché attraverso tali sentenze la corte ha riconosciuto che, in linea di principio “i contratti di rappresentanza reciproca sono contratti di prestazione di servizi di per sé non restrittivi della concorrenza”, poi la Corte ha riconosciuto anche che “la conclusione potrebbe essere diversa se questi contratti istituissero un’esclusiva nel senso che le società di gestione si fossero impegnate a non dare accesso diretto al loro repertorio, agli utilizzatori di musica registrata stabiliti all’estero”.

La Corte di giustizia infatti, ha indicato che “l’articolo 82 (oggi art.102) del trattato dev’essere interpretato nel senso che una società

nazionale di gestione di diritti d’autore che occupa una posizione

                                                                                                               

38  Corte di giustizia dell’Unione europea,  sentenza del 13 luglio 1989, Lucazeau c. SACEM, cause riunite 110/88, 241/88 e 242/88, in Raccolta 2811; Ministere public c. Tournier, causa 395/87, in Raccolta 2521. Data la sostanziale uguaglianza sia dei fatti che delle soluzioni fornite le due cause separate sul piano giuridico, vengono solitamente trattate in maniera unitaria.

dominante su una parte sostanziale del mercato comune impone condizioni di transazione non eque qualora i compensi da essa applicati alle discoteche siano sensibilmente più elevati di quelli praticati negli altri Stati membri, purché il raffronto fra i livelli delle tariffe sia stato effettuato su base omogenea”.

Nella lettera a) rientra poi l’ipotesi dei prezzi predatori, le manovre sui prezzi possono infatti sconfinare nell’individuazione di strategie illecite quando il bene è venduto a prezzi decisamente esigui.

Questa seconda struttura è meno immediata in quanto di per sè comporta benefici per il consumatore, che è avvantaggiato dalla pratica, poiché potrà acquistare il bene a prezzi più vantaggiosi, ma la prospettiva da tenere in considerazione non è quella del consumatore, bensì delle imprese concorrenti, è in questo senso che risulta come pratica illecita, viene arrecato un danno agli imprenditori rivali, l’unica vera funzione di tale comportamento abusivo è, infatti, estromettere dal mercato un concorrente offrendo prodotti identici o simili, ad un prezzo inferiore a quello di mercato, da ciò si comprende il termine utilizzato, “predatorio” sta a significare proprio prezzo al di sotto dei costi di produzione del prodotto.

Un operazione simile potrebbe essere finalizzata a rafforzare la posizione dominante già detenuta dall’incumbent, ma questo rafforzamento è illecito perché effettuato a discapito di altre imprese, è inevitabile che sull’imprenditore monopolista graverà nell’immediato una perdita, ma questa sarà risollevata grazie alla quantità di prodotti venduti, è la teoria economica che giunge in sostegno in quest’ultima circostanza, essa stabilisce che a fronte di un abbassamento di prezzi vi è un aumento delle vendite.

Attraverso i prezzi predatori, in definitiva, l’incumbent sbaraglia la minima concorrenza sopravvissuta nel mercato residuo.

Procediamo oltre nell’analisi dell’art. 102.

La prima operazione a cui si fa riferimento è il cosiddetto margin sqeeze, o compressione dei margini dei concorrenti, è una forma di abuso escludente che si verifica nell’ambito di mercati integrati, definiti poco sopra, ogni qualvolta che l’incumbent influisce in modo negativo sui prezzi e sulle condizioni di vendita delle imprese del mercato “a valle”.

Il margin sqeeze comporta un'interazione tra due livelli di mercato, ad esempio, come già stato visto, il caso in cui il gestore di un impianto di infrastrutture con una posizione dominante cerca di ottenere parti di un mercato a valle, l’impresa che detiene la posizione dominante nel mercato “a monte” opera come un'entità integrata verticalmente su più livelli di una catena di fornitura, dovrà perciò affrontare la concorrenza su più livelli, il rapporto tra il prezzo a monte (impostato dall’impresa in una posizione dominante) e il prezzo prevalente nel mercato a valle è tale che un concorrente o potenziale concorrente è escluso, eliminato del tutto dal mercato a valle, ecco gli effetti dell’illecito.

Ulteriori operazioni sempre rientranti nell’ambito delle pratiche escludenti sono: il rifiuto di contrarre e il rifiuto di riconoscere il diritto di autoproduzione.

