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Le considerazioni appena richiamate, permettono di addivenire alla trattazione della questione primaria.

L’analisi fin ora svolta ci ha condotto al cuore della problematica in discussione nel presente operato, ossia il rapporto tra due discipline differenti, il diritto antitrust e la proprietà intellettuale.

All’ambito del generale diritto industriale, proprio per il suo oggetto specifico, riguardante l’impresa, sono ascritte le norme sull’attività imprenditoriale, che inevitabilmente devono essere inserite nel regime di concorrenza, in altri termini le due discipline sono legate da un punto di vista formale, il minimo comun denominatore è la riferibilità al concetto di impresa.

Quello appena citato si configura come il trait d’union di due pilastri fondamentali nelle politiche dell’Unione europea, nello specifico, possono essere intesi come due facce della stessa medaglia poiché afferiscono ad aspetti intersecanti per natura e per contenuto.

È chiaro quindi che tra le due fattispecie, sussista un nesso importante, dunque è bene visualizzarlo precisamente.

La disciplina della concorrenza, così come il diritto industriale si origina nella rivoluzione industriale, momento a partire dal quale si avverte la necessità che le nascenti imprese debbano rispettare alcune regole per poter favorire il benessere economico generale90, che da sempre è un punto cardine del sistema, con il tempo il diamante grezzo rappresentato dalla disciplina originaria della concorrenza, si affina:                                                                                                                

90  Sulla nozione di benessere economico si rileva un’ampissima letteratura economica e giuridica,   tra gli altri, si veda FRANK – BERNANKE, Principi di economia, Milano, 2007.

prima con la Comunità europea, poi con l’Unione europea, si tracciano i confini della materia e si evidenzia la sua preponderanza tra gli obbiettivi perseguiti nei Trattati Costitutivi91, che agevoleranno la creazione della normativa antitrust europea.

La presenza di una disciplina concorrenziale che miri a far concorrere le imprese in maniera leale, dev’essere considerata come il luogo naturale in cui possa svolgersi un sistema efficiente ed efficace di tutela dei segni distintivi e delle opere d’ingegno, garantito dal diritto industriale.

Come affermato poco sopra, la proprietà intellettuale si traduce sul piano contenutistico, in una privativa, di cui gode solo l’imprenditore titolare del diritto che può manifestarsi ad esempio come marchio, o come brevetto, questa privativa assume rilievo in termini concorrenziali in quanto si contrappongono due interessi distinti ma afferenti al medesimo oggetto, da un lato, l’interesse dell’imprenditore a veder premiato il proprio impegno e quindi a vedersi riconosciuto il proprio diritto di esclusiva, e dall’altro lato, l’interesse generale della collettività, alla libera utilizzazione delle innovazioni o dei segni distintivi.

Tra i due valori dev’essere operato un bilanciamento “pro- concorrenziale”, da intendere, su un versante, come la ricerca di equilibrio funzionale allo sviluppo di una concorrenza leale, in quanto il diritto individuale di esclusiva non dev’essere concepito sempre come un’entità che influisce in negativo nel mercato, bensì come uno stimolo alla crescita, all’innovazione, al raggiungimento di soluzioni sempre migliori sia sul piano tecnologico che produttivo.

                                                                                                               

91  Con trattati costitutivi s’intendono in realtà i trattati istitutivi dell’Unione europea, quindi il trattato di Maastricht firmato il 7 febbraio 1992 ed entrato in vigore il 1° novembre 1993 la cui finalità è preparare la creazione dell'Unione monetaria europea e gettare le basi per un'unione politica; ed il trattato di Lisbona firmato il 3 dicembre 2007 ed entrato in vigore il 1° dicembre 2009 la cui finalità è rendere l'UE più efficiente e preparata per affrontare i problemi di portata mondiale parlando con un'unica voce.

Su un altro versante, però, si colloca il piano della collettività, la volontà generale rappresenta la controparte da tenere sempre in considerazione nel momento in cui si opera il bilanciamento, i consumatori, come fruitori finali del bene, sono la parte debole dell’attività imprenditoriale, poiché sono i soggetti sui cui ricadranno gli effetti della concorrenza sleale, la loro posizione fa da monito al legislatore dell’Unione per la creazione di una disciplina concorrenziale ad hoc, la disciplina antitrust.

