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La rigenerazione di un’area interna della Basilicata Carmela De Vivo, Maria Assunta D’Oronzio, Anna Lucia Romaniello

3. Bella: il paese dell’inclusione

Bella è un piccolo comune dell’hinterland di Potenza, il cui centro urbano conta circa 2.800 residenti, cui si sommano altri 2.200 persone che abitano in frazioni molto popolose. L’andamento demografico nell’ultimo decennio si caratterizza per una perdita contenuta della popolazione (-4,4%), al di sotto del dato medio regionale, risultato in parte dovuto alla presenza di residenti stranieri pari, nel 2017, a 325 unità, di cui 270 domiciliati nel centro di Bella. Questo comune, che come tanti altri del Sud ha vissuto la grande ondata migratoria del post guerra verso l'Europa, l'America e il Nord Italia, si caratterizza per la presenza del maggior numero di stranieri residenti tra i municipi della Basilicata, con una propensione all'accoglienza che si è manifestata sin dai primi anni Novanta. L’iniziale ondata di immigrati in Italia portò infatti a Bella sei albanesi e dieci magrebini, ospitati nei prefabbricati allestiti sul territorio comunale a seguito del sisma del 1980, evento che aveva provocato danni e devastazioni anche in questo territorio. L’inserimento degli immigrati a Bella è avvenuto in assenza di conflittualità forti: la presenza dei profughi albanesi durò poco, essendo loro indirizzati verso le regioni del Nord Italia ove avevano maggiori aspettative lavorative, mentre i magrebini si stabilirono a Bella, iniziando un processo di ricongiungimento familiare ed oggi la seconda generazione è perfettamente integrata nel paese: i bambini frequentano la scuola e le attività sportive, mentre gli adulti lavorano in parte in edilizia ed in parte nel commercio ambulante, come da tradizione familiare.

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Dal 2004 il flusso migratorio è via via aumentato, con l'arrivo di nuclei familiari dalla Nigeria, Niger, Gana e Somalia. Il processo di inclusione ha fatto leva sulle risorse territoriali, familiari e di rete presenti nel paese. Il Comune ha attivato una ospitalità diffusa nelle case sfitte nel centro storico, mediante contratti di locazione con i proprietari, nella convinzione che tale modalità abitativa potesse favorire il processo di inclusione sociale, rispetto al centro di accoglienza. Ha inoltre dato vita a progetti, quali l’ENA – Emergenza Nord

Africa – grazie al quale si è potuto disporre di figure professionali, come psicologi, assistenti sociali, mediatori culturali, che hanno facilitato il processo di inclusione. Ad oggi gli immigrati presenti provengono anche da altri Paesi, quali India, Romania, Iraq. Molti di loro hanno deciso di vivere a Bella, integrandosi appieno nel paese, hanno messo su famiglia con quaranta i minori che frequentano le scuole primarie garantendone la sopravvivenza, ed hanno trovato lavoro, alcuni in agricoltura quali pastori degli allevamenti di bovini da latte3.

Il percorso di sviluppo di Bella si basa su logiche innovative ed ha coinvolto il mondo produttivo, istituzionale e della società civile, per fornire risposte utili alla problematica dell’immigrazione e, più in generale, del modo di organizzare la vita economica e sociale della propria comunità. Sono state mobilitate risorse locali per costruire una nuova coscienza e una nuova comunità locale, finalizzate anche a favorire rapporti più diretti per realizzare una co- produzione e una co-gestione delle risorse e dei bisogni locali. Sono qui individuabili elementi di innovazione sociale (MURRAY ET AL., 2011) ovvero la

formulazione di nuove idee, prodotti, servizi e modelli, che soddisfano in modo più efficace bisogni sociali e che allo stesso tempo creano nuove relazioni e nuove collaborazioni. In altre parole, innovazioni che siano buone per la società e che accrescano le possibilità di azione per la società stessa.

La presenza di una figura carismatica, l’Assessore comunale alle Politiche sociali, è stata essenziale per gestire il processo di promozione di politiche, in

particolare in un contesto come quello di un piccolo paese (OSTANEL,

FIORETTI, 2017; BALBO, 2015).