Il primo, tra i fenomeni citati, il rifiuto di contrarre si manifesta in due forme: rifiuto di concedere licenze e rifiuto di fornire prodotti o servizi. Esso ha rappresentato di recente, un ipotesi sempre più praticata, il tema è molto attuale nella pratica e soprattutto risulta poliedrico, in quanto può ricorrere in varie circostanze riferibili all’art.102, ad esempio nel caso di limitazione dei mercati ai sensi della lett. b, oppure nel caso di trattamento discriminatorio ai sensi della lettera c, ed infine, nel caso di una pratica legante ai sensi della lett. d; per cui la pratica del rifiuto di contrarre si può dire essere una pratica già nota, ciò che risulta innovativo sono le modalità con cui porla in essere.

La collocazione di detta pratica tuttavia non è semplice, in quanto non risulta specificata nell’art. 102, che come già indicato, non esaurisce tutte le pratiche abusive possibili, tuttavia è comunque da considerarsi una guida nelle individuazioni di ulteriori illeciti.

È un’opera meramente interpretativa quella di collegarla a tale articolo, solo all’art. L420-2 del Code de commerce françoise, il rifiuto di contrarre è espressamente vietato, per cui oltre ad un inquadramento poco agevole, sarà anche è complicato stabilire i criteri generali necessari a valutarla. Tuttavia la mancata collocazione nell’art. 102 non è casuale in quanto la pratica è connotata da un carattere trasversale che la rende assimilabile a tante pratiche illecite, non solo l’abuso di posizione dominante.

Sulla questione si tornerà meglio in seguito, anche questa problematica sarà analizzata nel dettaglio sotto il profilo processuale nel terzo capitolo dell’elaborato.

Per adesso, è sufficiente sottolineare che con rifiuto di contrarre s’intendono una serie svariata di ipotesi ascrivibili a situazioni e circostanze diverse, in primo luogo il termine contrarre richiama molti concetti, ad esempio il rifiuto di contrattare o di fornire beni o servizi, ed in secondo luogo l’oggetto del rifiuto è vario; le condotte, però, hanno in comune una sorte di discriminazione dei confronti di chi riceve il rifiuto, in quanto si va a minare una delle principali libertà in ambito commerciale, il diritto di iniziativa economica.

Procediamo oltre.

Alla lettera c) sono definite le pratiche discriminanti.

In quest’ipotesi compare il concetto di parità di trattamento, sempre presente in realtà nella disciplina della concorrenza, ma defilato rispetto ad altri criteri preponderanti, esso torna in auge nel caso delle pratiche discriminanti o discriminatorie, in quanto l’impresa dominante che intrattiene rapporti con soggetti terzi, siano essi clienti, rivenditori, o fornitori, è tenuta a rispettare il principio della parità di trattamento,

in modo tale per cui i contraenti non siano posti in situazioni svantaggiate, lo scopo della norma infatti è evitare che il monopolista aggravi la situazione già precaria attraverso l’uso arbitrario del proprio potere contrattuale per discriminare i contraenti.

La lett.c) contempla il comportamento che consiste nell’applicare diverse condizioni a diversi contraenti ma per prestazioni equivalenti, l’elemento dell’abuso è dato dal fatto che la discriminazione comporti sia degli svantaggi economici, sia sfasature della concorrenza, nei confronti delle imprese rivali prima ancora che nei confronti del consumatore, le problematiche derivanti da questo abuso sono simili a quelle considerate per i prezzi eccessivi, in entrambi i casi infatti un’impresa in posizione dominante, determina prezzi, condizioni, termini e quant’altro consista in una differenziazione di trattamento, che le sia utile per disincentivare l’ingresso sul mercato ovvero per annientare le imprese rivali.

Di nuovo ci si trova di fronte ad un’operazione non vietata di per sé ma che diviene illecita attraverso un’applicazione distorta dei principi. Sono ritenuti esemplificativi alcuni casi, quali, nell’ambito dei contratti di distribuzione in esclusiva, il caso Michelin 39 , e il caso IBAR/Aeroporti di Roma 40 , oppure in ambito dei servizi di manutenzione, la decisione della Commissione sul caso COMP/39.692 — IBM servizi di manutenzione, del 13 dicembre 2011, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 102 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea e dell’articolo 54 dell’accordo SEE41.