Essa non ostacola in principio l’esistenza di una privativa industriale, l’attribuzione di diritti in godimento ad una sola impresa è l’essenza della tutela della proprietà intellettuale, perciò è impensabile impedirne la sussistenza in termini generici e soprattutto ex ante, il discrimine tra lecito e illecito è decisamente sottile. La mera titolarità di diritti di proprietà intellettuale può tuttalpiù, concorrere a delineare un più significativo potere di mercato, ma non a generare di per sé un illecito concorrenziale, per questo motivo è ammissibile ritenere che il mero godimento di una privativa industriale è escluso dal raggio di azione della disciplina antitrust.

Si va così delineando in maniera sempre più chiara l’obbiettivo di fondo di questo elaborato, cioè stabilire come e quando un diritto di esclusiva determini la sussistenza di una pratica vietata.

Per adesso, è sufficiente rammentare che per verificare la sussistenza dell’illecito, occorrerà indagare nel dettaglio ciascuna fattispecie di esclusiva, così facendo si apprezzerà se la privativa che si realizza esplichi i naturali effetti dello ius excludendi alios, attraverso la creazione di un monopolio naturale, oppure se comporti un condizionamento grave della libera concorrenza che non può essere tollerato.

È bene ribadirlo, tra le due discipline non c’è antagonismo di fondo, né inimiciza congenita, si tratta piuttosto di un rapporto sano che può facilmente degenerare, è il classico caso in cui da una situazione

fisiologica si addiviene ad una situazione patologica, si dovrà infatti far ricorso alla normativa antitrust solo nei confronti dei modi di esercizio dello ius excludendi che si tramutano in restrizioni per cosi dire, anomale, non normali, della libertà economica dei terzi imprenditori.

Richiamare il concetto di normalità può essere azzardato in quanto non è sempre chiaro stabilire fino a che punto potrà dirsi ammesso, e quindi, “normale”, l’utilizzo del bene in esclusiva, per questo potrebbe essere preferibile ai fini espositivi, l’utilizzo del termine “lecito”, in luogo di normale, la cui individuazione avviene attraverso il riferimento alla restrizione del mercato rilevante: la verifica dell’effetto restrittivo sul mercato, derivante dall’esercizio del diritto in esclusiva di proprietà intellettuale, evidenzia il passaggio da lecito a illecito.

Tra tutte le restrizioni del mercato che si possono verificare a seguito dell’esercizio del diritto di esclusiva, ve n’è un tipo in particolare, che resta ancora poco chiaro, probabilmente perché riguarda un settore nuovo, all’avanguardia che dev’essere ancora del tutto scoperto e compreso, si tratta dell’ambito delle nuove tecnologie, dunque il settore hi-tech e quello delle information technologies, in questo caso si crea un problema di coordinamento di discipline dunque una questione tecnico-giuridica, prima ancora che economica.

Taluni studiosi esperti di diritto industriale europeo, sostengono che in linea teorica l’applicazione della disciplina antitrust all’esercizio di diritti IP, non sia necessaria, anzi sia quasi superflua e inutile, viene fatto ricorso all’esempio della new technologies, in particolare al commercio elettronico92, un settore sostanzialmente privo di barriere all’entrata, dove la concorrenza assume aspetti differenti rispetto a quelli tipici del commercio classico, non virtuale, ne consegue che                                                                                                                

92  La descrizione più puntuale del concetto di commercio elettronico ritengo si possa ricavare da BRECCIA – CHELI – FALZEA – GROSSI, Enciclopedia del diritto. Annali, Volume 5, Giuffrè, 2012, pp.253.

anche la presenza di eventuali posizioni dominanti saranno decisamente meno preponderanti e più inclini alla rapida estinzione. Il commercio elettronico, esempio lampante di queste nuove frontiere, è il luogo astratto in cui s’incontrano tecnologia, economia, e diritto, ma è anche il risultato concreto del processo di globalizzazione che ha investito il mondo interno nell’ultimo ventennio, e che inevitabilmente ha interessato gli studiosi di discipline sociali, gli economisti in prima linea, e i giuristi a seguire.

La nozione di commercio elettronico è stata delineata attraverso due significativi interventi: il primo è la Comunicazione della Commissione Europea93, da considerarsi come il punto di partenza in ambito di commercio elettronico, in quanto l’allora Comunità Europea in quegli anni comincia a muovere i primi passi che la porteranno alla creazione del processo di armonizzazione in tale specifico settore, la comunicazione lo identifica con “lo svolgimento di attività commerciali per via elettronica, poste in essere a distanza ma non necessariamente on-line, basate sulla elaborazione e/o trasmissione dei dati in forma digitale, a prescindere dalla tipologia dei beni o dei servizi commercializzati, dall’onerosità o dalla gratuità degli stessi per il loro destinatario, nonché dallo status o dalla natura di quest’ultimo”.