Il Comune ha infatti promosso una serie di iniziative finalizzate all’inclusione: dai corsi di lingua italiana a progetti sportivi, dalla partecipazione degli immigrati alla giuria del Bella Basilicata Film Festival, giunto nel 2017 alla sua XIV edizione, alla partecipazione a corsi di cinema, dall’inclusione socio- lavorativa alla predisposizione di un Piano per l’offerta formativa per alunni stranieri. La squadra di calcio si avvale di calciatori stranieri, così come agli

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allenamenti sono presenti bambini e ragazzi immigrati e in più di qualche occasione sono state organizzate partite di calcio che hanno visto fronteggiarsi i residenti e gli immigrati. Negli scorsi anni è stato celebrato un matrimonio tra un ragazzo magrebino e una ragazza di Bella; sono nati diversi bambini, figli degli immigrati che hanno ricongiunto il proprio nucleo familiare. Contestualmente sono state attivate una serie di iniziative volte a sensibilizzare la popolazione locale contro il razzismo ed a promuovere un’inclusione attiva, che si è concretizzata, ad esempio, anche nell’attenzione degli esercizi commerciali locali a rifornirsi di quei prodotti tipici della cucina dei paesi di origine degli immigrati.

Il mondo del volontariato e dell’associazionismo ha svolto un ruolo importante in questo processo, favorendo momenti di incontro e di confronto sulle tematiche legate all’immigrazione, alle sue cause e conseguenze, tant’è che il Comune ha messo a disposizione dell’associazione Cestrim Libera due appartamenti per il progetto Donna libera, dove trovano ospitalità sei donne vittime della tratta e alcuni minori.

Il processo di inclusione è sicuramente lungo e non privo di ostacoli e, in periodo di crisi economica e di scarsa disponibilità finanziaria degli Enti locali, si possono sviluppare sentimenti e atteggiamenti di chiusura, quasi a voler preservare le poche risorse esistenti. Dall’altra, però, c’è la consapevolezza delle opportunità che una comunità allargata può offrire, a partire dalla possibilità di continuare a usufruire di una scuola primaria grazie alla presenza di tanti minori figli di immigrati, o alla riduzione dello spopolamento, che contribuisce a mantenere vive le tradizioni del paese ed il capitale territoriale e umano. In questo modo l’accoglienza si è trasformata in una opportunità di sviluppo. Il Comune ha saputo gestire tale processo, creando le giuste sinergie e situazioni affinché, ognuno con le proprie specificità ed identità culturale, si sentisse parte attiva della comunità.

4. Conclusioni

I due casi studio presentati sono accomunati dalla scelta delle amministrazioni comunali di dare risposte concrete a problematiche che intercettano trasversalmente tutte le realtà territoriali di piccole dimensioni: spopolamento, invecchiamento, degrado e immigrazione. Tali fenomeni sono universalmente riconosciuti come questioni importanti, alla cui risoluzione sono chiamati anche i piccoli centri ai quali, se da un lato ne viene riconosciuta l’importanza quale presidio del territorio e non solo, dall’altro sono i primi a

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risentire dei tagli finanziari agli enti locali che, nei fatti, ne limitano fortemente l’operatività.

L’aspetto da non sottovalutare in questo nuovo contesto è il cambio di paradigma realizzato su scala locale, con la realizzazione di nuove collaborazioni fra le istituzioni e la società civile. Sia a Balvano che a Bella si sono attivati processi e programmi che hanno visto il coinvolgimento di tutti gli attori in una logica di cogestione. Le infrastrutture verdi e la partecipazione di soggetti fragili nel comune di Balvano hanno giocato un ruolo decisivo nella ridefinizione della crescita urbana. L’accoglienza degli immigrati, in modalità di ospitalità diffusa, ha consentito l’inclusione nel contesto sociale di Bella di nuclei familiari e singoli, con una ricaduta positiva sulla comunità.

Riferimenti bibliografici

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MURRAY R.,GRICE J.C.,MULGAN C. (2011) Il libro bianco sull’innovazione sociale

<http://www.societing.org/wp-content/uploads/Open-Book.pdf> (ultima visita: Febbraio 2017).

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