                                                                                                               

39  Tribunale di primo grado (Terza Sezione) sentenza del 30 settembre 2003, Manufacture française des pneumatiques Michelin c. Commissione delle Comunità europee, Causa T-203/01.

40  Provvedimento n. 603 (A11) del 17 novembre 1993 con il quale l’autorità garante della concorrenza e del mercato delibera l'avvio dell'istruttoria, ai sensi dell'articolo 14, della legge n. 287/90 nei confronti della società Aeroporti di Roma SPA.

41  Si veda, Sintesi della decisione della Commissione del 13 dicembre 2011,  relativa a un procedimento a norma dell’articolo 102 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea e dell’articolo 54 dell’accordo SEE.   (Caso COMP/39.692 — IBM servizi di manutenzione) notificata con il numero C(2011) 9245 (Testo rilevante ai fini del SEE) (2012/C 18/06).  

Vediamo meglio quest’ultima.

Direttamente dalla decisione della Commissione: l’International Business Machines Corporation («IBM») è destinataria della decisione adottata a norma dell'articolo 9 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio. Tale decisione rende vincolanti gli impegni proposti da IBM al fine di rispondere alle riserve in materia di concorrenza solle- vate da un'indagine della Commissione sul mercato dei servizi di manutenzione delle componenti hardware e software dei mainframe IBM. In particolare, la Commissione concludeva in via preliminare che IBM potesse aver detenuto una posizione dominante sul mercato dei dispositivi di ingresso necessari per la manutenzione dei mainframe IBM e che potesse aver imposto ai suoi concorrenti nel mercato dei servizi di manutenzione condizioni di fornitura irragionevoli per alcuni di detti dispositivi di ingresso indispensabili, generando così uno svantaggio concorrenziale. Secondo la Commissione tale condotta potrebbe equivalere a un rifiuto “costruttivo” di fornitura nei confronti dei prestatori concorrenti di servizi di manutenzione dei mainframe, in violazione dell'articolo 102 del TFUE.

Le pratiche di IBM sono state considerate in grado di danneggiare molti TPM, alcuni dei quali sono attivi in diversi Stati membri.

Per tale motivo la Commissione è giunta alla conclusione preliminare che le pratiche oggetto di preoccupazione potrebbero avere ripercussioni sul gioco della concorrenza nel mercato interno.

Concludiamo l’analisi dell’art. 102.

Alla lettera d) sono previste le pratiche leganti.

Come ultima ipotesi di pratica abusiva viene annoverata l’inserimento di pratiche leganti, ossia una gamma variegata di ipotesi in cui si genera tra l’impresa in posizione dominante e i suoi contraenti, siano essi clienti, fornitori o rivenditori, una situazione di dipendenza dalla quale difficilmente questi ultimi riescono a svincolarsi.

L’ operazione tipica che configura una pratica legante è il bundling o tie-in42, in tal caso l’impresa lega alcuni prodotti ad altri che per natura, uso e destinazione non hanno tra loro alcun nesso, ad esempio l’impresa pubblicizza un prodotto mettendolo in vendita insieme ad un altro, l’acquirente quindi non potrà far altro che acquistarli entrambi. Per accertare la sussistenza di un illecito è fatto obbligo dimostrare l’esistenza di quattro elementi definitori: la presenza di una posizione dominante nel mercato del prodotto legante, l’esistenza di più prodotti che fanno parte dello stesso pacchetto, la differenziazione reale tra i due prodotti, la produzione di effetti restrittivi e preclusivi per le imprese concorrenti.

Come si può notare dall’elenco appena menzionato, ricopre un ruolo di primaria importanza la definizione di mercato rilevante perché solo a seguito della corretta individuazione del settore merceologico e di quello geografico, è ammissibile accertare se tra i prodotti legati non sussista alcun nesso.

Tra i casi che hanno concretizzato l’illecito, si pensi soprattutto al caso Microsoft43, un caso simbolico che meglio di altri illustra l’ipotesi in esame, nel corso della presente trattazione si tornerà in modo più approfondito sul tema, per adesso è sufficiente illustrare come l’impresa produttrice di software, Microsoft, abbia praticato operazioni illecite attraverso operazioni leganti.