Il secondo intervento invece, è il punto di arrivo della definizione, si può dire che è l’esito principale del suindicato processo di armonizzazione, nel giorno 8 giugno 2000, l’allora Comunità Europea, ha provveduto a emanare la Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, n.2000/31/CE, “relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno”, in tale direttiva, la CE, preso atto delle profonde evoluzioni avvenute in questo settore, e percepita la                                                                                                                

93  Comunicazione della Commissione europea “Un’iniziativa europea in materia di Commercio Elettronico” COM(97)157al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni del 15/04/97.  

dimensione globale del fenomeno, ha elaborato una nozione normativa di commercio elettronico mutuata dalla definizione precedente di “servizi della società dell’informazione”, per cui essa assume una rilevanza giuridica prima che economica in quanto vale a circoscrivere l’ambito oggettivo del commercio elettronico.

Dalla lettura congiunta dei due interventi, vengono a delinearsi i profili salienti di questo fenomeno: la presenza di un’attività economicamente rilevante, la distanza dei soggetti interessati dall’operazione, la forma elettronica con cui viene posta in essere la fornitura di beni o servizi, l’irrilevanza del carattere gratuito o oneroso, e la richiesta individuale dell’attività economica.

In definitiva il commercio elettronico rappresenta un mercato alternativo a quelli tipici, caratterizzato da aspetti peculiari che lo connotano, come l’uso di reti telematiche, il legame imprescindibile con Internet, il venir meno dei confini geografici, territoriali, la presenza di regole specifiche per l’accesso e di conseguenza la necessaria presenza di obblighi di trasparenza del venditore che si traducono in diritto di informazione dei contraenti, siano essi consumatori o imprenditori rivali.

Dalle ultime considerazioni che precedono si desume che potrebbe essere fondata l’obiezione di partenza che ritiene non sempre immediata e necessaria l’applicazione delle regole del diritto antitrust94.

In conclusione, la problematica sollevata circa l’incompatibilità tra la disciplina antitrust e certi ambiti commerciali, ha rappresentato un’importante obiezione alla naturale situazione di convivenza e interazione tra le due discipline, tuttavia, contro simili prese di posizione, non sono mancate critiche e repliche di altri studiosi esperti                                                                                                                

94  Si fa riferimento alle considerazioni svolte nella parte iniziale del paragr.4 che sostenevano la possibilità che si verifichi un passaggio da una situazione lecita ad una situazione illecita, in modo tale che nella fase iniziale l’intervento della normativa antitrust è escluso in quanto non necessario data l’assenza di situazioni illecite.  

del diritto industriale europeo, prima fra tutte si rammenta l’affermazione dell’illustre Prof. Robert Pitofsky95, Presidente della Federal Trade Commission, nell’intervento del 15 giugno del 2000 nell’ambito dell’incontro promosso dall’American Antitrust Institute a Washington D.C sul tema Challenges of New Economy, con la quale precisò che anche nei settori delle information tecnologies vengono normalmente utilizzati brevetti e diritti d’autore, seppur si stia facendo riferimento a beni immateriali, anche nel mercato della rete possono crearsi posizioni dominanti, per questo è assolutamente necessario l’intervento della disciplina antitrust che riporta in equilibrio la situazione, da un lato stimola l’innovazione lasciando intatto il diritto di utilizzo in esclusiva, ma dall’altro lato controlla che non esso non degeneri in illecito.

A ben guardare, quindi, la convergenza di diversi settori in un unico ambito concettuale, aiuta a comprendere, e a giustificare l’esistenza di un legame concreto, reale, tra il diritto della concorrenza e la proprietà intellettuale, un legame che fin ora è stato evidenziato a scopo meramente descrittivo e definitorio, ma che verrà visualizzato nella pratica, nel capitolo seguente.

                                                                                                                             

95  Il Professor Robert Pitofsky è particolarmente noto per il brillante lavoro svolto in materia di antitrust. Ha ricoperto la carica di commissario della Federal Trade Commission, di direttore dell'Ufficio di tutela dei consumatori della FTC, e di membro del consiglio per la Bar Association Commission americana ed infine di presidente del Dipartimento di Difesa Task Force sul ridimensionamento del settore della difesa. Inoltre ha svolto attività di consulenza presso società quali Hoffman La Roche e Microsoft.