                                                                                                               

42  Traduzione letterale, “vincolo, legame, allacciamento”. La letteratura più attuale sul punto è SIROTTI GAUDENZI, Il nuovo diritto d’autore, Rimini, 2014. Per quanto riguarda l’accertamento di questo tipo di comportamento abusivo si veda, sentenza 6 ottobre 1994, Tetrapak c. Commissione, T-83/91; sentenza 14 novembre 1996, Tetrapak c. Commissione, C-333/94P; Hilti, decisione della Commissione caso IV/30.787, GUCE 1988 L65/19 e Hilti, causa T-30/89, e causa C-53/92; Hoffman La Roche, causa 85/76; sentenza 14 dicembre 2000, Masterfoods, causa C-344/98; sentenza 23 ottobre 2003, Van den Bergh Foods, causa T-65/98; Microsoft, decisione della Commissione, caso COMP/C-3/37.792, 24 marzo 2004.  

43  Con “caso Microsoft” s’intende una serie di vicende giudiziarie della società Microsoft la cui condotta è stata più volte sottoposte al controllo dell’autorità giudiziaria. Senza ripercorrere in questa sede tutti gli eventi che hanno preceduto la risoluzione del caso, si rimanda alle osservazioni di RENDA, Microsoft: cronaca di una condanna annunciata, in Foro 2000; CUCINOTTA, Il caso Microsoft, Foro 1998; PORTOLANO, Il caso Microsoft e la concorrenza nelle network industries, in Diritto, informazione e informatica, 1999.  

Per un determinato periodo l’azienda Microsoft impose agli acquirenti del programma di software Windows 95, l’acquisto aggiuntivo del software per la navigazione su Internet, Internet Explorer, prodotto differente, privo di nessi con il primo, le suddette vicende sono state ritenute costituenti pratica di abuso vietata ex art. 102, lett. d), in quanto era stata ravvisata l’esistenza di tutti e quattro i parametri poc’anzi illustrati, che devono sussistere per poter identificare una pratica legante, ossia: due prodotti separati, una costrizione per l’acquirente, un’incidenza significativa sugli scambi e un notevole potere di mercato dell’impresa coinvolta.

Il bundling, tuttavia non è la sola una variante delle pratiche leganti, vi sono altre operazioni ivi rientranti connesse, piuttosto, alla logica degli sconti. Il sistema sconti genera un beneficio inevitabile nei confronti del consumatore, per cui ancora una volta, non si assiste ad un pregiudizio nei confronti di quest’ultima categoria, gli effetti della pratica si propagano piuttosto sulle imprese concorrenti, sotto un certo aspetto l’impresa egemone realizza, attraverso gli sconti, un esclusione dei rivali dal mercato, dato che al contempo fidelizza i consumatori e li scoraggia ad intrattenere rapporti commerciali con imprese avversarie, rendendo l’ingresso di queste ultime nel mercato, decisamente più difficoltoso perché più oneroso.

La realtà legata agli sconti conosce due varianti degli stessi : lo sconto- fedeltà e lo sconto-obbiettivo44.

Con lo sconto-fedeltà si prescinde dal volume di acquisti e dalle quantità consumate, lo scopo dell’operazione è premiare l’acquirente che non ha abbandonato le proprie fonti di approvigionamento, il cliente fedele ottiene vantaggi e premi.

                                                                                                               

44  Per la descrizione delle pratiche di sconto fedeltà e sconto obiettivo si veda per la dottrina CALAMIA, Il diritto comunitario delle imprese e la concorrenza, Pisa, 1999, pp. 92; e per la giurisprudenza si veda CGCE 16 dicembre 1975, Cooperatieve Vereninging “Suiker Unie” U.A. e altri; e CGCE 13 febbraio 1979, Hoffman La Roche & Co. AG.  

Con lo sconto-obbiettivo invece taluni acquirenti diventano parte integrante di un unico ingranaggio che tende ad uno scopo, che però ha una duplice veste, da un lato rappresenta il miglioramento economico dell’impresa dominante, dall’altro lato costituisce un beneficio per l’acquirente, inoltre lo sconto non è uguale per tutti i clienti, su ciascuno ricade un obbiettivo diverso, così da creare una persuasione forte necessaria per raggiungere l’obbiettivo prefissato.